Errore di diritto del giudice della convalida: nessuna verifica sulle condizioni che legittimano l’arresto facoltativo

Nel procedere all'arresto in flagranza, la polizia giudiziaria è tenuta ad accertare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni legittimanti la misura e, preliminarmente, sulla base dei criteri indicati dagli artt. 380 e 381 c.p.p., a verificare se trattasi di arresto obbligatorio o facoltativo.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 37522/16, depositata il 9 settembre. Il caso. Il Tribunale di Avellino, decidendo sulla richiesta di convalida dell’arresto dell’imputato per il reato di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente, non convalidava l’arresto del medesimo, disponendo la liberazione dell’arresto se non detenuto per altra causa. Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino, sostenendo che il giudice avrebbe errato sia nel ritenere configurabile l'ipotesi del fatto di lieve entità di cui all'art. 73, comma quinto, t.u. stup. avendo motivato solo sul dato quantitativo senza, invece, considerare l'aspetto qualitativo e le altre modalità dell'azione che denotavano una certa sistematicità ed organizzazione dell'attività di spaccio non ricorrerebbero, quindi, gli elementi per ritenere configurabile l'ipotesi della lieve entità, donde il fatto rientrava tra quelli per cui era operabile l'arresto obbligatorio in flagranza. In secondo luogo, osserva il pm ricorrente, quand'anche si volesse ritenere che il fatto in questione integri la fattispecie della lieve entità, evidente sarebbe l'errore in cui è incorso il ricorrente, essendo prevista dall'art. 73, comma quinto, t.u. stup. una pena edittale da 6 mesi a 4 anni laddove l'art. 381 c.p. consente l'arresto facoltativo in flagranza per delitti non colposi puniti con pena superiore a 3 anni, donde anche per il delitto, come riqualificato dal giudice della convalida, l'arresto sarebbe stato eseguibile . Sussistenza dei presupposti legittimanti l’arresto eseguito. Il ricorso è per la Suprema Corte fondato. Secondo un orientamento giurisprudenziale costante della Corte medesima in sede di convalida dell'arresto, il giudice, oltre a verificare l'osservanza dei termini previsti dall'art. 386, comma terzo e 390, comma primo, c.p.p., deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l'eseguito arresto, ossia valutare la legittimità dell'operato della polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza ed all'ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli artt. 380 e 381 c.p.p., in una chiave di lettura che non deve riguardare né la gravità indiziaria e le esigenze cautelari, né l'apprezzamento sulla responsabilità riservato alla fase di cognizione dei giudizio di merito . Nel caso di specie, il giudice avrebbe dovuto valutare se, in base agli elementi sussistenti al momento dell'intervento della polizia giudiziaria, fosse ipotizzabile il fumus del reato di detenzione a fini di spaccio del quantitativo di stupefacente detenuto e successivamente caduto in sequestro e se fosse ravvisabile la flagranza dei reato de quo . Assodata, nel caso di specie, la sussistenza dello stato di flagranza - come riconosciuto anche dal giudice della convalida - occorre soffermare l'attenzione sulla sussistenza delle condizioni legittimanti l'arresto, qualificando giuridicamente il fatto per cui si procede, ossia se il fatto fosse qualificabile come legittimante l'arresto obbligatorio o facoltativo, alla luce degli elementi di fatto caduti sotto la diretta percezione degli operanti e valutabili dal giudice della convalida . Lieve entità del fatto. Il Collegio ritiene sia giuridicamente corretta, anche sotto il profilo della motivazione, l'affermazione del giudice della convalida in ordine alla qualificazione giuridica dei fatto come di lieve entità, tenuto conto del modesto quantitativo di stupefacente sequestratogli presso l'abitazione art. 75, quinto comma, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 , dunque, che - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte - è riservata al giudice di merito e, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità se la relativa motivazione è immune da vizi logici e giuridici . Errore di diritto del giudice della convalida. Palese, invece, è l'errore di diritto in cui è incorso il giudice della convalida nel ritenere insussistenti le condizioni legittimanti l'arresto