Spetta al giudice reperire tra gli atti la prova positiva della non conoscenza del provvedimento

L’eventuale ritardo del difensore di fiducia nell’informare il proprio assistito non può ridondare a danno di costui, soprattutto in assenza di una prova certa, che spetta al Giudicante rinvenire in elementi oggettivi e concreti, senza aggravare l’onere probatorio a carico dell’imputato in ordine all’effettiva conoscenza del provvedimento che vuole impugnare.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 29918/2016, depositata il 14 luglio u.s., ha colto l’occasione per pronunciarsi sulla delicata questione della restituzione nel termine per la proposizione dell’impugnazione. La fattispecie concreta. La Corte d’Appello di Venezia dichiarava inammissibile l’istanza inoltrata dal difensore di un imputato finalizzata ad ottenere la restituzione nel termine per proporre appello avverso la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Treviso il 3 giugno 2013. Secondo la Corte territoriale l’istanza doveva ritenersi tardiva giacché il difensore dell’imputato aveva avuto effettiva conoscenza della sentenza sin dal 10 aprile 2015, data in cui il precedente difensore di fiducia gli aveva comunicato via fax tanto la rinuncia al mandato quanto l’avviso di udienza in camera di consiglio relativo alla richiesta di revoca della sospensione condizionale della pena. La Corte d’Appello, altresì, ha ritenuto mancante la prova che il difensore non avesse potuto contattare il cliente fino al 7 settembre 2015 pertanto, essendovi un’effettiva conoscenza del provvedimento da impugnare in data anteriore, viene dedotto lo sforamento del termine di decadenza di cui all’articolo 175, comma 2- bis , c.p.p Ad ogni buon conto, oltre che inammissibile, ad avviso della Corte l’istanza de qua è anche infondata la sentenza contumaciale, infatti, veniva notificata regolarmente presso lo studio del precedente difensore di fiducia presso cui l’imputato aveva eletto domicilio. Violazione di legge? Avverso siffatto provvedimento ricorre per Cassazione l’imputato, deducendo violazione di legge sotto un duplice profilo. A parere del ricorrente, in primo luogo, l’istanza non può definirsi tardiva poiché, per mezzo di una missiva a firma del ricorrente, era stato dimostrato che egli avesse avuto effettiva conoscenza della sentenza del Tribunale di Treviso solo il 7 settembre 2015. In seconda battuta, la Corte territoriale non avrebbe preso in considerazione il fatto che il primo difensore di fiducia abbia rinunciato al mandato in data antecedente rispetto alla pronuncia della sentenza di primo grado, circostanza che denuncia la non provata effettiva conoscenza del provvedimento. Il ritardo del difensore non può danneggiare l’assistito. In effetti, in ordine alla tardività dell’istanza, la Corte di legittimità rileva tra gli allegati la presenza della missiva a firma dell’imputato, recante la data del 7 settembre 2015. Il fatto che il difensore avesse avuto conoscenza della sentenza il 10 aprile 2015 non prova che il ricorrente fosse edotto di tale circostanza. In ordine a tale aspetto non è condivisibile il percorso delineato dalla Corte d’Appello di Venezia l’eventuale ritardo del difensore di fiducia nell’informare il proprio assistito non può ridondare a danno di costui, soprattutto in assenza di una prova certa, che spetta al Giudicante rinvenire in elementi oggettivi e concreti, senza aggravare l’onere probatorio a carico dell’imputato in ordine all’effettiva conoscenza del provvedimento che vuole impugnare come di recente rilevato da recente giurisprudenza di legittimità Cass. Penumero , Sez. I, numero 7965 del 08.01.2016 . La non conoscenza del provvedimento. Con riferimento al merito dell’istanza, la rinuncia al mandato da parte del primo difensore in tempo anteriore alla pronuncia di primo grado, nonché la successiva notifica nei confronti del medesimo dell’estratto contumaciale, costituiscono circostanze assolutamente idonee a far ritenere che l’imputato non abbia avuto concreta conoscenza del provvedimento emesso nei suoi confronti. D’altra parte, con la novella intervenuta con la L. 60 del 2005, il legislatore, in materia di remissione in termini, ha sostituito la prova della non