Può configurarsi come difesa legittima anche l’uso di un’arma in una colluttazione con persona fisicamente sovrastante

E’ regola di esperienza che colui che sia reiteratamente aggredito reagisca come possa, secondo la concitazione del momento, e non sia tenuto a calibrare l’intensità della reazione, finalizzata ad indurre la cessazione della avversa condotta lesiva, salva l’ipotesi di eventuale manifesta sproporzione della reazione.

Possibile configurabilità della difesa legittima. Con la sentenza n. 36987, depositata il 6 settembre 2016, la Quinta sezione Penale della Corte di Cassazione si pronuncia in tema di configurabilità della scriminante di cui all’art. 52 c.p. con riferimento ad un’aggressione terminata con un accoltellamento da parte della persona fisicamente più debole a danno di quella più robusta. In particolare, secondo gli Ermellini, la sentenza impugnata risulta viziata nella misura in cui non ravvisi la possibile configurabilità degli estremi di una difesa legittima anche sul piano putativo. L’accoltellamento. Nel caso di specie il ricorrente era stato condannato dal Tribunale territoriale per il reato di lesioni personali commesso in danno di una persona maggiormente prestante dal punto di vista fisica. I due, durante una lite, si erano affrontati a mani nude fino a quando il ricorrente, dopo aver estratto dalla tasca un coltello, colpiva l’altro all’addome. Per il Giudice di merito, pur a fronte di una colluttazione tra le parti in cui la persona offesa risultava avere la meglio, la tipologia delle lesioni riportate dall’imputato non consentiva di ravvedere una proporzione tra offesa e difesa posta in essere a mezzo di un’arma. Seguendo questo ragionamento, il Giudice di merito ricorda l’orientamento giurisprudenziale in base al quale la causa di giustificazione de quo deve essere esclusa in tutti quei casi in cui l’aggredito possa comunque allontanarsi dal luogo dell’aggressione, ponendo in essere un facile disimpegno. A maggior ragione, secondo il Tribunale territoriale, non è possibile configurare alcuna difesa legittima nel caso concreto sul piano putativo, in quanto non risulta qualsiasi elemento oggettivo idoneo ad inficiare sia pure nella rappresentazione della realtà da parte dell’imputato il corretto giudizio circa la proporzionalità tra offesa e difesa. Carenza nella valutazione del giudice di merito. In realtà, in sede di ricorso, i giudici di Piazza Cavour evidenziano che il Giudice del merito avrebbe dovuto esporre le ragioni del perché, in un contrasto tra due soggetti con obiettiva differenza di stazza e forza, contrasto ancora in atto e dove era stata la stessa persona offesa a palesare per primo intenzioni aggressive, per l’uomo più debole dovesse intendersi comunque precluso un legittimo utilizzo dell’unica arma che aveva, quale possibile strumento di possibile difesa dinanzi alla concreta prospettiva di subire lesioni ulteriori e più gravi. Neppure risulta affrontato il tema di una prospettiva di fuga, dato che l’imputato era stato aggredito da tergo con calci e pugni, sino a dirsi sopraffatto fisicamente dal suo avversario condizione che dal punto di vista fisico ben avrebbe potuto impedire allo stesso imputato una pur disonorevole fuga. In realtà, come ben evidenziato dai giudici di legittimità, l’orientamento giurisprudenziale richiamato anche dalla difesa dell’imputato esprime il principio in base al quale, ai fini del riconoscimento della causa di giustificazione della legittima difesa, il requisito della necessità della difesa, anche a seguito delle modifiche apportate all’art. 52 c.p. dalla legge n. 59 del 2006, va inteso nel senso che la reazione deve essere, nelle circostanze della vicenda apprezzate ex ante , l’unica possibile, non sostituibile con altra meno dannosa egualmente idonea alla tutela del diritto. Impossibilità di calibrare l’intensità della reazione. In buona sostanza, leggendo la sentenza in commento, si ricava che tra beni omogenei oggetto al contempo dell’offesa e della difesa può comunque non sussistere proporzione avuto riguardo alla consistenza obiettiva dell’interesse leso, quando questo coincida con la vita della persona e sia perciò molto più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali, di quello difeso ed il danno inflitto con l’azione difensiva abbia un’intensità e un’incidenza di gran lunga superiore a quella del danno minacciato. In tema