dell'indagato. Infatti, nel procedere all'arresto in flagranza, la polizia giudiziaria è tenuta ad accertare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni legittimanti la misura e, preliminarmente, sulla base dei criteri indicati dagli artt. 380 e 381 c.p.p., a verificare se trattasi di arresto obbligatorio o facoltativo. Di tale accertamento la polizia giudiziaria deve infatti dare puntuale contezza. Nessun dubbio, dunque, che in considerazione dei limiti edittali di pena attualmente previsti per l’ipotesi lieve, il reato rientri tra quelli per cui l’arresto facoltativo in flagranza è consentito dall’art. 381 c.p.p Il giudice della convalida ha, dunque, computo un grave errore di diritto laddove ha escluso tout court la sussistenza delle condizioni legittimanti l’arresto riferendosi esclusivamente all’ipotesi di arresto obbligatorio, senza verificare le condizioni che legittimassero l’arresto facoltativo. L’arresto dell’imputato era pertanto da ritenersi legittimo. L’ordinanza deve essere dunque annullata senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 26 aprile – 9 settembre 2016, n. 37522 Presidente Grillo – Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 17/10/2015, depositata in pari data, il tribunale monocratico di AVELLINO, decidendo sulla richiesta di convalida dell'arresto di F.F. per il delitto di cui all'art. 73, comma 1 ed 1-bis, Lu. stup. detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina e marijuana , non convalidava l'arresto dei medesimo, disponendo la liberazione dell'arrestato se non detenuto per altra causa. 2. Ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di AVELLINO, impugnando la ordinanza predetta con cui deduce due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. a vizio di cui all'art. 606, lett. b , c.p.p. per erronea applicazione della legge penale con riferimento all'art. 380, lett. h ed all'art. 381, commi primo e quarto, 391 cod. proc. pen. e 73, comma quinto, Lu. stup. b vizio di cui all'art. 606, lett. e , c.p.p. sotto il profilo della mancanza, contraddittorietà e maniF. illogicità della motivazione. 2.1. In sintesi, tenuto conto della valutazione globale e complessiva dei due distinti profili di censura suscettibili di essere unitariamente illustrati per l'omogeneità dei profili di doglianza ad essi sottesi, la censura investe l'impugnata ordinanza in quanto, sostiene il P.M. ricorrente, il giudice avrebbe errato sia nel ritenere configurabile nei fatti di causa l'ipotesi del fatto di lieve entità di cui all'art. 73, comma quinto, t.u. stup. avendo motivato solo sul dato quantitativo senza invece considerare l'aspetto qualitativo diversa dello stupefacente detenuto e le altre modalità dell'azione che denotavano una certa sistematicità ed organizzazione dell'attività di spaccio in particolare, a seguito della perquisizione domiciliare vennero rinvenuti presso l'abitazione dell'indagato due bilancini con i residui di diverse sostanze stupefacenti oltre a numerose cartine che, uniti alle modalità di confezionamento della sostanza sequestrata ed al quantitativo di stupefacente sequestrato, facevano ritenere che l'indagato provvedi, alla preparazione dello stupefacente da spacciare volta per volta da non essere trovato in possesso di ingenti quantitativi di droga per poi cedere le dosi confezionate ai suoi clienti immediatamente dopo non ricorrerebbero f quindi gli elementi per ritenere configurabile l'ipotesi della lieve entità, donde il fatto rientrava tra quelli per cui era operabile l'arresto obbligatorio in flagranza. In secondo luogo, osserva il P.M. ricorrente, quand'anche si volesse ritenere che il fatto in questione integri la fattispecie della lieve entità, evidente sarebbe l'errore in cui è incorso il ricorrente, essendo prevista dall'art. 73, comma quinto, t.u. stup. una pena edittale da 6 mesi a 4 anni laddove l'art. 381 c p. consente l'arresto facoltativo in flagranza per delitto non colposi puniti con pena superiore a 3 anni, donde anche per il delitto, come riqualificato dal giudice della convalida, l'arresto sarebbe stato eseguibile. Precisa, peraltro, il P.M. ricorrente come sussistessero ambedue i requisiti richiesti per l'eseguibilità dell'arresto facoltativo ed invero, quanto alla gravità del fatto, gli stessi erano desumibili dal comportamento tenuto dall'indagato alla vista dei carabinieri, avendo lo stesso tentato di disfarsi dei barattolo di vetro contenente lo stupefacente, oltre che dalle altre circostanze sopra valorizzate per escludere la lieve entità quanto, poi, alla pericolosità del soggetto, è sufficiente richiamare l'esistenza di precedenti penali a carico dei medesimo. 