Le Sezioni Unite si pronunciano sulla remissione tacita della querela

La mancata comparizione del querelante all'udienza dibattimentale integra remissione tacita della querela se il primo è stato previamente avvertito che la sua assenza sarebbe stata interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella scelta querelatoria.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penali, con la sentenza n. 31668 depositata il 21 luglio 2016. Ancora sul significato da attribuire all'assenza del querelante. A pochi giorni di distanza dal deposito di una sentenza della Quinta Sezione della Suprema Corte sul tema dell'assenza del querelante, e sulla sua interpretabilità come remissione tacita della condizione di procedibilità, ecco quella che si spera essere la parola fine , almeno fino a nuovo ordine, su un argomento piuttosto dibattuto. Gli Ermellini, riuniti nel loro massimo consesso, hanno nuovamente affrontato l'argomento in esame e hanno ribadito, come vedremo, la soluzione già recentemente espressa dalla Quinta Sezione, aggiungendovi anche un'interessante apertura. In principio fu il Giudice di Pace. Il Giudice delle controversie bagattellari ha ispirato il nuovo arresto delle Sezioni Unite. Il caso è da manuale una persona offesa/querelante, previamente avvertita delle conseguenze processuali della sua eventuale assenza, non si presentava in dibattimento. Anche l'imputato rimaneva assente. Il Giudice, a questo punto, definiva il procedimento con sentenza di non doversi procedere, dato che le due assenze venivano interpretate, nell'ordine, come espressive di volontà remissiva della querela e di accettazione della remissione tacita . Apriti cielo la Procura Generale insorge e propone ricorso per Cassazione, ancorandolo a quella giurisprudenza – oggi, possiamo dire, del tutto superata – che riteneva l'assenza del querelante fatto non incompatibile con la volontà querelatoria. La svolta delle Sezioni Unite. La tesi sostenuta dal Procuratore Generale non è campata in aria, intendiamoci. Un orientamento di legittimità, consolidatosi in Sezioni Unite del 2008, era perfettamente in linea con la tesi della inconfigurabilità di una remissione tacita mediante assenza del querelante. Il vero è che nel frattempo lo stato dell'arte è mutato, e che le sezioni semplici, per lo più la Quinta Penale, sebbene con alterne pronunce, hanno sostenuto la tesi della interpretabilità dell'assenza previo avviso come remissione tacita dell'atto querelatorio. Le Sezioni Unite, prima di rispondere al quesito che gli si pone con l'ordinanza di rimessione, prendono atto della differente disciplina, nel procedimento penale di pace, tra il caso nel quale si procede con citazione diretta a giudizio e quello in cui l'azione penale viene esercitata con decreto di citazione emesso dal PM. E' vero soltanto nella prima ipotesi vi è una norma che assegna alla mancata presentazione del querelante un significato remissivo ben preciso. Vero è anche che la remissione di querela, se di natura processuale, riveste delle forme più o meno sacramentali. Se la volontà remissiva è di natura extraprocessuale, però, il discorso cambia e ogni comportamento incompatibile con la volontà di proseguire nel procedimento assume rilevanza. Da valutarsi, è ovvio, caso per caso. In questo insieme composito si può iscrivere anche l'assenza del querelante ritualmente avvisato degli effetti della sua eventuale mancata presentazione davanti al giudice. Se, poi, il Giudice è quello di Pace, ciò è ancora più vero infatti, lo scopo di questo procedimento nato nel 2000 è proprio quello di conciliare le controversie tra privati. Ben venga, quindi, la valorizzazione dell'assenza del querelante informato” in termini di abbandono della pretesa punitiva. Uno sguardo oltre il Giudice di Pace. A parte la soluzione offerta alla questione immediata – ormai abbiamo capito che il vecchio” orientamento, limitatamente ai giudizi penali di pace, deve cedere il passo al nuovo assetto consacrato dalle Sezioni Unite – è interessante osservare un significativo inciso. Scrivono, infatti, gli Ermellini che La mancata comparizione della persona offesa in caso di reati perseguibili a querela deve però ricevere una disciplina che va al di là dei procedimenti davanti al Giudice di Pace . Il riferimento è ai procedimenti a citazione diretta a giudizio dinanzi il Tribunale monocratico. Anche in questo caso il codice di rito assegna al giudice un potere conciliativo, che ben potrebbe essere valorizzato attraverso l'avvertimento che se il querelante non si presenterà la sua querela dovrà intendersi ritirata”. Vuoi vedere che stiamo trovando strade alternative, e ben più efficienti, per deflazionare il contenzioso penale?

Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 23 giugno – 21 luglio 2016, n. 31668 Presidente Canzio – Relatore Conti Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 7 marzo 2014, il Giudice di pace di Taranto ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di P.L. in ordine ai delitti di ingiuria e minaccia in danno di C.C. perché estinti per remissione di querela, sul presupposto in diritto che l’assenza in udienza, tanto della persona offesa previamente avvertita dal giudice che la sua mancata comparizione sarebbe stata considerata come volontà di conciliare la lite e, quindi, di rimettere la querela quanto dell’imputato parimenti avvertito che la sua assenza sarebbe stata considerata come accettazione della remissione della querela , significasse tacita espressione, rispettivamente, di remissione della querela e di accettazione della medesima. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Lecce, sez. dist. di Taranto, deducendo violazione di legge, in forza del principio affermato da Sez. U, n. 46088 del 30/10/2008, Viele, Rv. 241357, secondo cui nel procedimento davanti al giudice di pace instaurato a seguito di citazione disposta dal pubblico ministero, ex art. 20 d.lgs. n. 274 del 2000, la mancata comparizione del querelante - pur previamente avvisato che la sua assenza sarebbe stata ritenuta concludente nel senso della remissione tacita della querela - non costituisce fatto incompatibile con la volontà di persistere nella stessa sì da integrare la remissione tacita, ai sensi dell’art. 152, secondo comma, cod. pen 3. Con ordinanza del 21 marzo-6 maggio 2016, la Quinta Sezione penale ne ha disposto la rimessione alle Sezioni Unite, in ragione del riprodursi di un contrasto giurisprudenziale sulla questione esaminata dalla sentenza Viele. 3.1. L’ordinanza di rimessione così riassume gli argomenti su cui si era fondata la predetta sentenza - nel procedimento davanti al giudice di pace, l’effetto di improcedibilità dell’azione penale, collegato dall’art. 30, comma 1, d.lgs. n. 274 del 2000 alla mancata comparizione del querelante che abbia regolarmente ricevuto il decreto di convocazione in udienza, si produce, per chiara indicazione normativa, solo nel caso in cui si proceda a seguito di ricorso immediato della persona offesa ex art. 21 - nella ipotesi di processo instaurato con citazione a giudizio emessa dal p.m., ex art. 20, nulla di simile è previsto dalla legge, e dalla mancata comparizione della persona offesa, pur se informata del significato che a tale assenza il giudice potrebbe conferire, non può desumersi la tacita volontà del querelante di rimettere la querela, trattandosi di un comportamento compatibile con la determinazione di insistere nella originaria istanza punitiva - in ogni caso, il comportamento omissivo del querelante configurerebbe una sorta di remissione tacita processuale, non contemplata dalla legge, posto che l’art. 152, secondo comma, cod. pen., prevede soltanto per la remissione extraprocessuale la forma tacita, da individuare in comportamenti del querelante incompatibili con la volontà di persistere nella querela. 3.2. Tale impostazione, si osserva, è stata seguita per lungo tempo dalla giurisprudenza di legittimità ma in epoca più recente, anche traendosi spunto da Sez. U, n. 43264 del 16/07/2015, Steger, Rv. 264547, in tema di dichiarazione di particolare tenuità del fatto, ritenuta consentita in caso di mancata comparizione della persona offesa ritualmente citata, si è venuta a formare una linea interpretativa tesa a superare le conclusioni delle Sezioni Unite Viele. 3.3. Si ascrivono a tale nuovo indirizzo tre sentenze, tutte della Quinta Sezione le coeve sentenze n. 8638 del 22/12/2015, dep. 2016, Pepkola, Rv. 265972, e n. 12186 del 22/12/2015, dep. 2016, D’Orazio, Rv. 266374 la sentenza n. 12417 del 01/02/2016, Onorato, non mass. 3.4. L’ordinanza di rimessione, a conferma di un contrasto non sopito, dà peraltro conto di una ancor più recente sentenza della Quinta Sezione n. 12187 del 08/03/2016, Miranda, Rv. 266331 , che si è rifatta ai principi enunciati dalle Sezioni Unite Viele e ha confutato la validità degli argomenti espressi nelle decisioni sopra indicate. 4. Con decreto in data 9 maggio 2016 il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione l’odierna udienza pubblica. Considerato in diritto 1. La questione rimessa alle Sezioni Unite può essere così enunciata Se nel procedimento davanti al giudice di pace, instaurato a seguito di citazione disposta dal pubblico ministero, configura remissione tacita di querela la mancata comparizione del querelante, previamente ed espressamente avvisato che l’eventuale sua assenza sarebbe stata interpretata come volontà di non insistere nell’istanza di punizione . 