Pulisce la vasca impastatrice senza disattivare le pale: fatali pochi secondi, il lavoratore è dilaniato

È in colpa il datore di lavoro che monta una macchina non avvedendosi che il libretto di istruzioni fornito dal costruttore prevede un presidio antinfortunistico doppia chiave che mancava sullo sportello della macchina.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 41314/2016 della Corte di Cassazione, depositata il 3 ottobre. Il caso. La Corte d’appello di Lecce confermava la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Lecce a carico dell’imputato nella sua qualità di titolare di una ditta. L’accusa era di omicidio colposo di un dipendente, in concorso con il rappresentante legale della ditta assemblatrice e installatrice dell’impianto di betonaggio. In particolare, si contestava la colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia colpa generica nonché per inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro colpa specifica . La dinamica dell’infortunio. L’infortunio si era verificato mentre la vittima svolgeva le operazioni di pulizia e lavaggio della vasca del mescolatore. La ricostruzione effettuata dai giudici di merito evidenziava taluni elementi fattuali rilevanti la collocazione temporale dell’evento a fine giornata e al termine del ciclo produttivo, le mansioni affidate alla vittima relative al lavaggio e alla pulizia, le lesioni riscontrate compatibili con il movimento rotante delle pale della vasca, gli oggetti ritrovati sul luogo dell’incidente che erano strumenti utilizzati per la pulizia della vasca. Questi elementi valorizzavano la ricostruzione secondo cui la vittima cadde nella vasca quando le pale erano ancora in movimento. Invece, per procedere alle operazioni di pulizia della vasca occorreva svuotarla completamente e ciò necessitava l’apertura della porticina di scarico per una brevissima durata temporale 70 secondi entro cui non poteva essere tolta l’alimentazione elettrica, interrompendo la procedura stessa. Dall’istruttoria tecnica condotta emergeva sostanzialmente che la persona offesa, dopo aver aperto la porta di scarico, si avviò verso la piattaforma senza avere previamente tolto l’alimentazione alla mescolatrice è verosimile che tolse l’alimentazione quando si trovava già sulla piattaforma per poi iniziare la pulizia della vasca ma senza attendere i brevissimi fondamentali secondi necessari affinché le pale in funzione si fermassero completamente. Quel brevissimo tempo fu fatale perse l’equilibrio, cadde e fu dilaniato dalle pale meccaniche di mescolamento del calcestruzzo che gli provocarono eviscerazione addominale con conseguente shock emorragico. Mancanza di sicurezza. Ricostruita in fatto la dinamica del sinistro, i giudici di merito pervenivano a ritenere che la macchina messa a disposizione del lavoratore da parte del datore non fosse completamente sicura perché sussisteva la possibilità che il lavoratore, sia pure a seguito di condotta imprudente si venisse a trovare in posizione sopraelevata e con il rischio di precipitazione e che il pericolo sarebbe stato eliminato qualora la concreta apertura del carter fosse programmata come successiva al definitivo blocco delle pale. È irrilevante, secondo i giudici, che i meccanismi combinati in fatto tra di loro fossero, presi in sé, conformi alle regole di sicurezza. Il presidio del fine corsa di sicurezza a doppia chiave”. Infatti si accertava che mancava il dispositivo di blocco antinfortunistico incentrato sul necessario utilizzo di un’unica chiave da inserirsi in due distinte serrature, una sull’interruttore generale del pannello di controllo, lontana dall’impianto, l’altra sullo sportello della vasca di muscolazione. Tale presidio, detto anche fine corsa di sicurezza a doppia chiave”, avrebbe con certezza assoluta garantito che il lavoratore potesse aprire lo sportello della vasca solo a pale ferme. Nel caso in esame sullo sportello della vasca dell’impastatrice era presente soltanto una delle due serrature. La mancanza dell’altra, secondo i giudici, doveva essere notata