La restituzione nel termine per impugnare comporta la facoltà di chiedere l'ammissione ai riti alternativi

La restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale comporta la possibilità, per l'imputato che non aveva effettiva conoscenza del procedimento, di chiedere l'ammissione ai cd. riti alternativi”.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 44322 depositata il 19 ottobre 2016. Fin che la barca va, lasciala andare. Orietta Berti cantava così, ma il ritornello della sua celebre canzone non ha affatto ispirato i militari della Guardia di Finanza che un bel giorno di quindici anni fa bloccavano e sottoponevano ad accurata perquisizione la motonave su cui viaggiava il protagonista della sentenza che oggi commentiamo. Non potevano lasciarla andare quella barca era infatti ben imbottita di droga destinata al mercato italiano. L'imputato, cittadino straniero processato in Italia, rimaneva però all'oscuro della vicenda giudiziaria che lo riguardava. Dall' incipit della sentenza di legittimità comprendiamo che avanzava richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione, che detta richiesta veniva accolta e che la Corte territoriale rigettava l'appello, condannandolo. Il suo difensore articola sette motivi di impugnazione uno di essi, tanto per restare in tema con l'ambientazione nautica, colpisce ma non affonda l'annullamento è con rinvio la decisione di secondo grado. La sentenza della Cassazione si segnala per la trattazione di due questioni processuali molto interessanti. L'elezione di domicilio all'estero ha un limite. Dalla lettura della sentenza e, in particolare, dal riassunto della doglianza sollevata dal difensore, comprendiamo che gli atti relativi al giudizio di appello erano notificati al difensore di fiducia. Questi, dal canto suo, aveva dichiarato di non accettare le notificazioni in luogo del proprio assistito che, invece, aveva eletto domicilio in Albania. Ecco che, a questo punto, il difensore si duole del fatto che non sia stata fatta applicazione della disciplina espressamente prevista dal codice di rito per le notificazioni all'estero, da eseguirsi – in sostanza – a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento contenente tutta una dettagliata serie di informazioni sul procedimento pendente. Gli Ermellini, però, si esprimono nel senso di confermare la correttezza dell'operato della Corte di appello questa bene ha fatto a notificare gli atti al difensore poiché la disciplina per le comunicazioni all'estero vale soltanto nel caso in cui l'imputato non sia fino a quel momento a conoscenza dell'esistenza di un procedimento penale. Nel caso di specie, evidentemente, l'ipotesi è quella opposta perchè il ricorrente aveva già chiesto di essere rimesso in termini per impugnare. Il ragionamento della Corte non fa una piega la scelta di domiciliarsi all'estero pur essendo a conoscenza del procedimento penale comporta il ricorso alla notificazione presso il difensore. La soluzione, che si appoggia anche ad una solida serie di precedenti giurisprudenziali, ci convince in effetti, la scelta di porre domicilio all'estero potrebbe essere soltanto uno stratagemma per allungare la durata del procedimento, rendendo difficoltoso l'inoltro delle comunicazioni di rito. Ma poi nella norma che la prevede è stabilito che l'imputato venga invitato ad eleggere un domicilio in Italia, pena la notifica al difensore. Da questo non soltanto comprendiamo che, in effetti, la disciplina in esame serve soltanto per la prima” notifica, ma anche che essa deve considerarsi funzionale a consentire l'inoltro delle successive comunicazioni nel nostro territorio nazionale. Restituzione nel termine la scelta del rito alternativo. Di ben altro rilievo è, invece, la seconda questione affrontata nella sentenza in commento, all'esito della quale si dà piena ragione al ricorrente. Egli avrebbe voluto definire il procedimento con il patteggiamento” ne faceva istanza contestualmente alla richiesta di rimessione in termini. Lo ribadiva anche con i motivi di appello. La Corte territoriale, però, giudicava tardiva l'istanza e la rigettava. La doglianza sollevata sul punto della ritenuta tardività ha il conforto della stessa Cassazione, recentemente espressasi a Sezioni Unite la decisione, puntualmente citata in sentenza, è del 29 settembre 2016 . Il massimo consesso è intervenuto per comporre un contrasto che si agitava ormai da tempo. Vi erano due opposte soluzioni alla questione dell'ampiezza delle facoltà difensive derivanti dalla restituzione nel termine per impugnare. Ad avviso di alcune decisioni la possibilità di accedere ai riti alternativi, una volta ottenuta la riapertura dei termini impugnatori, era connessa alla dimostrazione dell'esistenza del caso fortuito o della forza maggiore cause che impedirono il rispetto del termine originario . Secondo un altro orientamento, certamente più sensibile alle istanze difensive, invece la restituzione nel termine per impugnare una sentenza contumaciale la chiamiamo così anche se il termine non è più appropriato comporta la reviviscenza delle facoltà e dei diritti non esercitati in primo grado, tra i quali quello di chiedere l'ammissione ai riti alternativi. Salutiamo con favore la decisione di dare prevalenza a quest'ultimo indirizzo – che è stato fatto proprio dalle Sezioni Unite – evidentemente più coerente con l'interpretazione, anche europea, del processo equo”.

