Mancanza di elementi idonei a comprovare uno stabile radicamento: non può scontare la pena in Italia

In tema di mandato di arresto europeo la nozione di residenza rilevante dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 227/2010, ai fini del rifiuto della consegna di un cittadino di un altro Paese membro dell’Unione, ai sensi dell'art. 18 lett. r della l. n. 69/2005, presuppone un radicamento reale e non estemporaneo della persona nello Stato, desumibile da una serie di requisiti, tra cui la legalità della sua presenza in Italia.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 37194/16, depositata il 7 settembre. Il caso. La Corte d'appello di Venezia disponeva la consegna dell’imputato alle competenti Autorità della Lettonia, in relazione al mandato di arresto europeo emesso il 25.2.2016 dall'autorità giudiziaria lettone, a seguito della sentenze emessa dal Tribunale periferico di Latgale della città di Riga, e della sentenza emessa dal Tribunale di Ventspils, per il reato di utilizzo indebito continuato di mezzi elettronici di pagamento, punito dall'art. 193 del c.p. lettone fatti commessi, quanto alla prima sentenza, dal 10.12.2011 al 10.1.2012 e quanto alla seconda sentenza il 24.1.2013 per i quali è stata condannata alla pena complessiva di anni 4 e 10 mesi di reclusione. In data 17.6.2016, poi, l’imputato è stato arrestato e sottoposto alla misura della custodia in carcere, poi sostituita con quella degli arresti domiciliari. In data 18.6.2016 il consigliere delegato della Corte di appello ha proceduto all'esame dell'estradando, che non ha prestato il consenso alla consegna all'autorità giudiziaria lettone. La Corte di Appello ha ritenuto di non accogliere l'istanza di scontare la pena in Italia in quanto l’imputato non risulta stabilmente radicato nel territorio dello stato nel quale è presente da soli 2 mesi, essendosi recato sporadicamente negli anni passati senza mai esercitare alcuna attività lavorativa. Avverso la suindicata pronuncia della Corte d'appello ha proposto ricorso per cassazione personalmente l’imputato lamentando la erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 18, lett. h della l. 69/2005 e correlato vizio di motivazione in quanto no è stata trasmessa idonea relazione che individui l'istituto penitenziario dove dovrà scontare la pena in Lettonia. Mandato di arresto europeo. Ma per la Suprema Corte Il ricorso è inammissibile. Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte, infatti, in tema di mandato di arresto europeo la nozione di residenza rilevante dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 227/2010, ai fini del rifiuto della consegna di un cittadino di un altro paese membro dell’unione, ai sensi dell'art. 18 lett. r della l. n. 69/2005, presuppone un radicamento reale e non estemporaneo della persona nello Stato, desumibile dalla legalità della sua presenza in Italia, dalla apprezzabile continuità temporale e stabilità della stessa, dalla distanza temporale fra quest'ultima e la commissione del reato e la condanna conseguita all'estero, dalla fissazione in Italia della sede principale anche se non esclusiva e consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi, dal pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali . Ha ribadito ancora il Collegio che la nozione di dimora identifica un soggiorno nello Stato stabile e di certa durata, idoneo a consentire l'acquisizione di legami con lo stato pari a quelli che si instaurano in caso di residenza . Il ricorrente, invece, non ha fornito elementi idonei a comprovare il requisito dello stabile radicamento in Italia secondo gli indici riportati nelle pronunce sopra richiamate. L’imputato, infatti, si trova in Italia solo da pochi mesi, non ha uno strutturato inserimento nel territorio nazionale, non esercita una attività lavorativa stabile, avendo lo stesso rappresentato nel ricorso, quale unico, possibile lavoro attuabile, quello di baby sitter della sorella”, prospettato peraltro non in termini di certezza, e di cui peraltro non ha fornito alcuna dimostrazione. La Corte rigetta pertanto il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 1 settembre – 7 settembre 2016, n. 37194 Presidente Fumo – Relatore Savino Ritenuto in fatto Con sentenza emessa in data 5 agosto 2016 la Corte d'appello di Venezia ha disposto la consegna di S. N. alle competenti Autorità della Lettonia , in relazione al m.a.e. emesso il 25.2.2016 dall'autorità giudiziaria lettone, a seguito della sentenze emessa dal Tribunale periferico di Latgale della città di Riga in data 11.10.2012, esecutiva il 12.12.2012, e della sentenza emessa dal tribunale di Ventspils in data 11.3.2015 esecutiva il 15.12.2015, per