di legittima difesa - chiosano i giudici della Corte di Cassazione -, è regola di esperienza che colui che sia reiteratamente aggredito reagisca come possa, secondo la concitazione del momento, e non sia tenuto a calibrare l’intensità della reazione, finalizzata ad indurre la cessazione della avversa condotta lesiva, salva l’ipotesi di eventuale manifesta sproporzione della reazione. Da qui l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello territoriale per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 1 aprile – 6 settembre 2016, n. 36987 Presidente Sabeone – Relatore Micheli . Ritenuto in fatto Il difensore di A.C. ricorre avverso la pronuncia indicata in epigrafe, recante la conferma della sentenza emessa nei confronti del suo assistito, in data 01/06/2010, dal Tribunale di Catanzaro. Il ricorrente risulta essere stato condannato a pena ritenuta di giustizia per il reato di lesioni personali così riqualificato un originario addebito di tentato omicidio , in ipotesi commesso in danno di M.R. . Secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito, il C. ed il M. erano stati protagonisti di una colluttazione, verosimilmente occasionata da un diverbio conseguente ad un loro incontro e dovuto alla circostanza che il ricorrente, poco tempo prima, aveva presentato una denuncia a carico del M. per violazioni edilizie durante quella lite, i due si erano affrontati a mani nude, ma ad un certo punto il C. aveva estratto dalla tasca un coltello, attingendo la controparte all’addome. Con l’odierno ricorso, la difesa lamenta - violazione degli artt. 132, 133 cod. pen. e 192 cod. proc. pen., nonché mancanza di motivazione della sentenza impugnata. Ad avviso del ricorrente, la Corte di appello si sarebbe limitata ad una operazione di copia-incolla di alcuni passaggi della decisione di primo grado, senza sviluppare proprie ed autonome argomentazioni in ordine ai profili di doglianza avanzati in sede di gravame nel ricorso vengono richiamati alcuni principi generali in tema di obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, anche alla luce del dettato di cui all’art. 111 Cost - inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 52 cod. pen Il difensore del C. sottolinea che sono gli stessi giudici di merito a precisare come la contesa tra l’imputato e la parte civile derivò da una iniziativa del M. , che peraltro era - per differenza di costituzione fisica e di età - sicuramente in grado di sopraffare lo stesso ricorrente questi, pertanto, si limitò a difendersi con l’unico mezzo disponibile, percependo una situazione di imminente pericolo per la propria incolumità tant’è che, sferrato un unico colpo con il coltello che egli portava al seguito, il ricorrente arrestò immediatamente la propria azione, in seguito consentendo alla polizia giudiziaria di rinvenire quello strumento di offesa con un coerente atteggiamento di collaborazione . In definitiva, il C. non ebbe modo di discernere alternative rispetto alla necessità di reagire all’aggressione, stante l’attualità del pericolo anzidetto e l’impossibilità di calibrare la reazione a tal fine, la difesa fa osservare che, contrariamente a quanto ritiene la Corte territoriale, la tipologia delle lesioni riportate dall’imputato non può essere assolutamente utilizzata come metodo di paragone per escludere la proporzionalità dell’azione posta in essere dallo stesso nei confronti del sig. M. . Né potrebbe ravvisarsi sproporzione ex se nella determinazione del C. di ricorrere ad un coltello, visto che egli - a causa dell’evidente stato di inferiorità fisica rispetto al suo aggressore - non ebbe la concreta possibilità di difendersi con lo stesso mezzo utilizzato dalla controparte. In ogni caso, in via subordinata, nella fattispecie concreta sarebbe stato ravvisabile un eccesso colposo in legittima difesa, avendo avuto il ricorrente una falsata percezione della gravità del pericolo che incombeva su di lui, a causa della concitazione del momento. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Deve comunque disattendersi il primo motivo, atteso che la pronuncia impugnata non si limita affatto ad evocare in via apodittica la motivazione assunta dal Tribunale sui punti oggetto del gravame, mostrando invece di condividerne le argomentazioni anche attraverso profili di valutazione autonoma il rilievo si attaglia allo stessa struttura della pronuncia oggetto dell’odierno ricorso, che - dopo avere passato in rassegna gli aspetti caratterizzanti la decisione di primo grado Tribunale, e precisato che le censure difensive costituivano iterazioni di doglianze già congruamente disattese - ben distingue alle pagg. 3 e seguenti le proprie osservazioni rispetto a quelle richiamate per relationem . Appare quindi fornita la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento, e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione Cass., Sez. VI, n. 53420 del 04/11/2014, Mairajane, Rv 261839 . 3. Quanto alla esclusione della configurabilità della scriminante ex art. 52 cod. pen., invece, le pur conformi conclusioni assunte dai giudici di merito non sembrano adeguatamente motivate. 3.1 Il Tribunale, a riguardo, scrive che pur a fronte di una colluttazione tra le parti in cui il M. risultava avere la meglio, la tipologia delle lesioni riportate dall’imputato piccola tumefazione ed escoriazione in zona zigomatica e livido sulla coscia . non consentono di ravvedere una proporzione tra offesa e difesa posta in essere per mezzo di un’arma. Giova ricordare, peraltro, come secondo la Suprema Corte di Cassazione la causa di giustificazione in parola sia . da escludere in tutti quei casi in cui l’aggredito possa comunque allontanarsi dal luogo dell’aggressione, ponendo in essere un commodus discessus . . Né può configurarsi alcuna legittima difesa sul piano putativo, in difetto di qualsiasi elemento oggettivo idoneo, nel caso di specie, ad inficiare sia pure nella rappresentazione della realtà da parte dell’imputato il corretto giudizio circa la proporzionalità tra offesa e difesa . È dunque pacifico che, secondo il Tribunale, la - non contestata da alcuno maggiore fisicità del M. avesse consentito alla presunta persona offesa di avere la meglio sul C. , sia pure con il risultato di cagionare a quest’ultimo lesioni sostanzialmente modeste a questo punto, però, rimaneva necessario esporre le ragioni del perché, in un contrasto tra due soggetti con obiettiva differenza di stazza e forza, contrasto ancora in atto e dove era stato lo stesso M. a palesare per primo intenzioni aggressive, per l’uomo più debole dovesse intendersi comunque precluso un legittimo utilizzo dell’unica arma che aveva, quale strumento di possibile difesa dinanzi alla concreta prospettiva di subire lesioni ulteriori e più gravi. Parimenti non affrontato, se non con affermazione apodittica, il tema di una prospettiva di fuga del C. , atteso che - come evidenziato nella stessa sentenza di primo grado, a pag. 7 - egli era stato aggredito da tergo con calci e pugni, sino a potersi definire sopraffatto fisicamente dal suo avversario tale soverchiante condizione, sul piano pratico, ben avrebbe potuto impedire all’imputato un pur disonorevole discessus . Peraltro, deve notarsi che il precedente giurisprudenziale invocato, sul punto, dalla sentenza del Tribunale appare esprimere principi non del tutto in linea con le tesi sostenute dal giudice di primo grado la massima della pronuncia recita che ai fini del riconoscimento della causa di giustificazione della legittima difesa, il requisito della necessità della difesa, anche a seguito delle modifiche apportate all’art. 52 cod. pen. dalla legge n. 59 del 2006, va inteso nel senso che la reazione deve essere, nelle circostanze della vicenda apprezzate ex ante, l’unica possibile, non sostituibile con altra meno dannosa egualmente idonea alla tutela del diritto , con annullamento della decisione di appello, sfavorevole all’imputato, proprio per non avere adeguatamente spiegato come le circostanze del caso concreto avessero potuto consentirgli di sottrarsi alla presunta aggressione Cass., Sez. V, n. 25653 del 14/05/2008, Diop, Rv 240447 . 3.2 Anche la sentenza della Corte di appello richiama una decisione di legittimità non del tutto pertinente, secondo cui in tema di legittima difesa, affinché sussista la proporzione fra offesa e difesa occorre effettuare un confronto valutativo, effettuato con giudizio ex ante, sia fra i mezzi usati e quelli a disposizione dell’aggredito che fra i beni giuridici in conflitto. Ne consegue che il requisito della proporzione viene comunque meno nel caso di conflitto fra beni eterogenei, allorché la consistenza dell’interesse leso la vita o l’incolumità della persona sia enormemente più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali, di quello difeso