L’avvocato non è iscritto all’elenco dei difensori d’ufficio, ma il diritto di difesa è garantito

Le modalità di reperimento del difensore d’ufficio, ivi compresa la mancata iscrizione del legale nominato all’apposito elenco, non sono mai motivo di nullità della nomina, non essendo tale sanzione espressamente prevista dalla norma, come necessario in applicazione del principio di tassatività delle nullità stabilito dall’art. 177 c.p.p. .

Così si è espressa la Corte di Cassazione, con la sentenza del 18 ottobre, n. 43954/16. Il caso. Il Tribunale di Catania, sull’istanza di riesame proposta contro il decreto di perquisizione e sequestro ex artt. 250 e ss. c.p.p., confermava il provvedimento impugnato, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. In tale sede la difesa aveva dedotto la nullità del decreto, poiché il difensore nominato d’ufficio nel provvedimento del pm, al fine di consentire l’esercizio della facoltà dell’indagato di farsi assistere nel momento dell’esecuzione dell’atto di ricerca della prova, nel caso in cui il ricorrente non avesse inteso avvalersi di un difensore di fiducia, era un legale non iscritto all’apposito albo dei difensore d’ufficio, ma tale vizio non veniva riconosciuto come comportante una nullità dal Collegio. L’avvocato non era iscritto all’elenco dei difensori d’ufficio. Avverso l’ordinanza, il difensore dell’indagato propone dunque ricorso per cassazione. L’indagato aveva ricevuto notifica di decreto di perquisizione e sequestro ex artt. 250 e 255 c.p.p., ricevendo le informazioni di garanzia sul diritto di difesa. Egli non aveva provveduto alla nomina di un difensore di fiducia, confidando nella validità della nomina a difensore d’ufficio dell’avvocato nominato dal pm, e perciò della validità del suo intervento, dell’assistenza e della rappresentanza espletati. Ma, dopo la chiusura delle indagini, la Procura aveva notificato all’indagato il decreto di nomina postuma di un diverso difensore d’ufficio, confermando che il difensore precedentemente nominato d’ufficio, non essendo iscritto nella relativa lista, non era in realtà legittimato a svolgere l’attività difensiva. L’ordinanza che ha confermato i provvedimenti impugnati sarebbe perciò nulla poiché, nel caso di specie, la nomina del secondo difensore d’ufficio sarebbe avvenuta dopo l’esecuzione del provvedimento di perquisizione e sequestro, senza quindi possibilità di sanare l’espletamento delle attività effettuate in assenza di un valido rapporto defensionale tra indagato e avvocato. Il diritto di difesa è garantito. La Suprema Corte, richiamando un precedente, ricorda che le modalità di reperimento del difensore d’ufficio, ivi compresa la mancata iscrizione del legale nominato all’apposito elenco, non sono mai motivo di nullità della nomina, non essendo tale sanzione espressamente prevista dalla norma, come necessario in applicazione del principio di tassatività delle nullità stabilito dall’art. 177 c.p.p. da ultimo Cass. n. 3333/14 . E tale nullità non può essere configurabile se non in derivazione da una concreta violazione del diritto di difesa. Essendo stata nel caso di specie garantita in ogni caso un’assistenza tecnica professionalmente qualificata, attraverso la nomina di un difensore abilitato all’esercizio della professione davanti al giudice, il ricorso va rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 luglio – 18 ottobre 2016, n. 43954 Presidente Amoresano – Relatore Rosi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 26 novembre 2015, il Tribunale di Catania, sezione riesame, sull’istanza di riesame proposta nell’interesse di B.L. contro il decreto di perquisizione e sequestro ex artt. 250 e segg. c.p.p., emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catania, in relazione al procedimento penale per il delitto di cui all’art. 600 quater c.p., ha confermato il provvedimento impugnato, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. In tale sede la difesa aveva dedotto la nullità del decreto, perché il difensore nominato di ufficio nel provvedimento del Pubblico Ministero, al fine di consentire l’esercizio della facoltà dell’indagato di farsi assistere nel momento della esecuzione dell’atto di ricerca della prova, nel caso in cui il ricorrente non avesse inteso avvalersi di un difensore di fiducia, era un legale non iscritto all’apposito albo dei difensori di ufficio tale vizio era stato escluso come comportante una nullità dal Collegio del riesame. 