Sentenza contumaciale: l’onere di provarne la conoscenza spetta all’autorità giudiziaria

Ai fini della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale di condanna, la prova della conoscenza effettiva del provvedimento che ha definito il giudizio di cognizione, da parte dell’imputato che abbia formulato la relativa istanza, grava sull’autorità giudiziaria.

Così la sentenza n. 42819/16 della Cassazione, depositata il 10 ottobre. Il caso. Condannato con sentenza contumaciale, un imputato presentava istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza formulata sul presupposto della sua effettiva conoscenza del procedimento e del provvedimento conclusivo per essere state eseguite tutte le notifiche nel corso del giudizio di cui all’art. 161, comma 4, c.p.p. a mani del difensore d’ufficio, con cui non aveva mai avuto contatti. La Corte d’appello rigettava però l’istanza, rilevando che, al contrario, dall’esame del fascicolo del procedimento di primo grado emergeva che il verbale dell’udienza preliminare e il decreto di rinvio a giudizio erano stati notificati all’imputato a mani della moglie convivente e che la citazione per l’udienza dibattimentale era stata notificata a mani della figlia convivente. Di conseguenza, ciò portava alla manifesta infondatezza dell’istanza di rimessione in termini. Rivoltosi alla Corte di Cassazione, l’imputato denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 175 c.p., comma 2, con riguarda all’erroneità del rigetto dell’istanza di restituzione nel termine per impugnare. La prova è a carico dell’autorità giudiziaria. L’art. 175, comma 2, c.p.p., nel testo risultante dalla modifica introdotta dal d.l. n. 17/05 convertito in l. n. 60/05, che regola i presupposti e le condizioni della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale di condanna, è stato costantemente interpretato dalla giurisprudenza di legittimità nel senso che la prova della conoscenza effettiva del provvedimento che ha definito il giudizio di cognizione, da parte dell’imputato che abbia formulato la relativa istanza, grava sull’autorità giudiziaria. La notificazione degli atti processuali al difensore d’ufficio non è di per sé idonea a dimostrare l’effettiva conoscenza del provvedimento da parte dell’imputato, essendo necessaria la prova positiva che il difensore d’ufficio sia riuscito a rintracciare l’assistito e abbia dunque instaurato un effettivo rapporto professionale con lui. La decisione d’appello. La Corte d’appello dunque, nel rilevare che la contumacia era stata ritualmente dichiarata, a seguito delle regolari notifiche eseguite in mano ai familiari conviventi, ha di fatto applicato quel criterio presuntivo di conoscibilità e non di effettiva conoscenza degli atti del processo da parte dell’imputato che si risolve nell’addossare a questi la prova della mancata conoscenza della sentenza che ha definito il procedimento, in palese contrasto con la voluntas legis e con la ratio giustificativa della modifica normativa all’art. 175 c.p.p. operata dal d.l. n. 17/2005. Per tali ragioni, il provvedimento impugnato viene annullato con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 20 maggio – 10 ottobre 2016, n. 42819 Presidente Cortese – Relatore Saraceno Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 19 gennaio 2015 la Corte di appello di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato l'istanza con cui R. M. aveva chiesto la restituzione nel termine per impugnare la sentenza di condanna a suo carico emessa dal Tribunale di Vigevano, sezione distaccata di Abbiategrasso, in data 21.12.2010, irrevocabile il 4.11.2012, formulata sul presupposto della sua mancata effettiva conoscenza del procedimento e del provvedimento conclusivo per essere state eseguite tutte le notifiche nel corso dei giudizio ai sensi dell'artt. 161 cod. proc. pen., comma 4, a mani del difensore di ufficio, con il quale non aveva mai avuto contatti. 1.1 A ragione della decisione la Corte di appello rilevava che, al contrario, dall'esame dei fascicolo del procedimento di primo grado emergeva che il verbale dell'udienza preliminare e il decreto di rinvio a giudizio del 25.9.2009 erano stati notificati all'imputato a mani della moglie convivente J. J. in R. sul Naviglio MI strada per Corbetta 6 e che la citazione per l'udienza dibattimentale del 2.3.2010 era stata notificata a mani della figlia convivente J. M. il 10.11.2009. La rituale notifica dei ridetti atti del processo e l'omessa contestazione della convivenza, all'epoca delle notifiche, con la moglie e la figlia, comportavano la manifesta infondatezza dell'istanza di rimessione in termini. 2. Ricorre per cassazione R. M., a mezzo dei difensore avv. L.P., deducendo inosservanza e erronea applicazione dell'art. 175 cod. proc. pen., comma 2, con riguardo all'erroneità del rigetto dell'istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza di condanna pur a fronte dell'allegazione della mancata conoscenza del provvedimento, notificato per estratto al difensore d'ufficio col quale l'imputato non aveva mai avuto alcun contatto ed essendo stata desunta la conoscenza del procedimento sulla base della mera regolarità formale della notifica degli atti processuali di impulso e sulla mancata smentita della convivenza con quei familiari che ebbero a ricevere le notifiche di quegli atti. 3. II Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto dei ricorso, sul rilievo che le notifiche effettuate presso la casa di abitazione a mani di familiari conviventi legittimano il convincimento che l'imputato abbia volontariamente rinunciato a partecipare al procedimento e ad impugnare il provvedimento di condanna. Considerato in diritto Il ricorso è fondato nei termini che seguono. 