il patrimonio , ed il danno inflitto morte o lesione personale abbia un’intensità di gran lunga superiore a quella del danno minacciato sottrazione della cosa Cass., Sez. I, n. 45407 del 10/11/2004, Podda, Rv 230392 . In quella fattispecie concreta, il proprietario di un ovile aveva esploso due colpi di fucile all’indirizzo di un uomo, rimasto gravemente ferito, sorpreso nell’atto di commettere un furto l’esclusione della scriminante in argomento era perciò da intendere in re ipsa , attesa la palese non omogeneità tra il bene patrimoniale che l’agente aveva ritenuto di difendere e l’integrità fisica dell’autore del fatto presupposto, per quanto ingiusto. La giurisprudenza di questa Corte, semmai, ha inteso precisare che tra beni omogenei oggetto al contempo dell’offesa e della difesa può comunque non sussistere proporzione avuto riguardo alla consistenza obiettiva dell’interesse leso, quando questo coincida con la vita della persona e sia perciò molto più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali, di quello difeso l’integrità fisica , ed il danno inflitto con l’azione difensiva la morte dell’offensore abbia un’intensità e un’incidenza di gran lunga superiore a quella del danno minacciato lesioni personali, neppure gravi al momento dell’inizio dell’azione omicida Cass., Sez. I, n. 47117 del 26/11/2009, Carta, Rv 245884 . La fattispecie concreta di cui alla massima appena ricordata era però relativa ad un caso di colluttazione a mani nude di breve durata, seguita poi dall’uso di un coltello da parte dell’aggredito, il quale aveva colpito più volte l’aggressore mentre costui indietreggiava situazione, dunque, niente affatto sovrapponibile a quella oggi sub judice , dove - si ribadisce - la prima condotta violenta del M. aveva sopraffatto il C. , e questi con l’altro che ancora lo fronteggiava aveva afferrato il coltello, colpendo la persona offesa una sola volta. La Corte territoriale afferma che i mezzi usati sono risultati sproporzionati, posto che l’aggressione fisica posta in essere dalla vittima a mani nude, pur nella soccombenza dell’imputato, non avrebbe potuto avere effetti letali, mentre il coltello usato, con lama da punta e da taglio di circa 7 cm., costituisce certamente strumento idoneo a cagionare la morte osservazione che tuttavia non appare condivisibile in linea generale, non potendosi escludere in radice la legittimità di una difesa portata per mezzo di un coltello ove questo rappresenti l’unico strumento accessibile, per un soggetto fisicamente più debole dinanzi all’aggressione di un energumeno, seppure disarmato. In vero, in tema di legittima difesa art. 52 cod. pen. , è regola di esperienza che colui che è reiteratamente aggredito reagisce come può, secondo la concitazione del momento, e non è tenuto a calibrare l’intensità della reazione, finalizzata ad indurre la cessazione della avversa condotta lesiva, salva l’ipotesi di eventuale manifesta sproporzione della reazione Cass., Sez. V, n. 25608 del 24/02/2011, Faraci, Rv 250396 . Puramente assertivo, inoltre, risulta il rilievo dei giudici di appello secondo cui non è affatto provato che l’imputato non avesse vie di fuga , ancora una volta esposto senza tenere conto della difforme fisicità dei due protagonisti della vicenda. La Corte calabrese, anzi, prende spunto dalla riconosciuta maggiore prestanza dell’aggressore al fine di evidenziare che - malgrado tale pacifico presupposto - le lesioni che i due contendenti si erano procurati sino al momento dell’uso del coltello erano state sostanzialmente paritarie, sì da dover escludere la ravvisabilità della difesa legittima anche sul piano putativo ma, come sopra rilevato, nulla viene addotto circa la concreta percezione da parte del C. delle modalità della perdurante aggressione in atto ad opera del M. , né sulla possibilità che l’imputato si prefigurasse come immediato il ricorso del più forte avversario ad una maggiore violenza. 4. Si impongono pertanto le determinazioni di cui al dispositivo. La Corte di rinvio, una volta affrontato nuovamente il problema della possibile configurabilità degli estremi di una difesa legittima e laddove ritenga di risolvere il medesimo in termini positivi dovrà altresì verificare l’eventuale sussistenza di una ipotesi di eccesso colposo ex art. 55 cod. pen., questione allo stato assorbita. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro per nuovo esame.