Si fa presto a dirsi inesigibilità: ne occorre la prova nonché l'adeguato vaglio giurisdizionale

La Corte di Cassazione, nel valutare il seguente caso, ha affrontato la questione concernente il problema dell'inquadramento dell'esistenza di un giustificato motivo alla inottemperanza dell'ordine di allontanamento dal territorio italiano impartita all'imputato dal questore, prospettato sia come vizio di motivazione che come violazione di legge.

La valutazione giudiziale di situazioni idonee a rendere l'ottemperanza del provvedimento amministrativo impossibile ovvero difficoltosa oppure pericolosa deve essere svolta con riferimento al caso concreto ed alla condizione del cittadino extracomunitario, da apprezzare in tutti i profili idonei a rendere inesigibile, anche successivamente, il comportamento collaborativo richiesto dalla norma allo straniero. Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza n. 36305/16, depositata il 1° settembre Ordine di espulsione immediata. Con sentenza emessa dal competente Giudice di Pace l'imputato veniva assolto dal reato ex art. 14, comma 5 ter , d.lgs. n. 286/1998 ritenendo lo stesso non punibile, per il reato ascrittogli, data la presenza di una causa di forza maggiore. Per il giudice, infatti, l'imputato non aveva potuto ottemperare all'ordine di espulsione immediata impartitagli dal questore per il mancato possesso dei documenti occorrenti per l'espatrio e la carenza di risorse economiche utili a permetterne l'allontanamento dal territorio italiano. Avverso tale sentenza era il Procuratore Generale presso la Corte di appello competente a ricorrere per cassazione deducendo due motivi. Col primo motivo di ricorso si eccepiva il vizio di motivazione del provvedimento in relazione alla ritenuta sussistenza di una causa di forza maggiore che era stata valutata dal Giudice di Pace con un percorso argomentativo non congruo e fondato sulla apodittica affermazione di situazioni ostative. Con il secondo motivo, invece, si deduceva la violazione di legge in relazione alla verifica dei presupposti applicativi della causa di forza maggiore riconosciuta nel caso in esame. Per queste due ragioni processuali, secondo il Procuratore Generale, era necessario annullare la sentenza impugnata. La Cassazione riteneva fondato il ricorso accogliendo entrambi i motivi che esaminava congiuntamente. Causa di forza maggiore ed ottemperamento all'ordine di espulsione da parte dello straniero clandestino. Infatti, gli Ermellini precisano che il problema riguarda l'inquadramento dell'esistenza di un giustificato motivo alla inottemperanza dell'ordine di allontanamento dal territorio italiano impartita all'imputato dal questore, prospettato sia come vizio di motivazione che come violazione di legge. Per meglio inquadrare la clausola del giustificato motivo richiamata dalla fattispecie in esame, la Cassazione ritiene utile rammentare la giurisprudenza di legittimità consolidata che afferma ai fini della individuazione del motivo che esclude la configurabilità del reato ex art 14, comma 5 ter , del d.lgs. n. 286/1998 di inosservanza dell'ordine del Questore allo straniero clandestino di lasciare il territorio dello Stato, il giudice deve fare riferimento al caso concreto e alla condizione del cittadino extracomunitario, da apprezzare in tutti i profili idonei a rendere inesigibile ovvero difficoltoso o pericoloso, anche soggettivamente, il comportamento collaborativo richiesto dalla norma . Al contempo, la clausola in esame non può comportare una inversione dell'onere della prova, fermo restando il potere-dovere del giudice di rilevare direttamente, laddove possibile, l'esistenza di ragioni legittimanti la inosservanza del precetto penale. L'onere di provare tutti gli elementi rilevanti ai fini del riconoscimento della clausola spetta ovviamente al pubblico ministero, pur gravando sull'imputato un onere di allegare i motivi non conosciuti né conoscibili dal giudicante che mira ad integrare le prerogative difensive. Questo onere di allegazione costituisce il punto di equilibrio tra la esigenza di non addossare al magistrato requirente una probatio diabolica e la necessità di evitare il rischio di una inversione dell'onere della prova. Si consideri, infine, che la valutazione giudiziale di situazioni idonee a rendere l'ottemperanza del provvedimento amministrativo impossibile ovvero difficoltosa oppure pericolosa deve essere svolta con riferimento al caso concreto ed alla condizione del cittadino extracomunitario, da apprezzare in tutti i profili idonei a rendere inesigibile, anche successivamente, il comportamento collaborativo richiesto dalla norma allo straniero. Causa di forza maggiore e parte motiva della sentenza. Per la Cassazione la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati, avendo omesso di valutare l'incidenza delle circostanze di fatto addotte -consistenti nella mancanza di documenti per l'espatrio e nella carenza di risorse economiche utili a permettere l'allontanamento volontario dello straniero che venivano richiamati in termini apodittici senza dare conto delle effettive condizioni