Sentenza di non luogo a procedere e “doveri” del Gup

Il gup che emette sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell'art. 425, comma 3, c.p.p., ha l'onere di verificare se gli elementi acquisiti siano idonei o meno a sostenere l'accusa in sede di giudizio, soltanto con riferimento al profilo processuale.

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34435/16, depositata il 4 agosto. Il caso. Il gup presso il Tribunale di Venezia dichiarava non luogo a procedere nei confronti di un imputato per gli illeciti di cui agli artt. 110, 595, co. 2 e 3, c.p. diffamazione a mezzo pubblicità, in continuazione , 368 c.p. calunnia , 612 -bis c.p. atti persecutori , aggravato ai sensi dell'art. 61 c.p. aver commesso il fatto nei confronti di un pubblico ufficiale , ritenendo che l'azione penale non dovesse neppure essere iniziata. In particolare, all'indagato era rimproverato di aver fatto affiggere dei manifesti finalizzati a mettere in dubbio la correttezza e la buona fede di alcuni magistrati e contenenti riferimenti ad uno specifico fatto di cronaca, preso in carico da uno dei pubblici ufficiali di cui sopra. All'imputato, inoltre, veniva contestato di aver diffuso le citate tesi anche attraverso delle interviste pubblicate sul sito www.youtube.com . Il gup dichiarava non luogo a procedere, rilevando come i fatti di cui al capo d'imputazione fossero i medesimi di cui al decreto di archiviazione del gip il magistrato sottolineava che tali fatti non erano, quindi, suscettibili di essere riproposti nell'avviso di chiusura delle indagini senza una richiesta formale di riapertura, mai avanzata. La parte civile ricorreva per cassazione, lamentando la violazione dell'art. 129 c.p.p. obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità e sottolineando come il presupposto per l'applicazione di tale norma fosse l'immediata evidenza dell'esistenza di una causa di proscioglimento. La ricorrente, inoltre, tacciava di abnormità il provvedimento impugnato, evidenziando come la richiesta di archiviazione non facesse riferimento agli illeciti posti in essere nei suoi confronti, condotte facenti parte di un separato fascicolo. La parte impugnante, infine, lamentava la violazione degli artt. 414, 649 c.p.p., essendo stato ritenuto che il provvedimento di archiviazione escludesse la possibilità di instaurare un secondo giudizio, pur in presenza di fatti sopravvenuti atti persecutori . Attenzione al fascicolo separato. La Suprema Corte ha ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale per cui il gup che emette sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell'art. 425, co. 3, c.p.p., ha l'onere di verificare se gli elementi acquisiti siano idonei o meno a sostenere l'accusa in sede di giudizio, soltanto con riferimento al profilo processuale. Il provvedimento impugnato costituisce, a parere dei Giudici del Palazzaccio, una violazione degli artt. 129, 425 e 649 c.p.p La sentenza, infatti, ha ritenuto il decreto di archiviazione preclusivo all'esercizio dell'azione penale, trascurando di rilevare come i fatti oggetto del medesimo diffamazione a mezzo stampa e calunnia verso alcuni magistrati siano distinti dalle condotte poste in essere nei confronti della parte civile ricorrente. Per queste ultime azioni, precisa il Collegio, era stato formato un separato fascicolo. La Corte di legittimità ha, inoltre, sottolineato come dagli atti sia emerso che il pm aveva presentato istanza di sequestro preventivo dei video pubblicati, depositando l'avviso di conclusione delle indagini ex art. 415 c.p.p. per diffamazione aggravata nei confronti della parte civile ricorrente e di altro pubblico ufficiale. I Magistrati di Piazza Cavour hanno, inoltre, chiarito come, nel caso di specie, il decreto di archiviazione riguardi persone offese diverse rispetto alll'odierna ricorrente presupposto alla preclusione di cui al principio del ne bis in idem è l'identità del fatto, con riferimento a tutti gli elementi costitutivi del reato e alle circostanze di tempo, luogo e persona. A chiosa, gli Ermellini hanno precisato che gli atti persecutori di cui all'art. 612-bis c.p. sono sopravvenuti rispetto all'adozione del decreto di archiviazione. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 aprile – 4 agosto 2016, n. 34435 Ritenuto in fatto 1. Con l'impugnata sentenza il giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Venezia ha dichiarato il non luogo a procedere, con la formula perché l'azione penale non poteva essere iniziata , nei confronti di A.B Era stata esercitata l'azione penale, in ordine al reato di cui agli artt. 110, 595 comma 2 e 3 cod. pen. perché, comunicando con più persone, offendeva la reputazione di N.P., C. M., A.M., tutti magistrati in servizio presso la Procura della Repubblica di Brescia, nonché di S.M., GIP presso il medesimo tribunale, e di L. G, magistrato in servizio presso il tribunale di Perugia. In particolare, il B. faceva affiggere lungo le vie di Busto Arsizio manifesti in cui accusava L. G di essere pubblico ministero corrotto , e tutte le persone offese di appartenere ad casta che non si tocca mai neppure quando opera in totale malafede danneggiando i poveri cittadini e di non essere degni di fare i magistrati . Inoltre in analoghi manifesti accusava L. G di essere pubblico ministero corrotto , per avere favorito il capo di una banda di criminali già nota alle forze dell'ordine D.M.A. , permettendole di alienare tutti i beni immobili a lei intestati partecipando alla suddivisione della torta pari a circa € 3.500.000 . Fatto aggravato perché commesso con un mezzo di pubblicità e mediante attribuzione di un fatto determinato. Commesso in Busto Arsizio il 25 aprile 2012 capo n. 1 . Allo stesso imputato veniva contestato nel capo sub n. 2 il reato di cui agli articoli 595, commi 2 e 3, e 81 capoverso cod. pen. perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso pubblicava sul sito www.youtube,com una video intervista in due parti dal titolo anche la giustizia si presta alla truffa di 2 milioni di euro. Video denuncia contro il PM G dai contenuti diffamatori nei confronti, tra gli altri, della suddetta G L. magistrato già operante in Busto Arsizio con funzioni di pubblico ministero e F.D. procuratore della Repubblica di Busto Arsizio accusando la prima di corruzione, omissione di atti d'ufficio e falsità in atti processuali e il secondo di avergli messo le mani addosso per impedirgli di esercitare i suoi diritti civili e penali. Fatto aggravato perché commesso con un mezzo di pubblicità e mediante attribuzione di un fatto determinato. In luogo sconosciuto, in assenza di conoscenza dei luogo ove è stato caricato il video, il 16 gennaio 2012 . Nel capo n. 3 era stato contestato all'imputato il reato di cui all'articolo 368 cod. pen. e 61 n. 10 perché stampando e affiggendo una serie di volantini davanti al Tribunale di Varese e altrove, nei quali incolpava la dottoressa G, magistrato e pubblico ufficiale, di abuso di ufficio, falso e corruzione, reati perseguibili d'ufficio, e come tali rilevabili dalla polizia giudiziaria che aveva l'obbligo di riferirli all'autorità giudiziaria, così calunniava la dottoressa G sapendola innocente. Commesso in Varese e Busto Arsizio sino al luglio 2012 . Infine, era stato contestato all'imputato anche il reato di atti persecutori aggravato ex art. 61 numero 10, perché con condotte reiterate, ben descritte nei capi precedenti, e segnatamente con attività di volantinaggio, missive inviate a varie autorità, insinuazioni pubbliche anche attraverso mezzi telematici e più in generale in una continua opera di petulante delegittimazione nei confronti di L. G, magistrato del pubblico ufficiale accusata di corruzione, connivenza e altre scelleratezze, minacciava e molestava la medesima si da cagionarle un perdurante e grave stato di ansia ingenerando altresì il fondato timore per la propria incolumità. In Busto Arsizio e in altra località, reato in atto . 2. Nella sentenza impugnata il G.U.P. ha ritenuto di poter prosciogliere l'imputato perché i fatti oggetto dei capi di accusa sarebbero gli stessi già oggetto di decreto di archiviazione dei GIP presso il Tribunale di Venezia emesso in data 29 novembre 2012, sicché essi non avrebbero potuto essere riprodotti nell'avviso di chiusura delle indagini senza una formale richiesta di riapertura, che non fu mai né richiesta dal pubblico ministero né tanto meno autorizzata dal giudice per le indagini preliminari. 3. Con atto sottoscritto dal difensore ha proposto ricorso per cassazione la parte civile L. G. 3.1. Dopo aver premesso i termini della vicenda, con un primo motivo è stata denunziata violazione ed errata applicazione dell'articolo 129 del codice di procedura penale. Sostiene il difensore ricorrente che la sentenza impugnata ha eluso i limiti fissati in giurisprudenza in relazione alla possibilità di adottare una sentenza di proscioglimento ai sensi degli articoli 129 e 649 cod. proc. pen. Stante la complessità, essenzialmente sul piano processuale, delle vicende all'attenzione del giudice dell'udienza preliminare e risultando evidente che per sostenere la già intervenuta archiviazione del giudizio e la conseguente improcedibilità dell'azione, la sentenza ha svolto una disamina critica degli atti, con ciò compiendo una valutazione che è propria della fase del giudizio e che nulla ha a che vedere con l'adozione di una sentenza che presuppone l'immediata evidenza dell'esistenza di una causa di proscioglimento, si deve ritenere che la regola di giudizio adottata dal giudicante non sia stata quella propria dell'articolo 425 cod. proc. pen. Deduce quindi il difensore che non si reputa necessario affrontare in questa sede la complessa questione dei rapporti tra gli articoli 129 e 425 cod. proc. pen., perché è sufficiente leggere il provvedimento impugnato per avere evidenza di quanto strumentale sia stata l'adozione di una sentenza ai sensi dell'articolo 129. 