1. L'art. 175 c.p.p., comma 2, nel testo risultante dalla modifica introdotta dal D.L. n. 17 del 2005, convertito nella L. n. 60 del 2005, che regola nel caso di specie i presupposti e le condizioni della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale di condanna, è stato interpretato in modo costante da questa Corte di legittimità nel senso che la prova della conoscenza effettiva dei provvedimento che ha definito il giudizio di cognizione, da parte dell'imputato che abbia formulato la relativa istanza, grava sull'autorità giudiziaria, Sez. 1 n. 26321 dei 18/05/2011, Rv. 250683 Sez. 5 n. 14889 del 29/01/2010, Rv. 246866 Sez. 1 n. 46176 del 17/11/2009, Rv. 245515 e Sez. 6 n. 2718 dei 16/12/2008, Rv. 242430, secondo cui la norma prevede una sorta di presunzione iuris tantum di non conoscenza da parte dell'imputato, ponendo a carico dei giudice l'onere di reperire in atti l'eventuale prova contraria e, più in generale, di effettuare tutte le verifiche occorrenti al fine di accertare se il condannato abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento ed abbia volontariamente rinunciato ad impugnarlo . In coerenza a tale premessa sistemica, questa Corte ha affermato il principio che la notificazione degli atti processuali al difensore d'ufficio anche nel caso in cui l'imputato abbia eletto domicilio in fase preprocessuale presso lo stesso non è di per sè idonea a dimostrare l'effettiva conoscenza del provvedimento da parte dell'imputato, essendo invece necessaria la prova positiva che il difensore designato d'ufficio sia riuscito a rintracciare l'assistito e abbia instaurato un effettivo rapporto professionale con lui, o che comunque risulti aliunde la prova della relativa effettiva conoscenza Sez. 6 n. 19781 del 5/04/2013, Rv. 256229 Sez. 1 n. 3746 del 16/01/2009, Rv. 242535 Sez. 6 n. 36465 del 16/07/2008, Rv. 241259 Sez. 1 n. 40250 del 2/10/2007, Rv. 238048 e Sez. 1 n. 32678 del 12/07/2006, Rv. 235036 . A tali principi, ormai acquisiti nella giurisprudenza di questa Corte, l'ordinanza impugnata non si è attenuta, valorizzando, al fine di rigettare l'istanza di restituzione in termine del ricorrente, il dato di fatto dell'avvenuta regolare notifica di alcuni atti dei processo, celebrato in contumacia, a mani dei familiari conviventi presso il luogo di residenza dei condannato, ossia il campo nomadi di Ribecco sul Naviglio via per Corbetta. Dagli atti, però, risulta che l'imputazione elevata a carico del R. per la quale è intervenuta la sentenza di condanna reato di cui all'art. 9, comma 2, L. n. 1423 del 1956 aveva ad oggetto la verificata violazione degli obblighi inerenti alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, consistita proprio nell'accertato allontanamento dell'imputato a partire dalla data dell'8.11.2008, dalla propria abitazione in R. sul Naviglio via per Corbetta n. 6 che, nella stessa data del 15.10.2009, di notifica, da parte dell'ufficiale giudiziario, del verbale di udienza preliminare e del decreto che dispone il giudizio a J. J., moglie convivente, la donna riferiva ai carabinieri della Stazione di Abbiategrasso, che il congiunto si era allontanato per ignota destinazione senza far ritorno presso il proprio domicilio v. verbale di vane ricerche f. 44 che l'avviso per I' udienza dibattimentale del 2.3.2010, spedito a mezzo posta, veniva ritirato in data 10.11.2009 dalla figlia, dichiaratasi convivente, I. M. che per l'estratto contumaciale della sentenza veniva esperito un tentativo di notifica a mezzo posta con plico non ritirato . La Corte di appello, dunque, nel rilevare che la contumacia dell'imputato era stata ritualmente dichiarata all'udienza del 2.3.2010, a seguito delle regolari notifiche eseguite a mani dei familiari conviventi e che, pertanto, non tutte le notifiche erano state eseguite ai sensi dell'art. 161 comma 4 cod. proc. pen., e valorizzando, al fine di rigettare l'istanza di restituzione in termine del ricorrente, la mancata contestazione del rapporto di convivenza con moglie e figlia, all'epoca delle ridette notifiche, ha di fatto applicato quel criterio presuntivo di conoscibilità e non di effettiva conoscenza degli atti dei processo da parte dell'imputato che si risolve nell'addossare a quest'ultimo la prova della mancata conoscenza della sentenza che ha definito il procedimento, in palese contrasto con la voluntas legis e con la ratio giustificativa della modifica normativa dell'art. 175 cod. proc. pen., a suo tempo introdotta dal D.L. n. 17 del 2005. 2. Sotto tale profilo il provvedimento impugnato deve pertanto essere annullato con rinvio alla Corte d'appello di Milano per nuovo esame dell'istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale di condanna pronunciata il 21.12.2010 dal Tribunale di Vigevano sezione distaccata di Abbiatregrasso da compiersi nel rispetto dei principi di diritto sopra indicati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Milano.