Quali i vincoli per il riconoscimento della continuazione durante l’esecuzione della pena? Tocca alle Sezioni Unite

I giudici propendono per la soluzione già prevalente in sede di processo di cognizione in appello il giudice può apportare per uno dei reati satelliti una determinazione maggiore della pena, pur non irrogando una complessiva pena maggiore. Vale anche in fase esecutiva? La soluzione opposta e minoritaria il giudice non può aumentare le pene per ogni singolo reato satellite.

Così la Cassazione, Prima Sezione Penale, n. 34205/2016, depositata il 3 agosto. Il fatto processuale. Giudice di sorveglianza rideterminava la pena a carico di un condannato da più sentenze in materia di traffico di sostanze stupefacenti, ritenuta integrata la continuazione fra reati ex artt. 81 c.p. e 671 c.p.p. La dosimetria della nuova pena applicata, complessivamente inferiore al trattamento sanzionatorio originario irrogato in assenza di riconoscimento della continuazione, ragguagliava la pena di uno dei reati satelliti in misura maggiore a quella originariamente applicata. Il giudice, in breve, avrebbe rideterminato la pena, a detta del ricorrente, superando il divieto della reformatio in peius per uno dei reati satelliti. La prima sezione consta la distonia giurisprudenziale in ordine al riconoscimento della continuazione in fase esecutiva, che per il ricorrente imporrebbe un trattamento più favorevole per l’imputato per tutte le pene inflitte per ciascuno dei reati uniti nel vincolo. La parola alle Sezioni Unite. L’ipotesi più favorevole per l’imputato. La continuazione impone un trattamento sanzionatorio più favorevole per ognuno dei reati uniti nel vincolo della continuazione. Fatta premessa che in ogni caso il riconoscimento della continuazione ex art. 671 c.p. importa una determinazione della pena non superiore alla somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o decreto, il giudice non avrebbe il potere di rettificare aumentando le pene per i singoli reati accertati. La ragione sta nel favor per il condannato dell’istituto della continuazione, che impedirebbe di poter applicare trattamenti sanzionatori peggiorativi per ogni singolo reato, pur fatta salva la premessa di cui sopra. Lo spirito della continuazione, in breve, impedirebbe effetti peggiorativi per l’imputato, per ogni componente dell’operazione sommatoria che conduce alla determinazione della pena finale. L’ipotesi più sfavorevole per l’imputato. Gli effetti benefici della continuazione operano solo a valle” della sommatoria che conduce al nuovo e definitivo trattamento sanzionatorio. Va invece appurata la sempre più riconosciuta ampiezza dei poteri cognitivi – pur eccezionali - del giudice dell’esecuzione, cui non possono essere indebitamente sottratti i margini rivalutativi della pena per ogni singolo reato accertato. Inoltre, pare propendere per la soluzione un solido argomento letterale. L’art. 671, comma 2, c.p.p. fissa un solo limite testuale la pena va determinata in misura non superiore alla somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o ciascun decreto. Il giudice allora, individuata la violazione più grave cui far vertere l’applicazione dell’istituto, può dunque quantificare un aumento della pena per i reati satelliti, purchè la sommatoria finale della pena non ecceda quella originaria. Vi è un ulteriore efficace argomento, supportato dalla Prima sezione in commento. Già in ordine al riconoscimento della continuazione in corso di processo di cognizione, il giudice del gravame può apportare per uno dei reati satelliti una determinazione maggiore della pena, pur non irrogando una complessiva pena maggiore. Siffatta valutazione resiste anche in fase di esecuzione. Tuttavia, rilevata la permanenza del conflitto giurisprudenziale, i giudici preferiscono rinviare alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 618, comma 1, c.p.p

