Le trova lavoro in una ‘casa chiusa’: condannata

Sanzionata la donna che ha accompagnato l’amica straniera nella struttura gestita da una italiana. Per i giudici si può parlare sia di favoreggiamento che di sfruttamento. Irrilevante il fatto che ella abbia voluto aiutare la ragazza a sottrarsi ai soprusi del compagno che le faceva anche da ‘protettore’.

Raggiunge l’amica – una donna straniera – e la porta via di casa, sottraendola alle grinfie del compagno che le fa anche da ‘protettore’. Subito dopo, però, la affida a un’altra amica, una italiana, che gestisce una ‘casa chiusa’. Così, nonostante le buone intenzioni, cioè salvare la straniera dai soprusi del convivente, la condotta della donna è valutabile come favoreggiamento della prostituzione” Cassazione, sentenza n. 36282/2016, Sezione Quarta Penale, depositata il 1° settembre . Lavoro. Per i giudici, prima in Tribunale e poi in Corte d’appello, la vicenda è chiarissima la donna ha presentato l’amica straniera a una persona che gestiva una ‘casa chiusa’ proprio per consentirle di prostituirsi . Questo comportamento è inequivocabile è logico parlare di favoreggiamento della prostituzione , sempre secondo i giudici. Irrilevante viene poi ritenuto il fatto che la donna abbia agito per aiutare l’amica straniera a procurarsi un lavoro e ad allontanarsi dal compagno . Peraltro, assieme al reato di favoreggiamento viene contestato anche quello di sfruttamento . Ciò perché è evidente che la donna che gestiva la ‘casa chiusa’ ha tratto un utile economico dalla prostituzione della straniera, che a lei versava il 50 per cento dei propri guadagni . Meretricio. Secondo il difensore della donna sotto accusa, però, va rivalutato il comportamento da lei tenuto nella vicenda. Ciò soprattutto alla luce di un dato era stata la ragazza straniera a chiedere un aiuto per sfuggire al proprio ‘protettore’ . Obiettivo del legale è dare un altro significato alla decisione di affidare la donna alla proprietaria della ‘casa chiusa’. Per i magistrati della Cassazione, tuttavia, non vi sono dubbi ci si trova di fronte ad azioni che hanno reso possibile la prostituzione della straniera. Di conseguenza, è logico parlare di favoreggiamento , poiché esso si concretizza con qualsiasi condotta che risulti funzionale all’agevolazione del meretricio , a prescindere dall’esistenza di un lucro personale. Peraltro, è emerso che la ragazza straniera ha concordato con la proprietaria della ‘casa chiusa’ la divisione dei futuri guadagni . E questo dato di fatto permette, concludono i giudici, di ritenere evidente anche lo sfruttamento da parte della donna che affidato l’amica nelle mani della ‘protettrice’.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 10 maggio – 1 settembre 2016, n. 36282 Presidente Bianchi – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Firenze, quale giudice del rinvio, ha confermato la pronuncia emessa il 19.02.2010 dal Tribunale di Lucca nei confronti di D.R.C., tratta a giudizio per rispondere del reato di favoreggiamento e di sfruttamento della prostituzione di I.C. e condannata alla pena ritenuta equa. Infatti, la Corte di Cassazione aveva annullato, su ricorso del P.M., la sentenza di altra sezione della medesima Corte distrettuale che aveva mandato assolta la D.R., così riformando il giudizio espresso dal Tribunale. Ad avviso della corte fiorentina, risulta non contestato che la D.R., su richiesta della C., avesse accompagnata questa presso l'abitazione di V.A.M. coimputata per la quale si é proceduto separatamente , gerente di una casa di prostituzione, proprio per consentire alla straniera di prostituirsi pertanto risulta integrata la condotta di favoreggiamento della prostituzione, peraltro accompagnata dal prescritto dolo generico, avendo la D.R. agito nella consapevolezza di agevolare l'attività di prostituzione della C. non avendo rilievo che l'imputata avesse agito con l'intento di aiutare la straniera a procurarsi un lavoro per allontanarsi dal convivente, considerato che tale ulteriore finalità nell'azione della D.R. non fa venire meno la consapevolezza e volontà della stessa di avere aiutato la C. a svolgere una attività consistente nell'esercizio della prostituzione. Con la medesima condotta, ha aggiunto la Corte distrettuale, la D.R. risulta avere concorso con la V. anche nel reato di sfruttamento della prostituzione della C. in quanto, come ben evidenziato dal primo giudice, avendo accompagnato la straniera presso la casa di questa ed avendola presentata perchè vi esercitasse la prostituzione, aveva fatto sì che la V. potesse trarre un utile economico dalla prostituzione della C., che versava alla donna il 50% dei propri guadagni. 2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'imputata a mezzo del difensore di fiducia, avv. S.S 2.