3.2. Con un secondo motivo si denunzia l'abnormità della sentenza di proscioglimento adottata dal giudice dell'udienza preliminare ai sensi degli articoli 129 e 649 cod. proc. pen. Sostiene il difensore della ricorrente che la richiesta di archiviazione non aveva ad oggetto i fatti che vedevano la G quale persona offesa dal reato di diffamazione e calunnia ed infatti tale richiesta non veniva alla stessa neppure notificata, di talchè appare abnorme la sentenza di proscioglimento adottata dal giudice dell'udienza preliminare. Il decreto di archiviazione adottato dal G.I.P. del Tribunale di Venezia in data 30 novembre 2012, in conformità alla richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero, è relativo al reato di diffamazione a mezzo stampa e calunnia commesso mediante la distribuzione e affissione di volantini presso il Tribunale di Busto Arsizio, nei confronti dei magistrati P., M., M. e M Nella richiesta di archiviazione espressamente si dà conto della formazione di un separato fascicolo, che vede quali persone offese del reato di diffamazione i magistrati di Busto Arsizio G e D., che hanno proposto querela in relazione a due distinte ipotesi di diffamazione la prima realizzata attraverso la diffusione di volantini presso il Tribunale di Busto Arsizio e la seconda attraverso la diffusione della videointervista su YouTube . È evidente pertanto -secondo il deducente che il decreto di archiviazione citato nella sentenza impugnata non può produrre nessun effetto preclusivo in merito a fatti espressamente esclusi dalla richiesta di archiviazione. L'udienza, condotta con modalità irrituali, che ha visto la trattazione di questioni preliminari, pur in presenza di richiesta di giudizio abbreviato, si è conclusa con un provvedimento abnorme infatti, sostiene il ricorrente, è stata assunta una decisione ai sensi dell'art. 129 prima della discussione delle parti, sul presupposto che mancasse una condizione di procedibilità, e tuttavia sono occorse ben 16 pagine di motivazione per dare evidenza della improcedibilità dell'azione, attraverso valutazioni di merito che si spingono fino all'interpretazione dei pensiero inespresso del pubblico ministero che aveva formulato la richiesta di archiviazione. 3.3. Con il terzo ed ultimo motivo si denunzia violazione ed errata applicazione dell'articolo 649 cod. proc. pen. in relazione all'articolo 414 dello stesso codice. Deduce il ricorrente che il provvedimento di archiviazione è stato ritenuto preclusivo dell'instaurazione di un secondo giudizio anche in relazione a fatti sopravvenuti rispetto all'adozione del decreto di archiviazione trattasi dell'ipotesi di reato di cui all'articolo 612 bis cod.pen. e dei reato di calunnia commesso a Varese, mai contestato al B. prima della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini del 29 dicembre 2014 e della richiesta di rinvio a giudizio. Anche sotto tale profilo, sostiene il ricorrente, la sentenza di proscioglimento merita di essere annullata, tenuto conto anche dei principio che la sanzione di inutilizzabilità derivante dalla violazione dell'articolo 414 cod. proc. pen. colpisce solo gli atti che riguardano lo stesso fatto e non anche fatti diversi o successivi, benché collegati con i fatti oggetto della precedente indagine. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. In primo luogo va detto che non può sostenersi, come fatto dal difensore dell'imputato, che il ricorso proposto dalla parte civile sia inammissibile, giacché sussiste l'interesse della persona offesa costituita parte civile ad impugnare la sentenza di non luogo a procedere emessa all'esito dell'udienza preliminare trattandosi di impugnazione riguardante gli effetti penali Sez. 5, n. 41350 del 10/07/2013, P.O. in proc. Cappellato e altro, Rv. 257934 si veda anche Sez. U, n. 25695 del 29/05/2008, P.C. in proc. D'Eramo, Rv. 239701 . 2. In via generale va rilevato che la sentenza impugnata non è stata emessa nel rispetto dei criteri previsti dall'art. 425 cod. proc. pen. e, in proposito, giova già in premessa precisare che il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza di non luogo a procedere include necessariamente la valutazione dei travalicamento dei limiti cognitivi propri dell'udienza preliminare tra le tante, Sez. 3, n. 41373 del 17/07/2014, P.M in proc. Pasteris e altri, Rv. 260968 nello stesso in motivazione si veda anche Sez. 5, n. 6911 del 06/10/2015, P.M. in proc. Casciari, Rv. 266255 . Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, il giudice dell'udienza preliminare nel pronunciare sentenza di non luogo a procedere, a norma dell'art. 425, comma terzo, cod. proc. pen., deve valutare, sotto il solo profilo processuale, se gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio Sez. 2, n. 15942 del 07/04/2016, P.G. in proc. I e altro, Rv. 266443 Sez. 2, n. 48831 del 14/11/2013, Pg in proc. Maida, Rv. 257645 Sez. 3, n. 39401 del 21/03/2013, P.M. e P.C. in proc. Narducci e altri, Rv. 256848 Sez. 6, n. 5049 del 27/11/2012, P.M. in proc. Cappello e altri, Rv. 254241 Sez. 5 15.5.2009 n. 22864, P.G. in proc. Giacomin, Rv. 244202 Sez. 4 18.4.2007 n. 264100, Giganti ed altri, Rv. 236800 . 3. La sentenza in esame è incorsa in un evidente violazione degli artt. 425, 129 e 649 cod. proc. pen., giacchè ha ritenuto erroneamente essersi determinato un effetto preclusivo dell'esercizio dell'azione penale per i fatti riportati nei capi di imputazione sopra descritti in ragione del decreto di archiviazione emesso dal G.I.P. in data 29 novembre 2012. Dalla stessa ricostruzione delle vicende processuali fatta nella sentenza qui in esame e dagli atti del fascicolo, cui questa Corte può accedere essendo stata denunziata violazione della legge processuale, si evince la fondatezza di quanto denunziato dal difensore della ricorrente. La richiesta di archiviazione accolta con il decreto sopra indicato non aveva ad oggetto i fatti che vedevano la G quale persona offesa dekreati di diffamazione e calunnia. Il decreto di archiviazione adottato dal G.I.P. dei Tribunale di Venezia in data 30 novembre 2012, in conformità alla richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero, era relativo ai reati di diffamazione a mezzo stampa e calunnia commessi, mediante la distribuzione e affissione di volantini presso il Tribunale di Busto Arsizio, nei confronti dei magistrati P., M., M. e M E nella richiesta di archiviazione espressamente si è dato conto della formazione di un separato fascicolo, per procedere per i fatti in relazione ai quali persone offese dei reato di diffamazione sono i magistrati di Busto Arsizio G e D., i quali hanno proposto querela in relazione a due distinte ipotesi di diffamazione la prima realizzata attraverso la diffusione di volantini presso il Tribunale di Busto Arsizio e la seconda attraverso la diffusione di una videointervista sul sito YouTube . Emerge, altresì, dagli atti che, rispetto a tali fatti, come si è detto espressamente esclusi dalla richiesta di archiviazione, il pubblico ministero presentava istanza di sequestro preventivo di video pubblicati sul sito YouTube in data 16 marzo 2013 e depositava in data 29 luglio 2013 avviso di conclusione delle indagini ex articolo 415 bis cod. proc. pen. a carico dei B., per le ipotesi di diffamazione aggravata ai danni dei magistrati D. e G. È dei tutto evidente allora che il decreto di archiviazione sopra citato non possa produrre alcun effetto preclusivo in merito a fatti espressamente esclusi dalla richiesta di archiviazione e, peraltro, riguardanti persone offese diverse da quelle dei fatti oggetto della richiesta del Pubblico Ministero ai sensi dell'art. 408 cod. proc. pen Infatti, ai fini della preclusione connessa al principio dei ne bis in idem , l'identità dei fatto sussiste solo quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione dei reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi condotta, evento, nesso causale e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona. Non si può dunque ritenere operante la preclusione di cui all'art. 649 cod. proc. pen. se i fatti riguardano persone offese diverse. 4. Fondati, infine, devono ritenersi i rilievi del difensore della ricorrente in ordine alla violazione dell'art. 649 cod. proc. pen. in relazione all'articolo 414 dello stesso codice, ove si consideri che il provvedimento di archiviazione sopra indicato certamente non può ritenersi preclusivo dell'instaurazione di un secondo giudizio riguardante fatti sopravvenuti rispetto all'adozione dei decreto di archiviazione in tal senso si ha riguardo ai fatti di cui all'articolo 612 bis cod.pen. e di calunnia, commessi a Varese e mai contestati al B. prima della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini del 29 dicembre 2014 e della richiesta di rinvio a giudizio. 5. La sentenza impugnata va quindi annullata per i rappresentati vizi di violazione di legge, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Venezia, sezione G.U.P., il quale dovrà attenersi ai principi di diritto sopra indicati. In caso di diffusione dei presente provvedimento devono essere omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 d.lgs 195/03. P.Q.M. La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Venezia, ufficio dei G.U.P., per nuovo esame. In caso di diffusione dei presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 d.lgs 195/03, in quanto imposto dalla legge.