La notifica al difensore è nulla se l’ufficiale giudiziario conosce il nuovo indirizzo dell’imputato

In caso di impossibilità di effettuare la notificazione al domicilio eletto o dichiarato dall’imputato, l’ufficiale giudiziario non ha alcun potere o dovere di procedere ad accertamenti volti ad individuare il nuovo domicilio del destinatario, potendo al contrario effettuare la notifica direttamente a mani del difensore, salvo il caso in cui abbia aliunde notizia precisa sul luogo in cui il destinatario abbia trasferito la propria dimora.

E’ quanto ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 40905/16 depositata il 30 settembre. Il caso. La Corte d’appello di Catania confermava la condanna con cui il gup locale riteneva responsabile l’imputato per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. L’imputato ricorre per la cassazione del provvedimento deducendo, oltre all’erronea esclusione del fatto di lieve entità – censura ritenuta palesemente infondata dagli Ermellini - la nullità del decreto di citazione avvenuta presso il difensore di fiducia e non presso il domicilio eletto nella casa dei propri genitori, ove aveva trasferito la propria dimora previa autorizzazione del gip per poter scontare più agevolmente gli arresti domiciliari presso una comunità. Notifica a mani del difensore. La Corte di legittimità non accoglie la doglianza in quanto, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, il comma 4 dell’art. 161, c.p.p. che consente la notifica mediante consegna degli atti al difensore, trova un temperamento nel caso in cui si abbia aliunde notizia precisa del luogo in cui il destinatario abbia trasferito la propria dimora. In tal caso infatti la notifica andrà effettuata al nuovo indirizzo in modo da assicurare l’effettiva – e non presunta – conoscenza dell’atto. Ne consegue che la notificazione eseguita comunque presso il difensore dell’imputato ai sensi dell’art. 161, comma 4, c.p.p. deve ritenersi affetta da nullità, anche in assenza di una comunicazione formale del nuovo domicilio. Nel caso di specie, il nuovo domicilio dell’imputato era noto alla Corte procedente che aveva autorizzato l’applicazione degli arresti domiciliari e che risultava dalla specifica relata sottoscritta dall’ufficiale giudiziario al primo tentativo di notifica presso il domicilio eletto, a cui aveva fatto seguito il rinvio dell’udienza e la rinotifica presso il difensore di fiducia. Il Collegio rileva dunque l’erroneità del procedimento di notifica e indaga la tempestività della relativa eccezione. Sanatoria. Come già affermato dalle Sezioni Unite sent. n. 119/2004 infatti, l’imputato che intenda eccepire la nullità assoluta della citazione o della sua notificazione non può limitarsi a denunciare l’inosservanza delle disposizioni processuali ma deve dimostrare di non aver avuto la possibilità di prendere cognizione dell’atto indicando specifici elementi che depongano in tal senso. Ma non solo. Con il medesimo provvedimento, era stato chiarito che la notificazione della citazione presso il domicilio reale dell’imputato a mani di persona convivente, invece che presso il domicilio eletto, non integra necessariamente un’omissione ex art. 179 c.p.p. ma una nullità di ordine generale soggetta a sanatoria, né può essere ricondotta alla categoria giuridica dell’inesistenza Cass. n. 19546/2012 . In conclusione, la Corte ribadisce che la nullità della notificazione eseguita presso il difensore di fiducia anziché presso il domicilio eletto o dichiarato deve ritenersi sanata nel caso in cui risulti dimostrato che tale circostanza non ha impedito l’effettiva conoscenza dell’atto in capo all’imputato e l’esercizio del diritto di difesa. Tale vizio è comunque destinato a rimanere privo di effetti laddove non venga dedotto tempestivamente in giudizio, essendo applicabile la sanatoria di cui agli artt. 184, 183 e 182 c.p.p. Posto che nel caso di specie il difensore che ha ricevuto la notifica era presente all’udienza e non risulta aver dedotto nulla sul punto, la nullità della notificazione deve ritenersi sanata. Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 19 – 30 settembre 2016, n. 40905 Presidente Piccialli – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Catania, pronunciando nei confronti dell’odierno ricorrente, P.E. , con sentenza del 22.9.2015, confermava la sentenza del GUP del Tribunale di Catania, emessa in data 13.2.2015, con condanna al pagamento delle ulteriori spese processuali. Il GUP del Tribunale di Catania aveva dichiarato l’imputato responsabile del reato di cui all’articolo 73, co. 1, D.P.R. 309/90, perché, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, deteneva, al fine della successiva cessione a terzi, sostanza stupefacente del tipo cocaina del peso di gr. 12 pari a 49,5 dosi medie singole, con recidiva reiterata specifica infraquinquennale, in Catania, il 21.9.2014, condannandolo, con la riduzione della pena per il beneficio del rito, alla pena di anni 8 di reclusione ed Euro 18.200,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, P.E. , deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. a. Violazione dell’articolo 606 lett c cod. proc. pen. in relazione all’articolo 157 cod. proc. pen Il ricorrente deduce la nullità della notifica del decreto di citazione avvenuta presso il difensore di fiducia, su ordine della corte di appello, rilevato il mancato perfezionamento della notifica presso il domicilio eletto. L’imputato, infatti, dopo aver eletto domicilio presso l’abitazione dei propri genitori, era stato autorizzato dal Gip a trasferire il luogo di applicazione degli arresti domiciliari presso una comunità. Il ricorrente ritiene che, essendo la corte di appello a conoscenza del luogo dove l’imputato stava scontando gli arresti domiciliari, la notificazione doveva avvenire nel domicilio effettivo dell’imputato, richiamando numerosi precedenti di questa Corte sul punto b. Violazione dell’articolo 606 lett. b cod. proc. pen. in relazione all’articolo 73 c.5 DPR 309/90. Il ricorrente deduce l’erronea esclusione dell’ipotesi di cui al 5 comma dell’articolo 73 DPR 309/90, le motivazioni fornite sul punto non sarebbero esaustive e condivisibili, limitandosi a fare riferimento alle modalità dell’azione che, a differenza di quanto sostenuto in sentenza, ben potrebbero indicare anche una attività di spaccio occasionale. Nel caso di specie si sarebbe trattato di un’attività rudimentale, svolta per procacciarsi il quantitativo necessario all’uso personale, in ogni caso, poi, il dato quantitativo pari a 49,5 dosi medie singole sarebbe inferiore a quello stabilito dal D.M. 11.4.2006 che indica i limiti al di sotto dei quali è possibile ipotizzare la fattispecie di lieve entità. Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con le conseguenti statuizioni. Considerato in diritto 1. I motivi sopra illustrati sono infondati e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato. 2. Il Collegio ritiene di pervenire a tale conclusione ancorché ritenga condivisibile l’orientamento, espresso da una parte della giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo cui la disposizione di cui all’articolo 161 quarto comma del codice di procedura penale, che consente la notifica degli atti mediante consegna al difensore, trova un temperamento, nella sua rigida applicazione, quando si abbia aliunde notizia precisa del luogo in cui il destinatario abbia trasferito la sua residenza o la dimora, perché in tal caso la notifica deve essere disposta ed effettuata nel nuovo domicilio, in modo da assicurargli l’effettiva e non meramente presunta conoscenza dell’atto così questa sez. 4, n. 2778 del 9/5/2000, Pizzinato, Rv. 216232, in una fattispecie, relativa a notificazione dell’estratto contumaciale della sentenza, in cui la lettera raccomandata non era stata consegnata per assenza del destinatario, ma l’ufficiale postale aveva annotato il nuovo domicilio e in cui la Corte ha ritenuto che in tal caso la notifica avrebbe dovuto essere rinnovata ex articolo 157 cod. proc. pen. conf. sez. 1, n. 27757 del 30/05/2003, Fattori, Rv. 227387 . Parimenti