Illegittimità delle opere edili: violata la distanza minima tra fabbricati

L’art. 9 del d.m. n. 1444/1968, riguardante i limiti di distanza tra i fabbricati, prevede, al comma primo, che per le zone A le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti per i nuovi edifici ricadenti in altre zone la distanza deve essere quella minima assoluta di 10 metri tra pareti finestre e pareti di edifici antistanti, e per le zone C è altresì prescritta la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 40694/16. depositata il 29 settembre. Il caso. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno proponeva ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale medesimo che, in accoglimento dell’istanza di riesame, annullava il decreto di sequestro preventivo del gip di due fabbricati in corso di costruzione, per i reati di cui agli artt. 323 c.p. e 44 lett. b del d.P.R. n. 380/2001. In particolare, l’addebito edilizio muoveva dal presupposto della illegittimità delle opere edili per il fatto che i fabbricati sarebbero stati realizzati a 10 m di distanza tra loro, mentre avrebbero dovuto essere realizzati ad una distanza di 22 m . Con un unico motivo contesta l’assunto del provvedimento impugnato secondo cui il ragguaglio della distanza tra edifici troverebbe applicazione unicamente con riferimento ai nuovi fabbricati da costruire nelle zone territoriali omogenee di tipo C, mentre nelle altre zone l’unico limite sarebbe appunto quello dei 10 m . Al contrario, secondo il ricorrente, l’obbligo di osservare tale distanza dovrebbe trovare applicazione con riferimento alla zona A e alla zona C, anche per i nuovi edifici. Distanza tra fabbricati. Il ricorso è per il Collegio fondato. L’art. 9 del d.m. n. 1444/1968, riguardante i limiti di distanza tra i fabbricati , prevede, al comma primo, che per le zone A le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti per i nuovi edifici ricadenti in altre zone la distanza deve essere quella minima assoluta di 10 m tra pareti finestre e pareti di edifici antistanti, e per le zone C è altresì prescritta la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto . Inoltre, il comma 3 prevede che qualora le distanze fra fabbricati risultino inferiori all’altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all’altezza stessa, essendo ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni piano volumetriche . Nel caso di specie, appare dunque coerente con il dato normativo l’assunto del pm ricorrente secondo cui la disposizione dell’ultimo comma sopra evidenziata debba applicarsi anche a tali diverse zone. La Corte annulla pertanto senza rinvio l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 luglio – 29 settembre 2016, numero 40694 Presidente Fiale – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. II Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno ha proposto ricorso avverso l'ordinanza in data 16/09/2015 del Tribunale di Salerno che, in accoglimento dell'istanza di riesame, ha annullato il decreto di sequestro preventivo del G.i.p. del 13/08/2015 di due fabbricati in corso di costruzione per i reati di cui agli artt. 323 c.p. e 44 lett. b dei d.P.R. numero 380 del 2001. In particolare l'addebito edilizio muove dal presupposto della illegittimità delle opere edili per il fatto che i fabbricati sarebbero stati realizzati a 10,60 metri di distanza tra loro come assentito dal permesso di costruire, mentre avrebbero dovuto essere realizzati ad una distanza di 22 metri pari alla loro altezza in forza della disposizione di cui all'articolo 9 del decreto ministeriale numero 1444 del 1968. Con un unico motivo contesta l'assunto del provvedimento impugnato secondo cui il ragguaglio della distanza tra edifici, che comunque non può mai essere inferiore a 10 metri, alla altezza massima raggiunta dagli stessi troverebbe applicazione unicamente con riferimento ai nuovi fabbricati da costruire nelle zone territoriali omogenee di tipo C, mentre nelle altre zone l'unico limite sarebbe quello appunto di 10 metri previsto dall'articolo 9 numero 2 del decreto ministeriale numero 1444 del 1968 indipendentemente dall'altezza degli edifici. Al contrario, secondo il ricorrente, l'obbligo di osservare tale distanza dovrebbe trovare