Indizi gravi, precisi e concordanti, anche in fase cautelare

La Cassazione minimizza il mancato richiamo dell’art. 273 c.p.p. al secondo comma dell’art. 192 c.p.p., che disciplina la prova indiziaria. Non vi sono ragioni per sostenere l’attenuazione del rigore probatorio nella fase cautelare. La concordanza e la gravità degli indizi regola l’accertamento di responsabilità in ogni fase procedimentale.

Così la Cassazione, Seconda sez. Penale, n. 37018/16, depositata il 6 settembre. Il caso. Il Tribunale del Riesame aveva annullato l’ordinanza applicativa della custodia cautelare nei confronti di due indagati per rapina. In particolare, i giudici del Riesame avevano ritenuto insufficiente il compendio probatorio mosso nei confronti dei sottoposti, ritenuto non adeguatamente indiziante al fine dell’emissione di un provvedimento limitativo della libertà personale. Il Procuratore ricorrente contestava in Cassazione la precarietà dell’apparato motivazionale licenziato dai giudici, che non avrebbero tenuto conto delle dichiarazioni delle persone offese né di alcuni dati istruttori convergenti ad un giudizio di probabilità di commissione del reato, ai fini dell’emissione della misura custodiale. La Cassazione invocata, rigettando il ricorso, chiarisce in punto di relazione sistematica fra art. 273 c.p.p. ed art. 192, secondo comma, c.p.p., che richiede la gravità, la precisione e la concordanza degli indizi ai fini di un accertamento di responsabilità penale. In concreto, quali erano gli indizi ritenuti insufficienti. In particolare, il riconoscimento della persona offesa delle fattezze di un terzo complice – ma non degli indagati, nei termini almeno di una affidabile certezza -, della autovettura di proprietà di uno degli indagati – di cui non era provata la disponibilità -. Inoltre, la commissione nelle ore successive di una rapina con identiche modalità ed il silenzio dei terminali telefonici degli indagati proprio nelle ore della rapina. I giudici hanno ritenuto gli indizi non precisi e concordanti per un giudizio, almeno in termini probabilistici, di responsabilità degli indagati. Si tratta, in realtà, della riedizione di una distonia giurisprudenziale – sulla quale, va detto, insiste la permanenza di una variabilità giudiziale in parte giustificata dalla eterogeneità casistica dei dati istruttori raccolti nella fase preliminare - in punto di valutazione della prova indiziaria in caso di procedimenti cautelari. La soluzione rigettata e meno rigorosa per l’accusa, occorre la sola gravità” – non la precisione e la concordanza - degli indizi, ai fini dell’emissione di una misura cautelare. Vi è un indiscusso dato sistematico, l’art. 273 c.p.p. non richiama il secondo comma dell’art. 192 c.p.p. – sulla prova indiziaria -, limitandosi al terzo ed al quarto comma, per cui l’apparato istruttorio condurrà a misura restrittiva della libertà personale solo quando sufficientemente grave a carico degli indagati. Quelli del dibattimento e della fase cautelare costituiscono circuiti dimostrativi del tutto indipendenti, per i quali va esclusa la valenza generale e trasversale del principio ex secondo comma dell’art. 192 c.p.p. Non si tratta tuttavia della soluzione adottata dai giudici in commento. La disciplina della prova indiziaria ex art. 192, secondo comma, c.p.p. costituisce principio generale del procedimento penale. Il respiro si fa più garantista. Per i giudici vanno isolati i singoli elementi indiziari e poi rubricati in una valutazione globale di probabilità di commissione del reato, quando gravi, precisi e concordanti. In gioco, per altro, è la libertà personale dell’individuo, che non può soffrire di un regime probatorio diversificato in ragione della fase procedimentale. I dati istruttori e gli indizi acquisiti e valutati in sede cautelare possono per altro fondare anche un giudizio di definitiva responsabilità dell’indagato, quando questi intende usufruire del rito abbreviato ex art. 438 e ss. c.p.p. Non vi sono dunque ragioni sufficienti a ritenere un’applicazione condizionata del secondo comma cit. in relazione alla specifica fase procedimentale dell’accertamento penale.