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione all'art. 3 l. n. 75/1958. Rileva l'esponente che la giurisprudenza di legittimità impone di interpretare in modo restrittivo la norma che punisce il favoreggiamento della prostituzione, stante la indeterminatezza della stessa. La Corte distrettuale avrebbe dovuto valutare il comportamento dell'imputata non sul presupposto che avesse presentato la ragazza alla V. perché si prostituisse ma anzi avendole sconsigliato di farlo. La Corte territoriale non spiega perché non ha considerato tale circostanza a favore della D.R. e lo stesso deve dirsi della richiesta della ragazza di potersi allontanare per sfuggire al proprio 'protettore'. 2.2. Con un secondo motivo si lamenta vizio motivazionale, perché costituisce motivazione apparente quella che attribuisce alla D.R. il concorso nello sfruttamento della prostituzione perché aveva presentato la ragazza alla V. come ospite. Considerato in diri tto 3. Il ricorso è infondato. 3.1. Il primo motivo è inammissibile perché opera delle censure in fatto, muovendo da premesse fattuali diverse da quelle assunte dalla Corte di Appello o chiedendo che questa Corte avalli una ricostruzione della vicenda alternativa e sovrapposta a quella fatta propria dai giudici di merito. La Corte territoriale ha affermato che la D.R. accompagnò la C. presso la V. per renderne possibile la prostituzione poiché tale condotta integra il reato di favoreggiamento, atteso che questo è concretato da qualsiasi condotta che risulti funzionale all'agevolazione della prostituzione, accompagnata dalla mera consapevolezza e volontà di rendere possibile o più agevole l'esercizio del meretricio si veda, tra le altre, Sez. 3, n. 14836 del 03/03/2010 - dep. 16/04/2010, Dinoi, Rv. 246818, per la quale la fattispecie di favoreggiamento della prostituzione minorile è a dolo generico in quanto è sufficiente, ai fini della sua configurabilità, la mera consapevolezza di favorire la prostituzione di un minore, non essendo richiesto anche il fine di lucro che, invece, qualifica la fattispecie di sfruttamento , correttamente è stato ritenuto che l'ulteriore finalità - pure considerata dai giudici di merito - non incide sul perfezionamento del reato di cui trattasi. Peraltro, la Corte di appello rammenta anche che secondo l'accertamento operato dal primo giudice la D.R. propose all'amica straniera di prostituirsi in un incontro a tre con un cliente, che si tenne proprio presso l'abitazione della V., dividendo il compenso. Sicché, che la D.R. avesse sconsigliato la giovane dal prostituirsi è affermazione del solo esponente e risultano ben esaminate e valutate le ulteriori circostanze delle quali si lamenta la omessa considerazione. Per contro, non si attaglia alla fattispecie l'evocato principio per il quale non costituiscono favoreggiamento quelle condotte che, pur astrattamente favorendo il meretricio, non offendono né la moralità pubblica né il buon costume né la libertà dell e persone dedite alla prostituzione esso è stato formulato a riguardo della condotta del cliente della prostituta consistente nel riaccompagnare la stessa, dopo la prestazione sessuale, sul luogo in cui questa esercita la prostituzione, a riguardo della quale si è affermato che non configura il reato di cui all'art. 3 n. 8 della legge 20 febbraio 1958 n. 75 favoreggiamento della prostituzione , atteso che trattasi di condotta accessoria alla consumazione del rapporto che risponde a principi di cortesia e di rispetto della dignità personale della prostituta Sez. 3, n. 1716 del 09/11/2004 - dep. 21/01/2005, P.M. in proc. Di Teodoro, Rv. 230661 . 3.2. Il secondo motivo è per contro infondato. Appare opportuno rammentare, in primo luogo, che secondo la giurisprudenza di questa Corte, le condotte di sfruttamento e di favoreggiamento dell'altrui prostituzione possono concorrere tra loro in quanto hanno per oggetto condotte autonome e distinte, essendo lo sfruttamento finalizzato a trarre vantaggi economici o altre utilità giuridicamente rilevanti per l'agente, laddove il favoreggiamento è finalizzato ad agevolare l'attività di meretricio a prescindere da un eventuale profitto economico o altra utilità in favore dell'agente Sez. 3, n. 40539 del 27/09/2007 - dep. 06/11/2007, Pietrobelli e altri, Rv. 238005 . Più nello specifico, la corte distrettuale ha evidenziato come la ragazza avesse concordato con la V. la divisione dei guadagni derivati dall'esercizio della prostituzione sicché la D.R. aveva concorso nel reato commesso dalla V. avendo apportato un contributo materiale alla sua realizzazione con l'accompagnarla presso l'abitazione di quest'ultima, presentandola alla stessa come soggetto intenzionato a prostituirsi. L'esponente non pone in dubbio che tale contributo sia stato reso nella consapevolezza della natura economica della relazione tra la V. e la giovane ma ritiene apparente la motivazione resa dalla corte territoriale. Ben diversamente va rilevato che la motivazione apparente e, dunque, inesistente è ravvisabile soltanto quando sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014 - dep. 05/03/2015, P.G. in proc. Vassallo, Rv. 263100 . Nel caso che occupa, si è all'inverso posta in evidenza la determinata condotta dell'imputata che ha reso possibile, in sinergia con altre, che la V. derivasse utilità economiche dall'esercizio del meretricio della C 4. In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.