La necessità del medesimo “fatto” per la fungibilità della carcerazione

In base all’Accordo di Schengen, se nel territorio di uno degli Stati aderenti viene instaurato un nuovo procedimento penale nei confronti di una persona già stata giudicata con sentenza definitiva per i medesimi fatti dalle autorità di un altro Paese contraente, il periodo di privazione della libertà personale scontato per questi fatti in quest’ultimo territorio deve essere detratto dalla pena eventualmente inflitta all’esito del nuovo procedimento. Si richiede, dunque, che si tratti dei medesimi fatti”, non ritenendosi sufficiente il medesimo reato o imputazione.

In questo senso la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35808, depositata il 30 agosto 2016. Il caso. Il Tribunale di Trento, in qualità di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta avanzata da un imputato di fungibilità della carcerazione patita in svizzera dal 28 febbraio 2013 al 27 agosto dello stesso anno. L’istanza evidenziava che egli era stato condannato con sentenza del gup del Tribunale di Trento il 18 novembre 2013 per riciclaggio di autoveicolo e partecipazione ad una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti, mentre, in Svizzera, era stato condannato per tentato furto con l’aggravante di essersi associato ad una banda intesa a commettere furti. Dunque, la diversità dei fatti puniti e la conseguente mancanza del presupposto per l’applicazione delle norme sulla fungibilità fondavano il rigetto dell’istanza. L’interessato propone dunque ricorso per cassazione deducendo mancanza di motivazione e sostenendo che la condanna avuta in Svizzera riguardava un fatto medesimo, dato che nell’ordinamento del luogo l’associarsi ad una banda equivaleva alla serie indeterminata di reati che connota l’associazione per delinquere prevista nel sistema penale italiano. A ciò si aggiunge il fatto che la condanna elvetica era stata inflitta con la sospensione condizionale della pena, per cui la carcerazione patita dopo l’emissione del mandato di arresto europeo andava computata nella pena in atto. La fungibilità della carcerazione. La Suprema Corte rigetta il ricorso poiché infondato. Il ricorrente è stato condannato in Italia per la ricettazione di un autoveicolo, mentre, in Svizzera, ha riportato la condanna per un tentato furto la diversità tra le due condotte è evidente. Inoltre, i Supremi Giudici hanno già avuto modo di evidenziare che è possibile computare la detenzione all’estero solo quando sia relativa ad un fatto per cui si è proceduto in Italia nel caso in cui abbiano proceduto sia l’autorità giudiziaria nazionale, sia quella straniera, deve trattarsi allora di una condotta naturalisticamente unica, parte di un iter criminis iniziato in uno Stato e proseguito nell’altro , situazione non ravvisabile nel caso concreto tra il tentato furto avvenuto in Svizzera e il riciclaggio commesso in Italia Cass. n. 31422/06 . L’Accordo di Schengen. Inoltre, sebbene entrambi i Paesi facciano parte dell’Accordo di Schengen, è vero che, ex art. 54 di tale Accordo, se nel territorio di uno degli Stati aderenti viene instaurato un nuovo procedimento penale nei confronti di una persona già stata giudicata con sentenza definitiva per i medesimi fatti dalle autorità di un altro Paese contraente, il periodo di privazione della libertà personale scontato per questi fatti in quest’ultimo territorio deve essere detratto dalla pena eventualmente inflitta all’esito del nuovo procedimento , tenendo conto altresì delle pene diverse da quelle privative della libertà personale che siano state eseguite. I Giudici evidenziano, però, che l’art. 54 cit. fa riferimento al medesimo fatto” e non già al medesimo reato o imputazione. Né, d’altra parte, la detenzione in carcere sofferta all’estero per uno specifico fatto delittuoso può essere computata, al fine di determinare la porzione di pena già espiata, anche nella pena concernente altri fatti”, nemmeno se ritenuto in continuazione l’istituto previsto dall’art. 81 c.p. è, infatti, volto a mitigare l’entità della pena complessivamente inflitta in relazione a reati costituenti espressione di un medesimo disegno criminoso, ciascuno dei quali, però, conserva la sua autonomia fenomenologia Cass. n. 31943/08 . Dunque, nemmeno il ricorso afferma che i reati commessi dal ricorrente nei due Paesi siano consistiti nei medesimi fatti” naturalisticamente intesi. La diversità dei fatti-reato commessi costituiva appunto mancanza di un presupposto indispensabile per l’accoglimento dell’istanza dell’interessato, mostrando così che la sentenza impugnata abbia fatto corretto uso dei principi richiamati.