Lo spacciatore non può “salvarsi” invocando il consumo di gruppo

Il cd. consumo di gruppo di sostanze stupefacenti è configurabile laddove l’acquirente dello stupefacente coincida con uno degli assuntori, l’acquisto sia avvenuto per conto degli altri componenti del gruppo e l’identità dei mandanti, così come la loro manifesta volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi, sia inequivocabile.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 41346/16 depositata il 3 ottobre. Il caso. La Corte d’appello di Campobasso riformava la sentenza di prime cure e condannava l’imputato per i delitti di spaccio di sostanze stupefacenti, nonché per l’omicidio colposo di uno degli assuntori della sostanza quale conseguenza non voluta della cessione. L’imputato ricorre per la cassazione della pronuncia lamentando, da un lato, la mancata configurazione dell’ipotesi del consumo di gruppo, dall’altro, la ritenuta sussistenza del nesso causale in riferimento all’evento morte dell’amico. Il consumo di gruppo. In relazione alla prima doglianza, la S.C. ribadisce che la configurabilità giuridica dell’istituto del c.d. consumo di gruppo” richiede la sussistenza di tre condizioni, e cioè che l’acquirente dello stupefacente coincida con uno degli assuntori, che l’acquisto avvenga sin dall’inizio per conto degli altri componenti del gruppo e che sia certa l’identità dei mandanti e la loro manifesta volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi, fornendogli anche i mezzi finanziari necessari Cass. Pen. n. 25401/2013 . Atteso che nel caso di specie difettano gli ultimi due requisiti, la Corte territoriale ha correttamente qualificato la condotta contestata ritenendo sussistente il reato di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309/90. L’omicidio colposo. Per quanto attiene alla seconda censura, la Corte ricorda come la giurisprudenza di legittimità sia ormai consolidata nel ritenere che la fattispecie di cui all’art. 586 c.p. richieda un’accurata indagine circa l’elemento psicologico della colpa in capo al soggetto agente, in modo da poter accertare la sussistenza di una colpa in concreto. Come già affermato dalle Sezioni Unite sent. n. 22676/2009 infatti, nell’ipotesi di morte in conseguenza dell’assunzione di sostanze stupefacenti, la responsabilità dello spacciatore per omicidio colposo sussiste solo se sia accertato il nesso di causalità tra cessione e morte, senza interruzioni da parte di cause eccezionali sopravvenute, e che la morte sia in concreto rimproverabile allo spacciatore come violazione di una regola precauzionale che porti ad una prevedibilità ed evitabilità dell’evento morte, secondo il punto di vista di un razionale agente modello che si trovi in quella concreta situazione. La carenza motivazionale sul punto impone l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla seconda censura, con rinvio alla Corte d’appello per un nuovo esame della vicenda.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 15 settembre – 3 ottobre 2016, numero 41346 Presidente D’Isa – Relatore Tanga Ritenuto in fatto 1. Con sentenza numero 237/2016 del 21/04/2016, la Corte di Appello di Campobasso in riforma della sentenza emessa in data 2 luglio 2013 dal Tribunale di Isernia nei confronti di B. A. L., appellata dal Procuratore Generale, dal P. M. di Isernia e dalle parti civili B. N. e R. M., dichiarava B. A. L. colpevole del reato di cui all'articolo 73, comma 5, DPR 309/90, così diversamente qualificato l'episodio di cessione di cui al capo A in rubrica, nonché del delitto di cui al capo B , così come ascrittigli in rubrica medesima e, concessegli le attenuanti generiche, ritenuto il concorso formale di reati, lo condannava alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, confermando nel resto. 1.1. Così come sinteticamente riportato nella sentenza in parola, B. A. L. veniva, in primo grado, assolto perché il fatto non costituisce reato, ritenuta dal primo giudice la ipotesi penalmente irrilevante del consumo di gruppo, dai delitti di cessione di sostanza stupefacente del tipo eroina di cui al capo A in rubrica al F. F. ed al R. E., e da quello di omicidio colposo del R. E. medesimo, quale conseguenza non voluta della detta cessione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 586 e 589 c.p., di cui al capo B della imputazione, venendo altresì assolto con identica formula, anche dal delitto di cui al capo C , di detenzione a fini di spaccio di g. 0,52 di eroina, contenuta all'interno di due bussolotti, rinvenuti, contestualmente al rinvenimento anche del corpo del R. ormai deceduto, la mattina seguente alla assunzione di tale stupefacente, essendo tali due bussolotti custoditi all'interno della camera da letto della abitazione dell'odierno imputato, abitazione presso la quale, oltre al corpo esanime del R. E., venne trovato il medesimo B. in stato quasi comatoso, dovuto all'assunzione della stessa eroina. 2. Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione B. A. L., personalmente, lamentando in sintesi giusta il disposto di cui all'articolo 173, comma 1, disp. att. c.p.p. I violazione di legge e vizi motivazionali. Deduce, quanto al capo A dell'imputazione, che la Corte d'Appello nel condannare parte da un corollario non dimostrabile in fatto il B. detiene in proprio lo stupefacente e non per conto del gruppo, tra l'altro, inesistente . Afferma che la mancanza di una prova certa ed incontrastata che l'assunzione di eroina da parte del R. fosse conseguita a cessione da parte del B., piuttosto che ad una decisione congiunta di consumare in gruppo lo stupefacente, determinerebbe di per sé una sentenza assolutoria quanto meno ai sensi del cpv dell'articolo 530 c.p.p . II violazione di legge e vizi motivazionali. Deduce, quanto al capo B dell'imputazione, che l'evento morte non era, in base alle circostanze concrete, né prevedibile, né evitabile Cassazione SS. UU. 29/05/2009 nr. 22676 la messa a disposizione del gruppo di tre persone di eroina in un quantitativo normale due quartini diviso tre persone ed in condizioni fisiche normali degli assuntori non lasciava presagire in alcun modo l'evento delittuoso scaturito . Afferma che oltre al nesso causale per perfezionarsi l'ipotesi delittuosa di cui all'articolo 586 c. p. necessita la colpa in concreto per violazione di una regola precauzionale di condotta da parte del cedente . Sostiene la carenza di motivazione in ordine alla sussistenza del requisito della colpa in concreto. Considerato in diritto 3. II ricorso è fondato nei limiti e termini di cui appresso. 