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 22 giugno – 3 agosto 2016, n. 34205 Presidente Vecchio – Relatore Minchella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 26 giugno 2015 la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice della esecuzione, in accoglimento della richiesta dei condannato B.N. ha riconosciuto la continuazione tra i reati in materia di stupefacenti giudicati dalla stessa Corte territoriale con sentenze dei 5 ottobre 2011 di condanna a sette anni, otto mesi di reclusione ed euro novemila di multa e dei 4 ottobre 2013 di condanna a sei anni di reclusione ed euro ventiduemila di multa , e ha, quindi, rideterminato la pena complessivamente irrogata colle due sentenze in tredici anni, otto mesi di reclusione ed euro trentunomila di multa , riducendola a undici anni, otto mesi di reclusione ed euro undicimila di multa. Il giudice della esecuzione - per quanto qui rileva - dopo aver stabilito la pena base, ha applicato a titolo di aumento per la continuazione al netto della riduzione per il rito abbreviato la pena di due anni di reclusione e mille euro di multa per ciascuno dei due delitti, giudicati colla più recente sentenza dei 4 ottobre 2013. 2. II condannato ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, avv. Leopoldo Perone, mediante atto s.d., depositato il 20 luglio 2015, col quale ha dedotto, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. b , c ed e , cod. proc. pen., violazione e falsa applicazione degli artt. 81 cod. pen., 597 e 671 cod. proc. pen., nonché mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione. Il ricorrente si duole esclusivamente della dosimetria della pena in relazione agli aumenti per la continuazione applicati per i due soli delitti giudicati colla sentenza del 4 ottobre 2013. 2.1. Col primo motivo di ricorso il difensore, con riferimento al delitto, di cui al capo 62 già ritenuto in continuazione nella ridetta sentenza quale reato satellite , lamenta che il giudice della esecuzione ha applicato I' aumento della pena detentiva due anni di reclusione in misura superiore all'aumento di un anno e quattro mesi di reclusione che detratta la riduzione del rito abbreviato era stato irrogato dal giudice della condanna. Denunzia, pertanto, la violazione dei divieto della reformatio in peius sostiene che il riconoscimento della continuazione deve comportare la riduzione non solo dei trattamento sanzionatorio finale, ma anche di tutte le pene inflitte per ciascuno dei reati uniti nel vincolo e stigmatizza che la Corte territoriale ha limitato surrettiziamente i vantaggi derivanti dalla riconosciuta continuazione. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso il difensore, premettendo che per tutti e sei i reati satellite, giudicati colla sentenza dei 5 ottobre 2011, l'aumento per la continuazione era stato contenuto complessivamente in un anno e sei mesi di reclusione, censura che il giudice della esecuzione affatto illogicamente e contraddittoriamente - a ogni modo senza dar conto delle ragioni della dosimetria della pena - ha irrogato per gli ulteriori due reati satelliti , giudicati colla ridetta sentenza dei 4 ottobre 2013, aumenti in misura sensibilmente superiore, mentre detti delitti risultavano palesemente meno gravi rispetto ai primi sei, in quanto non era stata contestata la aggravante della ingente quantità ed era stata esclusa quella di cui all'art. 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito dalla legge 12 luglio 1991, n. 203. Considerato in diritto 1. Deve in limine rilevarsi che non costituisce oggetto del ricorso la determinazione dei reato più grave e della relativa pena, ai sensi dell'art. 187, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., né la commisurazione degli aumenti, a titolo di continuazione, per gli altri delitti giudicati colla sentenza del 5 ottobre 2011. Per vero, impropriamente il giudice della esecuzione ha fatto riferimento alla pena base di sette anni, otto mesi di reclusione ed euro novemila di multa mentre si tratta - alla evidenza - della pena finale irrogata colla ridetta sentenza, pari alla somma della pena base e degli aumenti per la continuazione interna. Sicché deve supporsi che la Corte territoriale abbia inteso tenere fermi, una volta stabilito il delitto base, gli aumenti per la continuazione commisurati dal giudice della condanna colla sentenza in parola. 