Legittimo l’intervento di rideterminazione della pena solo in caso di mancato accordo

In tema di sostanze stupefacenti, quando, successivamente alla pronuncia di una sentenza irrevocabile di applicazione di pena ex art. 444 c.p.p., interviene la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, il giudicato permane quanto al profilo relativo alla sussistenza del fatto, ma il giudice della esecuzione deve rideterminare la pena, attesa la sua illegalità sopravvenuta, in favore del condannato e solo in caso di mancato accordo provvede autonomamente ai sensi degli artt. 132 e 133 c.p

Così ha stabilito la Suprema Corte con la sentenza n. 35465, depositata il 25 agosto 2016. Il caso. Il gip del Tribunale di Busto Arsizio aveva rideterminato nei confronti dell’imputato la pena applicata allo stesso in cognizione, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per il delitto di cui all’art. 73, comma 1-bis, d.P.R. n. 309/1999 detenzione illecita di sostanze stupefacenti del tipo hashish . La rideterminazione della pena nella misura di 2 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione doverosa in virtù della decisione n. 32/2014 della Corte Costituzionale risultava operata da parte del giudice dell’esecuzione, senza previa sollecitazione delle parti alla realizzazione di un nuovo accordo e con l’esclusione di un criterio aritmetico proporzionale, dovendosi ritenere modesti” i quantitativi di sostanza stupefacente. Per l’annullamento dell’ordinanza in questione ha proposto ricorso il condannato ritenendo che il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto procedere ad una nuova rideterminazione della pena, applicando un criterio aritmetico proporzionale. Le modalità di realizzazione dell’intervento di rideterminazione della pena. Il tema posto dal ricorrente concerne le modalità di realizzazione dell’intervento di rideterminazione della pena, là dove la decisione divenuta irrevocabile sia stata emessa in cognizione ai sensi dell’articolo 444 c.p.p Sul punto, le Sezioni Unite avevano già avuto modo di precisare che in tema di sostanze stupefacenti, quando, successivamente alla pronuncia di una sentenza irrevocabile di applicazione di pena ex art. 444 c.p.p., interviene la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, il giudicato permane quanto ai profili relativi alla sussistenza del fatto, alla sua attribuibilità soggettiva e alla sua qualificazione giuridica, ma il giudice della esecuzione deve rideterminare la pena, attesa la sua illegalità sopravvenuta, in favore del condannato con le modalità di cui al procedimento previsto dall’art. 188 disp. att. c.p.p. e solo in caso di mancato accordo, ovvero di pena concordata ritenuta incongrua, provvede autonomamente ai sensi degli artt. 132 e 133 c.p. . Rideterminazione della pena solo in ipotesi di mancato accordo. Dunque solo in ipotesi di mancato accordo diventa legittimo l’intervento di rideterminazione della pena ad opera del giudice, esteso alle ipotesi in cui la pena negoziata sia ritenuta non congrua ad assicurare il rispetto delle finalità di cui all’art. 133 c.p In nessun caso appare consentito procedere, come si è verificato nel caso di specie, ad un intervento giudiziale di rielaborazione dell’entità della pena non preceduto da una specifica proposta o da un nuovo accordo. La Corte decide pertanto per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 3 novembre 2015 – 25 agosto 2016, n. 35465 Presidente/ Relatore Cavallo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza deliberata il 27 ottobre 2015 il GIP del Tribunale di Busto Arsizio ha rideterminato - nei confronti di Potenza Michele - la pena allo stesso già applicata in cognizione, ai semi dell'art. 444 cod. proc. pen., per il delitto di cui all'art. 73 co. 1-bis, d.P.R. n. 309 del 1990 detenzione illecita di sostanza stupefacente dei tipo hashish . La rideterminazione della pena, nella misura finale di anni due, mesi cinque e giorni dieci di reclusione ed euro 14.000,00 di multa - ritenuta doverosa in virtù degli effetti della decisione n. 32 del 2014 della Corte Costituzionale - risulta operata ai sensi degli articoli 132 e 133 da parte del giudice della esecuzione, senza previa sollecitazione delle parti alla realizzazione di un nuovo accordo, in quanto ritenuto non necessario, e con esclusione dell'applicazione di un criterio aritmetico proporzionale, come richiesto dalla difesa dei condannato, a ragione dei rilievo che l'imputazione riguardava quantitativi di sostanza stupefacente non modesti'. 