La misura cautelare reale perde efficacia se non viene disposta la confisca anche se la condanna non è definitiva

Il sequestro preventivo, avente carattere provvisorio e cautelare, non può essere mantenuto dopo la sentenza di condanna se non è stata disposta la confisca. La ratio legis dell’art. 323, comma 3, c.p.p., è nel senso di non escludere l’esecutività immediata dei provvedimenti restitutori dei beni vincolati da sequestro preventivo quando si sia in presenza di una sentenza di condanna non definitiva avendo piuttosto condizionato l’efficacia del sequestro alla disposta confisca, così sancendo la piena specularità tra ablazione provvisoria e ablazione giudiziale e postulando l’inefficacia, id est caducazione della prima, laddove non supportata dalla confisca, altro significato non potendo avere, nella sua univoca accezione semantica, il predicato verbale gli effetti del sequestro permangono” parametrato alla confisca delle cose sequestrate.

Questo l’importante principio di diritto affermato dal Tribunale del riesame di Catania, con l’ordinanza del 31 maggio 2016 che si inserisce all’interno di una complessa vicenda la quale ha visto coinvolto un noto imprenditore e, in punto di diritto, di un’annosa quaestio iuris ancora controversa in giurisprudenza, con blocchi interpretativi in cui si innestano anche arresti di derivazione sovrannazionale della Corte europea dei diritti dell’uomo. Una vicenda complessa. Ai fini di un corretto inquadramento della vicenda giova ripercorrere l’ iter processuale culminato nella statuizione che ha definito il giudizio di gravame e nei successivi provvedimenti di sequestro. In primo grado l’imputato veniva condannato per appartenenza all’associazione mafiosa e, ai sensi dell’art. 416- bis , comma 7, c.p., veniva ordinata la confisca obbligatoria nella quota ideale del 15% delle quote societarie in giudiziale sequestro appartenenti allo stesso, a società in cui questi sia socio ed a società partecipate, in tutto o in parte, da queste ultime, nonché nella stessa misura percentuale, di tutti i beni appartenenti a tutte le società predette. La Corte di appello di Catania invece condannava l’imprenditore anche per altre condotte legate all’apertura di altri centri commerciali gestiti con il clan mafioso e, oltre ad aumentare l’entità della pena inflitta, estendeva la confisca alle quote societarie e ai beni già sottoposti a sequestro preventivo da parte del GIP. La cd. confisca allargata. Il Tribunale del riesame di Catania annullava i decreti di sequestro preventivo, affrontando la questione cruciale legata alla possibilità per il giudice di appello, dopo la pronuncia della sentenza di condanna che ha disposto la confisca ex art. 416- bis , comma 7, c.p., unicamente su determinati beni, di procedere al sequestro di ulteriori beni in previsione di un’ulteriore e più grave confisca, seppur obbligatoria, da adottare anche ai sensi dell’art. 12- sexies d.l. n. 306/1992 la c.d. confisca allargata che il giudice penale deve disporre in caso di condanna per alcuni reati particolarmente gravi e che ha come oggetto il denaro, i beni o le altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, o alla propria attività economica . Divieto di reformatio in pejus. La risposta del Giudice cautelare fu negativa in quanto l’estensione della confisca atipica all’85% del residuo patrimonio non confiscato in prime cure finisce per vanificare ogni distinzione tra la disciplina della confisca di cui al d.l. 306/1992 e la confisca di prevenzione attribuendo al giudice dell’esecuzione compiti di accertamento tipici del giudizio di cognizione dilatando onnicomprensivamente il sequestro anche a beni ulteriori e diversi rispetto a quelli confiscati, infatti, la presunzione di illecita accumulazione opera svincolandosi dall’esito del giudizio di gravame e da qualsiasi accertamento preliminare con illegittima espansione dell’ambito delle attribuzioni del giudice dell’esecuzione, che di fatto opera quale giudice della prevenzione e comunque superando la preclusione processuale del giudizio di cognizione , oltre ad essere in contrasto con il principio devolutivo e con divieto di reformatio in pejus di cui all’art. 597 c.p.p Annullamento con rinvio anche della confisca di prevenzione . La Suprema Corte annullava la sentenza della Corte di appello di Catania senza rinvio limitatamente alla confisca ex art. 12- sexies d.l. n. 306/1992 poiché il giudizio di primo grado si era concluso senza l’applicazione di suddetta misura e, in mancanza dell’impugnazione del pubblico ministero, al giudice di appello non era consentito disporre il sequestro preventivo antimafia. Inoltre la Cassazione annullava la confisca ex art. 416- bis , comma 7, c.p., ma con rinvio rilevando il deficit motivazionale in punto di rigorosa dimostrazione del quantum ” confiscabile. Al giudice del rinvio è stata così demandata una nuova valutazione orientata non già alla selezione della consistenza numerica dei beni in sequestro ma della loro connotazione qualitativa” con esclusione del compendio confiscabile dei beni indenni da pertinenzialità alla condotta di associazione mafiosa, per cui vi era stata condanna dell’imprenditore, potendo essere disposta secondo la vincolante indicazione del Giudice di legittimità, unicamente la confisca descritta dall’art. 416- bis , comma 7 c.p Recepimento del dictum della Cassazione. Ecco che entriamo nel cuore della questione sottoposta al Tribunale del Riesame etneo. Infatti, la Corte di appello di Catania, dopo la sentenza della Cassazione, revocava