2. Avverso l’ordinanza, il difensore dell’indagato ha proposto il presente ricorso per cassazione, lamentando la violazione degli artt. 178, lett. c e 179, comma 1, c.p.p. L’indagato aveva ricevuto notifica di decreto di perquisizione e di sequestro ex art. 250 e 255 c.p.p., ricevendo le informazioni di garanzia sul diritto di difesa, nonché avendo consegnati il verbale di perquisizione locale, personale ed informatica ed il verbale di sequestro. Il B. non aveva provveduto alla nomina di un difensore di fiducia, confidando nella validità della nomina a difensore di ufficio dell’avv. Lombardo, e perciò sulla validità del suo intervento,dell’assistenza e della rappresentanza espletati. Ma successivamente alla chiusura delle indagini la Procura della Repubblica aveva notificato all’indagato il decreto di nomina di un diverso difensore di ufficio, con ciò operando una nomina postuma, e ciò confermerebbe che il difensore di ufficio precedentemente nominato, non essendo iscritto nella relativa lista, non era in realtà legittimato a svolgere l’attività difensiva. Secondo la difesa, il presupposto indefettibile della validità dell’atto di sequestro, consiste nel fatto che la misura sia stata eseguita con la garanzia di una valida difesa di ufficio nei casi in cui l’indagato non abbia nominato un proprio difensore di fiducia. Di conseguenza l’indagato, sin dall’emissione del decreto di perquisizione e sequestro, non ha avuto un difensore in possesso dei requisiti e dell’abilitazione per poter svolgere in quel procedimento alcun atto difensivo o un’ attività di mero controllo. 3. L’ordinanza che ha confermato i provvedimenti impugnati sarebbe perciò nulla per violazione di legge ex art. 606 lett. c c.p.p., in relazione all’art. 97, quarto e quinto comma c.p.p. e in relazione all’art. 29 del d.lgs. n. 271 del 1989 come modificato dal d.lgs. n. 6 del 2015. Infatti, l’indirizzo giurisprudenziale richiamato dalla stessa ordinanza fa riferimento ai casi in cui si sia proceduto alla nomina di un difensore di ufficio ex art. 97, comma 4, c.p.p., mentre nel caso di specie la nomina del secondo difensore di ufficio sarebbe avvenuta dopo l’esecuzione del provvedimento di perquisizione e sequestro, senza quindi possibilità di sanare l’espletamento delle attività effettuate in assenza di un valido rapporto defensionale tra indagato ed avvocato. Tale nullità inficerebbe il decreto di perquisizione e sequestro. Considerato in diritto 1. Il motivo di ricorso non è fondato. È stato già precisato dalla giurisprudenza di legittimità che le modalità di reperimento del difensore d’ufficio, ivi compresa la mancata iscrizione del legale nominato all’apposito elenco, non sono mai motivo di nullità della nomina, non essendo tale sanzione espressamente prevista dalla norma, come necessario in applicazione del principio di tassatività delle nullità stabilito dall’art. 177 c.p.p. cfr. Sez. 3, n. 14742 del 18/2/2004, Maiorana, Rv. 228528, Sez. 5, n. 35178 del 20/9/2005, Randis, Rv. 232569, Sez. 3, Sentenza n. 5496 del 2/12/2008, Vergati, Rv. 242475, Sez. 1, n. 3333 del 30/10/2014, Arcone e altri, Rv. 262069 . Né può ritenersi che tale nullità possa essere configurabile se non in derivazione da una concreta violazione del diritto di difesa. 2. Orbene, nel caso di specie è stata garantita in ogni caso un’assistenza tecnica professionalmente qualificata, attraverso la nomina di un difensore abilitato all’esercizio della professione avanti al giudice. Di conseguenza il ricorso deve essere rigettato e al rigetto consegue, in virtù del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente alle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.