Tutto su … sequestro diretto e sequestro per equivalente

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere posto in essere anche nell'ipotesi in cui sia soltanto momentaneamente impossibile reperire il profitto dell'illecito l'impossibilità deve sussistere al momento della richiesta e dell'adozione della misura .

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37256/2016, depositata l'8 settembre. Il caso. Il gip competente rigettava la richiesta di sequestro preventivo per equivalente nei confronti di un indagato, e della sua società s.n.c., per l'illecito di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74/2000 dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti . Avverso l'ordinanza del gip, il pm proponeva appello presso il Tribunale del Riesame, il quale rigettava l'istanza di gravame. Il Procuratore della Repubblica ricorreva per cassazione, lamentando violazione di legge, con particolare riferimento all'applicazione degli artt. 321, comma 2, c.p.p. e 322 c.p Secondo l'impugnante, il Tribunale aveva erroneamente escluso la possibilità di avanzare la richiesta di un sequestro per equivalente in via concorrente ad una domanda di sequestro diretto. Il Procuratore Generale, poi, rimproverava al giudice competente un'errata interpretazione della nozione di profitto, in materia di reati fiscali, e una altrettanto scorretta affermazione di fungibilità del denaro e di necessità di preventiva ricerca del profitto violazione artt. 321 c.p.p. e 322-ter c.p. . Le argomentazioni del Tribunale del Riesame. La Suprema Corte ha ritenuto infondato il ricorso. Gli Ermellini hanno ricordato, innanzitutto, come il Tribunale del Riesame abbia rilevato l'assenza di una verifica finalizzata all'individuazione del profitto dell'illecito. Secondo il Tribunale, la carenza della sopra indicata indagine rendeva impossibile procedere ad un sequestro per equivalente, di natura sussidiaria rispetto al sequestro diretto. Il Tribunale del riesame, poi, riteneva impossibile avanzare un'istanza di sequestro per equivalente in via concorrente rispetto a una domanda di sequestro diretto contraddittorie, secondo il Giudice del Riesame, le argomentazioni addotte dal pm, dal momento che la richiesta di sequestro diretto presupporrebbe l'esistenza del profitto, mentre l'istanza di sequestro per equivalente sembrerebbe negare l'individuabilità dello stesso. La conferma di Piazza Cavour la sussidiarietà del sequestro per equivalente. I Giudici del Palazzaccio ritengono condivisibili i rilievi del Tribunale del Riesame, in quanto in linea con il solco giurisprudenziale tracciato dalla sentenza Gubert. Il Collegio, ricordando la pronuncia citata, ha precisato che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ha carattere sussidiario rispetto al sequestro diretto e può essere disposto anche nell'ipotesi in cui sia soltanto momentaneamente impossibile reperire il profitto dell'illecito l'impossibilità deve, però, sussistere al momento della richiesta e dell'adozione della misura . Parimenti infondato, a parere degli Ermellini, il motivo di gravame relativo all'errata interpretazione della nozione di profitto mancavano, nel caso in esame, atti di indagine finalizzati ad individuare il profitto, mentre per il pm lo stesso avrebbe dovuto identificarsi nel risparmio di spesa. Però, rileva ancora la Suprema Corte, il ragionamento del pm è contraddittorio, in quanto la misura del sequestro diretto presuppone che il profitto esista, ma l'individuazione del profitto costituito dal risparmio di spesa viene posta a base della richiesta di sequestro per equivalente . Mancando un accertamento sull'individuazione del profitto, ha chiosato il Collegio, e in considerazione della natura sussidiaria del rapporto tra le due tipologie di sequestro in esame, non era possibile, nel caso di specie, attuare la misura del sequestro diretto. I Giudici di Piazza Cavour, infine, hanno ricordato che l'esperibilità del sequestro diretto deriva dall'individuazione del profitto o, almeno, di elementi indicanti la sua esistenza nel patrimonio del destinatario della misura. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 settembre 2015 – 8 settembre 2016, n. 37256 Presidente Squassoni – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 18 febbraio 2015 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in funzione di Giudice del Riesame, rigettava l'appello proposto dal Pubblico Ministero presso quel Tribunale avverso l'ordinanza emessa dal Giudice per le Indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 9 ottobre 2014 con la quale era stata rigettata la richiesta di sequestro preventivo per equivalente nei confronti di Z.O. ed in via subordinata nei confronti della società IMPRESA EDILE Z. s.n.c. in ordine al reato di cui all'art. 2 del D. Lgs. 74/00. 