i decreti di sequestro preventivo emessi dalla stessa limitatamente ai beni e alle quote societarie intestati a soggetti diversi dall’imprenditore disponendone l’immediata restituzione agli aventi diritto. Con la stessa ordinanza veniva differita l’esecutività dell’ordine di restituzione e delle quote societarie intestate all’imputato, di cui alla sentenza della Corte di appello di Catania, da ultimo pronunciata in data 8.10.2015, al momento del passaggio in giudicato della sentenza. Appelli cautelari. A questo punto sia la Procura Generale che la difesa dell’imputato proponevano tempestivo gravame. La Procura Generale sosteneva in particolare, 1 la violazione di legge in relazione al dettato di cui all’art. 323, comma 3, c.p.p. che nell’ipotesi di sentenza non irrevocabile di condanna, precluderebbe l’esecutività immediata dei provvedimenti restitutori dei beni sottoposti a sequestro preventivo, anche laddove non ne sia disposta la confisca, salvo che le esigenze cautelari del vincolo non siano cessate 2 che l’ordinanza restitutoria sarebbe stata emessa in violazione del giudicato cautelare in quanto il Tribunale del riesame catanese aveva rigettato l’appello proposto dall’imputato avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di restituzione dei beni proposta a seguito della suindicata sentenza della Cassazione di annullamento parziale della sentenza di appello senza rinvio quanto alla confisca ex art. 12- sexies d.l. 306/1992 e con rinvio quanto alla confisca ex art. 416- bis , comma 7, c.p Niente violazione di legge Il Tribunale del riesame ha rigettato il ricorso della Procura Generale ritenendo che è stato chiaro l’ammonimento del Giudice di legittimità che ha scartato del tutto l’applicabilità del sequestro preventivo in funzione della confisca allargata di cui all’art. 12- sexies d.l. n. 306/1992 nei confronti di terzi estranei alla commissione del reato, così caducando tale sequestro essendo la relativa statuizione di annullamento senza rinvio. Dunque, per quanto attiene alle ordinanze restitutorie in favore dei terzi non condannati” non può farsi questione né di violazione di legge, né di giudicato cautelare essendo l’effetto restitutorio congruo e coerente all’indicazione della pronuncia rescindente perimetrando la confisca ai beni del condannato legati da nesso di pertinenzialità ai fatti giudicati e all’esito del processo ad personam . né del giudicato cautelare. Illuminanti anche i passaggi nei quali i Giudici del Riesame ritengono inconferente il richiamo alla preclusione del giudicato cautelare stante l’evidente recessività, rispetto alla pronuncia emessa in sede di rinvio, delle pronunce della fase camerale incidentale, mutilata, quanto agli esiti decisori, da ontologica provvisorietà e comunque, relativamente ai terzi non condannati, soverchiata dalle pronunce del Giudice di legittimità e del giudice di rinvio. Immediata restituzione dei beni. Il Tribunale del riesame ha invece accolto il ricorso dell’imprenditore nella parte in cui deduceva la violazione di legge, ai sensi dell’art. 323 c.p.p., dell’ordinanza della Corte di appello di Catania di rigetto dell’istanza di restituzione di beni di pertinenza dell’imprenditore non soggetti a confisca sul rilievo che la non definitività della sentenza di condanna osta all’immediata esecutività dei provvedimenti restitutori. Conflitto interpretativo. In effetti, l’esegesi dell’art. 323 c.p.p., sul punto, ha dato luogo ad un conflitto nella giurisprudenza di legittimità. Secondo un primo orientamento, recepito dalla Corte di appello, in tema di misure cautelari reali, quando sia intervenuta una sentenza non irrevocabile di condanna deve escludersi l’esecutività immediata dei provvedimenti restitutori dei beni sottoposti a sequestro preventivo anche nell’ipotesi in cui non ne sia stata disposta la confisca Sez. V, n. 45251/2012 , essendo comunque necessario il previo accertamento della persistenza delle esigenze di cautela reale . Secondo altro orientamento invece, il sequestro preventivo ha per sua natura carattere provvisorio e cautelare e non può quindi essere mantenuto dopo la sentenza di condanna perché il provvedimento perde efficacia con la pronuncia della suddetta decisione Sez. III, n. 32714/2015 . Stretto collegamento tra sequestro e confisca. Aderisce a tale ultimo filone interpretativo il Tribunale del Riesame di Catania per il quale, diversamente da quanto argomentato dalla Corte di appello, il legislatore non ha escluso in modo espresso l’esecutività immediata dei provvedimenti restitutori dei beni vincolati da sequestro preventivo quando si sia accertata una sentenza di condanna non definitiva, avendo piuttosto condizionato l’efficacia del sequestro alla disposta confisca, così sancendo la piena specularità tra ablazione provvisoria e ablazione giudiziale e postulando la caducazione della prima, laddove non supportata dalla confisca, altro significato non potendo avere, nella sua unica accezione semantica, il predicato verbale gli effetti del sequestro permangono” parametrato alla confisca delle cose sequestrate. Interpretazione conforme alla Cedu. Tale interpretazione è quella che si concilia meglio con gli approdi cui è giunta la Corte europea dei diritti dell’uomo che nelle sentenze Sud Fondi contro Italia del 20 gennaio 2009 e Varvara contro Italia del 29 ottobre 2013 nei quali i giudici di Strasburgo aderiscono ad una concezione sostanziale” di sanzione penale quella avente connotazione repressiva e punitiva e come tale presuppone un accertamento anche sull’elemento