4. II motivo sub I deve essere rigettato perché infondato. Quanto alla qualificazione dei fatti in termini di consumo di gruppo della sostanza, la Corte del merito ha correttamente ritenuto di escludere, sulla base dell'istruttoria espletata, una simile ricostruzione della vicenda, ritenendo sussistente il reato di cui all'articolo 73, comma 5, D.P.R. 309/90. 4.1. I giudici dell'appello hanno adeguatamente e del tutto logicamente motivato sul punto affermando la giuridica inconfigurabilità, nella fattispecie, dell'istituto del c.d. consumo di gruppo , istituto definitivamente delineato dalla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte numero 25401 del 31/01/2013 secondo la quale detto istituto può ritenersi configurabile alla triplice condizione che 1 l'acquirente dello stupefacente sia anche uno degli assuntori 2 l'acquisto avvenga sin dall'inizio per conto degli altri componenti del gruppo 3 sia certa sin dall'inizio l'identità dei mandanti e la loro manifesta volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi, contribuendo anche finanziariamente all'acquisto. Sempre secondo il dictum in parola la non punibilità riguarda i soli casi in cui la sostanza non è destinata a terzi, ma all'utilizzo personale degli appartenenti al gruppo che debbono co-detenerla , ovvero averne la disponibilità fisica congiunta e contestuale, sia pure per mezzo del mandatario acquirente cfr. sez. 4, numero 50557 del 13 dicembre 2013 . 4.2. Ne caso che occupa, come ineccepibilmente ritenuto dalla Corte territoriale, difettano quantomeno i requisiti sopra elencati sub nr. 2 e 3 , non potendosi ritenere, stante soprattutto la casualità dell'incontro tra i tre per come descritta, né che l'acquisto fosse avvenuto sin dall'inizio per conto degli altri componenti dei gruppo gruppo peraltro inesistente, così come emergente dalle dichiarazioni dello stesso imputato , né che fosse certa sin dall'inizio l'identità dei mandanti e la loro manifesta volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi, contribuendo anche finanziariamente all'acquisto onere economico invero sopportato dal solo B. per sé stesso . Si tenga poi presente non da ultimo che fa difetto nella fattispecie, anche e soprattutto il requisito della co-detenzione , risultando dei tutto evidente come, per quanto evincibile dai fatti sopra esposti, il B. detenesse in proprio lo stupefacente e non per conto del peraltro inesistente gruppo . 5. A diverse conclusioni si deve pervenire in ordine al motivo sub II . 5.1. In vero, la Corte dei merito, al fine di motivare, circa il delitto di cui al capo B dell'imputazione, la ritenuta sussistenza del requisito della colpa in concreto, si limita ad affermare che la sola negligenza imputabile al B. sia consistita nell'aver dichiarato che la sostanza ceduta al R. era cocaina mentre in realtà trattavasi di eroina. 5.2. Atteso che la giurisprudenza di questa Corte è oramai consolidata nel ritenere che in relazione alla fattispecie di cui all'articolo 586 c.p. occorra che venga condotta un'indagine accurata in ordine all'elemento psicologico della colpa in capo al soggetto agente e che la colpa richiesta ai fini della configurabilità di detta ipotesi delittuosa non possa che essere una colpa in concreto, devesi ritenersi sussistente il vizio motivazionale in punto di elemento psicologico del reato. 5.3. A tal fine mette conto rammentare che le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza numero 22676 del 29/05/2009, hanno affermato che nell'ipotesi di morte verificatasi in conseguenza dell'assunzione di sostanza stupefacente, la responsabilità penale dello spacciatore ai sensi dell'articolo 586 C.P. per l'evento morte non voluto richiede che sia accertato non solo il nesso di causalità tra cessione e morte, non interrotto da cause eccezionali sopravvenute, ma anche che la morte sia in concreto rimproveratile allo spacciatore e che quindi sia accertata in capo allo stesso la presenza dell'elemento soggettivo della colpa in concreto, ancorata alla violazione di una regola precauzionale diversa dalla norma penale che incrimina il reato base e ad un coefficiente di prevedibilità ed evitabilità in concreto del rischio per il bene della vita del soggetto che assume la sostanza, valutate dal punto di vista di un razionale agente modello che si trovi nella concreta situazione dell'agente reale ed alla stregua di tutte le circostanze del caso concreto conosciute o conoscibili dall'agente reale . 5.4. Alla stregua di quanto sopra detto, attesa la mancanza di una adeguata motivazione da parte dei giudici gravati, ritiene il Collegio di accogliere il presente motivo di ricorso, annullando con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Salerno la sentenza impugnata limitatamente alla configurabilità dell'elemento psicologico del delitto di cui all'articolo 586 c.p., affinché si attenga al principio dì diritto summenzionato valutando altresì l'eventuale intervenuta prescrizione del reato di cui all'articolo 73, comma 5, D.P.R. 309/1990. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla imputazione di cui al capo B artt. 586 e 589 c.p. , rinvia alla Corte di Appello di Salerno per nuovo esame cui demanda anche il regolamento delle spese di questo giudizio tra le parti. Rigetta nel resto.