Quando la sproporzione del canone di locazione è sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione

La contemporanea locazione di unità immobiliari a più prostitute determina la sproporzione del canone richiesta dalla legge per configurare lo sfruttamento ed il favoreggiamento di prostituzione.

Con la sentenza n. 41154 depositata il 3 ottobre 2016, la terza sezione penale della Corte di Cassazione interviene in tema di sfruttamento della prostituzione, precisando contorni e limiti della fattispecie in relazione alla questione proposta. Favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. In particolare, secondo gli Ermellini, va confermato quanto rilevato dal precedente orientamento giurisprudenziale in base al quale commette il reato di favoreggiamento della prostituzione colui il quale procura un alloggio dove esercitare il meretricio ad una prostituta, la quale, per l’attività esercitata e per la sua condizione oggettiva, trova difficoltà a prendere personalmente in locazione un immobile ove esercitare il meretricio. Nel caso di specie la ricorrente era stata condannata alla pena di anni due e otto mesi di reclusione e € 800,00 di multa per il reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di numerose cittadine extracomunitarie. Il canone di locazione non risulta sproporzionato. Tra le doglianze presentate in sede di ricorso di Cassazione, la ricorrente, quanto allo sfruttamento della prostituzione, evidenzia che dalle intercettazioni telefoniche era emerso che la stessa non poteva qualificarsi come sfruttatrice dell’altrui prostituzione, in quanto la stessa non percepiva un canone di locazione sproporzionato rispetto a quelli usuali. Inoltre, la difesa della ricorrente evidenziava che, rispetto alle somme ipotizzate di € 350 settimanali, quelle effettivamente riscosse erano di molto inferiori e talvolta non venivano nemmeno riscosse. Infine, quanto era percepito era utilizzato anche per coprire le spese correnti dell’immobile e quelle di manutenzione, per cui non era possibile ravvisare quella sproporzione-esagerazione richiesta ex lege per la configurabilità del reato. Quanto al delitto di favoreggiamento della prostituzione, la difesa sostiene che la mera condotta di concedere in locazione l’immobile, in assenza di prestazioni accessorie, sarebbe inidonea a configurare l’illecito penale. Nella specie, afferma la difesa, la ricorrente si sarebbe limitata a concedere in locazione l’immobile, così prestando aiuto alle prostitute in quanto persone e non all’attività di meretricio dalle stesse svolta non risultando sussistente, pertanto, neppure detta ipotesi di reato. Lecita locazione. I Giudici del Palazzaccio, tuttavia, dichiarano inammissibile il ricorso per genericità e manifesta infondatezza. In realtà, il giudice di merito ha fornito puntuale ed adeguata motivazione, evidenziando il ruolo della ricorrente, che aveva quale unico scopo quello di lucrare sugli affitti delle tre unità immobiliari di cui risultava formalmente locataria, con piena consapevolezza dello scopo che le utilizzatrici-conduttrici dell’immobile avevano, ossia quello di esercitarvi il meretricio. Inoltre, gli stessi giudici di merito avevano evidenziato che il canone settimanale era sproporzionato rispetto a quello che si sarebbe potuto pretendere nell’ipotesi di lecita locazione ad un solo conduttore, laddove proprio la pluralità degli ospiti” nei tre immobili, rendeva evidente l’esclusività dello scopo di lucro e, quindi, sia lo sfruttamento che il favoreggiamento, non potendo certo qualificarsi le condotte della ricorrente come di aiuto alle prostitute in quanto tali, essendo invece animata la donna dall’esclusiva volontà di conseguire profitti illeciti dalla contemporanea locazione plurima di unità immobiliari dalla stessa locate. Configurazione del reato di favoreggiamento. Continuano i Giudici di Piazza Cavour dichiarando che il motivo di doglianza risulta manifestamente infondato, visto che, da un lato, se è vero che non integra il reato di favoreggiamento della prostituzione la cessione in locazione a prezzo di mercato, di un appartamento ad una prostituta anche se il locatore sia consapevole che la conduttrice vi eserciterà la prostituzione a meno che, oltre al godimento dell’immobile, vengano fornite prestazioni accessorie che esulino dalla stipulazione del contratto ed in concreto agevolino il meretricio, è altrettanto vero che la contemporanea locazione, come nel caso di specie, delle unità immobiliari a più prostitute determinava all’evidenza la sproporzione richiesta dalla legge, secondo l’interpretazione della Corte di legittimità, atteso che ciò rende palese l’intento non solo di sfruttare l’altrui prostituzione, ma anche quello di favorirla. Da qui la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1500,00 in favore della Cassa delle ammende.