dall’imputato, che quindi versava in colpa, in forza dell’esperienza da questo maturata nel settore nonché perché specificamente provvisto del libretto di istruzioni della ditta costruttrice che richiedeva la doppia chiave. Corte di Cassazione come giudice della legittimità. A monte, la Suprema Corte sottolinea che le perplessità sulla ricostruita dinamica dell’infortunio non possono trovare spazio davanti a sé, giacché si tratta di valutazioni di merito oggetto di doppia pronuncia conforme da parte dei giudici di merito e che il provvedimento impugnato è sorretto da motivazione congrua, logica e immune da vizi censurabili in sede di legittimità. Contributo del comportamento della vittima nella produzione dell’evento? Come noto, il datore di lavoro ha il dovere di accertare il rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza nonché esigendo dai lavoratori l’osservanza delle regole cautelari. La sua responsabilità può essere esclusa solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell’eccezionalità, abnormità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come imprevedibile e inopinabile. Quanto all’effetto sul nesso causale, la condotta abnorme lo interrompe quando si collochi al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Nel caso di specie, il datore imputato censurava la violazione della disciplina sul nesso di causalità affermando che il lavoratore partecipò ad apposito corso di formazione e che il comportamento assunto in concreto dallo stesso sarebbe stato abnorme e atipico. La doglianza è però ritenuta generica dalla Suprema Corte che evidenzia che non si è esplicitato in cosa si sarebbe concretizzata l’iniziativa abnorme del lavoratore.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 2 febbraio – 3 ottobre 2016, n. 41314 Presidente D’Isa – Relatore Cenci Ritenuto in fatto 1.Con sentenza del 24 novembre 2014 la Corte di appello di Lecce ha integralmente confermato quella dei Tribunale di Lecce del 12 novembre 2012, che aveva condannato alla pena stimata di giustizia G. M., titolare della omonima ditta, in concorso con altra persona il legale rappresentante della ditta assemblatrice ed installatrice dell'impianto di betonaggio di M. , per avere, per colpa, consistita in negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, cagionato la morte dei dipendente Salvatore C., che, intento alla pulizia della macchina mescolatrice, cadeva dentro l'apposita vasca ove le pale meccaniche di mescolamento del calcestruzzo ancora in azione lo dilaniavano provocandogli eviscerazione addominale con conseguente shock emorragico il 17 maggio 2006. 2. Ricorre per cassazione il difensore di G. M. la sentenza è in giudicato per il coimputato evocando promiscuamente i parametri della inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in relazione sia all'art. 589 cod. pen. sia all'art. 41 cod. pen., nonché mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione ed invocando l'annullamento della sentenza. 2.1. In primo luogo il ricorrente, premesso espressamente che la Corte territoriale ha dato atto che il Tribunale ha ricostruito i fatti in modo dei tutto aderente alle risultanze investigative, come peraltro già evidenziato con l'impugnazione proposta nell'interesse di M. pp. 1-2 del ricorso , ritiene la motivazione viziata per avere erroneamente stimato colposa la condotta del datore di lavoro che sarebbe, invece, immune da profili di censura. Nessun addebito potrebbe, infatti, muoversi al datore di lavoro, che ha acquistato due distinti macchinari omologati CE, un mescolatore di calcestruzzo ed un quadro elettrico, necessario a far funzionare il mescolatore, che li ha fatti installare ed assemblare da ditta specializzata quella di cui è titolare il coimputato non ricorrente , che ha personalmente fornito ai dipendenti, in apposita giornata di formazione, indicazioni puntali sul comportamento da tenere e sui rischi. Il profilo di colpa riconosciuto in sentenza, l'avere cioè fatto installare e messo a disposizione dei lavoratori un meccanismo che non impediva