applicazione con riferimento alla zona A, alla zona C, e anche per i nuovi edifici, nella specie tali essendo quelli oggetto di sequestro situati in zona D, ricadenti in altre zone. Aggiunge che la possibilità di applicazione di distanze inferiori sarebbe previsto dall'articolo 9 unicamente nel caso di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni plano volumetriche, mentre nel Comune di Pontecagnano non sono stati ancora approvati i piani particolareggiati. Considerato in diritto 2. Il ricorso è fondato. L'articolo 9 del decreto ministeriale numero 1444 del 1968, riguardante i limiti di distanza tra i fabbricati , prevede, al comma 1, che per le zone A le distanze tra gli edifici non posselno essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, per i nuovi edifici ricadenti in altre zone la distanza debba essere quella minima assoluta di metri 10 tra pareti finestre e pareti di edifici antistanti, e per le zone C, sia altresì prescritta la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto. Al comma 3, poi, prevede che qualora le distanze fra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa , essendo ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni plano volumetriche . Ciò posto, ed incontestato che, nella specie, si abbia riguardo a costruzioni effettuate in zona D e dunque ed edifici posti, secondo la dizione dell'articolo 9, comma 1, numero 2, in altre zone nel senso di zone appunto diverse dalla zona A e dalla zona C espressamente richiamate rispettivamente dai nnumero 1 e 3 del comma 1 , appare coerente con il dato normativo l'assunto del P.M. ricorrente secondo cui la disposizione dell'ultimo comma sopra evidenziata debba applicarsi anche a tali diverse zone da un lato la formulazione generale di una disposizione posta a chiusura dell'articolo e riferita testualmente alle distanze come sopra computate , ivi dovendo intendersi dunque anche in ragione dell'ulteriore espresso richiamo ai precedenti commi sia pure ai fini di chiarire lo spazio di operatività della deroga prevista per i piani particolareggiati o le lottizzazioni convenzionate in esse comprese anche le distanze per le altre zone , non può lasciare dubbi sulla sua portata onnicomprensiva e, dall'altro, anche sotto il profilo sistematico, non si comprenderebbe perché, come sostenuto dall'ordinanza impugnata, per le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati tale essendo le zone D come definite dall'articolo 2 del d.m. cit. , tale norma di chiusura che ragguaglia come detto la distanza a quella raggiunta in altezza dal fabbricato più alto non dovrebbe essere applicabile. Del resto il censurato, dal Tribunale, risultato di omogeneità cui si giungerebbe per effetto della generalizzata applicazione dell'ultimo comma, lungi dall'essere il frutto di una distorsione interpretativa secondo l'ordinanza impugnata erroneamente propugnata dal consulente del P.M. , sarebbe a ben vedere, in realtà, l'esito della stessa volontà del legislatore che a tale omogeneità ha peraltro derogato laddove, come già visto, ha previsto la possibilità di distanze inferiori a quelle indicate nei commi 1 e 2 nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni plano-voi umetriche. Né in senso contrario possono condurre le citata, dal Tribunale, sentenze dei T.a.r. Lombardia numero 671 e 1429 del 2012 posto che anzi, secondo quanto affermato dal Cons. di Stato nella più recente pronuncia di Sez. 4, numero 2130 del 17/03/2015, l'articolo 9 cit. prevede, segnatamente in ipotesi di costruzione di nuovi edifici ricadenti in altre zone, che °la distanza minima assoluta tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti corrisponde a 10 metri, con obbligo di aumento della distanza sino all'altezza del fabbricato finitimo più alto, se questo sia maggiore di 10 metri , restando così confermata la valenza generale dei comma 2 dell'articolo 9 cit. 3. In conclusione, l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, restando conseguentemente fermo il provvedimento di sequestro preventivo disposto dal G.i.p. del Tribunale di Salerno in data 13/08/2015. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata fermo restando il sequestro preventivo disposto dal G.i.p. di Salerno il 13/08/2015.