3. Con requisitoria scritta depositata presso la Cancelleria di questa Corte in data 18/02/2016, il P.G. presso la S.C. ha chiesto accogliersi il ricorso in particolare, a sostegno della fondatezza, il P.G. evidenzia come - quand'anche si volesse qualificare il fatto come di lieve entità come ritenuto dal giudice della convalida - in ogni caso evidente è l'errore di diritto commesso dal medesimo giudice nel ritenere non sussistenti le condizioni per procedere all'arresto in flagranza, quantomeno come arresto facoltativo, tenuto conto deli limiti edittali di pena previsti dall'attuale art. 73, comma quinto, t.u. stup. e di quelli richiesti dall'art. 381 cod. proc. pen. per procedervi. 4. Con atto depositato in data 11/04/2016, infine, l'indagato ha dedotto in ordine ai motivi di ricorso proposti dal p.m. ricorrente, sostenendo che, quanto alla configurabilità dei c.d. fatto lieve, il nuovo art. 75, comma 1-bis, t.u. stup., nel fornire i parametri probatori utili per dimostrare l'illecito amministrativo e penale attribuisce valenza al parametro della quantità dello stupefacente ed al d.m. 11 aprile 2006 secondo l'indagato, dunque, sarebbe ancora applicabile detto ultimo decreto e, dunque, correttamente il giudice avrebbe ritenuto configurabile l'ipotesi dell'art. 73, comma quinto, t.u. stup. Quanto, poi, alla esistenza delle condizioni legittimanti l'arresto, sostiene l'indagato che, esclusa la possibilità di procedere ad arresto obbligatorio in ragione dei limiti edittali richiesti dall'art. 380, lett. h , cod. proc. pen. non soddisfatti dalla entità della pena prevista per l'ipotesi lieve, sarebbe stato in astratto possibile ritenere applicabile l'art. 381 cod. proc. pen. tuttavia, non sussisterebbero né il requisito della gravità dei fatto in quanto esclusa dallo stesso giudice all'atto della riqualificazione del reato nell'ipotesi di lieve entità, né quello della pericolosità dei soggetto, essendo gravato l'indagato da un solo precedente penale risalente a diversi anni or sono. Considerato in diritto 5. Il ricorso è fondato. 6. AI fine di meglio comprendere il decisum di questa Corte, deve in sintesi essere richiamata la descrizione dei fatto emerso dalla lettura dei verbale di arresto. 6.1. II 16/10/2015 l'attuale indagato veniva fermato mentre si trovava a bordo della sua autovettura e condotto in caserma per eseguire una perquisizione, avendo gli agenti operanti acquisito notizia da fonte confidenziale che questi detenesse sostanze stupefacenti durante il tragitto nella sua auto, ove si trovava uno dei militari dell'arma dei carabinieri, il F. con mossa repentina lanciava dal finestrino un contenitore di vetro, il cui contenuto veniva recuperato dai carabinieri in particolare si trattava di 5 piccoli involucri di cellophane contenenti, come accertato successivamente dal laboratorio di analisi del Comando prov.le CC di Napoli, di sostanza stupefacente del tipo cocaina dei peso di gr. 3,49 con principio attivo di 2,,38 gr., pari a circa 15 dosi medie singole eseguita una perquisizione presso l'abitazione dell'indagato, veniva rinvenuto nel salone un quantitativo di gr. 0,40 di sostanza stupefacente dei tipo marijuana, con principi attivo pari a 0,003 gr., inferiore alla dose media singola, nonché due bilancini di precisione funzionanti che presentavano residui apparentemente di sostanza stupefacente. 6.2. A fronte di tale elementi emergenti dal verbale di arresto, il giudice - pur ritenendo sussistere lo stato di flagranza essendo stato visto l'indagato nell'atto di liberarsi dei barattolo contenente lo stupefacente del tipo cocaina - ha negato la convalida dell'arresto rilevando che si tratta di fattispecie per cui non sarebbe consentito né l'arreso obbligatorio né quello facoltativo richiamando, in particolare, il disposto dell'art. 380, lett. h , cod. proc. pen., il giudice ha ritenuto che non sia consentito l'arresto obbligatorio atteso il limite edittale di pena previsto per l'ipotesi lieve di cui all'art. 73, comma quinto, T.U. stup, senza, tuttavia, motivare in ordine alla eventuale configurabilità dell'arresto facoltativo, concludendo con l'affermare che la condotta ascritta all'indagato rientrasse nell'art. 73, comma quinto, t.u. stup., donde anche in relazione alla scarsissima entità dei quantitativo di stupefacente rinvenuto in possesso dell'indagato non consentiva la convalida dell'arresto. 