condivisibili appaiono quelle pronunce che, conseguentemente, hanno ritenuto nulla la notificazione eseguita presso il difensore dell’imputato a norma dell’articolo 161, comma quarto, cod. proc. pen., allorché sia noto, benché non comunicato formalmente, il nuovo domicilio dell’imputato, in quanto la citata disposizione trova un temperamento, nella sua rigida applicazione, quando si abbia aliunde notizia precisa del luogo in cui il destinatario abbia trasferito la residenza o la dimora, perché in tal caso la notifica deve essere disposta ed effettuata nel nuovo domicilio, in modo da assicurargli l’effettiva e non meramente presunta conoscenza dell’atto nella specie, decreto di citazione per il giudizio di appello - così sez. 2, n. 25671 del 19/5/2009, Sistro, rv. 244167 conf. sez. 2 n. 45565 del 21/10/2009, Esposito, Rv. 245629 . Non sfugge al Collegio l’esistenza di un diverso orientamento, che appare tuttavia non condivisibile, che dà rilevanza preminente al tenore letterale della norma e, perciò, ritiene legittima la notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello eseguita, ex articolo 161, comma quarto, cod. proc. pen., presso il difensore qualora l’imputato non sia stato reperito al domicilio dichiarato e non abbia comunicato il diverso domicilio, ancorché risultante dagli atti nella specie dal certificato anagrafico . Ciò sull’assunto che non è consentita alcuna deroga all’espressa previsione dell’articolo 161, comma primo, cod. proc. pen., che impone l’obbligo di comunicare il mutamento del domicilio dichiarato o eletto stabilendo che, in caso contrario, la notifica sia eseguita mediante consegna al difensore così sez. 5, n. 42399 del 18/9/2009, Donà, Rv. 245819, che ha altresì rilevato che il diverso recapito o luogo di residenza di cui venga a conoscenza l’ufficiale notificatore che abbia inutilmente esperito la notifica al domicilio dichiarato o eletto è irrilevante ex articolo 161, ove non abbia formato oggetto di comunicazione, ex articolo 162 cod. proc. pen., né può rilevare ai fini della notifica ex articolo 157 cod. proc. pen. che delinea un sistema alternativo a quello configurato dall’articolo 161 cod. proc. pen., che è in sé chiuso e non ammette contaminazioni con il primo. conf. sez. 2, n. 31056 del 13/5/2011, Baku, Rv. 251022, in una fattispecie nella quale è stata ritenuta legittima la notifica presso il difensore, pur avendo l’imputato, nella nomina di un nuovo difensore, dichiarato di risiedere in altro luogo, senza, però, manifestare la volontà di variare il domicilio precedentemente indicato ai fini delle notificazioni sez. 6, n. 9723 del 17/1/2013, Serafino, Rv. 254693 in un caso in cui è stata ritenuta legittima la notifica presso il difensore, pur avendo l’imputato, in una memoria depositata all’udienza preliminare, dichiarato di prestare servizio militare in un luogo diverso da quello in cui prestava servizio al momento dell’arresto e presso il quale aveva eletto il proprio domicilio . Rimane fermo, evidentemente, qualunque linea interpretativa si abbracci, il principio che, in caso di impossibilità ad eseguire la notificazione al domicilio dichiarato o eletto, l’ufficiale giudiziario non ha alcun potere o dovere di procedere ad accertamenti volti a rintracciare il nuovo domicilio del destinatario, potendo, per contro, effettuare direttamente la notifica a mani del difensore così questa sez. 4, n. 36479 del 4/7/2014, Ebbole, Rv. 260126, caso in cui la Corte ha valutato correttamente effettuata la notifica a mani del difensore, essendosi l’imputato trasferito altrove, secondo quanto attestato dall’ufficiale notificatore, senza darne comunicazione ai sensi dell’articolo 161 cod. proc. pen. e risultando ancora formalmente residente al precedente indirizzo comunicato . 