2. Avverso il detto provvedimento propone ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, deducendo quattro specifici ed articolati motivi. Con il primo il ricorrente lamenta l'erronea applicazione della norma processuale e sostanziale art. 321 comma 2° e 322 cod. pen. in quanto il Tribunale ha escluso la possibilità di una richiesta di sequestro per equivalente avanzata in via concorrente rispetto ad una richiesta di sequestro diretto. Con il secondo motivo il ricorrente Pubblico Ministero lamenta l'erronea applicazione della legge penale in punto di errata interpretazione della nozione di profitto in tema di reati tributari, con conseguente erronea applicazione della legge penale in particolare gli artt. 321 cod. proc. pen. e 322 ter cod. pen. . Con il terzo motivo il ricorrente lamenta l'erronea applicazione degli artt. 321 cod. proc. pen. e 322 ter cod. pen. in riferimento ad una errata affermazione della fungibilità dei denaro ai fini del sequestro diretto ed altrettanto erronea affermazione della necessità di una preventiva ricerca del profitto. Con il quarto - ed ultimo - motivo, il ricorrente deduce l'assenza assoluta di motivazione in ordine alla natura fittizia della società IMPRESA EDILE Z. s.n.c. con conseguente erronea applicazione degli artt. 321 comma 2 cod. proc. pen. 322 ter cod. pen. 240 cod. pen. e 19 e 53 del D. Lgs. 231/01. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato per le ragioni che seguono. Il Tribunale cautelare è giunto alla conclusione qui impugnata sul rilievo che, pur in costanza dei fumus criminis a carico dell'indagato relativamente al delitto di cui all'art. 2 del D. Lgs. 74/00, e pur essendo possibile un provvedimento ablativo finalizzato alla confisca diretta del profitto nel caso di reati tributari, mancasse nella specie un qualsivoglia accertamento finalizzato alla individuazione del profitto dei reato, tenuto conto che la domanda di sequestro avanzata nei confronti dell'indagato in via principale, sul presupposto della fittizietà della società, non era integrata da indicazioni in merito alla titolarità da parte di tali soggetti di conti correnti bancari, peraltro non individuati. 1.1 Secondo il Tribunale, quindi, l'assenza di qualsivoglia indagine volta alla individuazione del profitto, oltre a dimostrare l'infondatezza delle doglianze dei Pubblico Ministero, in ogni caso precludeva la possibilità di procedere ad un sequestro per equivalente, stante il carattere sussidiario di esso rispetto al sequestro diretto. Rilevava, peraltro, il Tribunale l'impossibilità di una istanza di sequestro per equivalente avanzata in via concorrente rispetto ad una richiesta Ai sequestro diretto. Ed infine, rilevava una sorta di contraddittorietà intrinseca nel ragionamento del Pubblico Ministero appellante in quanto la richiesta di sequestro diretto del profitto ne presupporrebbe l'esistenza, mentre la richiesta per equivalente sembrerebbe negare la stessa possibilità di individuare il profitto nel risparmio di spesa. 1.2 Le conclusioni rese dal Tribunale dei Riesame che, nell'esaminare la questione sottoposta al suo vaglio, ha seguito la linea giurisprudenziale dettata dalla nota sentenza delle S.U. Gubert del 30 gennaio 2014, a giudizio del Collegio sono condivisibili. 1.3 Quanto al motivo riguardante l'erronea applicazione della norma processuale e sostanziale art. 321 comma 2° e 322 cod. pen. per avere il Tribunale escluso la possibilità di una richiesta di sequestro per equivalente avanzata in via concorrente rispetto ad una richiesta di sequestro diretto, si tratta di doglienza non fondata il Tribunale ha infatti fatto buono governo dei principi espressi da questa Corte Suprema in ordine alla sussidiarietà dei sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente rispetto al sequestro preventivo finalizzato ala confisca diretta del profitto, fermo restando ovviamente il carattere transitorio della impossibilità di procedere al sequestro preventivo diretto che costituisce il presupposto per l'azionamento del sequestro per equivalente in termini S.U. 30.1.2014 n. 10561, Gubert, Rv. 258648, secondo cui Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto anche quando l'impossibilità del reperimento dei beni, costituenti il profitto del reato, sia transitoria e reversibile, purché sussistente al momento della richiesta e dell'adozione della misura, non essendo necessaria la loro preventiva ricerca generalizzata . 