l'apertura del carter di protezione della vasca al cui interno ruotavano le pale mentre tali pericolosi organi meccanici erano ancora in movimento, sarebbe, secondo il ricorrente, infondato in quanto, secondo la difesa di M., il cosiddetto dispositivo di sicurezza di fine corsa a doppia chiave , non attivato nel caso di specie ed il cui funzionamento è descritto in sentenza, era un meccanismo, stando al manuale di istruzioni dell'impianto di produzione del calcestruzzo, meramente facoltativo ed alternativo a quello, in effetti installato, che concentrava in un unico pulsante la disattivazione delle pale. Il tempo di ulteriore movimento delle pale, pur dopo la disattivazione dei pulsante di comando, in ragione della energia cinetica già presente, tempo stimato in circa 18 secondi, sarebbe, di per sé, presidio sufficiente ad evitare infortuni poiché, pur essendo a partire dal momento dalla disattivazione dell'interruttore centrale già possibile aprire il carter di protezione sovrastante la vasca, cionondimeno i 18 secondi durante i quali si protrae il movimento inerziale delle pale sarebbero un tempo inferiore a quello occorrente al lavoratore per raggiungere a piedi, dal punto in cui è concretamente collocato l'interruttore, la piattaforma sovrastante la vasca. Con la conseguenza, in definitiva, che l'intero impianto, derivante, appunto, dall'assemblaggio di due distinti meccanismi entrambi in regola, non sarebbe insicuro. 2.2. Sotto un secondo profilo si denunzia la violazione della disciplina codicistica sul nesso di causalità, poiché, secondo l'istruttoria svolta, il lavoratore, che aveva partecipato ad un apposito corso di formazione dedicato alla impastatrice, avrebbe avuto nella concreta vicenda un comportamento abnorme, atipico e, dunque, imprevedibile, tale da interrompere il nesso eziologico. Considerato in diritto 1. II ricorso non merita accoglimento e va rigettato. 1.1. Quanto al primo motivo, esso è infondato. Le perplessità del ricorrente a proposito della dinamica dell'incidente e della responsabilità dell'imputato sono, a ben vedere, tutte affrontate e tutte risolte, con motivazione congrua, logica ed immune da vizi censurabili in sede di legittimità, già nella motivazione della sentenza del Tribunale in particolare, alle pp. 11-17 e 24-25 , rispetto alla quale quella di appello costituisce v. pp. 6-15 della stessa doppia valutazione conforme. Si legge, infatti, nelle sentenze di merito che una serie di elementi fattuali concreti hanno condotto a ritenere l'infortunio verificatosi proprio mentre Salvatore C. era intento a svolgere la fase lavorativa relativa alle operazioni di pulizia e lavaggio della vasca del mescolatore la collocazione temporale alla fine della giornata lavorativa e del ciclo produttivo dell'impianto di betonaggio il tipo di mansioni affidate al dipendente operaio sostanzialmente addetto al lavaggio ed alla pulizia della mescolatrice le lesioni constatate il corpo senza vita era stato trovato nell'imbuto della mescolatrice, con lesioni dei tutto compatibili con il movimento rotante delle pale della vasca, vasca e pale che presentavano evidenti tracce di sangue gli oggetti rinvenuti sul luogo dell'incidente gli strumenti normalmente utilizzati per la pulizia della vasca . Ciò posto, si è ritenuto che C. era caduto dentro la vasca mentre erano ancora in movimento le pale e che non è possibile che le stesse si siano attivate mentre l'operaio era addetto alle operazioni di lavaggio con lo sportello aperto, in quanto l'apertura dello sportello non solo interrompeva l'alimentazione elettrica ma impediva anche che la corrente potesse essere riattivata dal pannello di comando. Per poter procedere alle operazioni di pulizia della vasca, occorreva, infatti, preliminarmente svuotarla completamente, ciò che accadeva aprendo la porticina di scarico, apertura che necessitava di circa 70 secondi di tempo, durante i quali non poteva essere tolta l'alimentazione elettrica, altrimenti si sarebbe bloccata la procedura di apertura stessa. Essendo stata rinvenuta la porta