3. Nel caso che ci occupa, il nuovo domicilio dell’imputato, ristretto agli arresti domiciliari presso la Comunità Centro Calabrese di Solidarietà sita in Cagliano di Catanzaro, era assolutamente noto alla Corte procedente. In primo luogo perché colà l’imputato si trovava agli arresti domiciliari per i fatti per i quali è processo. Ed in secondo luogo perché, con estrema precisione, tale indirizzo era stato annotato dall’Ufficiale Giudiziario nella relata negativa che aveva fatto seguito alla tentata notifica del decreto di citazione in appello presso il domicilio eletto, ove evidentemente non era stato trovato e ove la madre aveva dichiarato l’indirizzo dove si trovava il figlio. Emerge, infatti, dagli atti, cui questa Corte ha ritenuto di accedere in ragione del tipo di doglianza proposta, che, fissata la prima udienza per il giudizio di appello per il 25/6/2015, in data 28/4/2015 risulta omessa la notifica del decreto di citazione presso l’abitazione dell’imputato, ove veniva tuttavia rinvenuta la madre, che dichiarava che il figlio era detenuto agli arresti domiciliari presso la comunità sopra ricordata, di cui indicava con precisione l’indirizzo, che l’ufficiale giudiziario annotava in relata. Correttamente, pertanto, la cancelleria della Corte catanese inviava in data 13/5/2015 una PEC ai CC di Gagliano, ove ha sede la Comunità e che evidentemente controllavano il detenuto agli aa.dd., al fine di effettuare la notifica allo stesso. In atti, tuttavia, non risulta pervenuto l’esito di tale notifica. All’udienza del 25/6/2015 la Corte di Appello rilevava la mancata prova dell’avvenuta notifica in quel di G. , ma piuttosto che ripeterla colà, sul presupposto che c’era stato un domicilio eletto e non vi era stata una formale comunicazione da parte dell’imputato del suo mutamento, rinviava il processo all’udienza del 22/9/2015 e disponeva la rinotifica per l’imputato ex articolo 161 co. 4 cod. proc. pen. presso il difensore di fiducia. Ebbene, ad avviso del Collegio, in applicazione dei principi sopra ricordati che si ritiene di condividere, tale procedura non è corretta. Nel caso che ci occupa, infatti, non si trattava neanche di prendere atto che il domicilio dell’imputato risultava aliunde , ma quello ben noto era l’indirizzo ove l’imputato si trovava ristretto agli arresti domiciliari per la misura cautelare relativa proprio ai fatti per i quali era processo. Ed in ogni caso c’era una relata di notifica negativa che indicava espressamente il recapito della comunità. 4. Acclarato che non è stata seguita la corretta procedura occorre verificare se vi sia stata la dedotta nullità e se sia stata tempestivamente eccepita. Non va dimenticato, sul punto, l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui l’imputato che intenda eccepire la nullità assoluta della citazione o della sua notificazione, non risultante dagli atti, non può limitarsi a denunciare la inosservanza della relativa norma processuale, ma deve rappresentare al giudice di non avere avuto cognizione dell’atto e indicare gli specifici elementi che consentano l’esercizio dei poteri officiosi di accertamento da parte del giudice Sez. Un. n. 119 del 27/10/2004 dep. il 2005, Palumbo, Rv. 229541 . Nella medesima pronuncia delle SSUU. P. veniva anche precisato che la notificazione della citazione dell’imputato effettuata presso il domicilio reale a mani di persona convivente, anziché presso il domicilio eletto, non integra necessariamente una ipotesi di omissione della notificazione ex articolo 179 cod. proc. pen., ma dà luogo, di regola, ad una nullità di ordine generale a norma dell’articolo 178 lett. c cod. proc. pen., soggetta alla sanatoria speciale di cui all’articolo 184 comma primo, alle sanatorie generali di cui all’articolo 183 e alle regole di dedu-cibilità di cui all’articolo 182, oltre che ai termini di rilevabilità di cui all’articolo 180 stesso codice, sempre che non appaia in astratto o risulti in concreto inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte del destinatario, nel qual caso integra invece la nullità assoluta ed insanabile di cui all’articolo 179 comma primo cod. proc. pen., rilevabile dal giudice di ufficio in ogni stato e grado del processo Sez. Un. n. 119 del 27/10/2004 dep. il 2005, P. , Rv. 229540, in cui è stato ritenuto che la notificazione del decreto