7. Al cospetto di tale errato apparato argomentativo, il ricorso è fondato. Ed invero, è principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte v., da ultimo Sez. 6, n. 8341 del 12/02/2015 - dep. 24/02/2015, P.M. in proc. Ahmad, Rv. 262502 quello per cui in sede di convalida dell'arresto, il giudice, oltre a verificare l'osservanza dei termini previsti dall'art. 386, comma terzo e 390, comma primo, cod. proc. pen., deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l'eseguito arresto, ossia valutare la legittimità dell'operato della polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza ed all'ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli artt. 380 e 381 cod. proc. pen., in una chiave di lettura che non deve riguardare né la gravità indiziaria e le esigenze cautelari valutazione questa riservata all'applicabilità delle misure cautelari coercitive , né l'apprezzamento sulla responsabilità riservato alla fase di cognizione dei giudizio di merito . Venendo al caso di specie, dunque, il giudice avrebbe dovuto valutare se jin base agli elementi sussistenti al momento dell'intervento della polizia giudiziaria, fosse ipotizzabile ragionevolmente il fumus dei reato di detenzione a fini di spaccio dei quantitativo di stupefacente detenuto e successivamente caduto in sequestro e se fosse ravvisabile la flagranza dei reato de quo. Assodata nel cago di specie la sussistenza dello stato di flagranza - come dei resto riconosciuto anche dal giudice della convalida - occorre soffermare l'attenzione sulla sussistenza delle condizioni legittimanti l'arresto qualificando giuridicamente il fatto per cui si procede, ossia, per quanto qui di interesse, se il fatto fosse qualificabile come legittimante l'arresto obbligatorio o facoltativo, alla luce degli elementi di fatto caduti sotto la diretta percezione degli operanti e valutabili dal giudice della convalida. 7.1. Quanto alla qualificazione dei fatto ai sensi dei comma primo o dei comma quinto dell'art. 73, t.u. stup., va anzitutto premesso che il provvedimento con cui il giudice respinge la richiesta di convalida di arresto in flagranza per spaccio di sostanza stupefacente ravvisando l'ipotesi del fatto lieve di cui al quinto comma del predetto articolo non travalica le attribuzioni dei giudice della convalida in quanto si basa su quanto già conoscibile dalla polizia giudiziaria procedente e che doveva costituire oggetto di immediato apprezzamento concernendo i presupposti legittimanti la misura limitativa della libertà personale Sez. 6, n. 413 del 01/02/1999 - dep. 15/04/1999, PM in proc Bono S, Rv. 213320, relativa la fattispecie dia detenzione di gr. 5,48 di marijuana e di ulteriori gr. 0,43 in altro involucro . Alla luce delle risultanze di fatto, ritiene il Collegio sia giuridicamente corretta, anche sotto il profilo della motivazione, l'affermazione del giudice della convalida in ordine alla qualificazione giuridica dei fatto come di lieve entità, tenuto conto del modesto quantitativo di stupefacente del tipo cocaina sequestratogli da cui erano ricavabili appena 15 dosi medie singole e del quantitativo dei tutto irrilevante di marijuana sequestratogli presso l'abitazione il cui dato ponderale è risultato inferiore alla dose media singola , qualificazione del fatto come di lieve entità art. 75, quinto comma, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 , dunque, che - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte - è riservata al giudice di merito e, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità se la relativa motivazione è immune da vizi logici e giuridici Sez. 4, n. 10778 del 27/06/1991 - dep. 25/10/1991, P.M. in proc. Chinca ed altri, Rv. 188607 . 