Corte di Cassazione, sezione IV Penale, sentenza 30 settembre – 19 ottobre 2016, n. 44322 Presidente Blaiotta – Relatore Pavich Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 2 aprile 2015, la Corte d’appello di Ancona confermava la condanna alla pena di giustizia emessa dal Tribunale di Ancona in data 23 ottobre 2002 nei confronti di L.A. e da costui appellata in seguito a restituzione in termini dello stesso L. , disposta dalla stessa Corte dorica con ordinanza in data 6 maggio 2014. Tanto in relazione al delitto p. e p. dagli artt. 73, comma 1, e 80, comma 2, del D.P.R. 309/1990, per avere trasportato da Durazzo ad Ancona, a fini di successiva cessione a terzi, a bordo di una motonave del cui equipaggio il L. era membro, un quantitativo pari a 15 chilogrammi d’eroina e di 2 chilogrammi di cocaina, in concorso con il comandante dell’unità, B.A. fatto commesso tra omissis . Lo stupefacente, che era stato occultato in vari locali dell’imbarcazione, veniva scoperto dalla Guardia di Finanza in parte nel soffitto della sala radiotelegrafica, in parte dietro pannelli posti nella sala del comandante e in parte ben 22 pani di eroina su un totale di 30 dietro i pannelli presenti nel camerino dell’armatore, ossia in un locale ritenuto in uso allo stesso L. figlio dell’armatore e della proprietaria della nave ciò avveniva durante l’esecuzione di controlli in ordine ai soggetti membri dell’equipaggio tra cui, si ripete, il sunnominato imputato e il comandante B. e ad altri soggetti di origine albanese privi di permesso di soggiorno, in relazione ad ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sia il Tribunale che la Corte territoriale disattendevano la tesi, sostenuta in particolare dal B. , in base alla quale egli e il L. erano stati costretti al trasporto di stupefacenti e soggetti clandestini in seguito a un abbordaggio in mare da parte di soggetti ignoti e incappucciati, che avrebbero scortato la motonave così come inverosimile era stata ritenuta la versione del L. , il quale aveva dichiarato di avere appreso dell’abbordaggio il giorno dopo, perché si era addormentato appena mezz’ora dopo la partenza. 2. Avverso la prefata sentenza ricorre il L. , per il tramite del suo difensore di fiducia. Il ricorso si articola in sei motivi, più un motivo aggiunto separatamente articolato. 2.1. Con il primo motivo si denuncia violazione di legge in riferimento alla notifica del decreto di citazione a giudizio d’appello ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis, cod.proc.pen. deduce l’esponente che, in seguito alla restituzione in termini per impugnare la prima sentenza, il L. , ai fini dell’appello, eleggeva domicilio in omissis e conferiva nomina all’odierno difensore di fiducia, il quale dichiarava in calce allo stesso atto di non accettare le notificazioni ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis. A fronte della notifica così eseguita, la Corte territoriale rigettava l’eccezione difensiva sul punto. Si duole di ciò il ricorrente, rilevando che il L. , già nel proporre istanza di restituzione in termini, aveva consentito a che il difensore non ricevesse notifiche a lui dirette, e che in esito a tale consenso il difensore in allora nominato aveva espresso tale dichiarazione, di tal che, dovendosi ritenere quello dell’istanza per la restituzione in termini come primo atto del procedimento, la dichiarazione resa in tal senso dal difensore deve ritenersi tempestiva. Ha perciò errato la Corte di merito nel ritenere che l’elezione di domicilio all’estero non implicasse l’applicazione dell’art. 169 cod.proc.pen. assumendo che essa si riferisca solo al caso in cui l’imputato non abbia avuto notizia del procedimento , ma quella dell’art. 161, comma 4, cod.proc.pen. per inidoneità del domicilio secondo il ricorrente, l’elezione del domicilio in XXXXXXX doveva invece intendersi disciplinata proprio dall’art. 169 sopra richiamato, per cui l’imputato aveva diritto di ricevere la notifica presso tale domicilio. 