Sesso in strada: coppia punibile solo con una multa

Salvi due stranieri beccati a far sesso lungo una pubblica via, per giunta ben illuminata. Azzerata la condanna a tre mesi di reclusione decisa in appello. Per loro, però, neanche l’obbligo della sanzione pecuniaria il reato è prescritto.

Niente carcere per la coppia che viene beccata a fare sesso in strada. Esemplare la decisione con cui i Magistrati della Cassazione hanno chiuso una singolare vicenda cominciata nel marzo del 2007 in Emilia-Romagna volenti o nolenti, bisogna prendere atto che il reato di atti osceni in luogo pubblico” è depenalizzato. Ciò significa che nella peggiore delle ipotesi si rischia una multa da 30mila euro Cassazione, sentenza n. 41731/16, sezione Terza Penale, depositata il 5 ottobre . Atti osceni. Sanzione dura per una coppia di stranieri – lui marocchino, lei moldava – beccati a far sesso lungo una pubblica via, in area illuminata tre mesi di reclusione . Sia in Tribunale che in appello i giudici ritengono inevitabile la condanna per il reato di atti osceni . È stato accertato, difatti, che i due amanti si son lasciati travolgere dalla passione fisica, facendo sesso lungo una pubblica via e, per giunta, in un’area illuminata . Nel contesto della Cassazione il legale della coppia prova a contestare la visione tracciata in appello, puntando, in particolare, su un presunto occultamento dei suoi clienti in occasione dei momenti hot vissuti in strada. Ma la linea difensiva proposta è inutile. Ciò perché i Magistrati non possono fare altro che prendere atto della depenalizzazione – come da articolo 2 del d.lgs. n. 8/2016 – del reato di atti osceni , catalogabile ora come mero illecito amministrativo punibile con una sanzione pecuniaria che può andare dai 5mila ai 30mila euro. In questa vicenda, peraltro, la coppia di stranieri non dovrà neanche pagare la multa, vista la prescrizione del reato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 luglio – 5 ottobre 2016, n. 41731 Presidente Amoresano – Relatore Liberati Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 9 maggio 2014 la Corte d'appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna del 28 giugno 2010, con cui A. F. e S.M. erano stati condannati alla pena di mesi tre di reclusione per il reato di cui all'art. 527 cod. pen., per aver compiuto atti osceni in luogo pubblico, consistiti in atti sessuali posti in essere lungo la pubblica via in area illuminata. 2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso congiuntamente entrambi gli imputati, affidati a dieci motivi. 2.1. Con il primo motivo hanno denunciato violazione dell'art. 157 cod. pen. e vizio di motivazione, per l'omesso rilievo della prescrizione del reato, commesso il 19 marzo 2007, erroneamente non rilevata dalla Corte d'appello di Bologna. 2.2. Con il secondo motivo hanno denunciato violazione dell'art. 415 bis cod. proc. pen. e ulteriore vizio di motivazione, per la mancata notificazione degli atti del giudizio all'imputato F. presso la sua residenza, con la conseguente nullità della sentenza impugnata. 2.3. Con il terzo motivo hanno prospettato violazione dell'art. 587 cod. proc. pen. e vizio della motivazione, per l'erroneità del rilievo della inammissibilità dell'appello incidentale proposto dal F., interessato all'esito dell'appello principale proposto dalla coimputata M. ed alla concessione della sospensione condizionale della pena. 2.4. Con il quarto motivo hanno denunciato violazione degli artt. 163 e 164 cod. pen. e vizio della motivazione, per il mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena al F., che si trovava nelle condizioni soggettive per beneficiarne. 2.5. Con il quinto motivo hanno prospettato violazione dell'art. 192 cod. proc. e vizio della motivazione, per l'erronea affermazione da parte della Corte d'appello a proposito della visibilità dalla via pubblica degli imputati nel compimento degli atti sessuali. 2.6. Con il sesto, il settimo e l'ottavo motivo hanno denunciato violazione dell'art. 527 cod. pen. e vizio della motivazione, lamentando l'erroneità della considerazione ex post della loro condotta da parte dei giudici di merito anziché ex ante, della sussistenza dell'elemento psicologico dei reato loro addebitato e della natura pubblica del luogo nel quale erano stati sorpresi. 2.7. Con il nono ed il decimo motivo ha denunciato violazione degli artt. 163 e 527 cod. pen. e vizio di motivazione, per la disparità del trattamento sanzionatorio, l'eccessività della pena ed il mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena al F Considerato in diritto 1. La sentenza in esame deve essere annullata senza rinvio a seguito della sopravvenuta depenalizzazione del reato di cui all'art. 527 cod. pen., ad opera dell'art. 2 d.lgs. 15/1/2016 n. 8 pubblicato nella G.U. n. 17 del 22/1/2016 , che ha previsto espressamente la configurazione come illecito amministrativo, punito con la sanzione pecuniaria da euro 5.000 ad euro 30.000, del reato di cui all'art. 527, primo comma, cod. pen., contestato ai ricorrenti. Non occorre trasmettere gli atti alla autorità amministrativa competente, risultando prescritta la violazione, commessa il 19 marzo 2007, atteso che l'obbligo di trasmissione di cui all'art. 9 del d.lgs. 8/2016 citato è espressamente escluso dal primo comma di tale disposizione nell'ipotesi di estinzione del reato per prescrizione o per altra causa. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.