psicologico del reato . In estrema sintesi, per poter disporre legittimamente la confisca avente funzione di pena ai sensi dell’art. 7 Cedu è necessario il pronunciamento di un giudice che abbia sostanza di condanna . Si supera così la truffa delle etichette” allorquando si continua ad affermare che la confisca è una sanzione amministrativa e non penale, essendo certo che presenti un sicuro margine di afflittività. Rilievi conclusivi. Il Tribunale del Riesame conclude affermando che mantenere, come nel nostro caso, l’ablazione di beni non confiscati perché non avvinti da nesso di pertinenzialità al reato per cui vi è stata condanna e come tali non costituenti il prezzo, il prodotto, il profitto o l’impiego del reato come recita il comma 7 dell’art. 416- bis c.p. implica un’ingiustificata e illimitata compressione del diritto di proprietà, pena per violazione sia dell’art. 7 Cedu sia dell’art. 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione, così creando i presupposti per un congelamento di quanto in sequestro non giustificato dal collegamento ad una condotta per cui vi sia stato accertamento di colpevolezza. Anche perché, di recente, la Corte europea ha affermato che il sequestro preventivo, finalizzato ad una confisca per equivalente nella fattispecie , nell’ambito di un processo penale, è lecito se, oltre ad avere una base legale, risponde ad un interesse pubblico e rispetta un giusto equilibrio tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito dalle misure applicate dallo Stato, comprese queste restrizioni. Se manca anche uno solo di questi elementi è un’arbitraria ed illecita interferenza nei diritti dell’interessato CEDU sez. II nel caso Džinič c. Croazia del 17 maggio 2016 . Anche sotto il profilo del rispetto del principio di proporzionalità l’interpretazione seguita dal Tribunale del Riesame di Catania è da condividere.

Tribunale di Catania, sez. V Penale, ordinanza 11 – 31 maggio 2016 Presidente/Estensore Vagliasindi Fatto e diritto Esaminati gli atti del procedimento camerale iscritto al n. 238/15 RIMC cui sono riuniti i procedimenti iscritti ai nn. 242/ 15 RIMC e 2/ 16 RIMC relativi rispettivamente agli appelli proposti al Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catania avverso le ordinanze in data 5/ 11/ 2015 e 24/ 12/ 2015 della Corte dì Appello di Catania Il sezione penale procedimenti nn. 238/ 15 e 2/ 16 RIMC e dai difensori nell' interesse di nato a avverso l'ordinanza della Corte di Appello di Catania in data 5/ 111 2015 procedimento n. 2421 15 RIMC e sciogliendo la riserva di cui all'udienza dell' 11 / 5/ 2016 osserva quanto segue con ordinanza della Corte di Appello di Catania in data 5/ 11/ 2015 sono stati revocati i decreti di sequestro preventivo emessi dalla stessa Corte di appello in data 6/ 5i 2013 e 14/5/ 2013 limitatamente e ai beni e alle quote societarie intestati a soggetti diversi da e. per l'effetto, ne è stata ordinanza l'immediata restituzione agli aventi diritto. Con la stessa ordinanza è stata differita l'esecutività dell'ordine di restituzione e delle quote societarie intestate a , di cui alla sentenza della Corte di Appello di Catania in data 8/ 10% 2015, al momento del passaggio in giudicato della sentenza. Avverso tale ordinanza ha proposto tempestivo gravame il Procuratore Generale deducendo violazione di legge in relazione al disposto di cui al] ' articolo 323 comma III c.p.p, violazione del principio di preclusione del giudicato cautelare, contraddittorietà della motivazione. 11 Procuratore Generale ha dedotto che l'impugnata ordinanza è stata emessa in violazione del disposto di cui all' articolo 323 c,p.c. che, nell'ipotesi di sentenza non irrevocabile di condanna, preclude l'esecutività immediata dei provvedimenti restitutori dei beni sottoposti a sequestro preventivo, anche laddove non ne sia stata disposta la confisca, salvo che le esigenze cautelari giustificative del vincolo non siano cessate che, comunque, l'ordinanza restitutoria era stata emessa in violazione del giudicato cautelare di cui all'ordinanza del Tribunale del Riesame in data 26/ 3/ 2015 che aveva rigettato l'appello proposto da avverso l'ordinanza di rigetto dell' istanza di restituzione dei beni proposta a seguito della sentenza della Corte di Cassazione di annullamento parziale della sentenza di Appello, senza rinvio, quanto ai beni in sequestro ex art 12 sexies legge 7 agosto 1992, e, con rinvio, quanto alla confisca ex art 416 settimo comma c.p.p. Sostiene, in particolare, il Pg, a tale specifico riguardo, con il proposto gravame, che la riconducibìlità all'appellante dei beni appartenenti a terzi e la disponibilità di detti beni in capo allo M è dato acquisito nel procedimento cautelare in forza di pronunce coperte dalla preclusione del giudicato cautelare sulle quali in alcun modo la pronuncia della Cassazione ha inciso . Del resto i provvedimenti che hanno disposto il sequestro dei beni appartenenti a terzi ma riconducibili allo 4M e niella disponibilità dello stesso non consentono di distinguere per ciascun bene il titolo giustificativo individuando per tutti i beni in esame il presupposto della pertinenzialità al reato associativo, trattandosi di beni che sono serviti o sono stati destinati a consentire all'imputato la partecipazione all ' associazione mafiosa clan L. nei termini descritti ne sono stati il prezzo, il prodotto, i profitto ne hanno costituito l'impiego. L'accertamento dei gravi indizi di pertinenzialità, frutto di valutazioni in fatto puntuali che hanno superato il vaglio del Gip decreti 28/91 2201. 