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 luglio – 3 ottobre 2016, n. 41154 Presidente Fiale – Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 9/06/2015, depositata in data 11/06/2015, la Corte d’Appello di Genova confermava la sentenza del Gip/tribunale di LA SPEZIA del 28/04/2014, appellata dalla ricorrente che era stata condannata alla pena di 2 anni ed 8 mesi di reclusione ed Euro 800,00 di multa per il reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di numerose cittadine extracomunitarie artt. 81, cpv., c.p. e 3, n. 8 e 4, n. 7, legge n. 75 del 1958 , in relazione a fatti commessi dal 1/08/2013 sino all’attualità, in territorio di omissis . 2. Ha proposto ricorso A.C.D. a mezzo del difensore fiduciario cassazionista, impugnando la sentenza predetta con cui deduce due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen 2.1 . Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b , cod. proc. pen., in relazione all’affermazione della responsabilità penale per il delitto di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione ex lege n. 75 del 1958. In sintesi la censura investe l’impugnata sentenza in quanto, sostiene la ricorrente, quanto allo sfruttamento della prostituzione, si evidenzia che dalle stesse intercettazioni telefoniche era emerso che la ricorrente non poteva qualificarsi come sfruttatrice dell’altrui prostituzione, in quanto la stessa non percepiva un canone di locazione sproporzionato rispetto quelli usuali, ne risultano essere stati svolti accertamenti finalizzati a verificare quali fossero i canoni usualmente riscossi per simili immobili sarebbe inoltre emerso che, rispetto alle somme ipotizzate Euro 350 settimanali , quelle effettivamente riscosse erano di molto inferiori e talvolta non venivano nemmeno riscosse dalla ricorrente peraltro andrebbe considerato che, quanto percepito, era utilizzato anche per coprire le spese correnti dell’immobile e quelle di manutenzione, donde non sarebbe ravvisabile quella sproporzione-esagerazione richiesta ex lege per la configurabilità del reato quanto al delitto di favoreggiamento della prostituzione, si sostiene che la mera condotta di concedere in locazione un immobile, in assenza di prestazioni accessorie, sarebbe inidonea -secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte a configurare l’illecito penale nella specie, la ricorrente si sarebbe limitata a concedere in locazione l’immobile, così prestando aiuto alle prostitute in quanto persone e non all’attività di meretricio dalle stesse svolta anche detta ipotesi di reato sarebbe quindi insussistente . 2.2 . Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b ed e , cod. proc. pen., in relazione all’art. 62 bis cod. pen. ed all’art. 133 cod. pen., e correlato vizio di carenza di motivazione. In sintesi la censura investe l’impugnata sentenza in quanto, sostiene la ricorrente, quanto alle circostanze attenuanti generiche, la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto dell’effettivo disvalore del fatto e del contesto in cui lo stesso sarebbe avvenuto, senza dunque valorizzare le condizioni soggettive della ricorrente la Corte territoriale avrebbe laconicamente ribadito il giudizio sul punto espresso dal primo giudice, così sottraendosi all’onere motivazionale richiesto dalla legge all’interno degli atti di cui non viene indicata la affoliazione né alcuna descrizione sarebbero presenti dei non meglio definiti dati documentali che avrebbero potuto consentire il riconoscimento delle invocate attenuanti quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte d’appello avrebbe negato una riduzione della pena, senza indicare le ragioni concrete a sostegno del diniego poiché la pena era superiore al minimo edittale, sarebbe stata necessaria una adeguata motivazione sul punto . Considerato in diritto 3. Il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per genericità e manifesta infondatezza. 4. Ed invero, quanto al primo motivo, la Corte d’appello fornisce una puntuale ed adeguata motivazione, evidenziando il ruolo della ricorrente, la quale aveva quale unico scopo quello di lucrare sugli affitti delle tre unità immobiliari di cui risultava formalmente locataria, con piena consapevolezza dello scopo che le utilizzatrici-conduttrici dell’immobile avevano, ossia quello di esercitarvi il meretricio la Corte d’appello ha spiegato inoltre che la circostanza dell’esistenza di esigui movimenti sulla carta postepay della donna non aveva alcuna rilevanza, in quanto questo non era l’unico mezzo di pagamento, né rilevava la circostanza che i debiti non sempre fossero onorati, in quanto dalle intercettazioni emergeva il fermo intendimento