2.2. Con il secondo motivo l’esponente lamenta violazione di legge in riferimento all’art. 175 cod.proc.pen., ed in specie all’inammissibilità, dichiarata dalla Corte territoriale, della richiesta di riti alternativi formulata in sede di istanza di restituzione in termini, riproposta quale motivo d’appello e ulteriormente disattesa in quella sede. Ciò ha impedito al ricorrente di fruire di tale facoltà e dei conseguenti benefici, sulla base della ritenuta intempestività dell’istanza, ossia di un assunto - come quello sostenuto dalla Corte dorica - che non ha considerato che solo con la restituzione in termini il L. , che aveva tempestivamente formulato istanza di ammissione ai riti alternativi entro dieci giorni dalla notizia di essere stato condannato in absentia , veniva posto nelle condizioni di potersi avvalere della detta facoltà. 2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, non avendo la Corte territoriale osservato il principio dell’affermazione di responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio nell’impugnata sentenza, secondo l’esponente, la condanna risulta fondata sul presupposto che il L. non potesse ignorare la presenza a bordo dello stupefacente, per il solo fatto che era figlio dell’armatore. 2.4. Con il quarto motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all’aggravante dell’ingente quantità art. 80, comma 2, D.P.R. 309/1990 , sia perché ritenuta insussistente in relazione al quantitativo di principio attivo di eroina, sia perché posta a carico del L. ai sensi dell’art. 59, comma 2, cod.pen., ossia sulla sola base di una pretesa prevedibilità astratta e non in concreto della quantità di droga oggetto del trasporto a lui ascritto in concorso. 2.5. Con il quinto motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al giudizio di bilanciamento fra circostanze, che doveva essere operato, secondo l’esponente, con prevalenza delle attenuanti generiche sulla contestata aggravante, anziché con equivalenza fra le dette circostanze, avuto riguardo non solo all’incensuratezza dell’imputato, ma altresì alla sua condotta successiva al fatto. 2.6. Con il sesto motivo si denuncia vizio di motivazione in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio, non avendo avuto il L. un ruolo di primo piano nella vicenda criminosa. 2.7. Con il motivo aggiunto separatamente depositato il ricorrente denuncia violazione di legge in relazione all’art. 720 cod.proc.pen. e alla condizione, apposta all’atto dell’estradizione, della possibilità per l’estradato di richiedere il c.d. rigiudizio, nel quale - deduce l’esponente - deve ricomprendersi anche la facoltà di chiedere la definizione del processo mediante riti speciali, in ossequio all’art. 3 del Protocollo aggiuntivo dalla Convenzione Europea di estradizione. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Correttamente la Corte di merito ha osservato che l’elezione di domicilio all’estero da parte del L. , in vista della proposizione dell’appello conseguente alla sua restituzione in termini, non determina l’applicazione del disposto dell’art. 169 cod.proc.pen., stante l’inidoneità di detta domiciliazione elettiva. In tal modo la Corte dorica ha fatto buon governo del principio in base al quale la previsione di cui all’art. 169 cod. proc. pen., che disciplina le modalità per le notificazioni all’imputato all’estero, trova applicazione soltanto quando al soggetto che risulti avere residenza o dimora all’estero debba essere data notizia di un procedimento penale, con contestuale invito ad eleggere domicilio nel territorio dello Stato per le relative notificazioni di atti diversamente, allorquando l’imputato o indagato decida autonomamente di domiciliarsi all’estero pur essendo già a conoscenza del procedimento pendente nei suoi confronti, la notificazione deve essere effettuata ai sensi dell’art. 161, comma quarto, cod. proc. pen., mediante consegna al difensore principio ricavabile, ex multis, da Sez. 3, Sentenza n. 45278 del 29/09/2015, Tomeucci, Rv. 265197 Sez. 2, n. 14248 del 10/04/2012, De Vangelio, Rv. 252489 Sez. 2, n. 16819 del 27/03/2008, Savatteri e altri, Rv. 239777 . La conseguente inidoneità della domiciliazione all’estero da parte del L. , che ovviamente era già a conoscenza del procedimento atteso che egli eleggeva domicilio in XXXXXXX in vista della proposizione dell’appello , rendeva perciò applicabile il disposto dell’art. 161, comma 4, cod.proc.pen., con conseguente notificazione al difensore del decreto di citazione per il giudizio d’appello su tale forma di notificazione il rifiuto di ricevere notificazioni da parte del difensore, formalizzato ai fini di cui all’art. 157, comma 8-bis, cod.proc.pen., non spiega alcun effetto, anche perché la notificazione effettuata presso lo stesso difensore non ha, in concreto, impedito all’imputato di conoscere l’atto e di esercitare convenientemente le proprie difese sul punto vds. Sez. 4, n. 7917 del 25/01/2016, Bianco, Rv. 266231 . 