291912001 del Tribunale del Riesame ordinanza 22/ .101 2001 della Corte di Cassazione sentenza del n. 10575/ 2002 della Corte di Appello 6/51 2013 e 1415120131 nonché nuovamente del Tribunale del Riesame 12/ 12/6,12013 , non può ritenersi venuto meno a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione che ha annullato la statuizione di confisca rinviando alla Corte di Appello per una puntuale motivazione in relazione all' accertamento pieno della pertinenzialità dei singoli beni, presupposto necessario per la definitiva confisca'. Con il proposto gravame il Procuratore appellante ha, altresì, criticato l'impugnata ordinanza denunciandone l'intrinseca contraddittorietà avendo la Corte, per un verso, disposto la restituzione dei beni sequestrati a terzi intestatari e, per altro verso, affermato che l' articolo 323 c.p.p. prevede la perdita di effìcacia della misura cautelare reale soltanto allorché i' intero procedimento penale si sia definitivamente concluso con la pronuncia della sentenza di condanna e, tuttavia, non sia stata disposta la confisca delle cose sottoposte a sequestro preventivo donde la mancata restituzione a dei beni sottoposti a sequestro preventivo e non confiscati dovendosi considerare che la misura della confisco alla quale è preordinato il sequestro preventivo può intervenire in caso di confisca obbligatoria anche in sede esecutiva . Motivi in tutto sovrapponibili a quelli testè enunciati il Procuratore Generale ha sviluppato con altro atto di appello proposto avverso altra ordinanza della Corte di Appello in data 24/ 12/ 2015 con la quale, ad integrazione della pregressa ordinanza in data 5/ 11/ 2015, sono stati individuati quali ulteriori beni da restituire la somma di euro 118.932,15 in favore di ed i beni mobili ed immobili di pertinenza delle società le cui quote sono tate restituite a , di cui agli allegati 7, 8, 9, 10 della relazione del custode giudiziario lei 20/ 11/ 2015, allegati al decreto. Anche tale provvedimento integrativo, secondo la prospettazione del PG, sarebbe affetto dai medesimi vizi che inficiano l'ordinanza parzialmente restitutoria del 5/ 11/ 2015. Avverso 1 ordinanza del 5/ 11/ 2015 ha proposto tempestivo gravame anche la difesa dell'imputato affidando I' impugnazione al centrale rilievo di immediata inefficacia del sequestro preventivo preordinato alla confisca laddove, come nel caso in specie, con la sentenza di condanna non sia stata disposto il provvedimento ablatorio e, per l'effetto, di immediata esecutività dell' effetto restitutorio, che è anche incondizionato. La difesa ha, in particolare, richiamato, a sostegno del proprio assunto, l'orientamento giurisprudenziale che ha sostenuto la perdita di efficacia del sequestro se non viene disposta la confisca sul duplice rilievo che il dato testuale dell' articolo 323 comma 3 c.p.p. se è pronunciata sentenza di condanna gli effetti del sequestro permangono quando è stata disposta la confisca delle cose sequestrate è chiaro nella parte in cui subordina il mantenimento del sequestro preventivo alla disposta confisca delle cose sequestrate e non più alle esigenze cautelare di cui all'articolo 321 c.p.p. comma 1 e che costituirebbe, comunque, un inutile sacrificio di beni non confiscabili nemmeno in astratto dilazionarne l'inevitabile restituzione al passaggio in giudicato della sentenza in tal senso Cass. Sez. II 16 aprile 2015 n. 32714 . Ad ulteriore supporto del proprio gravame la difesa ha dedotto il carattere speculare del vincolo adottato ai sensi dell' art 321 c.p.p. comma 2 rispetto alla misura ablativa trattandosi di sequestro destinato ad assicurare l'esecuzione del provvedimento di confisca con la conseguente coincidenza tra il perimetro dei beni sequestrabili e quello dei beni confiscabili, sicchè una condanna, seppur non definitiva, comporta la restituzione immediata di quei beni, già in sequestro, che non siano stati sottoposti a confisca. E' stato anche argomentato, nel!' atto di appello, che non avrebbe senso il mantenimento di un vincolo cautelare per dei beni per i quali il giudice di merito ha escluso l'ammissibilità della confisca e che si tratterebbe di una misura cautelare priva di giustificazione razionale e, come tale, contrastante con la tutela della proprietà risultante. sia dai principi costituzionali , sia dall'art 1 del primo Protocollo Addizionale alla Convenzione EDU. Decisivo, poi, secondo la difesa, ai fini dell'accoglimento del proposto gravame, il rilievo che 'la possibilità del!' applicazione della confisca in sede esecutiva deve sicuramente essere esclusa quando, come nel caso in specie, il giudice del merito abbia considerato ex professo la questione della confisca adottando statuizioni incompatibili con un' indifferenziata estensione del patrimonio confiscabili a beni ulteriori e diversi da quelli individuati all'esito dei vari giudizi he si erano susseguiti . Infine, anche a voler accedere all'orientamento che condiziona l'effetto restitutorio ad una sentenza definitiva, non ricorrerebbero nella specie le esigenze cautelari giustificative del mantenimento della misura cautelare reale. Per tale specifico la difesa ha fatto specifico riferimento alla condotta irreprensibile e non distrattiva dello Scuto nel periodo di recuperata disponibilità dei beni e anche alla vicenda del 'patto di famiglia , peraltro, già positivamente valutata dal Tribunale del Riesame nell' ordinanza in data 12/ 6/ 2013. Si invoca, pertanto, in accoglimento del proposto gravame, la restituzione di tutti i beni nella titolarità