della donna di recuperare il denaro non riscosso. Tale ultima precisazione unita all’argomentazione, sviluppata dalla Corte d’appello in sede di determinazione del trattamento sanzionatorio, secondo cui il canone settimanale era sproporzionato rispetto quello che si sarebbe potuto pretendere nell’ipotesi di lecita locazione ad un solo conduttore, laddove proprio la pluralità delle ospiti nei tre immobili rendeva evidente l’esclusività dello scopo di lucro e, quindi, sia lo sfruttamento che il favoreggiamento, non potendo certo qualificarsi le condotte della ricorrente come di aiuto alle prostitute in quanto tali, essendo invece animata la donna dall’esclusiva volontà di conseguire profitti illeciti dalla contemporanea locazione plurima delle unità immobiliari dalla stessa locate corrobora la correttezza giuridica e motivazionale della impugnata sentenza, apparendo quindi il ricorso aspecifico in quanto meramente riproduttivo delle stesse censure dell’appello. Ed invero, deve qui essere ribadito che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849 . 5. Il motivo si presenta, inoltre, manifestamente infondato, atteso che, da un lato, se è ben vero che non integra il reato di favoreggiamento della prostituzione la cessione in locazione, a prezzo di mercato, di un appartamento ad una prostituta anche se il locatore sia consapevole che la conduttrice vi eserciterà la prostituzione a meno che, oltre al godimento dell’immobile, vengano fornite prestazioni accessorie che esulino dalla stipulazione del contratto ed in concreto agevolino il meretricio come nel caso di esecuzione di inserzioni pubblicitarie, fornitura di profilattici, ricezione di clienti o altro Sez. 3, n. 33160 del 19/02/2013 dep. 31/07/2013, Bertini, Rv. 255893 , è altrettanto vero che, nel caso in esame, la contemporanea locazione delle unità immobiliari a più prostitute determinava all’evidenza la sproporzione richiesta dalla legge, secondo l’interpretazione di questa Corte, atteso che ciò rende palese l’intento non solo di sfruttare l’altrui prostituzione essendo evidente il fine esclusivo di lucro, insito nella contemporaneità della locazione dell’immobile a più prostitute con lo scopo di esercitarvi il meretricio, così conseguendo un’utilità economica del tutto sproporzionata alla locazione sia essa per finalità lecite o meno dell’unità immobiliare ad una sola persona , ma anche quello di favorirla. Si osserva, infatti, che commette senza dubbio tale reato colui il quale procura un alloggio dove esercitare il meretricio ad un prostituta extracomunitaria, la quale, per l’attività esercitata e per la sua condizione soggettiva, trova difficoltà a prendere personalmente in locazione un immobile ove esercitare il meretricio v., in termini Sez. 3, n. 810 del 04/12/2008 dep. 13/01/2009, Tornei, Rv. 242284 . 6. Parimenti privo di pregio è il secondo motivo, attesoché, quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte d’appello motiva richiamando la gravità della condotta indicandone negli indici qualificanti organizzazione da lontano, senza esporsi e senza dispendio di energie, dell’attività illecita e sfruttando le ospiti , percependo una canone settimanale di locazione sproporzionato rispetto quello che si sarebbe potuto pretendere da un solo conduttore in caso di locazione lecita , motivazione di per sé adeguata e non illogica anche laddove si consideri che la pena inflitta non è superiore al medio edittale, trovando dunque applicazione il costante principio secondo cui in tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015 dep. 23/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283 . Analogamente, quanto alle circostanze attenuanti generiche, la Corte territoriale le ha escluse ritenendo ex se irrilevante il dato della mera incensuratezza, donde correttamente ha espresso il diniego sul punto, trattandosi di fatti commessi nel vigore della L. 24 luglio 2008 n. 125, di conversione, con modificazioni, del D.L. 23 maggio 2008 n. 92, la quale ha modificato l’art. 62-bis cod. pen. nel senso che non possono essere concesse all’imputato le circostanze attenuanti generiche per il solo fatto che egli non abbia in precedenza riportato condanne penali , e, comunque, ritenendo superflua laddove afferma la non emergenza di elementi a favore della ricorrente l’indagine di natura soggettiva invocata. Motivazione, questa, del tutto corretta che mostra di fare buongoverno del principio, di recente affermato da questa Corte, secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell’art. 62 bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dell’imputato Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014 dep. 23/10/2014, Papini e altri, Rv. 260610 . 7. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.