di clandestinità vissute dall'imputato nel nostro Paese. Infatti, nella sentenza non venivano chiarite le condizioni economiche e logistiche in cui l'imputato veniva trovato dei carabinieri, che costituivano presupposto fattuale necessario a comprendere se l'imputato si trovasse effettivamente in una situazione tale da rendere impossibile l'ottemperanza all'ordine di allontanamento impartitogli dal Questore. Né si valutava il comportamento tenuto dall'imputato, sotto il profilo della diligenza, nell'arco temporale compreso tra la emissione dell'ordine di allontanamento e l'accertamento di inadempimento, valutando se l'imputato si era attivato presso le competenti autorità diplomatiche, procurandosi un documento valido per l'espatrio e facendosi anticipare le somme necessarie al proprio rimpatrio. L'inadeguatezza del vaglio giurisdizionale compiuto dal Giudice di Pace nel caso di specie emerge dallo stesso provvedimento impugnato laddove, nella parte conclusiva, richiama impropriamente l'esimente della forza maggiore senza alcun riferimento agli accertamenti compiuti per verificare l'effettiva sussistenza di un giustificato motivo nei termini enunciatosi.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 25 febbraio – 1 settembre 2016, n. 36305 Presidente Cortese – Relatore Centonze Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa il 19/02/2015 il Giudice di Pace di Trieste assolveva S.S. dal reato di cui all’art. 14, comma-5 ter, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, che si assumeva accertato a Trieste il 30/04/2013, ritenendolo non punibile in presenza di una causa di forza maggiore. L’esimente applicata al S. , a fronte della mancata esecuzione dell’ordine di espulsione immediata dell’imputato mediante accompagnamento alla frontiera impartitogli dal Questore di Trieste il 04/01/2013, veniva giustificata in conseguenza della mancanza dei documenti occorrenti per l’espatrio e della carenza di risorse economiche utili a permetterne l’allontanamento dal territorio italiano. Tali circostanze venivano valutate quali esimenti della responsabilità per il reato contestato, costituendo ragioni impeditive dell’ottemperanza all’ordine di lasciare il territorio nazionale che era stato impartito all’imputato. 2. Avverso tale sentenza il Procuratore generale presso la Corte di appello di Trieste ricorreva per cassazione, deducendo due motivi di ricorso. Con il primo motivo di ricorso si deduceva vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta sussistenza di una causa di forza maggiore - che legittimava il S. a permanere nel territorio italiano, nonostante l’ordine di allontanamento impartitogli - che era stata valutata dal Giudice di Pace di Trieste con un percorso argomentativo incongruo e fondato sull’apodittica affermazione di situazioni ostative. Con il secondo motivo di ricorso si deduceva violazione di legge, in relazione alla verifica dei presupposti applicativi della causa di forza maggiore riconosciuta nel caso in esame, atteso che il provvedimento impugnato risultava carente sotto il profilo dell’accertamento dell’elemento soggettivo indispensabile per l’inquadramento della fattispecie dell’art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 e l’eventuale applicazione dell’esimente in questione. Si determinava, in tal modo, una sovrapposizione concettuale tra la forza maggiore di cui all’art. 45 cod. pen. come causa di esclusione del dolo e della colpa e lo stato di necessità riconducibile alle difficoltà economiche dell’imputato. Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato in accoglimento di entrambi i motivi di ricorso, che devono essere esaminati congiuntamente, riguardando l’inquadramento dell’esistenza di un giustificato motivo all’inottemperanza dell’ordine di allontanamento dal territorio italiano impartito al S. dal Questore di Trieste il 04/01/2013, prospettato sia come vizio di motivazione che come violazione di legge. Deve, in proposito, rilevarsi che la fattispecie disciplinata dall’art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 presuppone in capo allo straniero il requisito della possibilità di agire, che risulta esplicitato dalla formula dell’insussistenza di un giustificato motivo per l’inottemperanza dell’ordine di allontanamento dello straniero dal territorio italiano. Ne consegue che il riferimento all’assenza di un giustificato motivo contribuisce a delineare la tipicità dell’ipotesi di reato in esame, atteggiandosi a elemento costitutivo della fattispecie contestata al S. , conformemente a quanto stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte Sez. 1, n. 55 dell’01/12/2010, Vucitrna, Rv. 249494 . Occorre, inoltre, osservare che il carattere flessibile della clausola prevista dalla fattispecie in esame trova la sua ragione di essere nell’impossibilità pratica di elencare analiticamente tutte le situazioni astrattamente idonee a giustificare l’inosservanza del precetto e - come stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 18 dicembre 2003, n. 5 - rispetta il principio di tassatività e determinatezza, escludendo