di ad eccezione delle quote sociali della società oggetto di giudiziale confisca. Ciò premesso il collegio che, ai fini di un concetto inquadramento della vicenda cautelare reale, giova prendere le mosse dalla sentenza della Corte di Cassazione in data 4/ 6/ 2014 con la quale è stata ritenuta la fondatezza dei motivi dei ricorso per cassazione di avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania in data 18 aprile 2013 quanto alla confisca ex articolo 12 sexies legge 7 agosto 1992 n. 356 e quanto alla latitudine oggettiva della confisca disposta ex art 416 bis comma 7 c.p. Tale latitudine era stata circoscritta dalla sentenza di prime cure del Tribunale di Catania in data 16 aprile 2012 alle quote societarie in sequestro appartenenti a ed a società di cui egli è socio nella misura del 15% e nella stessa misura percentuale a tutti i beni appartenenti alle predette società ed estesa dalla sentenza della Corte di Appello di Catania in data 18 aprile 2013 a tutti i beni oggetto del provvedimento di sequestro del Gip del Tribunale di Catania in data 28 settembre 2001 avente ad oggetto l'integralità delle quote societarie in Aligroup S. P. A. e in altre società riferibili all' appellante. Il dictum della Suprema Corte è, infatti, ineludibile e privilegiato parametro di riferimento per valutare l'intero thema decìdendi del presente appello cautelare, tutto imperniato sull'antinomica critica di accusa e difesa alle ordinanze impugnate involgente la centrale quaestio iuris della natura ontologica della confisca disposta dalla Corte di Appello in sede di giudizio di rinvio e dei prodromico sequestro e la connessa quaestio dell'ambito oggettivo e dell' esecutività o meno degli effetti restitutori delle statuizioni patrimoniali della predetta sentenza della Corte di Appello di Catania. Tale sentenza ha ordinato la confisca delle quote della società Aligrup S.P.A. intestate a fino alla concorrenza di 15 milioni di euro disponendo la restituzione di quant'altro in sequestro agli aventi diritto. Il principale e assorbente vizio di violazione di legge, che nella prospettazione del Pg si annida nelle ordinanze della Corte di Appello di Catania in data 5/ 11/ 2015 e 23 12/ 2015, con cui è stata disposta la restituzione dei beni sequestrati e delle quote societarie intestate a soggetti diversi da e agli ulteriori beni indicati nell' ordinanza del 23/ 121 2015, è costituito, infatti, dalla valutazione della Corte che la misura ablativa è giustificata solo ìn relazione ai beni del condannato per associazione mafiosa, sicché in difetto di prova di fittizia intestazione, i beni dei terzi sono stati ritenuti impermeabili a siffatta ablazione. La non definitività della sentenza, con una confisca Limitata alle quote della società Aligroup S. P.A intestate a fino alla concorrenza di quindici milioni di curo e la restituzione di quant'altro in sequestro agli aventi diritto, secondo il Pg era, peraltro, preclusiva di ogni effetto restitutorio, assorbentemente per la mancata formazione del giudicato sostanziale e, comunque, perché impedita da quello cautelare formatosi a seguito di ordinanza del Tribunale del Riesame di Catania in data 26/ 3/ 2015. che aveva rigettato l'appello proposto da avverso l'ordinanza della Corte di Appello di Catania in data 28./7/ 2014, reiettiva dell' istanza restitutoria presentata dai difensori nell' interesse d . Tale istanza aveva ad oggetto la revoca del sequestro preventivo dei beni sottoposti sequestro dalla I sezione penale della Corte di Appello con provvedimenti del 6 Maggio e del 14 maggio 2013 parzialmente annullati dalla decisione del Tribunale del Riesame del 12 giugno 2013 in subordine il mantenimento del sequestro nella misura del 15% delle quote societarie appartenenti alle e, in ogni caso, il dissequestro dei beni appartenenti ai terzi . Secondo la prospettazione difensiva, per contro, proprio la sussumibilità della misura ablatoria nell'alveo normativo dell' articolo 416 bis comma 7 c.p. ne circoscrive, come chiaramente statuito dalla pronuncia rescindente della Suprema Corte, l'ambito oggettivo esclusivamente ai beni macchiati da nesso di pertinenzialità alla condotta per cui vi è stata condanna di Scuto Sebastiano per il delitto di cui all' articolo 416 bis c.p., con conseguente liberatoria esclusione di quelli rispetto ai quali faccia difetto la prova di una stretta correlazione all'ipotizzata attività illecita del soggetto, in termini sia di strumentalità rispetto alla realizzazione dei programma criminoso. sia di derivazione dall'attività delittuosa quale prezzo, prodotto, profitto o loro reimpiego . Invero, con la sentenza della Corte di Cassazione in data 4/ 6/ 2014 è stato annullata la sentenza della Corte di Appello di Catania in data 18/ 4/ 2013, senza rinvio limitatamente alla confisca ex articolo 12 sexies l. n. 356/ 1992, poiché il giudizio di primo grado si era concluso senza l'applicazione della predetta misura e, in mancanza dell' impugnazione del pubblico ministero, al giudice dell'appello non era consentito disporre il sequestro preventivo di cui all' articolo 12 sexies comma 4 D. L. n. 306/ 1992 in quanto ciò avrebbe comportato la violazione dei principio devolutivo e del divieto di reformatio in pejus Cass. Sez 6 n. 10346 del 7/2/ 2008 Rv 239087 . Con la stessa sentenza, quanto alle doglianze afferenti la confisca ai sensi dell' art 416 bis comma 7 c.p., la Corte Suprema ha osservato che ferma la legittimità del provvedimento di confisca ai sensi dell'art 416 bis c.p. comma 7 c.p. non essendo revocabile