il reato di utilizzo indebito continuato di mezzi elettronici di pagamento punito dall'art. 193 del codice penale lettone, fatti commessi, quanto alla prima sentenza, dal 10.12.2011 al 10.1.2012 e quanto alla seconda sentenza il 24.1.2013. per i quali è stata condannata alla pena complessiva di anni quattro mesi dieci di reclusione. In data 17.6.2016 il N. è stato tratto in arresto e sottoposto alla misura della custodia in carcere poi sostituita con quella degli arresti domiciliari. In data 18.6.2016 il consigliere delegato della Corte di appello ha proceduto all'esame dell'estradando, che non ha prestato il consenso alla consegna all'autorità giudiziaria lettone. La Corte di Appello ha ritenuto di non accogliere l'istanza di scontare la pena in Italia in quanto il ` N. non risulta stabilmente radicato nel territorio dello stato nel quale è presente da solo due mesi, essendosi recato sporadicamente negli anni passati senza mai esercitare alcuna attività lavorativa. I giudici hanno dato inoltre atto che è pervenuta la richiesta relazione sulle condizioni di detenzione prevista per il S. dall'amministrazione penitenziaria lettone e che esse appaiono soddisfare i requisiti individuati dalla Corte di cassazione v. da ultimo sentenza sesta sezione n. 232777/16 in relazione alla pronuncia della Corte di Giustizia Europea in data 5.4.2016. Avverso la suindicata pronuncia della Corte d'appello ha proposto ricorso per cassazione personalmente il S. N. la applicazione della legge penale in relazione all'art. 18 lett H L. 69/2005 e correlato vizio di motivazione in quanto no è stata trasmessa idonea relazione che individui l'istituto penitenziario ove dovrà scontare la pena in Lettonia e le altre condizioni della carcerazione. Inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 18 lett R L. 69/2005, vizio di motivazione per avere la Corte d'appello omesso di valutare i rilievi difensivi e gli elementi prospettati in favore del ricorrente riguardo alla circostanza della sua effettiva e stabile presenza in Italia. Deduce in proposito il ricorrente che i suoi familiari vivono in Italia dove ha instaurato i più significativi i legami affettivi e che ha opportunità di lavoro come baby sitter della sorella e che ha dimostrato affidabilità essendosi spontaneamente sottoposto agli arresti domiciliari. Ritenuto in diritto Il ricorso è inammissibile. Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di mandato di arresto europeo la nozione di residenza rilevante dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 227 del 2010, ai fini del rifiuto della consegna di un cittadino di un altro paese membro dell’unione, ai sensi dell'art. 18 lett r della 1. 22.4.2005 n. 69, presuppone un radicamento reale e non estemporaneo della persona nello Stato, desumibile dalla legalità della sua presenza in Italia, dalla apprezzabile continuità temporale e stabilità della stessa, dalla distanza temporale fra quest'ultima e la commissione del reato e la condanna conseguita all'estero, dalla fissazione in Italia della sede principale anche se non esclusiva e consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi, dal pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali. La nozione di dimora i rilevate ai medesimi finsi identifica con un soggiorno nello Stato stabile e di certa durata, idoneo a consentire l'acquisizione di legami con lo stato pari a quelli che si instaurano in caso di residenza ex multis sez 6 9767 26.2.2014 rv 259118, n 50386 del 25.11.2014 rv 261375, n 46494 del 20.11.2013 rv 258414 . Orbene il ricorrente non ha fornito elementi idonei a comprovare il requisito dello stabile radicamento in Italia7secondo gli indici enucleati nelle pronunce sopra richiamate. Il S. N., difatti, si trova in Italia solo da pochi mesi, non ha uno strutturato inserimento nel territorio nazionale, non esercita stabile attività lavorativa, avendo lo stesso rappresentato nel ricorso, quale unico , possibile lavoro attuabile, quello di baby sitter della sorella'/ prospettato peraltro non in termini di certezza, e di cui peraltro non ha fornito alcuna dimostrazione. Quanto al motivo di ricorso concernente la violazione dell'art. 18 lett H 1. 69/2005, la Corte di appello ha dato atto che è pervenuta la richiesta relazione sulla condizioni di detenzione prevista per il SAS dall'amministrazione penitenziaria della Lettonia, stato in cui deve essere eseguita la pena, e le ha ritenute soddisfacenti. Il ricorso è pertanto inammissibile. Segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare in euro 2.000. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000 in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22 co 5 L. 69/95.