Patio realizzato in giardino: condanna per abuso edilizio

Sanzionato il proprietario dell’immobile, responsabile per la struttura in muratura realizzata in giardino. Sarebbe stato necessario ottenere il ‘permesso di costruire’ prima di iniziare i lavori. Decisive le dimensioni e le caratteristiche della struttura, valutabile come una vera e propria dependance.

Giardino di casa impreziosito da un patio in muratura. Bello il progetto, bella la realizzazione. Ma, a lavori conclusi, l’opera si rivela essere una vera e propria dependance. Essa, perciò, avrebbe dovuto essere accompagnata da un permesso di costruire” ad hoc . Ora, mancando tale autorizzazione, il proprietario dell’immobile viene condannato per abuso edilizio Cassazione, sentenza n. 35858/2016, sezione Terza Penale, depositata il 31 agosto . Pertinenza. Nessun dubbio sia per i giudici del Tribunale che per quelli della Corte d’appello il patio – in muratura, con copertura in legno e tegole –, collocato in giardino, è stato realizzato abusivamente . Accusa pesante, quindi, per il proprietario dell’immobile, collocato a Roma. Secondo il legale dell’uomo, però, non si può parlare di vero e proprio abuso edilizio . Ciò perché ci si trova di fronte a un intervento pertinenziale assolutamente legittimo, rispettoso cioè dei limiti imposti normativamente. In particolare, viene ricordato che le pertinenze non eccedenti il 15 per cento del manufatto non configurano nuove costruzioni, secondo le norme di attuazione del ‘Piano regolatore’ di Roma , e, viene aggiunto, in questa vicenda è emerso che la tettoia non è parte integrante dell’abitazione . Dependance. Ogni obiezione si rivela però inutile. Per i magistrati della Cassazione, difatti, è impossibile sostenere la natura pertinenziale del patio . Ci si trova di fronte a una struttura di 32 metri quadrati, in muratura, con copertura realizzata in legno e tegole che, spiegano i giudici, abbisognava in realtà del ‘permesso di costruire’ . Su questo fronte viene ricordato che per parlare di manufatto pertinenziale è necessario che esso abbia una propria individualità sia oggettivamente preordinato a soddisfare le esisgenze di un edificio principale legittimamente edificato sia sfornito di autonomo valore di mercato abbia ridotte dimensioni sia insuscettibile di destinazione autonoma . E invece il patio , in questo caso, è valutabile come una vera e propria dependance rispetto all’edificio principale esso è costituito da una struttura interrata per due lati e delimitata perimetralmente da un muro alto circa un metro e così predisposto alla chiusura tramite infissi . Evidente, quindi, che il patio rappresenti, concludono i giudici, un ampliamento dell’edificio , con conseguente necessità del ‘permesso di costruire’ , mai richiesto dal proprietario dell’immobile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 maggio – 31 agosto 2016, n. 35858 Presidente Fiale – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1.I. C. ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma di conferma della sentenza del Tribunale di Roma di condanna per il reato di cui all'art. 44 lett. b dei d.P.R. n. 380 dei 2001 per avere abusivamente realizzato nel giardino un patio in muratura con copertura in legno e tegole. 2. Con un primo motivo lamenta la nullità della sentenza per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per inosservanza di norme processuali e di norme sostanziali e la mancata assunzione di prova decisiva. In particolare lamenta che la Corte d'Appello ha semplicisticamente disatteso le censure della ricorrente volte ad asserire che la tettoia in esame non concretava l'abuso edilizio trattandosi di intervento pertinenziale inferiore agli indici previsti dall'art. 5 delle norme tecniche di attuazione del P.r.g. del comune di Roma e dell'art. 3, comma 1 lett. e punto 6 del d.P.R. N. 380 del 2001. La Corte non ha infatti indicato le risultanze processuali e le fonti probatorie che hanno determinato il suo convincimento, tanto più non essendo stata contestata la tesi che le pertinenze non eccedenti il 15% del manufatto non configurano secondo le norme di attuazione del piano regolatore di Roma nuove costruzioni né risulta che la tettoia sia parte integrante dell'abitazione dell'imputato come ritenuto dalla corte alla stregua della deposizione dell' operante Faiola. 3. Con un secondo motivo lamenta l'estinzione dei reato per intervenuta prescrizione essendo ormai decorso il tempo di cinque anni a decorrere dal 9 novembre 2009. Considerato in diritto 4. II primo motivo di ricorso è inammissibile, sostanzialmente non confrontandosi con le argomentazioni della sentenza impugnata. Ancora una volta il ricorrente, così come già fatto con l'atto di appello, ha invocato la legittimità del proprio operato, anche in virtù delle norme di attuazione del P.r.g. dei Comune di Roma, sulla base della natura pertinenziale dell'opera senza considerare che la stessa è consistita, come sottolineato dalla Corte territoriale, adesiva a quanto già sostenuto dal Tribunale, in un patio in muratura di mq.32 circa con copertura realizzata in legno e tegole sì che, facendosi corretta applicazione dei principi in più occasioni enunciati da questa Corte, la stessa abbisognava in realtà di permesso di costruire. Infatti, affinché un manufatto presenti il carattere della pertinenza, si richiede che abbia una propria individualità, che sia oggettivamente preordinato a soddisfare le esigenze di un edificio principale legittimamente edificato, che sia sfornito di autonomo valore di mercato, che abbia ridotte dimensioni, che sia insuscettibile di destinazione autonoma e che non si ponga in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti tra le altre, Sez.3, n. 25669 del 30/05/2012, Zeno e altro, Rv. 253064 . E, nella specie, con giudizio fattuale insindacabile in questa sede, la Corte d'Appello ha ritenuto appunto la natura dell'opera, interrata per due lati e delimitata perimetralmente da un muro alto circa un metro e così agilmente predisposto alla chiusura tramite infissi, come di vera e propria dependance rispetto all'edificio principale in sostanza, mediante il patio in questione, si è operato un ampliamento dell'edificio con conseguente necessità di permesso a costruire. 5. L'inammissibilità del primo motivo con conseguente mancata formazione di un valido rapporto processuale preclude a questa Corte la possibilità di rilevare la prescrizione del reato, invocata con il secondo motivo, maturata successivamente alla sentenza impugnata in data 09/11/2014 Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, D. L., Rv.217266 e comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di denaro di euro 1.500 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di denaro di euro 1.500 in favore della Cassa delle ammende.