in dubbio la sussistenza dei presupposti dell' an dell' ablazione che appunto consegue de iure in caso di condanna per partecipazione all'associazione mafìosa con riguardo ai beni strumentali rispetto alla realizzazione del delitto e ai beni che costituiscono prodotto, profitto o loro reimpiego, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto fornire puntuale ed adeguata motivazione in relazione allo specifico aspetto concernente il quantum da sottoporre a confisca ai fini del sequestro funzionale alla confisca dei beni di un 'azienda amministrata da un soggetto indagato del delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso occorre dimostrare una correlazione tra i cespiti e l'ipotizzata attività illecita del soggetto agente Cass. sez 6 n 47080 del 24110/ 2013 Guerrera e altri' . La sentenza è stata, in definitiva, annullata, quanto alla confisca ex art 416 bis comma 7 cod pen, con rinvio sul rilievo del rilevato deficit motivazionale in punto di rigorosa dimostrazione del quantum confiscabile, laddove il quantum si definisce di pregnanza qualitativa afferendo, secondo il protocollo metodologico tracciato dal giudice rescindente, non già all' entità della confisca quanto, piuttosto, all'essenza della stessa. Al giudice di rinvio è stata così demandata una nuova valutazione orientata non già alla selezione della consistenza numerica dei beni in sequestro ma della loro connotazione qualitativa con esclusione dal compendio confiscabile dei beni indenni da pertinenzialità alla condotta di associazione mafiosa, per cui vi è stata condanna di , potendo essere disposta, secondo la vincolante indicazione del giudice di legittimità, unicamente la confisca ex articolo 416 bis comma 7 c.p. Trattasi della confisca codicistica che, anche alla luce degli approdi cui è giunta di recente la Corte EDU con le sentenze Sud Fondi contro Italia e altri del 20 gennaio 2009. Varvara contro Italia del 29 ottobre 201 e da ultimo la Corte Costituzionale con sentenza n. 49 del 2015 è permeata da una connotazione repressiva punitiva e come tale presuppone un accertamento giudiziale in punto di elemento soggettivo del reato, dato sul quale ha convenuto anche la giurisprudenza della Cassazione così tra le altre Cass. Sez 11, 13 luglio 2009, n. 39078 Apponi e altyri Sez III, n. 30933, Costanza Sez 11, 30 aprile 2009, n 21188 Sez 1114 febbraio 2013 Volpe e altri . Sottraendo al reo le cose legate al reato da un vincolo pertinenziale si punisce il reo e al contempo si cerca di prevenire la possibilità di un' eventuale futura recidivanza. La quaestio iuris, sottesa agli appelli cautelari del PG affonda così le sue radici nello statuto dogmaticamente poliedrico della confisca . Come non ha mancato di osservare qualificata dottrina il termine confisca è necessariamente plurale ed affidato a declinazioni sempre più eterogenee e peculiari , confisca ex articolo 416 comma VII c.p. confisca per equivalente, confisca di prevenzione, ex articolo 12 sexies, 1 n. 356 del 1992 confisca ex articolo 19 d. Igs n 231 del 2001, confisca del codice della strada . Nel caso che ci occupa, tuttavia, l'evidenza processuale segnala nitidamente che l'unica confisca selezionatile e, poi selezionata dal giudice di merito, è stata quella di cui ali' articolo 416 bis comma VII c.p. speculare ali' archetipo codicistico di cui all'articolo 240 c.p. In tal senso era chiaro e cogente l'ammonimento del giudice di legittimità che ha scartato del tutto l'applicabilità del sequestro preventivo in funzione della confisca allargata di cui all'articolo 12 sexies d.I.n 3016 del 1992 nei confronti dei terzi estranei alla commissione del reato, così caducando tale sequestro essendo la relativa statuizione di annullamento senza rinvio. Per quanto attiene alle ordinanze restitutorie in favore dei terzi non condannati non può, pertanto, farsi questione né di violazione di legge ex articolo 322 comma 111 c.p.p., né di giudicato cautelare essendo l'effetto restitutorio congruo e coerente all'indicazione della pronuncia rescindente, così come esplicitato alle pagg. 58 e segg della pronuncia di rinvio, che debbono qui intendersi richiamate per relationem. L'esecutività dell' ordine di restituzione dei beni dei terzi è, pertanto, in re ipsa in quanto postulata, per i terzi non condannati, dalla pronuncia di annullamento senza rinvio della Corte Suprema che ha perimetrato la confisca ai beni del condannato legati da nesso di pertinenzìalità ai fatti giudicati e all' esito di un processo ad personam. Inconferente anche il richiamo alla preclusione di giudicato cautelare stante l'evidente recessività, rispetto alla pronuncia emessa in sede di rinvio, delle pronunce della fase camerale incidentale, mutilata, quanto agli esiti decisori, da ontologica provvisorietà e, comunque, relativamente ai terzi non condannati , soverchiata dalle pronunce del giudice di legittimità e del giudice di rinvio. Nel contesto descritto e, quanto ai terzi interessati, diventa anche irrilevante discettare di contraddittorietà della ritenuta non esecutività degli effetti restitutori dei beni non confiscati in favore del condannato non essendo, in astratto, postulabile alcuna logica specularità tra posizioni soggettive che. alla stregua dello statuto codicistico di riferimento e cioè giova ribadirlo unicamente quello di cui all' articolo 416 bis comma VII c.p., sono differenziate e come tali non omologabili non essendo assimilabili le posizioni dei terzi interessati, non contemplati dall' art 416 bis comma VII c.p. e quella del condannato, destinatario