che disponeva il giudizio, effettuata con le modalità anzidette e seguita da una richiesta di rinvio della udienza per motivi di salute, avanzata dal difensore dell’imputato contumace, non potesse considerarsi inesistente e quindi equiparabile ad una notificazione omessa ma dovesse piuttosto reputarsi idonea, in concreto, a determinare la conoscenza dell’atto da parte dell’imputato. Con la conseguenza che la nullità determinatasi, essendo non assoluta ma generale e di natura intermedia, non avrebbe potuto essere eccepita per la prima volta in Cassazione . In altra pronuncia questa Corte di legittimità ha anche affermato che la notifica del decreto di citazione a giudizio effettuata presso il domicilio reale a mani di persona convivente anziché presso il domicilio eletto non può considerarsi inesistente, e quindi equipararsi a notifica omessa, ma va ritenuta affetta da nullità generale a regime intermedio, ai sensi dell’articolo 178, lett. c cod. proc. pen., e come tale sanabile, quando sia comunque idonea, in concreto, a determinare la conoscenza dell’atto da parte dell’imputato sez. 6, n. 19546 del 3/4/2012, Chiochia ed altri, Rv. 252784 in cui la Corte ha ritenuto sanata la nullità della citazione a giudizio in primo grado effettuata in luogo diverso dal domicilio eletto, prospettata dall’imputato per la prima volta in Cassazione, laddove in appello era stata eccepita l’insussistenza del rapporto di convivenza del ricevente la notifica . E, ancora, che la notifica del decreto di citazione nella specie per il giudizio d’appello in luogo diverso dal domicilio dichiarato dall’imputato integra, ove non inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto, una nullità solo relativa che resta sanata se non eccepita immediatamente dopo l’accertamento della costituzione delle parti sez. 3, n. 20349 del 16/3/2010, Catania, Rv. 247109 . 5. Ad avviso del Collegio nel caso che ci occupa occorre ribadire il principio già affermato da questa Corte secondo cui la nullità, derivante dalla esecuzione della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello presso il difensore di fiducia, anzichè in quel caso nel domicilio dichiarato o eletto dall’imputato, in questo che ci occupa in quello noto e risultante dagli atti deve ritenersi sanata quando risulti provato che non ha impedito all’imputato di conoscere l’esistenza dell’atto e di esercitare il diritto di difesa, ed è, comunque, priva di effetti se non dedotta tempestivamente, essendo soggetta alla sanatoria speciale di cui all’articolo 184, comma primo, alle sanatorie generali di cui all’articolo 183, alle regole di deducibilità di cui all’articolo 182, oltre che ai termini di rilevabilità di cui all’articolo 180 cod. proc. pen sez. 4, n. 15081 dell’8/4/2010, Cusmano ed altri, Rv. 247033 in cui specie, la Corte ha ritenuto sanata la nullità, in quanto, tenuto conto del rapporto fiduciario tra il difensore e l’imputato, la notificazione non era stata inidonea a determinare la effettiva conoscenza dell’atto da parte di quest’ultimo ed il difensore comparso all’udienza dibattimentale nulla aveva eccepito al riguardo . Si tratta, peraltro del medesimo principio affermato di recente in quel caso relativamente alla notificazione all’imputato del decreto di citazione in appello, eseguita ai sensi dell’articolo 157, comma ottavo bis, cod. proc. pen. presso il difensore che si è ritenuto determini, se l’interessato non rappresenta con elementi idonei la mancata conoscenza dell’atto, una nullità a regime intermedio che è sanata se non tempestivamente eccepita nel corso del giudizio d’appello sez. 4, n. 8592 del 10/2/2016, Gervasoni, Rv. 266369 . Ebbene, nel caso che ci occupa, il difensore di fiducia che aveva ricevuto la notifica ex articolo 161 co. 4 cod. proc. pen. lo stesso avvocato Celeani odierno ricorrente era presente all’udienza del 22/9/2015 e nulla risulta avere eccepito in punto di irregolare citazione dell’imputato. E nemmeno alcuna allegazione risulta operata circa la mancata conoscenza dell’atto. Pertanto la nullità, derivante dalla esecuzione della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello presso il difensore di fiducia, anziché in quello della comunità terapeutica ove trovavasi agli arresti domiciliari deve ritenersi sanata perché non tempestivamente eccepita e perché nessun elemento è stato dedotto circa la mancata conoscenza dell’atto da parte del P. e circa il conseguente vulnus che si sarebbe determinato al suo diritto di difesa. 