2. È invece fondato, ed assorbente di ogni ulteriore doglianza, il secondo motivo di ricorso. 2.1. Risulta dagli atti che il L. , dopo avere anticipato già nell’istanza di restituzione in termini in data 13 ottobre 2013 il suo intendimento di accedere a riti alternativi ed avere ribadito tale intendimento all’udienza del 21 febbraio 2014, nel corso del conseguente procedimento camerale in executivis , una volta ottenuta la restituzione in termini con ordinanza in data 6 maggio 2014, ha espressamente formulato, a chiusura dei motivi d’appello rassegnati alla Corte d’appello di Ancona e datati 13 giugno 2014, istanza di accedere a rito speciale, corredata da procura speciale l’istanza, ribadita all’udienza del 2 aprile 2015, veniva dichiarata inammissibile, perché tardiva, sul rilievo che, a fronte della restituzione in termini, l’intetessato non aveva formulato istanza in tal senso nel termine di cui all’art. 175, comma 1, cod.proc.pen. testo vigente prima della riforma recata con la legge n. 67/2014 . 2.2. Va a tal proposito evidenziato che in subiecta materia si è determinato in tempi assai recenti un contrasto giurisprudenziale tra due orientamenti difformi espressi in sede di legittimità, risolto dalla Corte in composizione apicale con decisione che, allo stato, forma unicamente oggetto di notizia di decisione. 2.3. Secondo un primo indirizzo giurisprudenziale, la restituzione nel termine per appellare la sentenza contumaciale di primo grado ai sensi dell’art. 175, comma secondo, cod. proc. pen. nel testo vigente prima della novella di cui alla legge n. 67/2014 , non comporta alcuna restituzione automatica dell’imputato nel termine per richiedere uno dei riti alternativi al dibattimento, essendo necessario, a tal fine, proporre espressamente istanza di rimessione nel termine ai sensi dall’art. 175, comma primo, cod. proc. pen. cfr. in terminis Sez. 5, n. 32690 del 16/06/2015, Berdo, Rv. 264550 Sez. 4, n. 11141 del 04/02/2015, Marku, Rv. 262707 Sez. 5, n. 13597 del 12/03/2010, Roman e altro, Rv. 246719 . 2.4. Viceversa, in base a un secondo orientamento, il giudice di appello, che sia adito con impugnazione proposta in forza di un provvedimento di restituzione nel termine in favore del soggetto condannato in contumacia, deve motivare i provvedimenti relativi alle istanze preliminari di remissione in termini per la richiesta di riti alternativi, in quanto deve essere garantita la parità di diritti all’imputato rimasto inconsapevole, senza colpa alcuna, del procedimento a suo carico Sez. 3, Sentenza n. 14956 del 03/12/2014, dep. 2015, C., Rv. 263047 Sez. 2, n. 858 del 22/12/2011, dep. 2012, Gharsalli, Rv. 251774 in sostanza, secondo detto approccio ermeneutico, il mancato coordinamento fra la formulazione dell’art. 175 introdotto dal D.L. n. 17 del 2005, convertito dalla L. n. 60 del 2005 e la formulazione dell’art. 603 c.p.p., comma 4 dovrebbe essere risolto in via interpretativa nel senso che, nel caso di restituzione nel termine, la mera possibilità di appellare è insufficiente, se non accompagnata da rimedi volti a reintegrare il soggetto nei diritti e nelle facoltà non esercitate in primo grado. Tale interpretazione sarebbe, del resto, l’unica conforme con gli artt. 24 e 111 Cost., nonché con l’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, come interpretata dalla Corte di Strasburgo 25 novembre 2008, Cat Berro . Conseguentemente, sempre nel percorso argomentativo seguito con l’indirizzo in esame, si è affermato che, ancorché il provvedimento che concede la restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale di primo grado non vincoli o condizioni il giudice di secondo grado, la necessità di garantire la parità di diritti all’imputato rimasto inconsapevole, senza colpa alcuna, del procedimento a suo carico al fine di richiedere la rinnovazione dell’istruttoria in appello ovvero proporre l’applicazione di procedimenti speciali quali il patteggiamento