di tale forma di confisca. Quasi superfluo ricordare, peraltro, che ai fini dell' operatività del sequestro preventivo previsto dall' articolo I sexies l. n. 356 del 1992 e della successiva confisca nei confronti del terzo estraneo alla commissione del reato, grava sull' accusa l'onere di provare l'esistenza di circostanze che avallino in modo concreto la divergenza tra intestazione formale e diponibilità effettiva del bene non essendo sufficiente la sola presunzione fondata sulla sproporzione tra valore dei beni e reddito percepito Cass. peri . sez. 1 24 Ottobre 2012 e in senso conforme Cass. peri scz VI 5 Novembre 2010 n 42 717 Cass. Pen. Sez. I , 27 maggio 2010 n. 27556 Cass. Pen. Sez. II 10 gennaio 2008 n 3990 . Nella specie la critica del PG alla disposta restituzione dei beni ai terzi non condannati per il reato di cui all'articolo 416 bis c.p. è stata, invero affidata ali' apodittica affermazione, priva di contenuto dimostrativo, che tutti i beni in sequestro sono legati da nesso di pertinenzialità al reato di cui ali' articolo 416 bis c.p. perché non consentono di distinguere per ciascun bene il titolo giustif cativo e all' ulteriore rilievo di rito, contraddetto dall' evoluzione dell' iter processuale approdato alla sentenza di rinvio, che sugli indizi dì pertinenzialità si è formato il giudicato cautelare. Vanno, pertanto, rigettati gli appelli proposti dal PG avverso le ordinanze della Corte di Appello di Catania in data 5! 11/ 2015 e 24/ 12! 2015. Quanto ali' appello proposto dalla difesa dello Scuto 1' ambito oggettivo della confisca disposta con la sentenza dei giudice di rinvio è circoscritto alla quote della società Aligrup S. P. A intestate al condannato fino alla concorrenza di 15 milioni di euro con conseguente restituzione di quant' altro in sequestro agli aventi diritto. Leggesi nella motivazione del giudice di rinvio che limitatamente a questo compendio è stata raggiunta la prova della pertinenzialità con la condotta per cui vi è stata condanna dell' imputato e in particolare leggesi deve ritenersi, pertanto, che Aligrup spa, la cui costituzione è avvenuta nel 1987,in un periodo nel quale, per come è stato accertato, l'imputato era già partecipe del sodalizio criminale, sia stato dunque, lo strumento appositamente creato alfine di consentire alla famiglia mafiosa dei L. di inserirsi nel settore della grande distribuzione alimentare mediante il c.d metodo mafioso al fine di realizzare ulteriori profitti mediante lo svolgimento di attività economiche lecite e riciclare altresì i proventi delle attività delittuose commesse nell ' ambito associativo . Per come già definitivamente accertato, però, nella costituzione di Aligrup spa sono confluiti sia il capitale e i beni lecitamente prodotti da~ nello svolgimento dell'attività d'impresa antecedente al suo ingresso nel sodalizio criminale, sia il capitale e i beni provenienti dalla famiglia di sangue del L., sia il capitale di pertinenza della moglie dell' imputato, ricevuto per successione dal padre E.S. ha ricordato avendolo saputo in famiglia, essendo il marito di una nipote della S. lì fosse un facoltoso imprenditore del settore agrumicolo che ebbe a lasciare nel 1969 tipi miliardo di lire a ciascuno dei propri figli . Deve escludersi, pertanto, che Aligrup spa possa definirsi conte impresa mafiosa nel senso di impresa nella quale il capitale e il patrimonio sono integralmente di derivazione illecita o vi è totale sovrapposizione tra la compagine societaria e la consorteria criminale, essa va, invece, definita conte impresa inquinata dall' apporto di capitali illeciti Ritiene, la Corte, pertanto, che il limite alla confisca può essere identificato nei 15 milioni di euro che il collaborante E.S. ha indicato come la somma rivendicata da Sebastiano L. a nome della propria famiglia di sangue e investita dal sodalizio criminale in Aligrup spa . . Con 1' ordinanza impugnata la Corte di Appello di Catania ha, tuttavia, rigettato 1' istanza di restituzione dei beni di pertinenza di non soggetti a confisca sul rilievo che, ai sensi dell'articolo 323 comma III c.p.p,, la non definitività della sentenza di condanna osta all'immediata esecutività dei provvedimenti restitutori ivi contenuti . Con il proposto gravante la difesa ha, per contro, dedotto che l'art 323 comma III cpp prevede, per il caso di sentenza di condanna, la permanenza degli effetti del sequestro preventivo soltanto quando sia stata disposta con la stessa sentenza la confisca dei beni sequestrati. Di tal che, argomentando a contrario, ove non sia stata ordinata la confisca dei beni in sequestro, come nel caso che ci occupa, gli effetti del sequestro debbono ritenersi cessati e i beni vanno restituiti agli aventi diritto con effetto immediato. Il terna devoluto è, pertanto, quello dell'idoneità di una sentenza di condanna non ancora divenuta irrevocabile a determinare 1' immediata esecutività dei provvedimenti restitutori ivi contenuti conseguenti alla mancata confisca di taluni dei beni oggetto di un sequestro preventivo prodromico ad una confisca ex articolo 416 bis comma VII c.p. L' esegesi dell' art 323 c.p.p. peraltro, intitolato Perdita di efficacia del sequestro preventivo ha dato luogo ad un contrasto nella giurisprudenza di legittimità. Secondo l'orientamento sotteso alla statuizione della Corte di Appello si è precisato che in tema di misure cautelavi reali quando sia intervenuta una sentenza non irrevocabile di condanna deve escludersi l'esecutività immediata dei provvedimenti restitutori dei beni sottoposti a sequestro