6. Quanto al secondo motivo di ricorso, lo stesso appare palesemente infondato, in quanto la sentenza impugnata spiega in maniera succinta, ma estremamente chiara e precisa i motivi per cui ha ritenuto non potersi configurare la fattispecie della lieve entità. Nel caso di specie, infatti, dall’attività investigativa e dalle stesse ammissioni dell’imputato era emersa l’organizzazione di un’attività dedita allo spaccio, svolta dall’imputato e per il cui esercizio era stato addirittura preso in locazione un appartamento, da destinare allo scopo. Viene ricordato in sentenza che l’appartamento, ove peraltro venivano rinvenuti anche un bilancino di precisione, un rotolo di alluminio e ritagli del medesimo, nonché la somma di 315 Euro per stessa ammissione dell’imputato, era stato dal medesimo preso in locazione proprio al fine di svolgervi l’illecita attività ed era stato dotato di un sistema di video sorveglianza. La Corte territoriale evidenzia poi, condividendo quanto già affermato dal giudice di prime cure, che, il fatto in esame non può essere qualificato di lieve entità, sia in ragione della quantità e qualità della sostanza stupefacente rinvenuta 812 grammi di cocaina dai quali era possibile ricavare circa 50 dosi medie singole , ma, soprattutto, in considerazione delle modalità dell’azione, indicative di una programmazione a lungo termine dell’attività di detenzione e spaccio dello stupefacente e, quindi, di stabili contatti con fornitori che ne garantissero l’approvvigionamento e pertanto, gravitanti nell’ambito della criminalità organizzata. Si tratta di una motivazione logica e congrua nonché corretta in punto di diritto, che va a collocarsi nel solco del costante dictum di questa Corte che impone al giudice di tenere conto e valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, quindi, sia quelli concernenti l’azione mezzi, modalità e circostanze della stessa , sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa , dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità si vedano sul punto le sentenze di questa sez. 4 n. 6732 del 22/12/2011 dep. il 2012, Sabatino, Rv. 251942 sez. 4 n. 38879 del 29/9/2005, Frank, Rv. 232428 sez. 4, n. 43399 del 12/11/2010, Serrapede, Rv. 248947 nello stesso senso anche la più recente sez. 6, n. 39977 del 19/9/2013, Tayb, Rv. 256610 . Questa Corte ha anche precisato che la fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’articolo 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990, anche all’esito della formulazione normativa introdotta dall’articolo 2 del D.L. n. 146 del 2013 conv. in legge n. 10 del 2014 , può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione mezzi, modalità e circostanze dell’azione , con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio così sez. 3, n. 27064 del 19/3/2014, Fontana, Rv. 259664, fattispecie in cui è stato ritenuto illegittimo il riconoscimento del fatto di lieve entità per avere il giudice attribuito rilievo decisivo soltanto alla condizione di tossicodipendente dell’imputato, senza considerare i precedenti penali specifici e il quantitativo non modesto di sostanza stupefacente detenuta conf. sez. 3, n. 23945 del 29/4/2015, Xhihani, rv. 263651, fattispecie in cui è stata ritenuta legittima l’esclusione dell’attenuante in esame per la protrazione nel tempo dell’attività di spaccio, per i quantitativi di droga acquistati e ceduti, per il possesso della strumentazione necessaria per il confezionamento delle dosi e per l’elevato numero di clienti . 7. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege , la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.