2. Anche la censura relativa alla errata nozione del concetto di profitto non è fondata in quanto correttamente il Tribunale ha evidenziato l'assenza assoluta di atti di indagine diretti ad individuare il profitto, accertamenti che ben avrebbero potuto essere effettuati attraverso una ricerca di conti correnti nella disponibilità o titolarità dei soggetti indicati e un esame della contabilità aziendale. Secondo il ricorrente P.M. il profitto in realtà consisterebbe - come del resto affermato a più riprese dalla S.C. - nel risparmio di spesa Sez. 5^ 10.112011 n. 1843, Mazzieri, Rv. 253480 Sez. 3^ 2.12.2011 n. 1199, Galiffo, Rv. 251893 ulteriormente rileva il Pubblico Ministero ricorrente che nel caso in esame tale risparmio di spesa sarebbe stato realizzato dalla società avendo essa tratto vantaggio dalla condotta illecita. Tuttavia sul punto va osservato che del tutto correttamente il Tribunale ha individuato una contraddittorietà intrinseca nel ragionamento del Pubblico Ministero in quanto la richiesta di sequestro diretto del profitto presuppone l'esistenza di esso, mentre l'individuazione del profitto costituito dal risparmio di spesa viene posta a base della richiesta di sequestro per equivalente. Il vero è che in assenza di accertamento sull'individuazione del profitto e tenuto conto del rapporto di sussidiarietà sopra indicato, non era possibile procedere al sequestro diretto del profitto - che astrattamente per i reati tributari è ipotizzabile tanto nei confronti del soggetto fisico indagato che 'nei confronti della persona giuridica, tenendo sempre presente che per farsi luogo al 'sequestro finalizzato alla confisca per equivalente occorre verificare l'impossibilità di individuare il profitto. 3. Con riferimento al terzo motivo, con il quale il ricorrente Pubblico Ministero lamenta l'erronea affermazione da parte del Tribunale in merito alla fungibilità del denaro ai fini del sequestro e l'altrettanta erronea affermazione circa la necessità della preventiva ricerca del profitto, si tratta, a giudizio del Collegio, di censura non fondata a giudizio del ricorrente la preventiva ricerca del profitto costituito dal denaro non sarebbe necessaria in quanto in ogni caso andava disposto il provvedimento cautelare, non solo in forza della sentenza Gubert, ma in forza di altre affermazioni di questa Corte di legittimità secondo le quali nella ipotesi di profitto costituito da denaro, attesa la sua fungibilità va disposta la confisca dei profitto in forma specifica ex art. 321 comma 10 parte prima dell'art. 322 ter cod. pen. e non la confisca per equivalente così Sez. 3^ 25.9.2012 n. 1261, Rv. 254175 . Inoltre a differenza di quanto indicato dal Tribunale secondo il P.M. ricorrente l'individuazione specifica del denaro nel caso in esame resa estremamente problematica per l'intervenuta cessazione della società nel 2010 può ben essere rinviata alla fase esecutiva con conseguente applicazione della legge penale e processuale. 3.1 Tali considerazioni non appaiono persuasive per l'assorbente considerazione che la possibilità del sequestro diretto - richiesta - è bene ricordarlo - in via principale dal Pubblico Ministero presuppone, come esattamente osservato dal Tribunale una individuazione del profitto costituito da somme di denaro o quanto meno indizi della sua esistenza nel patrimonio del soggetto fisico destinatario della misura, non apparendo possibile rimettere alla fase esecutiva il momento della individuazione in considerazione della natura del provvedimento cautelare richiesto. 4. Quanto, poi, alla asserita mancanza di motivazione sulla fittizietà della persona giuridica, ferma restando la mancanza di accertamenti sulla contabilità aziendale e sui conti correnti che rendono impossibile un giudizio reale sulla fittizietà della società il Pubblico Ministero ricorrente fa leva su alcuni elementi la qualificazione giuridica della società - s.n.c. il ridotto capitale sociale, pari ad € 10.000,00 concentrato quasi interamente nelle mani dello Z. il ridottissimo numero dei dipendenti uno i tempi della dichiarazione dei redditi contenenti elementi passivi fittizi pressochè coincidente con la data di scioglimento della società poi posta in liquidazione il 18 gennaio 2010 . 4.1 Si tratta, però, di valutazioni di merito che precludono un esame in sede di legittimità non potendosi in questo caso parlare di assenza di motivazione o di motivazione apparente ma, al più di insufficienza o illogicità della motivazione in realtà il Tribunale spiegato, in modo oltretutto adeguato, le ragioni per le quali la società in parola non poteva considerarsi fittizia, a causa dell'assenza di adeguati accertamenti di tipo economico-finanziario. Ne consegue l'infondatezza anche dell'ultimo motivo. Il ricorso va, pertanto, rigettato. P.Q.M. Rigetta il Ricorso dei Pubblico Ministero.