Il comodatario ha una posizione di garanzia sul bene locato a terzi

Il caso di specie è piuttosto particolare, in quanto si trattava di definire la responsabilità per omicidio colposo in capo al comodatario di un immobile, concesso in locazione a terzi deceduti a causa di gas tossici emanati da una caldaia installata dal proprietario non a norma di legge.

Cooperazione colposa in capo al comodatario. La Cassazione, con la decisione in oggetto, ha affermato la sussistenza di una cooperazione colposa in capo al comodatario, in quanto questi, unitamente al proprietario dell’immobile peraltro padre del comodatario e con il quale si era aperto un conto su cui transitavano i canoni di locazione a cui spettava in primo luogo il dovere di mettere a regola d’arte l’impianto di riscaldamento, ha comunque un potere di fatto sulla res , che ne giustifica un dovere di custodia. Più precisamente si è affermato che ai sensi dell’art. 1804 c.c. il comodatario è tenuto a custodire l’immobile con la diligenza del buon padre di famiglia e che sia il comodatario che il comodante rispondono nei confronti dei terzi in quanto custodi del bene , sicché nel caso di specie ben poteva individuarsi in capo al comodatario una posizione di garanzia”. Si è peraltro osservato che se i principi che regolano la materia dei contratti esprimono il criterio della solidarietà passiva tra proprietario e comodatario, a condizione che entrambi esercitino poteri di ingerenza e gestione sul bene, nondimeno la disciplina della cooperazione nel delitto colposo impone l’accertamento di indici significativi del potere di ingerenza del comodatario o, quantomeno, della consapevolezza che egli abbia in merito alle attività di gestione poste in essere dal proprietario , potere di ingerenza che, alla luce delle motivazioni della sentenza della Corte d’appello peraltro non pienamente espresse nella sentenza qui in commento , è risultato essere adeguatamente motivato e sostenuto dal giudice del merito. Canoni di locazione. La decisione in commento appare ragionevole e condivisibile, vista la peculiarità del caso, in cui la figura del proprietario e del comodatario erano particolarmente confuse. Senza considerare che di per sé la possibilità per un comodatario di locare a terzi un bene, appare alquanto difficile da comprendere in una normale logica commerciale. Sicché, il fatto che i canoni di locazione arrivassero sopra un conto cointestato al padre-proprietario ed al figlio-comodatario lasciava intendere la sussistenza di una piena consapevolezza di entrambi sulla situazione della res e sul fatto che i canoni di locazione, in ipotesi utili a sistemare la caldaia e metterla in sicurezza, fossero formalmente” indirizzati al comodatario, che sempre formalmente non ha l’obbligo di sistemare” o installare” un impianto di riscaldamento. Dal punto di vista pratico, ciò che si è rimproverato” al comodatario è, in fondo, di aver locato un bene, che sapeva essere non in sicurezza, ed averne approfittato economicamente, non ponendosi il problema di una messa a punto della caldaia di cui è causa, benché il proprietario sapesse della locazione e fosse a conoscenza dei canoni versati per il godimento dell’immobile”. Il richiamo alla disciplina civilistica, dunque, è servito per individuare i criteri di colpa astratta mentre il riferimento ai principi della cooperazione colposa, sono serviti per far emergere in punto di fatto e di diritto i dati della concreta responsabilità penale. Vista in questi termini, come accennato, la decisione non può essere criticata, anche se emerge una certa difficoltà nella lettura dell’esposizione delle argomentazioni. Nel caso de quo , tuttavia, ciò è davvero irrilevante, posto che i principi invocati e la loro applicazione sono ineccepibili.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 6 – 18 ottobre 2016, numero 43861 Presidente Romis – Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Roma ha riformato limitatamente al trattamento sanzionatorio la pronuncia di condanna emessa, a seguito di giudizio abbreviato, dal Tribunale di Roma nei confronti di A.M. , imputato unitamente al padre A.A. , nei cui confronti il processo si è concluso con sentenza ai sensi dell’articolo 444 cod.proc.penumero del reato di omicidio colposo per aver cagionato il 18 febbraio 2010 la morte di T.P. e S.D. , ai quali aveva locato, in qualità di comodatario, l’immobile sito in omissis l’immobile era dotato di caldaia non a norma di legge, sia perché il locale di installazione era privo di aperture di ventilazione sia perché il sistema di scarico dei fumi aveva geometria inadeguata e tale da provocare reflusso di gas tossico. 2. A.M. ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla individuazione a suo carico della posizione di garanzia. Premessa la necessità che la posizione di garanzia sia correlata all’effettivo potere di proteggere determinati beni giuridici o di controllare fonti di pericolo, il ricorrente deduce che, in sede di merito, è risultato che l’immobile locato alle vittime era stato amministrato e gestito esclusivamente dal proprietario A.A. , che aveva di fatto continuato a gestirlo anche dopo l’unilaterale stipula del contratto di comodato in favore del figlio M. . Il proprietario aveva, infatti, stipulato il contratto di locazione con le vittime due giorni dopo la sottoscrizione e l’inoltro al figlio a mezzo lettera raccomandata del contratto di comodato, senza che A.M. fosse stato in alcuna occasione immesso nel possesso dell’immobile. Difettano, secondo il ricorrente, i presupposti della cooperazione colposa nel delitto, che presuppone la reciproca consapevolezza da parte dei concorrenti della convergenza delle relative condotte verso un identico scopo. Con un secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 11 d.P.R. 26 agosto 1993, numero 412 e vizio di motivazione in merito al subentro di A.M. nella posizione di garanzia la norma richiamata, si assume, non esonera il proprietario da ogni responsabilità connessa all’impianto termico a servizio dell’immobile e, per altro verso, richiama la figura dell’occupante quale soggetto deputato all’esercizio, alla manutenzione ed alle verifiche periodiche dell’impianto. Considerato in diritto 1. Il secondo motivo di ricorso, in quanto inammissibile, viene esaminato con priorità. Trattasi di censura manifestamente infondata laddove è stata dedotta la violazione di legge, posto che si invoca la corretta applicazione del Regolamento recante norme per la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia , dunque una normativa dettata con l’obiettivo di ridurre il consumo energetico, in quanto tale inidonea ad integrare il precetto penale che tutela il bene della vita da condotte od omissioni dirette a sopprimerlo. La censura inerente al vizio di motivazione sul medesimo punto è inammissibile in quanto è stata proposta per la prima volta in fase di legittimità, E secondo quanto, anche recentemente, affermato da questa Suprema Corte, la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. penumero , dispone che non possano essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello. Tale regola trova il suo fondamento nella necessità di evitare che possa sempre essere dedotto un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso non sottoposto al controllo della Corte di Appello, in quanto non devoluto con l’impugnazione Sez.4, numero 10611 del 4/12/2012, dep. 7/03/2013, Bonaffini, Rv.256631 . Dalla lettura di tali disposizioni in combinato disposto con l’articolo 609, comma 1, cod. proc. penumero , che limita la cognizione di questa Corte ai motivi di ricorso consentiti, si evince l’inammissibilità delle censure che non siano state, pur potendolo essere, sottoposte al giudice di appello, la cui pronuncia sarà inevitabilmente carente con riguardo ad esse Sez. 5, numero 28514 del 23/04/2013, Grazioli Gauthier, Rv. 255577 Sez.2, numero 40240 del 22/11/2006, Roccetti, Rv.235504 Sez.1, numero 2176 del 20/12/1993, dep. 1994, Etzi, Rv.196414 . 2. Il primo motivo di ricorso è infondato. 2.1. Il giudice di primo grado aveva espresso il giudizio di responsabilità dell’imputato dopo aver accertato che, alla data dell’evento, A.M. risultava comodatario dell’immobile in virtù di contratto datato 27 febbraio 2007 nonché cointestatario, unitamente al padre, del conto corrente sul quale confluivano gli accrediti dei canoni di locazione, dunque fruitore del reddito prodotto dall’immobile. In base al rilievo che l’imputato fosse destinatario dei canoni di locazione in quanto titolare del rapporto di comodato, il giudice di primo grado aveva desunto che egli avesse assunto nel rapporto con i conduttori una specifica posizione di garanzia correlata all’esercizio del diritto di proprietà. 2.2. Nella sentenza impugnata, la Corte di merito ha affermato che dal contratto di comodato intervenuto tra padre e figlio discende una inequivocabile posizione di garanzia quel comodato era il presupposto logico e giuridico per il successivo contratto di locazione tra le povere vittime e l’odierno prevenuto i cui canoni di locazione confluivano nel patrimonio dell’odierno imputato . 3. Si pone qui la questione, sia sotto il profilo della violazione di legge che del vizio di motivazione, se la suestesa motivazione sia legittima e satisfattiva a fronte della deduzione, già svolta nell’atto di appello, secondo la quale A.M. non si era occupato della gestione né dell’amministrazione dell’immobile, avendo l’istruttoria dimostrato che l’immobile era di fatto rimasto nella piena disponibilità del padre, proprietario e comodante. 3.1. Occorre, in primo luogo, considerare che nel diritto dei contratti, dal quale il giudice penale mutua l’aspetto descrittivo dell’obbligo di fonte negoziale da cui si origina la posizione di garanzia del comodatario, le obbligazioni di quest’ultimo si atteggiano in due modi come obblighi di manutenzione e come obblighi di custodia. In particolare, in base all’articolo 1808 cod. civ., gravano sul comodatario gli obblighi di manutenzione ordinaria dell’immobile in base all’articolo 1804 cod. civ., il comodatario è tenuto a custodire il bene con la diligenza del buon padre di famiglia. Si tratta di obblighi che regolano il rapporto contrattuale ed, al contempo, delineano l’ambito della responsabilità del comodatario nei confronti dei terzi. 