Scorta di cocaina in casa: lui è senza lavoro e non può acquistare la droga per uso personale

A rendere ancora più delicata la posizione di uno straniero, poi, anche il fatto che egli abbia portato in strada della droga già confezionata e pronta alla vendita. Respinta la tesi di un acquisto effettuato a scopo personale.

Cocaina detenuta in casa e portata con sé anche in strada. Delicata la posizione di uno straniero fermato dalle forze dell’ordine, che difatti viene condannato per spaccio. Respinta l’ipotesi di un uso meramente personale, viste le precarie condizioni economiche dell’uomo. Cassazione, sentenza n. 41978/16, depositata il 5 ottobre Uso. Nessun dubbio per i giudici di merito il giovane straniero va condannato per possesso di droga destinata alla vendita. L’unica modifica, tra primo e secondo grado, riguarda la pena in Tribunale viene decisa una sanzione pari a sei mesi di reclusione e 1.600 euro di multa , poi ridotta in Appello a quattro mesi di reclusione e 1.200 euro di multa . Ora la condanna diviene definitiva, alla luce della posizione assunta dai magistrati della Cassazione, che respingono le obiezioni mosse dal difensore. Inequivocabili i dettagli della vicenda la cocaina trovata nell’abitazione era destinata al confezionamento delle dosi , mentre quella che l’uomo si era portata in strada era già frazionata e confezionata in involucri termosaldati e pronta quindi alla vendita. Da escludere, infine, l’ipotesi difensiva di un acquisto di stupefacente per esclusivo uso personale . Su questo fronte per sgomberare il campo dai dubbi basta fare riferimento al fatto che lo straniero era privo di un’attività lavorativa , e quindi non in grado economicamente di sostenere il costo per una scorta di cocaina.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 maggio – 5 ottobre 2016, n. 41978 Presidente Bianchi – Relatore Savino Ritenuto in fatto Con sentenza emessa in data 03.05.2016 il Tribunale di Roma dichiarava D. P. colpevole del reato di cui all'art. 73, comma 5, d.p.r. 309/90, condannandolo, in esito a rito abbreviato, alla pena di mesi sei di reclusione ed € 1.600,00 di multa. La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 23.6.2014, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riduceva la pena a mesi quattro di reclusione ed € 1.200,00 di multa, confermando nel resto la sentenza di primo grado e revocando, al contempo, la misura dell'obbligo di presentazione alla PG. Avverso la sentenza della Corte d'Appello proponeva ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo vizio di motivazione della sentenza per mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Lamenta la difesa che la corte di merito, nella esigua parte motiva, si limita ad una mera indicazione delle argomentazioni che hanno condotto il giudice di secondo grado a confermare le valutazioni svolte in primo grado in ordine alla sussistenza della penale responsabilità del proprio assistito. Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato e la doglianza affetta da eccessiva genericità. La sentenza appare, infatti, immune da qualsivoglia vizio logico-giuridico e la parte motiva della stessa è articolata, ampia e logicamente ineccepibile. I giudici di merito, difatti hanno, correttamente, ricavato la penale responsabilità dell'imputato per il reato ascrittogli, dal materiale ritrovato nella sua abitazione, destinato al confezionamento delle dosi, dal rinvenimento in suo possesso, mentre era in strada, dello stupefacente del tipo cocaina già frazionato e confezionato in involucri termosaldati dalla quantità e purezza della cocaina che consentiva possibili tagli, dalla condizione economica dell'imputato, il quale, privo di una attività lavorativa stabile, non poteva ragionevolmente sostenere il costo dell'acquisto di stupefacente per uso personale. Elementi questi che quindi sono stati logicamente ritenuti idonei a fondare la responsabilità penale. II ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di € 1.000,00 a favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.