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 20 aprile – 30 agosto 2016, n. 35808 Presidente Siotto – Relatore Minchella Rilevato in fatto Con ordinanza in data 22.05.2015 il Tribunale di Trento, quale giudice dell'esecuzione, rigettava la richiesta avanzata da S.V. di fungibilità della carcerazione patita in Svizzera dal 28.02.2013 al 27.08.2013. Nel dettaglio, l'istanza aveva evidenziato che il S. era stato condannato con sentenza del GUP del Tribunale di Trento in data 18.11.2013 per riciclaggio di autoveicolo e partecipazione ad una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti in Svizzera, invece, il S. era stato condannato per tentato furto con la circostanza aggravante di essersi associato ad una banda intesa a commettere furti. Il provvedimento di rigetto fondava la decisione sulla diversità dei fatti puniti e quindi sulla mancanza dei presupposto per l'applicazione delle norme sulla fungibilità. Avverso detta ordinanza propone ricorso l'interessato a mezzo dei suo Difensore, deducendo mancanza di motivazione e sostenendo che, a prescindere dalla diversità formale della rubrica, la condanna elvetica riguardava un fatto medesimo, giacchè in quell'ordinamento l'associarsi ad una banda equivaleva alla serie indeterminata di reati che connota l'associazione per delinquere del sistema penale italiano inoltre la condanna svizzera era stata inflitta con la sospensione condizionale della pena, per cui la carcerazione patita dopo l'emissione del mandato di arresto europeo andava computata nella pena in atto. Il P.G. chiede il rigetto rilevando che la fungibilità è possibile quando la detenzione patita all'estero sia relativa ad un fatto-reato per cui si è proceduto in Italia o la cui esecuzione è stata portata a compimento almeno parzialmente in Italia, mentre nella fattispecie i fatti erano storicamente diversi. Considerato in diritto Il ricorso va rigettato poiché è infondato. Per come già detto prima, il ricorrente ha riportato condanna sia in Italia che in Svizzera nella sua richiesta di riconoscimento della fungibilità della pena espiata in Svizzera, egli ha sostenuto che i fatti storici delittuosi fossero gli stessi. Il giudice dell'esecuzione ha, invece, rilevato che si trattava di fatti differenti e di reati dal diverso nomen juris, così rigettando la richiesta. Il ricorso articola le sue doglianze sia sostenendo che la diversità della rubrica dovrebbe intendersi come una mera formalità sia affermando che nell'ordinamento elvetico il fatto di associarsi ad una banda reato commesso in Svizzera corrisponde sostanzialmente all'accordo per commettere una serie indeterminata di reati, e cioè alla connotazione propria dell'associazione per delinquere reato commesso in Italia . Le ragioni del ricorso non possono essere accolte. In primo luogo, occorre prendere atto che il ricorrente è stato condannato in Italia, tra l'altro, per la ricettazione di un autoveicolo mentre ha riportato in Svizzera la condanna per un tentato furto la diversità tra le due condotte si appalesa evidente, al di là del formale nome dato in rubrica all'illecito. In secondo luogo, la giurisprudenza ha evidenziato che in tanto è possibile computare la detenzione all'estero, in quanto essa sia relativa ad un fatto per cui si è proceduto in Italia nel caso in cui abbiano proceduto sia l'autorità giudiziaria nazionale, sia quella straniera, deve trattarsi allora di una condotta naturalisticamente unica, parte di un iter criminis iniziato in uno Stato e proseguito nell'altro ad es., acquisto di droga all'estero e sua importazione in Italia Sez. 5, 27.11.2002/6.2.2003, Kotan , situazione non ravvisabile nel caso di specie fra il tentato furto commesso in Svizzera ed il riciclaggio di un veicolo commesso nel territorio nazionale Sez. 1, n° 31422 del 11.05.2006, Rv 234791 . In terzo luogo, sebbene entrambi i Paesi interessati facciano parte del più ampio accordo di Schengen, va osservato che è vero che, ai sensi dell'art. 54 dell'Accordo di Schengen se nel territorio di uno degli Stati aderenti viene instaurato un nuovo procedimento penale nei confronti di una persona che sia già stata giudicata, con sentenza definitiva, per i medesimi fatti da parte delle autorità giudiziarie di un altro Paese contraente, il periodo di privazione della libertà personale scontato per questi fatti in quest'ultimo territorio deve essere detratto dalla pena eventualmente inflitta all'esito del nuovo procedimento. Deve essere, altresì, tenuto conto, nella misura consentita dalla legge nazionale, delle pene diverse da quelle privative della libertà personale che siano state eseguite. Tuttavia, il citato art. 54 dell'Accordo di Schengen fa riferimento al medesimo fatto e non già al medesimo reato o imputazione. Né, d'altra parte, la detenzione in carcere sofferta all'estero per uno specifico fatto delittuoso può essere computata, al fine di determinare la porzione di pena già espiata, anche nella pena concernente altri fatti , nemmeno se ritenuti in continuazione l'istituto previsto dall'art. 81 cod.pen. è, infatti, volto a mitigare l'entità della pena complessivamente inflitta in relazione a reati costituenti espressione di un medesimo disegno criminoso, ciascuno dei quali, però conserva la sua autonomia fenomenologia Sez. 1, n° 31943 del 04.07.2008, Rv 240682 Ed allora, va rilevato che nemmeno il ricorso afferma che i reati commessi dal ricorrente in Italia ed in Svizzera siano consistiti nei medesimi fatti naturalisticamente intesi il ricorso sofferma ogni attenzione sulla asserita medesimezza della imputazione, ma questo è un dato estraneo al tema introdotto. Così la diversità dei fatti-reato commessi costituiva mancanza di un presupposto indispensabile per l'accoglimento della istanza dell'interessato ed il provvedimento impugnato ha fatto corretto uso dei principi sopra rammentati. Ogni altra doglianza va ritenuta assorbita. Ne consegue che il ricorso va rigettato e che il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.