la rilevanza penale delle ipotesi in cui l’ordine appaia in concreto inesigibile. In questa cornice, occorre avere riguardo a situazioni ostative di particolare pregnanza, che devono emergere nel caso concreto, incidendo sulla stessa possibilità, soggettiva e oggettiva, di adempiere all’intimazione, escludendola ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa. Sul punto, per meglio inquadrare la clausola del giustificato motivo richiamata dalla fattispecie in esame, si ritiene utile richiamare la giurisprudenza di legittimità consolidata che afferma Ai fini dell’individuazione del giustificato motivo che esclude la configurabilità del reato di cui all’art. 14, comma quinto ter, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 di inosservanza dell’ordine del Questore allo straniero clandestino di lasciare il territorio dello Stato, il giudice deve fare riferimento al caso concreto e alla condizione del cittadino extracomunitario, da apprezzare in tutti i profili idonei a rendere inesigibile, ovvero difficoltoso o pericoloso, anche soggettivamente, il comportamento collaborativo richiesto dalla norma Sez. 1, n. 3959 del 13/07/2015, Ech Charrady, Rv. 264936 . Al contempo, la clausola in esame non può comportare un’inversione dell’onere della prova, fermo restando il potere-dovere del giudice di rilevare direttamente, laddove possibile, l’esistenza di ragioni legittimanti l’inosservanza del precetto penale. L’onere di provare tutti gli elementi rilevanti ai fini del riconoscimento della clausola in esame spetta naturalmente al pubblico ministero, pur gravando sull’imputato un onere di allegazione dei motivi non conosciuti né conoscibili dal giudicante, che mira a integrare le prerogative difensive. Questo onere di allegazione costituisce il punto di equilibrio tra l’esigenza di non addossare al magistrato requirente una probatio diabolica e la necessità di evitare il rischio di un’inversione dell’onere della prova. Si consideri, infine, che la valutazione giudiziale di situazioni idonee a rendere l’ottemperanza al provvedimento amministrativo impossibile ovvero difficoltosa o pericolosa deve essere svolta con riferimento al caso concreto e alla condizione del cittadino extracomunitario, da apprezzare in tutti i profili idonei a rendere inesigibile, anche soggettivamente, il comportamento collaborativo richiesto dalla norma allo straniero. 2. Deve, in proposito, rilevarsi che la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi in precedenza enunciati, avendo omesso di valutare l’incidenza delle circostanze di fatto addotte - consistenti nella mancanza di documenti per l’espatrio e nella carenza di risorse economiche utili a permettere l’allontanamento volontario dello straniero dal territorio italiano che venivano richiamate in termini apodittici e senza dare conto delle effettive condizioni di clandestinità vissute dal S. nel nostro Paese. Nel provvedimento impugnato, in particolare, non venivano chiarite le condizioni economiche e logistiche in cui il S. veniva trovato dai Carabinieri di Muggia di Trieste, alle ore 9.15 del OMISSIS , che costituivano il presupposto fattuale necessario a comprendere se l’imputato si trovasse effettivamente in una situazione tale da rendergli impossibile l’ottemperanza all’ordine di allontanamento impartitogli dal Questore di Trieste. Né si valutava il comportamento tenuto dall’imputato, sotto il profilo della diligenza, nell’arco temporale compreso tra l’emissione dell’ordine di allontanamento e l’accertamento sopra richiamato, valutando se il ricorrente si era attivato presso le competenti autorità diplomatiche, procurandosi un documento valido per l’espatrio e facendosi anticipare le somme necessarie al proprio rimpatrio. In questo modo, si riteneva non configurabile l’ipotesi di reato contestata al S. , richiamando in modo apodittico la ricorrenza di situazioni fattuali - sui quali occorreva una verifica in termini di effettività, assente nel caso di specie - che potevano esplicare la loro efficacia su un elemento costitutivo indispensabile per l’inquadramento della fattispecie contestata e sulla possibilità di adempiere all’intimazione, rendendola impossibile, difficoltosa o pericolosa Sez. 1, n. 3959 del 13/07/2015, Ech Charrady, cit. . L’inadeguatezza del vaglio giurisdizionale compiuto dal Giudice di Pace di Trieste nel caso di specie, del resto, emerge dallo stesso provvedimento impugnato, laddove, nella parte conclusiva, si richiamava impropriamente l’esimente della forza maggiore - senza alcun riferimento agli accertamenti compiuti per verificare l’effettiva sussistenza di un giustificato motivo nei termini enunciati - affermandosi Di talché l’imputato deve essere mandato assolto, ai sensi dell’art. 530 c.p.p. in quanto non punibile in presenza di forza maggiore . 3. Per queste ragioni processuali, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Giudice di Pace di Trieste per un nuovo giudizio, che dovrà essere effettuato in conformità dei parametri ermeneutici che si sono enunciati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di Pace di Trieste.