7.2. Palese, invece, è l'errore di diritto in cui è incorso il giudice della convalida nel ritenere insussistenti le condizioni legittimanti l'arresto dell'indagato. Ed invero, nel procedere all'arresto in flagranza r la polizia giudiziaria è tenuta ad accertare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni legittimanti la misura e, preliminarmente, sulla base dei criteri indicati dagli artt. 380 e 381 cod. proc. pen., a verificare se trattasi di arresto obbligatorio o facoltativo. Di tale accertamento i e della relativa scelta la polizia giudiziaria deve dare puntuale contezza, pur senza procedere ad esporre le motivazioni della scelta effettuata. Sicché è sufficiente l'esposizione degli elementi dai quali i predetti parametri sono stati desunti, così da consentire al giudice, in sede di convalida, di effettuare la verifica di legittimità. Il tutto secondo quanto si desume dal disposto degli artt. 389, secondo comma che prevede la liberazione dell'arrestato quando risulta evidente che l'arresto è stato eseguito fuori dei casi previsti dalla legge , e 385 cod. proc. pen. che impone il divieto di arresto in presenza di determinate circostanze di non punibilità accertabili dalla stessa polizia giudiziaria . V. Sent. n. 54 del 1993, Corte Cost. . Sez. 6, n. 1680 del 04/06/1993 - dep. 07/09/1993, P.M. in proc. Brancati, Rv. 195517 . Tanto premesso, dal verbale di arresto, pur alla luce della valutazione operata dal giudice della convalida, emergevano quantomeno, come detto, gli estremi del delitto di cui all'art. 73, comma quinto, T.U. stup., donde il giudice avrebbe dovuto valutare la sussistenza delle condizioni legittimanti l'arresto facoltativo in flagranza. Nessun dubbio che, in considerazione dei limiti edittali di pena attualmente previsti per l'ipotesi lieve 6 mesi - 4 anni il reato rientri tra quelli per cui l'arresto facoltativo in flagranza è consentito dall'art. 381 cod. proc. pen. delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni . Il giudice della convalida, dunque, ha commesso un grave errore di diritto laddove - una volta qualificato giuridicamente il fatto ai sensi dell'art. 73, comma quinto, T.U. stup. - ha escluso tout court la sussistenza delle condizioni legittimanti l'arresto riferendosi esclusivamente all'ipotesi dell'arresto obbligatorio, senza verificare se esistessero le condizioni che legittimavano l'arresto facoltativo, le quali richiedono art. 381, comma quarto, cod. proc. pen. che il giudice e, prima ancora, la p.g. valuti se la misura è giustificata dalla gravità dei fatto ovvero dalla pericolosità dei soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze dei fatto . Condizioni che - pur volendo astrattamente ritenersi corretto quanto affermato nella memoria depositata dall'indagato in ordine alla insussistenza della gravità del fatto, attesa la qualificazione del medesimo come di lieve entità - erano evidentemente soddisfatte quanto alla pericolosità dei soggetto , per legge desumibile non solo dai precedenti penali ed in tal senso non riveste valenza escludente la circostanza che il precedente penale, per come asserito dall'indagato, sia risalente nel tempo ma anche dalle circostanze del fatto, circostanztche, come descritto dal P.M. ricorrente, denotavano negativamente la condotta dell'indagato tenuto conto soprattutto dei comportamento dei medesimo caduto sotto la diretta percezione degli operanti, finalizzato a disfarsi dello stupefacente, nel tentativo estremo di sopprimere la prova dei fatto addebitato. Trattasi, all'evidenza, di condotta certamente idonea qualificarne negativamente la personalità, legittimandone quindi l'arresto facoltativo, essendo, del resto, come ben ricordato dal P.M. ricorrente, le condizioni richieste dall'art. 381, comma quarto, cod. proc. pen. alternativamente e non congiuntamente, come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte v., tra le tante Sez. 1, n. 17332 dei 30/03/2006 - dep. 18/05/2006, P.M. in proc. Solimeno, Rv. 234259 . L'arresto del F. era pertanto da ritenersi legittimo. 8. L'ordinanza dev'essere, conseguentemente, annullata senza rinvio. Ed infatti, l'annullamento da parte della Corte di cassazione dell'ordinanza di non convalida dell'arresto in flagranza va disposto con la formula senza rinvio , quando - come nel caso in esame - l'esistenza delle condizioni che avrebbero giustificato la convalida risulta già accertata in sede di legittimità, posto che il giudizio di rinvio, avendo ad oggetto la rivisitazione di una fase ormai definitivamente esaurita, sarebbe limitato esclusivamente a statuire la correttezza dell'operato della polizia giudiziaria, già oggetto di positiva verifica ad opera del giudice dell'impugnazione v., tra le tante Sez. 6, n. 21330 del 05/05/2015 - dep. 21/05/2015, P.G. in proc. Quaid, Rv. 263539 . P.Q.M . La Corte annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e ordina trasmettersi gli atti al Tribunale di Avellino.