2. Il primo motivo di ricorso solleva la quaestio iuris, affatto controversa, se il giudice della esecuzione, in sede di applicazione della disciplina del reato continuato ai sensi dell'art. 671, commi 1 e 2, cod. proc. pen. - fatta, beninteso, salva la determinazione della pena in misura non superiore alla somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o con ciascun decreto - possa applicare gli aumenti di pena per taluni dei reati satelliti già ritenuti con le sentenze di condanna, ovvero divenuti tali per effetto dei riconoscimento della continuazione in misura superiore alle pertinenti sanzioni inflitte dal giudice della condanna. In proposito la giurisprudenza di legittimità non è concorde. 2.1. Orbene, secondo un primo orientamento, il giudice della esecuzione, nella determinazione dei trattamento sanzionatorio che consegue al riconoscimento della continuazione ferma la determinazione del reato più grave ai sensi dell'art. 187, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. , è soggetto all'ulteriore doppio limite costituito a quanto al trattamento sanzionatorio finale, dalla somma delle pene inflitte con ciascuna sentenza o con ciascun decreto b quanto agli aumenti di pena per i reati satelliti, dalle pene pertinenti alle specifiche violazioni, irrogate per ogni singolo reato nelle rispettive condanne. In altri termini il giudice della esecuzione, pur riducendo la pena finale complessiva, non ha, tuttavia, il potere di rettificare in aumento le pene inflitte per le singole fattispecie criminose Sez. 1, n. 3276 del 21/12/2015, dep. 2016, Di Girolamo, Rv. 265909 Sez. 1, n. 44240 del 18/06/2014, Palaia, Rv. 260847 Sez. 1, n. 1138 del 24/02/1998, Greco, Rv. 210247 Sez. 1, n. 5336 del 29/09/1997, Giugliano, Rv. 208592 Sez. 1, n. 3745 del 31/05/1996, Pistone, Rv. 205341 Sez. 1, n. 72 del 13/01/1992, Frigato, Rv. 189142 . Siffatta conclusione è argomentata - anche in consapevole contrasto con l'opposto indirizzo, v. infra 2.2 - sulla base della considerazione che la natura di istituto favorevole al reo della disciplina della continuazione può giustificare il superamento in executivis dei giudicato sulla misura della pena irrogata da ogni singola sentenza, soltanto a vantaggio, e non in pregiudizio, dei condannato, al quale è in definitiva demandata l'individuazione dei titoli di condanna relativi ai reati che egli ha interesse a includere nella richiesta di riconoscimento della continuazione, sulla base di una valutazione fondata sulla legittima aspettativa dell'intangibilità - in peius - del giudicato formatosi sul trattamento sanzionatorio inflitto in forza delle sentenze di condanna in concreto sottoposte al vaglio dei giudice dell'esecuzione Sez. 1, Palaia, cit. . 2.2. Secondo il contrario orientamento, invece, alla stregua del letterale tenore dell'art. 671, comma 2, cod. proc. pen., l'unico limite da osservare nella rideterminazione delle pena per i reati in continuazione è quello della somma delle pene inflitte con ciascuna sentenza , come per l'appunto espressamente stabilito dalla ridetta disposizione. In proposito la giurisprudenza ha argomentato che, in relazione ai reati satelliti, non trova applicazione il divieto della reformatio in peius del trattamento sanzionatorio mentre, attesa l'ampiezza dei poteri cognitivi riconosciuti in via eccezionale al giudice dell'esecuzione , è legittimo che, nel determinare la pena complessiva conseguente all'applicazione della continuazione , il giudice possa - una volta individuata la violazione più grave - quantificare l'aumento per taluni dei reati satelliti anche in misura superiore alla pena originariamente inflitta per quei reati , sempre che il risultato finale dell'operazione non dia luogo al superamento del summenzionato limite fissato dalla legge della somma delle pene inflitte con ciascuna sentenza o decreto Sez. 3, n. 23949 del 29/04/2015, Susto, Rv. 263848 Sez. 1, n. 5832 dei 17/01/2011, Razzaq, Rv. 249397 Sez. 1, n. 48833 del 09/12/2009, Galfano, Rv. 245889 Sez. 1, n. 12704 del 06/03/2008, D'Angelo, Rv. 239376 Sez. 1, n. 31429 del 08/06/2006, Serio, Rv. 234887 Sez. 1, n. 32277 del 25/02/2003, Mazza, Rv. 225742 Sez. 1, n. 4862 del 06/07/2000, Basile, Rv. 216752 Sez. 1, n. 5826 del 22/10/1999, dep. 2000, Buonanno, Rv. 214839 Sez. 1, n. 1663 del 26/02/1997, Spinelli, Rv. 207692 e Sez. 1, n. 2772 del 08/05/1995, Cannavò, Rv. 202085 . 