3.2. Escluso che l’attività d’installazione di un impianto di riscaldamento o di una parte di esso, quale la caldaia, possa ritenersi attività di ordinaria manutenzione gravante sul comodatario, ne deriva sotto tale profilo l’estraneità della condotta contestata nel presente processo concretata dall’omessa predisposizione di un idoneo sistema di areazione all’interno dell’appartamento e, comunque, dall’installazione di una caldaia non conforme alle norme di sicurezza agli obblighi gravanti sul ricorrente in virtù del contratto di comodato. 3.3. La correttezza della decisione deve, dunque, essere verificata alla luce del diverso modo in cui si atteggiano le obbligazioni del comodatario in quanto custode del bene. Nella giurisprudenza della Corte di Cassazione civile Sez. III civile numero 13363 del 30/06/2015, Rv. 635801 sia il comodatario che il comodante rispondono nei confronti dei terzi in quanto custodi del bene. Su tale premessa, il dato della sottoscrizione del contratto di locazione da parte del comodatario rappresenta indice rilevante dell’acquisto dell’obbligo di custodia da parte del comodatario nei confronti del conduttore contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, dalla lettura della sentenza di primo grado emerge, infatti, che il contratto di locazione fosse stato sottoscritto dall’imputato A.M. e non dal padre di quest’ultimo. 4. Non è inutile ricordare che l’assunzione di una posizione di garanzia puo’ trarre anche origine da una situazione di fatto o da un atto di volontaria determinazione, tali da fondare il dovere di intervento. Con l’ovvia precisazione che la posizione di garanzia richiede l’esistenza in capo al garante di poteri impeditivi dell’evento, i quali, peraltro, possono essere anche diversi e di minore efficacia rispetto a quelli direttamente e specificamente volti ad impedire il verificarsi dell’evento nel senso che è necessario e sufficiente che il garante abbia il potere, con la propria condotta, di indirizzare il decorso degli eventi proiettandoli verso uno sviluppo atto ad impedire la lesione del bene giuridico da lui preso in carico, esercitando, quindi, i poteri da lui esigibili anche laddove questi non siano da soli impeditivi dell’evento Sez.4, numero 31241 del 23/06/2015, Salvia, numero m. Sez.4, numero 38991 del 10/06/2010, Quaglierini, Rv. 248849 . 4.1. Il rapporto di custodia con la cosa che dia luogo all’evento lesivo postula, infatti, l’effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa che comporti il potere - dovere di intervento su di essa, e che compete al proprietario o anche al possessore o detentore .ove la custodia finisca per fare capo a più soggetti a pari titolo, o a titoli diversi, che importino l’attuale coesistenza di poteri di gestione e di ingerenza sul bene, la responsabilità in via solidale è a carico di tutti rimanendo, invece, in capo al proprietario la responsabilità dei danni arrecati a terzi dalla strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati, delle quali conserva la disponibilità giuridica, e, quindi, la custodia Sez. 2 civile numero 13881 del 09/06/2010, Rv. 613244 Sez. 3 civile numero 16231 del 03/08/2005, Rv. 583117 Sez. 3 civile numero 2422 del 9/02/2004, Rv. 569991 . 4.2. Se, dunque, i principi che regolano la materia dei contratti esprimono il criterio della solidarietà passiva tra proprietario e comodatario, a condizione che entrambi esercitino poteri di gestione e di ingerenza sul bene, nondimeno la disciplina della cooperazione nel delitto colposo impone l’accertamento di indici significativi del potere di ingerenza del comodatario o, quantomeno, della consapevolezza che egli abbia in merito alle attività di gestione poste in essere dal proprietario. 4.3. Esaminando la pronuncia impugnata alla luce di tali principi, la motivazione risulta completa. Sono state esaminate le peculiarità del caso concreto, segnatamente la stipulazione del contratto di locazione da parte del comodatario e la destinazione dei frutti della locazione su un conto corrente cointestato al proprietario ed al comodatario, desumendone la posizione di garanzia del comodatario concorrente con quella del proprietario. 5. Conclusivamente, il ricorso non puo’ trovare accoglimento segue, a norma dell’articolo 616 cod.proc.penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al rimborso delle spese in favore delle costituite parti civili, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché a rimborsare alle parti civili le spese sostenute per questo giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.500,00 in favore della parte civile difesa dall’Avv. Enrico Castaldo oltre accessori come per legge, ed in complessivi Euro 3.500,00 in favore delle parti civili difese dall’Avv. Damiano Palo oltre accessori come per legge.