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 30 giungo – 6 settembre 2016, n. 37018 Presidente Diotallevi – Relatore Ariolli Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza dei 31/3/2016 il Tribunale di Roma, Sezione per il riesame, annullava l'ordinanza con cui il G.I.P. dei Tribunale di Velletri aveva applicato la misura della custodia in carcere nei confronti di S.E. e C. E., in ordine al delitto di concorso in tentata rapina aggravata, commessa all'interno dell'abitazione di D. A. e D. M. A., nel corso della quale a quest'ultimo venivano anche cagionate lesioni personali. 2. Avverso la predetta ordinanza ricorre per cassazione il Pubblico ministero chiedendone l'annullamento. Al riguardo, deduce, quale unico motivo, la violazione di legge e la carenza di motivazione. In particolare, censura l'ordinanza impugnata per avere omesso una valutazione complessiva dei compendio Indiziario acquisito, in cui la relativa ambiguità indicativa di ciascun elemento probatorio può risolversi proprio mediante l'apprezzamento unitario da svolgersi alla stregua della regola metodologica fissata nell'art. 192 cod. proc. pen. A conferma dell'errore valutativo in cui è incorso il Tribunale dei riesame, il ricorrente cita la mancata rivalutazione dell'indizio costituito dal labile riconoscimento effettuato dall'offeso dell'indagato S.E., alla luce del pregresso controllo, avvenuto alcuni mesi prima, proprio del V.D. a bordo di un'autovettura identica per colore e modello da quella utilizzata per l'arrivo e la fuga dei rapinatori l'aver disatteso il dato indiziante costituito dagli esiti della disamina offerta dal traffico di telefonia mobile che collocava gli indagati in Colleferro sino a cinque ore dalla rapina, per poi registrare un assoluto silenzio nelle fasi che hanno caratterizzato l'avvicinamento all'obiettivo, le realizzazione dei colpo ed il loro allontanamento l'aver omesso di collocare nell'ambito della vicenda illecita per cui si procede i contatti registratesi tra gli indagati ed un terzo soggetto V.D. , riconosciuto da una delle persona offese con certezza come uno degli autori della rapina ed invece ritenuto illogicamente estraneo dal Tribunale il travisamento della prova costituito dall'avere escluso la valenza indiziante della coincidenza del modello e colore dell'auto utilizzata per la rapina con quella in uso al V.D. sull'errato rilievo che l'accertamento sul possesso dei veicolo da parte dell'indagato si collocasse sei mesi prima dei fatto, risultando agli atti, invece, che l'auto, sia all'atto dei precedente controllo che al momento della rapina fosse ancora di proprietà dei di lui padre. Infine, l'ordinanza impugnata era censurabile anche laddove aveva omesso di attribuire valenza indiziante all'episodio della successiva rapina commessa, con modalità analoghe e nel medesimo comune, dagli Indagati unitamente a V.D. il 3/4/2015. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 1.1. In tema di misure cautelare personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione dei provvedimento emesso dal tribunale dei riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e al limiti che ad esso ineriscono, se Il giudice dl merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto o meno ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi Indizianti rispetto al canoni della logica e al principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie ex multis vedi Sez. 4, sent. n. 26992 dei 29/5/2013, Rv. 255460 . 