2. È opportuno preliminarmente ricordare che il procedimento davanti al giudice di pace d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 può essere instaurato con citazione a giudizio emessa dal pubblico ministero art. 20 ovvero, per i soli reati perseguibili a querela, con ricorso immediato al giudice della persona offesa art. 21 . Solo nel caso di ricorso immediato è previsto che la mancata comparizione della persona offesa ricorrente, non dipendente da caso fortuito o forza maggiore, determina la improcedibilità del ricorso art. 30, comma 1 mentre, per la eventualità che vi siano altre persone offese oltre il ricorrente, è previsto che la mancata comparizione di esse equivale a rinuncia al diritto di querela o alla remissione della querela, se già presentata art. 29, comma 3 . 3. Ai fini della risoluzione della questione oggetto della ordinanza di rimessione, conviene partire dalla osservazione di chiusura , espressa, in linea con la giurisprudenza maggioritaria, dalla sentenza Sez. U, n. 46088 del 30/10/2008, Viele, secondo cui la mancata comparizione in udienza del querelante, previamente avvisato che tale condotta sarebbe stata interpretata come volontà di rimettere la querela, configurerebbe una sorta di remissione tacita processuale, non contemplata dalla legge, posto che l’art. 152, secondo comma, cod. pen., prevede soltanto per la remissione extraprocessuale la forma tacita. 3.1. Va al riguardo considerato che né il codice penale né quello processuale specificano gli atti o i comportamenti, indefinibili a priori, dai quali ricavare una volontà di remissione tacita, limitandosi l’art. 152, secondo comma, terzo periodo, cod. pen. ad attribuire valore di remissione al compimento da parte del querelante di fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela . Invece, le modalità della remissione di querela espressa sono definite dall’art. 340 cod. proc. pen., che, nel distinguere comma 1 il caso di dichiarazione ricevuta dall’autorità giudiziaria procedente da quello di dichiarazione ricevuta da un ufficiale di polizia giudiziaria, e nel rinviare comma 2 alle forme più dettagliatamente previste per la rinuncia espressa alla querela art. 339 cod. proc. pen. , implicitamente contempla, nell’ambito della remissione espressa, sia una forma di remissione processuale sia una forma di remissione extraprocessuale. Ne discende che, in base alla disciplina codicistica, deve intendersi remissione processuale solo quella ricevuta dall’autorità giudiziaria procedente a norma dell’art. 340, comma 1, cod. proc. pen., e che non sono ammesse modalità di espressione di una volontà di rimettere la querela in sede processuale se non quella esternata attraverso una formale dichiarazione ricevuta dall’autorità procedente. 3.2. Va d’altro canto considerato che la remissione della querela presuppone che un procedimento penale sia già avviato, sicché le condotte indicative di una volontà di rimettere la querela devono necessariamente essere veicolate verso l’autorità giudiziaria, e da questa apprezzate, non importa in quale stato e grado del procedimento. Manifestazioni formali di una volontà di rimettere la querela o fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela possono dunque pervenire nelle forme più varie all’autorità giudiziaria procedente che, al di fuori dei casi di remissione formalmente processuale, potrà valutare se la condotta o l’atto ricollegabile al querelante possa valere come remissione extraprocessuale espressa o tacita. 3.3. Riassumendo, la remissione processuale va identificata in una formale espressione della volontà della parte querelante che interviene nel processo, direttamente o a mezzo di procuratore speciale, ricevuta dall’autorità giudiziaria che procede. In ogni altro caso la condotta significativa di una volontà di rimettere la querela va valutata come extraprocessuale, dovendosi distinguere il luogo della manifestazione della volontà-comportamento dal luogo di apprezzamento della efficacia dello stesso, essendo quest’ultimo invariabilmente processuale . Una tale conclusione è in linea con l’insegnamento di un sommo studioso del diritto penale dello scorso secolo, secondo cui la remissione è di natura extraprocessuale qualora avvenga con atti compiuti fuori del processo o con fatti che non costituiscono atti processuali , pur dovendo l’effetto estintivo del reato essere riconosciuto e dichiarato nel processo . 