2. Per l'annullamento di tale ordinanza il condannato ha proposto ricorso, per il tramite dei suo difensore, denunziandone l'illegittimità per violazione di legge, sostenendo, in estrema sintesi, che il giudice dell'esecuzione, piuttosto che orientare la rideterminazione della pena verso il massimo edittale, avrebbe dovuto procedere ad una nuova rideterminazione della pena, applicando un criterio aritmetico - proporzionale, ritenuto l’unico modo di ricondurre a legalità la pena concordata . Considerato in diritto 1. L'ordinanza impugnata va annullata con rinvio, sia pure per ragioni diverse da quelle proposte dal ricorrente. Dando per assodata sulla base degli orientamenti espressi da questa Sezione e recepiti dal noto arresto Sez. U. n. 37107 dei 26.2.2015, ric. Marcon la necessità di intervento in sede esecutiva sulla entità della pena inflitta per il reato di illecita detenzione di droga leggera, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale della novellazione apportata con decreto legge n. 272 del 30.12.2005 artt. 4-bis e 4-vices ter convertito in legge n. 49 dei 21 febbraio 2006, dall'originario testo de/l’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, il tema posto dal ricorso concerne, in primis, le modalità di realizzazione dell'intervento di rideterminazione della pena, lì dove la decisione divenuta irrevocabile sia stata emessa in cognizione ai sensi dell’articolo444cod. proc. pen Sui punto, come è noto, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affrontato e risolto il dubbio interpretativo nel modo che segue in tema di sostanze stupefacenti quando, successivamente alla pronuncia di una sentenza irrevocabile di applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen., interviene la dichiarazione d'illegittimità costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, incidente sulla commisurazione dei trattamento sanzionatorio, il giudicato permane quanto ai profili relativi alla sussistenza dei fatto, alla sua attribuibilità soggettiva e alla sua qualificazione giuridica, ma il giudice della esecuzione deve rideterminare la pena, attesa la sua illegalità sopravvenuta, in favore dei condannato con le modalità di cui al procedimento previsto dall'art. 188 disp. att. cod. proc. pen. e solo in caso di mancato accordo, ovvero di pena concordata ritenuta incongrua, provvede autonomamente ai sensi degli artt. 132 e 133 cod. pen. La decisione, pertanto, introduce - data la particolare struttura de rito in questione - un espresso limite alla rideterminazione diretta della entità della pena da parte dei giudice della esecuzione, posto che in tanto l'intervento giudiziale si giustifica, in quanto risulti preceduto dal congruo tentativo di rielaborazione dell'accordo tra le parti. Si tratta di un preciso limite funzionale, per come delineato nella struttura argomentativa della decisione emessa dalle Sezioni Unite di questa Corte Il riferimento analogico al modello legale contenuto nell'art. 188 disp. att. cod. proc. pen. funge, infatti, da criterio regolatore della particolare sequenza procedimentale imposta dalla necessità di intervento in sede esecutiva ai sensi dell'art. 30 legge n. 87 dei 19531 tal da rispettare la natura dei rito speciale. In tal senso, non può prescindersi dalla iniziativa delle parti o di almeno una di esse tesa a realizzare un nuovo consenso rapportato alla diversa cornice edittale divenuta applicabile al fatto di reato. Solo in ipotesi di mancato accordo derivante del diniego opposto da una delle parti rispetto ad una proposta A effettiva quantificazione del nuovo trattamento sanzionatorio diventa legittimo l'intervento di rideterminazione ad opera de giudice, esteso alla ipotesi in cui la pena negoziata sia ritenuta non congrua ad assicurare il rispetto delle finalità di cui all'art. 133 cod. pen In nessun caso, pertanto, appare consentito procedere, come si è verificato nel caso qui in esame, ad un intervento giudiziale di rielaborazione della entità della pena non preceduto da una specifica proposta non accolta dalla parte cui è stata rivolta o da un nuovo accordo ritenuto dal giudice non congruo nel senso prima descritto . Lì dove ciò sia accaduto in modo peraltro dei tutto comprensibile, date le incertezze applicative derivanti dalla complessità dei tema è da ritenersi che il provvedimento emesso sia affetto da nullità insanabile, dato che l'intervento diretto dei giudice si pone al di fuori dei descritto modello procedimentale, con lesione dei d!ritti partecipativi delle parti e alterazione della fisionomia complessiva del rito speciale. 2. Va pertanto disposto l'annullamento della impugnata ordinanza, con rinvio per nuovo esame al GIP del Tribunale dì Busto Arsizio, che dovra procedere a nuovo esame della richiesta, attenendosi al principio di diritto in precedenza affermato. P.Q.M. Annulla la ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al GIP dei Tribunale di Busto Arsizio.