o il giudizio abbreviato che comportino la riduzione di un terzo della pena concretamente applicabile Sez. 2, Sentenza n. 858 del 22/12/2011 Rv. 251774, cit. . Tale orientamento palesa una eadem ratio rispetto al riconoscimento - da parte della Corte Costituzionale - della facoltà, riconosciuta all’imputato in conseguenza di nuove contestazioni, di domandare l’applicazione della pena, l’oblazione o il giudizio abbreviato relativamente ai reati nuovi o concorrenti contestati in dibattimento Corte cost. sent. n. 265 del 1994 Corte cost. sent. n. 530 del 1995 Corte cost. sent. n. 333 del 2009 Corte cost. sent. n. 237 del 2012 , trattandosi anche in siffatti casi di accuse delle quali la parte è venuta a conoscenza quando il termine per proporre le suddette domande era già scaduto senza sua colpa. Quanto poi al termine per chiedere la celebrazione del procedimento con rito abbreviato, si afferma come l’imputato non possa invocare la restituzione in termini per accedere al rito alternativo entro dieci giorni a decorrere dall’intervenuta consapevolezza di aver subito una condanna in absentia , giacché tale richiesta sarebbe inammissibile in quanto relativa a un procedimento ormai definito, con la conseguenza che all’imputato sarebbe esclusivamente riconosciuta la possibilità di reclamare la remissione in termini per proporre impugnazione, accolta la quale il procedimento viene riaperto attraverso il deposito dell’atto di gravame. Prima di tale momento, l’imputato sarebbe quindi ancora impedito a richiedere la restituzione del termine per accedere al rito alternativo dalla causa di forza maggiore rappresentata dall’impossibilità di introdurre siffatta istanza nell’iter procedurale Sez. 3, Sentenza n. 14956 del 03/12/2014 Rv. 263047, cit. . Tali considerazioni porterebbero a ritenere irrilevante nel caso di specie la presenza di una previa istanza al giudice dell’esecuzione ai sensi del primo comma dell’art. 175 comma 1 cod. proc. pen 2.5. Ciò posto, e a fronte del sopra riassunto contrasto giurisprudenziale, le Sezioni Unite con sentenza resa all’udienza del 29 settembre 2016 hanno deciso in senso affermativo in ordine alla questione se - disposta la restituzione nel termine per appellare la sentenza contumaciale di primo grado, ai sensi dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nel testo vigente prima della entrata in vigore della legge 28 aprile 2014, n. 67, applicabile ai procedimenti in corso a norma dell’art. 15-bis l. cit. - l’imputato, il quale non abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento, possa chiedere al giudice di appello di essere ammesso a un rito alternativo . 2.6. Ciò induce a ritenere che nel caso di specie non possa precludersi al L. il quale, del resto, ha manifestato il proposito di avvalersi di riti alternativi fin dalla proposizione dell’istanza di restituzione in termini, ribadendo poi tale proponimento nel depositare atto d’appello la facoltà di essere rimesso in termini anche ai fini della richiesta di procedere con rito alternativo giudizio abbreviato o patteggiamento . In tale quadro, la decisione con cui la Corte dorica ha dichiarato inammissibile, perché intempestiva, l’istanza di applicazione di pena ribadita in udienza dal difensore dell’imputato munito di procura speciale decisione cui ha fatto rinvio l’impugnata sentenza , è disattesa dal decisum della Corte di legittimità in composizione apicale, con la conseguenza che, una volta restituito nei termini ai sensi dell’art. 175, comma 2, vecchio testo, cod.proc.pen. per proporre appello per non avere avuto conoscenza del procedimento, al L. era consentito avanzare istanza di ammissione ai riti speciali avanti il giudice dell’appello, a nulla rilevando che egli non avesse all’uopo formulato istanza ai sensi del primo comma del previgente art. 175. 3. Per l’effetto, e considerata la rilevanza assorbente del motivo in esame rispetto a quelli seguenti, la sentenza impugnata va annullata, con rinvio alla Corte d’appello di Perugia da individuarsi nella specie quale giudice del rinvio mentre, quanto al primo motivo, per le ragioni anzidette, il ricorso va rigettato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente l’ammissione ai riti alternativi e rinvia alla Corte di appello di Perugia. Rigetta il ricorso nel resto.