di scarico completamente aperta, come risulta anche dalle foto scattate dai Carabinieri intervenuti nell'immediatezza, consegue che C., prima di togliere l'alimentazione elettrica, aveva atteso i 70 secondi di cui si è detto ma, se la vittima avesse staccato in maniera corretta l'alimentazione, dato che il meccanismo ordinariamente preposto a ciò era collocato sull'interruttore generale dei pannello di controllo, posto lontano dall'impastatrice, il tempo occorrente per raggiungere l'impianto e salire sulla piattaforma, calcolato in circa 32-33 secondi, sarebbe stato più che sufficiente per trovare le pale già ferme, poiché dall'istruttorie tecnica svolta è emerso che occorrevano alla stesse, a causa della forza di inerzia, circa 18 secondi per arrestarsi completamente dopo l'interruzione dell'energia elettrica. Ne consegue che sicuramente il C., dopo avere aperto la porta di scarico, si è avviato verso la piattaforma senza avere, tuttavia, previamente tolto l'alimentazione alla mescolatrice alimentazione che tolse, trovandosi già sulla piattaforma, o mediante apertura dei carter o mediante azionamento dei pulsante rosso, per poi iniziare, agendo dall'alto, la pulizia della vasca ma senza attendere i 18 secondi che erano necessari affinché le pale, prima in azione, si fermassero completamente e fu qui che, perso l'equilibrio, cadde e fu dilaniato. Così ricostruita la dinamica, si è ritenuto da parte dei giudici di merito che la macchina complessivamente messa a disposizione dei lavoratore dell'imputato, benché derivante dall'unione di due meccanismi, presi in sé, conformi a regole di sicurezza, fosse in realtà non completamente sicura, proprio in quanto vi era la possibilità che il lavoratore, sia pure a seguito di condotta imprudente, magari mosso dall'intenzione di ridurre i tempi di esecuzione del lavoro, si venisse a trovare in posizione sopraelevata e con il rischio si precipitazione rispetto ad indubbia fonte di grave pericolo taglienti pale in movimento , pericolo che si sarebbe stato invece eliminato in radice ove, ad esempio, la concreta apertura dei carter fosse programmata come successiva al definitivo blocco delle pale. E nel caso di specie si è accertato nei gradi di merito che mancava il dispositivo di blocco antinfortunistico, detto anche fine corsa di sicurezza a doppia chiave incentrato sul necessario utilizzo di un'unica chiave da inserirsi in due distinte serrature, una lontana dall'impianto, cioè sull'interruttore generale del pannello di controllo, ed una sullo sportello della vasca di mescolazione, e che avrebbe con certezza assoluta garantito che il lavoratore potesse aprire lo sportello della vasca solo a pale ormai ferme , che era previsto dalla ditta costruttrice dei miscelatore, mancanza che era, nella concreta situazione, piuttosto evidente, essendo presente sullo sportello della vasca dell'impastatrice soltanto una delle due serrature di cui il meccanismo era composto, mancando però l'altra, la cui assenza - si è ritenuto - G. M. doveva necessariamente notare e ciò sia per l'esperienza che aveva maturato nel settore, essendo emerso dall'istruttoria testimoniale che aveva montato nel corso degli anni cinque o sei mescolatrici sia perché era munito del libretto di istruzioni della ditta costruttrice che richiedeva, appunto, la doppia chiave. Donde - non irragionevolmente, come si è già detto - i giudici di merito hanno desunto la colpa dell'imputato. Discende, in definitiva, non sussistendo i vizi denunziati dal ricorrente, la reiezione del primo motivo di doglianza. 1.2 II secondo motivo di ricorso è, invece, inammissibile, per l'estrema genericità dello stesso, non esplicitando nemmeno in che cosa si sarebbe concretizzata l'abnorme iniziativa della vittima ipoteticamente interruttiva del nesso causale, essendo, del resto, ben noto che la disciplina antinfortunistica mira a salvaguardare l'incolumità del lavoratore anche a fronte di condotte eventualmente imprudenti dello stesso. 3. Consegue la statuizione in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.