E’ del proprietario la responsabilità del cane che morde un bambino, non di chi custodisce l’animale

In caso di trasferimento degli obblighi di garanzia su persona diversa dal proprietario, la responsabilità di questi residua nel caso in cui lo stesso sia, in concreto, in grado di esercitare il potere di controllo, ovvero nel caso in cui abbia affidato l’animale a persona non in grado di esercitare il medesimo potere di controllo o una effettiva custodia.

Lo ha deciso il Supremo Collegio con la sentenza n. 30548, depositata il 19 luglio 2016. Il caso. Il Giudice di pace di Trento assolveva l’imputato dai reati di lesioni personali colpose provocate dal cane di sua proprietà ad un bambino , nonché dal reato di minacce dallo stesso rivolte al padre del minore per impedire che questi denunciasse l’accaduto, con la formula perché il fatto non sussiste . Il Giudice di pace evidenziava che il cane era stato affidato al padre del ricorrente che ne curava la custodia e la vigilanza e che questi, la mattina, lo portava sempre a fare una passeggiata e successivamente lo teneva presso un luogo di cui era anche il custode, legato ad una catena in spazio riservato. Assumeva, pertanto, che non era l’imputato ad assumere la posizione di garanza rispetto alla cura dell’animale. Avverso tale pronuncia ricorreva il pm presso la Procura della Repubblica di Trento, assumendo che il proprietario era comunque titolare di autonoma posizione di garanzia sull’animale, così che, anche in ipotesi di trasferimento dell’animale ad altra persona, lo stesso avrebbe dovuto rispondere per lesioni colpose per i traumi da questo provocati con separato motivo deduceva assenza di motivazione in punto all’altro capo di imputazione relativo al reato di minaccia. Trasferimento degli obblighi di garanzia. Il Supremo Collegio ritiene che il Giudice di pace abbia adeguatamente e logicamente evidenziato che, in relazione a quel periodo limitato della stagione, l’animale era effettivamente custodito da persona diversa dall’imputato, il quale aveva perso qualsiasi potere di vigilanza e di controllo diretto sullo stesso, così da potersi affermare che in ossequio ai principi di auto-responsabilità, era il genitore dell’imputato a gestire l’animale ed ad assumere ogni obbligo, anche precauzionale teso a impedire che l’animale potesse nuocere a terzi. Per giurisprudenza della Suprema Corte, in caso di trasferimento degli obblighi di garanzia su persona diversa dal proprietario, la responsabilità di questi residua nel caso in cui lo stesso sia in concreto tuttora in grado di esercitare il potere di controllo, ovvero nel caso in cui abbia affidato l’animale a persona non in grado di esercitare il potere di controllo o una effettiva custodia. Il ricorso deve essere pertanto rigettato in ordine a tale profilo di reato. In relazione al secondo motivo di ricorso, effettivamente il primo Giudice ha del tutto omesso di procedere a qualsiasi motivazione in relazione al delitto di minaccia, pure procedibile in presenza di querela ed è incorso, pertanto, in vizio di totale omissione di motivazione sul punto, con la conseguenza della dichiarazione di annullamento della sentenza impugnata limitatamente a tale pronuncia.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 13 aprile – 19 luglio 2016, numero 30548 Presidente D’Isa – Relatore Bellini Ritenuto in fatto 1. Il giudice di Pace di Trento con sentenza resa in data 24.2.2015 assolveva B.M. dai reati di lesioni personali colpose provocate dal cane di sua proprietà al bambino E.T. nonché dal reato di minacce dallo stesso rivolte al padre del minore per impedire che questi denunciasse l'accaduto, con le formula perché il fatto non sussiste. 2. Il giudice di pace di Trento evidenziava come dall'istruttoria dibattimentale era emerso che il cane Jackie era stato affidato al padre del ricorrente che ne curava la custodia e la vigilanza e che questi la mattina lo portava al pascolo e successivamente lo teneva presso la malga Andalo di cui pure era custode, legato ad una catena in spazio allo stesso riservato. Assumeva pertanto che non ere l'imputato B.M. ad assumere la posizione di garanzia rispetto alla cura e alla gestione dell'animale e che al processo penale non erano applicabili i principi propri del giudizio civile quali gli art. 2050 e 2051 cod.civ. 3. Avverso tale pronuncia ricorreva il Pubblico Ministero presso la Procura della repubblica di Trento deducendo violazione di legge in ordine alla pronuncia assolutoria, assumendo che il proprietario