3.4. Deve dunque ritenersi che la condotta considerata nel presente processo, costituita dal non essere il querelante comparso in udienza a seguito dell’avvertimento che ciò sarebbe stato considerato volontà implicita di rimessione della querela, può bene essere inquadrata nel concetto di fatto di natura extraprocessuale incompatibile con la volontà di persistere nella querela, a norma dell’art. 152, secondo comma, terzo periodo, cod. pen 4. Occorre però stabilire se legittimamente può essere attribuito un simile valore di remissione tacita della querela alla mancata comparizione in dibattimento del querelante, previamente avvertito dal giudice di pace che tale condotta sarebbe stata considerata in tal senso. Un significato, dunque, non collegato alla mera mancata comparizione del querelante davanti al giudice ma alla combinazione di tale condotta omissiva con il previo formale avvertimento del significato che ad essa sarebbe stato attribuito. 4.1. Parte della giurisprudenza, e in primo luogo la citata Sez. U, Viele - a prescindere dalla notazione secondo cui si tratterebbe di una inammissibile remissione tacita processuale argomento, per quello che si è detto, non condivisibile -, osserva che la mancata comparizione del querelante potrebbe rilevare esclusivamente nel caso di ricorso immediato al giudice, ex art. 21 d.lgs. n. 274 del 2000, perché solo ad esso si riferisce la disposizione dell’art. 30, comma 1, decr. cit., che ricollega alla mancata comparizione della persona offesa un effetto di improcedibilità del ricorso e ciò senza necessità di alcun previo avviso circa tale conseguenza . La sentenza Viele aggiunge che, comunque, un siffatto avvertimento del giudice dovrebbe considerarsi tamquam non esset , poiché, pur costituendo prerogativa e dovere del giudice di pace il tentativo di conciliazione, non sarebbe dato al giudice, in mancanza di espressa previsione normativa, di fissare e predeterminare egli stesso una specifica condotta che debba poi essere ineluttabilmente . interpretata come sicura accettazione di quel tentativo, né le conseguenze sanzionatorie che scaturirebbero dall’inottemperanza all’invito conciliativo . Anche questo rilievo non può essere condiviso. 4.2. È ben vero che un simile avvertimento alla persona offesa querelante non è contemplato espressamente nel procedimento davanti al giudice di pace nei casi di citazione a giudizio emessa dal pubblico ministero art. 20 d.lgs. n. 274 del 2000 ma tale iniziativa non è dissonante rispetto alla generale fisionomia del procedimento, che prevede, all’art. 2, comma 2, l’impegno del giudice di pace di favorire, per quanto possibile, la conciliazione tra le parti , ed è in linea con la specifica previsione dell’art. 29, comma 4 che vale per entrambi i riti di introduzione della udienza secondo cui il giudice, proprio con riferimento al caso di reato perseguibile a querela, promuove la conciliazione tra le parti . Nella finalità di promuovere la conciliazione tra le parti, nei casi di reati perseguibili a querela che costituisce un preciso dovere del giudice di pace cfr. art. 17, comma 1, lett. g, legge-delega 24 novembre 1999, n. 468 , è attribuita al giudice un’ampia scelta di iniziative tra l’altro, egli può rinviare l’udienza per un periodo non superiore a due mesi e, ove occorra, può avvalersi anche dell’attività di mediazione di centri e strutture pubbliche e private presenti sul territorio art. 29, comma 4, cit. . In tali casi, l’attività di conciliazione, se fruttuosa, può sfociare art. 29, comma 5 nella formale remissione della querela e nella formale accettazione di questa più propriamente, ex art. 155 cod. pen., mancanza di ricusa della remissione , per le quali, evidentemente, si richiede necessariamente la presenza del querelante e del querelato che non si siano già attivati in tal senso. Ma, proprio in considerazione della previsione di un inderogabile dovere del giudice di pace di favorire la conciliazione tra le parti nei casi di reati perseguibili a querela, ben può essere riconosciuta al giudice stesso la scelta delle modalità più opportune per perseguire tale obiettivo, se del caso rendendo avvertite le parti della valutazione che potrebbe essere attribuita a una loro condotta passiva volontà tacita del querelante di rimessione e mancanza di volontà di ricusa del querelato. Una analoga iniziativa giudiziale, proprio in una fattispecie di procedimento davanti al giudice di pace, è stata del resto riconosciuta dalle Sezioni Unite sent. n. 27610 del 