2.3. Tale orientamento il Collegio ritiene di dover condividere alla luce di plurime considerazioni. Innanzi tutto la evoluzione giurisprudenziale v. da ultimo Sez. U, Gatto ha accentuato e valorizzato l'ampiezza dei poteri cognitivi del giudice dell'esecuzione, già apprezzata dalla sentenza Sez. 1, Serio, cit. . In secondo luogo non sembra esatta l'obiezione dell'indirizzo avversato, che trae argomento dalla considerazione della legittima aspettativa [nutrita dal condannato] dell'intangibilità - in peius - dei giudicato , in quanto la disposizione dell'art. 671, comma 2, cod. proc. pen. pone il condannato assolutamente al riparo dal pericolo di ogni più gravoso trattamento sanzionatorio finale. E, infine, deve escludersi la pertinenza del richiamo al generale divieto della reformatio in peius con riferimento alla rideterminazione degli aumenti di pena per i reati satelliti. Le Sezioni Unite hanno, infatti, fissato il principio di diritto secondo il quale, allorché nel giudizio di cognizione venga a essere mutata la struttura del reato continuato , il divieto in parola non è violato se il giudice del gravame apporta per uno dei fatti unificati dall'identità dei disegno criminoso un aumento maggiore rispetto a quello ritenuto dal primo giudice, pur non irrogando una pena complessivamente maggiore Sez. U, n. 16208 del 27/03/2014, C, Rv. 258653 . E analogamente in executivis il riconoscimento, ai sensi dell'art. 671, comma 1, cod. proc. pen., del vincolo tra uno o più reati satelliti, già ritenuti avvinti nel medesimo disegno criminoso nel pertinente provvedimento di condanna , e la violazione più grave giudicata con diversa pronuncia , comporta innegabilmente la ristrutturazione della continuazione. Sicché ferma la osservanza dei limite stabilito dal comma 2 dei ridetto articolo il giudice della esecuzione - senza alcuna indebita lesione della cosa giudicata e nel legittimo esercizio dell'ampia potestà pacificamente riconosciutagli in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio - è certamente abilitato a elevare l'aumento di pena relativo a uno o più dei reati satelliti, proprio nel mentre i medesimi per effetto della applicazione della disciplina del reato continuato vengono inseriti nell'orbita di una differente violazione più grave art. 187, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. , la quale costituisce la nuova base di riferimento per la determinazione - nel genere e nella quantità - dell'aumento di pena. 2.4. Tanto premesso, la Corte, tuttavia, reputa di dover piuttosto che deliberare sentenza in consapevole contrasto col primo degli indirizzi censiti provvedere ai sensi dell'art. 618, comma 1, cod. proc. pen. I! rilevato contrasto giurisprudenziale già, peraltro, segnalato dal Massimario con relazione n. 130 dei 30 ottobre 2000 si prospetta ormai risalente nel tempo, radicato, attuale e puro fronte dei recente arresto, Sez. 1, Palaia, che ne ha fatto oggetto di specifica disamina affatto irriducibile. E, pertanto, allo scopo di dirimerlo, si rende inevitabile la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite sul quesito che segue se il giudice della esecuzione nella ntetexm/nauione della pena complessiva finale in dipendenza de/ riconoscimento della continuazione - una volta indivíduata la violazione più grave e fatto salvo il contenimento del trattamento sanzionatorio entro il limite della somma delle pene inflitte con ciascuna condanna, come stabilito dall'art. 671, comma 2, coo proc pen. - possa quantificare l'aumento per un determinato reato satellite in misura superiore all'aumento originariamente applicato per quel reato . P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.