era comunque titolare di autonome posizione di garanzia sull'animale, così che anche in ipotesi di trasferimento dell'animale ad altra persona lo stesso avrebbe dovuto rispondere per lesioni colpose per i traumi lesioni da questo provocati con separato motivo deduceva assenza di motivazione in punto all'altro capo di imputazione relativo al reato di minaccia. Considerato in diritto 1. In relazione al primo motivo di ricorso è costante l'insegnamento della Corte di Cassazione che in tema di lesioni colpose la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l'obbligo di controllare e di custodire l'animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi anche all'interno dell'abitazione sez. IV 16.12.2011 numero 18814 , laddove la pericolosità del genere animale non è limitata esclusivamente ad animali feroci ma può sussistere anche in relazione ad animali domestici o di compagnia quali il cane, di regola mansueto così da obbligare il proprietario ad adottare tutte le cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell'animale sez.IV, 10.1.2012 numero 6393 . 2. Nel caso che ci occupa afferma il giudice di pace di Trento che la posizione di garanzia del proprietario dell'animale in capo all'odierno ricorrente era dubbia in quanto al momento del fatto l'animale era custodito dal di lui padre che gestiva la malga o rifugio alpino ove veniva svolta anche un'attività ricettiva, frequentata da molti ospiti, evidenziando che durante l'estate era B.B. a portare al pascolo l'animale e a tenerlo legato ad una catena all'interno dello spazio interno recintato allo stesso riservato, fatto che non aveva impedito che l'animale si portasse fino ai margini della staccionata attingendo al volto un giovane ospite. 3. Invero nell'iter motivazionale il primo giudice richiama elementi testimoniali da cui dedurre tanto la circostanza che il cane era stato affidato dal proprietario al proprio genitore, tanto del fatto che era B.B., padre dell'imputato a tenere il cane presso la malga. Ritiene il collegio che il giudice di pace abbia adeguatamente e logicamente evidenziato che, in relazione a quel periodo limitato della stagione, l'animale era effettivamente custodito da persona diversa dell'imputato il quale aveva perso qualsiasi potere di vigilanza e di controllo diretto sullo stesso, così da potersi affermare che in ossequio ai principi di auto responsabilità era il genitore dell'imputato a gestire l'animale e ad assumere ogni obbligo, anche precauzionale teso a impedire che l'animale potesse nuocere a terzi. In particolare il giudice di pace ha riportato il contenuto di prove dichiarative che affermavano che B.B. aveva assunto la piena custodia del cane, che utilizzava per il pascolo sui monti e quale guardiano della malga che egli gestiva. D'altro canto non emergono nella struttura motivazionale carenze e contraddittorietà sui punto, né risultano evidenziati ulteriori elementi da cui potersi trarre che in capo all'imputato fosse residuato un autonomo potere di controllo sull'animale e quindi una autonoma sfera di garanzia, come si sarebbe realizzato qualora anche B.M. si fosse trovato nella malga unitamente al genitore, in quanto per giurisprudenza dl S.C., in caso di trasferimento degli obblighi di garanzia su persona diversa dal proprietario, la responsabilità di questi residua nel caso in cui lo stesso sia in concreto tuttora in grado di esercitare il potere di controllo, ovvero nel caso in cui abbia affidato l'animale a persona non in grado di esercitare su di esso una effettiva custodia cfr. sez.IV 3.4.2008 numero 34765 o di contenerne il naturale slancio. Il ricorso deve essere pertanto rigettato in ordine a tale profilo di reato. 4. In relazione al secondo motivo di ricorso effettivamente il primo giudice ha del tutto omesso di procedere a qualsiasi motivazione in relazione al secondo capo di imputazione relativo al delitto di minaccia, pure procedibile in presenza di querela risultante a FI 31 del fascicolo di primo grado, cui la Corte ha avuto accesso in ragione della eccezione della difesa dell'imputato che ne poneva in dubbio la ricorrenza e pertanto è incorso in vizio di totale omissione di motivazione sul punto, con la conseguenza che va dichiarato l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente a tale pronuncia, con rinvio al Giudice di Pace di Trento per nuovo esame. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla contestazione del delitto di minaccia capo B con rinvio al Giudice di pace di Trento. Rigetta nel resto.