1.2. Nel caso in esame, tale compito risulta essere stato svolto dai Tribunale, il quale, con motivazione congrua e scevra da vizi logici, ha puntualmente passato In rassegna Il compendio indiziario acquisito, operandone una valutazione unitaria e facendone plausibilmente e logicamente discendere l'assenza della necessaria gravità Indiziarla ai fini dell'adozione della richiesta misura cautelare personale. In particolare, quanto all'efficacia probatoria dei riconoscimenti rectius individuazioni fotografiche effettuati dalle due persone offese, si è correttamente esclusa la valenza indiziante posto che una non ha riconosciuto nei due ricorrenti alcuno degli autori della rapina e l'altra si è espressa in termini di ricordo di sembianze, ma In un quadro di premessa e ribadita Incertezza. Né valenza decisiva è stata coerentemente attribuita ai risultati dei tabulati telefonici tenuto conto che gel apparecchi degli Indagati, seppur spenti prima che venisse commessa la rapina, io sono stati In orari e località differenti il C. alle ore 23.49 a Roma, mentre il V.D. alle ore 22.56 a Colonna . DI conseguenza non appare Illogico avere escluso la valenza indiziante degli ulteriori contatti telefonici tra i due ricorrenti ed Il terzo indagato registratesi In quel di Colleferro la sera prima della rapina sino alle ore 22,15 , considerato che comunque intervengono prima della commissione dei fatto illecito avvenuto alle successive ore 3,15 del 29 marzo 2015 e prima che il C. e poi il Simone si recassero i luoghi differenti rispettivamente a Roma alle ore 24,49 e a Colonna alle ore 22,56 . Valenza del tutto neutra assume, poi, l'accertata presenza dei V.D. a Colleferro la mattina della rapina alle ore 9,00 , considerato che lo stesso vi è residente. Né affatto decisivo risulta l'elemento costituito dalla coincidenza del modello e colore dell'auto utilizzata per la rapina con quella in uso al V.D. e di proprietà del padre, posto che la produzione del certificato ACI allegato al ricorso prova la proprietà del mezzo ma non l'attuale disponibilità, a fronte sia dl un controllo effettuato sei mesi prima dei fatto e, soprattutto, della dichiarazione dell'indagato il quale ha affermato che l'autovettura paterna è stata successivamente sequestrata. Infondata e In parte generica si rivela, altresì, la censura relativa all'omessa valutazione da parte dei Tribunale dell'elemento d'accusa costituito dalla successiva rapina commessa li 3 aprile 2015 sempre a Collferro, per la quale C. e V. sono stati arrestati in flagranza ed li V.D. successivamente a seguito di ordinanza di custodia cautelare che avrebbe avuto cadenze analoghe con quella oggetto del presente procedimento penale. Invero, la circostanza che anche nella successiva rapina vi sia stata effrazione e poi il furto sia trasmodato In rapina stante la verosimile presenza delle persone offese non è, in assenza di una precisa descrizione dello svolgimento dei fatti e delle modalità con cui è stata operata la violenza o la minaccia, elemento fattuale sufficiente e decisivo a caratterizzare In modo individualizzante l'operato illecito dei tre Indagati, di taiché da questo possa ricavarsi, per la sua singolarità e specificità, un modus operandi che consenta di attribuire ad essi la commissione di pregressi fatti illeciti aventi il medesimo nomen iuris. L'effrazione e la violenza sono, infatti, elementi comuni delle rapine commesse all'interno di abitazioni private. Né ai fini del collegamento dei due fatti può riconoscersi la dovuta pregnanza all'asserito riconoscimento dei V. che una delle due persone offese della rapina in esame avrebbe operato, tenuto conto che, per come specificato dal Tribunale, questi si è limitato ad indicare che la foto dei V. é relativa a persona che ha dei tratti ed uno sguardo che gli ricordano uno dei ladri . In conclusione, se non può disconoscersi che gli elementi passati in rassegna dal Tribunale siano congrui rispetto al tema di indagine prospettato dal Pubblico ministero e, dunque, certamente idonei a sviluppare le investigazioni, agli stessi, tuttavia, non può assegnarsi in modo decisivo valenza dimostrativa tale da sciogliere le eventuali incertezze ed ambiguità passate puntualmente in rassegna dai Tribunale dei riesame, tanto da rendere contraddittoria o Insufficiente la motivazione dei provvedimento impugnato. P.Q.M. Rigetta il ricorso.