25/05/2011, Marano, Rv. 250201 come legittima e idonea a rendere avvertito il querelato che la sua mancata comparizione sarebbe stata interpretata come assenza di volontà di ricusa della remissione e, al di là delle differenze sul piano psicologico e strutturale che caratterizzano la volontà di remissione della querela e la mancanza di ricusa della remissione, efficacemente evidenziate nella citata sentenza, non vi sono ragioni per non estendere una simile conclusione anche alla posizione del querelante. Deve dunque ritenersi che non contrasta con il tenore formale della disciplina ed è anzi in linea con la sua complessiva ratio la conclusione secondo cui nell’ambito del procedimento davanti al giudice di pace per reati perseguibili a querela, anche nel caso di procedimento instaurato su citazione del p.m., stante il dovere del giudice di promuovere la conciliazione tra le parti, dalla mancata comparizione della persona offesa che sia stata previamente e specificamente avvertita delle relative conseguenze deriva l’effetto di una tacita volontà di remissione di querela. Resta naturalmente fermo che, nel caso in cui il procedimento sia stato instaurato dal p.m. ex art. 20 d.lgs. n. 274 del 2000, la mancata comparizione della persona offesa alla udienza di comparizione, in difetto di un previo e specifico avvertimento del giudice, non può di per sé essere interpretata come tacita volontà di remissione della querela. 5. La mancata comparizione della persona offesa in caso di reati perseguibili a querela deve però ricevere una disciplina che va al di là dei procedimenti davanti al giudice di pace. Già l’art. 555, comma 3, cod. proc. pen., con riferimento ai reati a citazione diretta, prevede che nella udienza di comparizione il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, verifica se il querelante è disposto a rimettere la querela e il querelato ad accettare la remissione . Da ultimo, con l’introduzione dell’art. 90-bis cod. proc. pen. ad opera del d.lgs. 15 dicembre 2015, n. 212 attuativo della direttiva 2012/29/UE in tema di norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato , il legislatore, nel quadro della valorizzazione delle esigenze informative della persona offesa, ha previsto al comma 1, lett. n , che ad essa, sin dal primo contatto con l’autorità procedente, sia data informazione in merito alla possibilità che il procedimento sia definito con remissione di querela di cui all’art. 152 cod. pen., ove possibile, o attraverso la mediazione . In tale contesto normativo, teso a rafforzare le esigenze informative delle vittime dei reati, alle quali vanno peraltro specularmente assegnati altrettanti oneri di partecipazione al processo, va certamente considerata come legittima ed anzi auspicabile - una prassi alla stregua della quale il giudice, nel disporre la citazione delle parti, abbia cura di inserire un avvertimento alla persona offesa e al querelato circa la valutazione in termini di remissione della querela della mancata comparizione del querelante e di mancanza di ricusa della remissione della mancata comparizione del querelato. Una simile opportuna iniziativa appare anche in sintonia con il rispetto del principio della ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, secondo comma, Cost., favorendo definizioni del procedimento che passino attraverso la verifica dell’assenza di un perdurante interesse della persona offesa all’accertamento delle responsabilità penali e precludano sin dalle prime battute lo svolgimento di sterili attività processuali destinate a concludersi comunque con un esito di improcedibilità dell’azione penale o di estinzione del reato. 6. Deve dunque essere enunciato il seguente principio di diritto Integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale del querelante previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l’eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela . 7. Nel caso in esame, come già precisato, risulta dagli atti che nel corso del procedimento davanti al Giudice di pace di Taranto, relativo a reati perseguibili a querela, sia la persona offesa C.C. sia l’imputato P.L. non comparirono in udienza, dopo essere stati avvertiti dal Giudice che la loro mancata comparizione sarebbe stata interpretata rispettivamente come volontà di remissione della querela e di accettazione di essa. Correttamente, dunque, è stata pronunciata sentenza di non doversi procedere per intervenuta estinzione dei reati per remissione della querela. Consegue il rigetto del ricorso proposto dal Pubblico ministero. P.Q.M. Rigetta il ricorso.