preventivo anche nell' ipotesi in cui non ne sia stata disposta la confisca, salvo che le esigenze cautelali giustificative del vincolo siano cessate Cassa sez VI 26 maggio 40388/09 Cass. Sez 111 1 dicembre 2007 n. 6462708 . Secondo altro orientamento il sequestro preventivo ha, per sua natura carattere provvisorio e cautelare non può quindi essere mantenuto dopo la sentenza di condanna perché il provvedimento perde efficacia con la pronuncia della suddetta decisione Cass. Sez. III 16 luglio 1993 D' Antuono, Cass. Sez. 111 20 febbraio 1997 Lieto 3, n. 38 del 14/1112002, Ammaturo, Rv. 222876 Sez. 3, n. 3633 del 15712/2010, Chiappetta, Rv. 249156 Cassazione penale, sez. III. 16/04/2015. dep.27/0712015 , n. 32714 . Ciò premesso giova richiamare il contenuto dell' articolo 323 c.p.p. III e IV comma che testualmente dispone se è pronunciata sentenza di condanna gli effetti del sequestro permangano quando è stata disposta la confisca delle cose sequestrate. La restituzione non è ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti all'imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti indicati nell'articolo 316 . La portata della nonna è chiara nella parte in cui consente il mantenimento del sequestro solo in caso di confisca, non potendo più essere apprezzata la persistenza delle ragioni cautelari di cui all'articolo 321 c.p.p., comma 1, che ne avevano giustificato l'emissione. Il dato testuale è altrettanto chiaro nella parte in cui subordina il mantenimento del sequestro preventivo alla disposta confisca delle cose sequestrate e non più alle esigenze cautelari di cui all'articolo 321 c.p.p., comma I e, così come rettamente dedotto dalla difesa, una diversa interpretazione implicherebbe un inutile sacrificio, in caso di beni non confiscati, dilazionandone l'inevitabile restituzione al passaggio in giudicato della sentenza. Parimenti nitida è l'eccezione della sopravvivenza del vincolo cautelare reale se trasformato, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, in sequestro conservativo come tale strumentale a garantire i crediti erariali indicati nell'articolo 316. ' Diversamente da quanto argomentato dalla Corte di Appello il legislatore non ha, d'altronde, escluso, in modo espresso, l'esecutività immediata dei provvedimenti restitutori dei beni vincolati da sequestro preventivo quando si sia in presenza di una sentenza di condanna non definitiva avendo piuttosto espressamente condizionato l'efficacia dei sequestro alla disposta confisca, così sancendo la piena specularità tra ablazione provvisoria e ablazione giudiziale e postulando l'inefficacia, id est caducazione della prima, laddove non supportata dalla confisca, altro significato non potendo avere, nella sua univoca accezione semantica, il predicato verbale gli effetti del sequestro permangono” — parametrato alla confisca delle cose sequestrate. Tale interpretazione di tatto appare l'unica coerente anche ai principi cui è pervenuta la Corte Edu e in particolare. a quello enunciato dalla sentenza Varvara Corte edu. 29 Ottobre 2013 Varvara e. Italia , così come interpretato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 26 Marzo 2015 n. 4' secondo cui. in estrema sintesi. per poter disporre legittimamente la confisca avente funzione di pena ai sensi dell' articolo 7 CEDI è necessario il pronunciamento di un giudice che abbia sostanza di condanna . Nel caso che ci occupa mantenere l'ablazione di beni non confiscati perché non avvinti da nesso di pertinenzialità al reato per cui vi è stata condanna e come tali non costituenti il prezzo, il prodotto, il profitto o l'impiego del reato implica un'ingiustificata e illimitata compressione del diritto di proprietà in sostanziale violazione degli arti. 6 co 2 e 7 CI' DU. così creando i presupposti per un congelamento di quanto in sequestro non giustificato dal collegamento ad una condotta per cui vi sia stato accertamento di colpevolezza. Anche a voler accedere alla diversa tesi della definitività della sentenza di condanna quale presupposto per la restituzione dei beni non confiscati il collegio osserva. comunque. che non \ i è evidenza di esigenze cautelari per le ragioni già compiutamente esplicitate da questo Tribunale del Riesame con ordinanza del 12 ' 6 201 alle pagg. 16 e 17 da intendersi qui richiamate per relationem. 1,1 mancato riscontro della persistenza di esigenze cautelari legittimanti il perdurante vincolo imposto su beni dell'imputato è ulteriore lato che concorre a definire la sussistenza lei presupposti per la restituzione in favore dell' appellante dei beni di sua pertinenza non soggetti a confisca e non confiscabili allo stato per la ritenuta non pertinenzialità al reato per cui vi è stata condanna. P.Q.M. Rigetta l'appello proposto dal Procuratore Generale della Repubblica avverso le ordinanze della Corte di Appello di Catania sez. I1 in data 5 11,210 15 e 24 12/2015 e. in accoglimento dell'appello proposto dai difensori nell' interesse di nato a avverso l'ordinanza della Corte di Appello di Catania se il in data 5/1112015 dispone la restituzione in favore del predetto dei beni nella sua titolarità a tutt'oggi in sequestro e non confiscati con sentenza della Corte di Appello di Catania sezione II in data 8/ 10/ 2015, depositata il 7/ 1/ 2016, ad eccezione delle quote sociali della società Aligrup nella titolarità dell'appellante. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte di Appello II sezione penale per l'esecuzione del dissequestro. Manda alla cancelleria per gli altri adempimenti di sua competenza.