conoscenza del procedimento a carico dell’interessato con una sorta di presunzione iuris tantum di non conoscenza, con contestuale obbligo gravante sul giudice di reperire la prova positiva di quanto dichiarato dalla parte tra gli atti disponibili. Per tali motivi, la Corte di Cassazione annulla l’ordinanza con rinvio per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 8 giugno – 14 luglio 2016, numero 29918 Presidente Prestipino – Relatore Sgadari Ritenuto in fatto 1.Con l'ordinanza in epigrafe, la Corte di Appello di Venezia dichiarava inammissibile l'istanza avanzata dal ricorrente di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la sentenza emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Treviso in data 3.6.2013. Rilevava la Corte che l'istanza, depositata il 21 settembre 2015, doveva ritenersi tardiva in quanto il difensore di fiducia dei ricorrente, avv. R.D., aveva avuto effettiva conoscenza della sentenza a carico dell'imputato fin dal 10 aprile 2015, allorquando il precedente difensore di fiducia del D.P., che aveva rinunciato al mandato, gli aveva comunicato via fax l'avviso di udienza in camera di consiglio in merito alla richiesta di revoca della sospensione condizionale della pena riveniente dalla sentenza del Tribunale di Treviso. Da questa circostanza, unita alla mancanza di prova da parte del difensore di non avere potuto contattare il ricorrente fino al 7.9.2015, la Corte deduceva che il D.P. avesse avuto effettiva conoscenza della sentenza in epoca antecedente al 7 settembre 2015 e che, quindi, fosse stato sforato il termine di decadenza di cui all'art. 175, comma 2 bis, cod.penumero . In ogni caso, la Corte aggiungeva che l'istanza era infondata poiché la sentenza contumaciale era stata regolarmente notificata al precedente difensore di fiducia del ricorrente, avv. M.M., presso il quale il D.P. aveva eletto domicilio, dal che la Corte faceva discendere l'effettiva conoscenza della sentenza da parte del ricorrente, avuto riguardo al rapporto fiduciario intercorrente tra quest'ultimo ed il suo difensore e dei doveri deontologici di comunicazione ad esso connessi. 2. Ricorre per cassazione il D.P., deducendo violazione di legge sotto due profili. In primo luogo, l'istanza non avrebbe potuto ritenersi tardiva poiché, attraverso una missiva a firma del ricorrente, era stato dimostrato che egli avesse avuto effettiva conoscenza della sentenza del Tribunale di Treviso solo il 7.9.2015. In secondo luogo, la Corte non avrebbe adeguatamente valorizzato la circostanza che il primo difensore di fiducia del ricorrente, avv. M., aveva rinunciato al mandato in data antecedente alla pronuncia della sentenza di primo grado e, pertanto, tale evento avrebbe dovuto indurre la Corte a ritenere non provata l'effettiva conoscenza della sentenza da parte del ricorrente. Considerato in diritto il ricorso è fondato. 1.In ordine alla tardività dell'istanza, deve rilevarsi che il ricorrente ha allegato di avere avuto effettiva conoscenza della sentenza emessa a suo carico solo il 7 settembre del 2015, come risulta da una missiva a sua firma, recante tale data, allegata agli atti e destinata al suo difensore di fiducia. La circostanza valorizzata dalla Corte di Appello, in ordine al fatto che il nuovo difensore di fiducia dei ricorrente, avv. D., avesse avuto conoscenza della sentenza dei Tribunale di Treviso il 10 aprile del 2015, non prova ancora che il ricorrente di ciò fosse venuto a conoscenza prima del 21 agosto del 2015, cioè in data antecedente di oltre un mese rispetto all'istanza di restituzione nel termine del 21 settembre del 2015. L'eventuale ritardo dei difensore di fiducia nell'informare l'imputato suo cliente, non può ridondare a suo danno, in assenza di tale prova certa la quale avrebbe dovuto essere dimostrata dalla Corte non solo attraverso supposizioni, più o meno condivisibili, ma con dati oggettivi, al fine di non aggravare l'onere probatorio a carico dell'imputato in ordine alla sua conoscenza effettiva della sentenza che vuole impugnare, secondo quanto è stato ritenuto dalla più sensibile e recente giurisprudenza di legittimità condivisa dal Collegio Sez. 1, numero 7965 del 08/01/2016, Perri, Rv.266330 . 2. In ordine alla fondatezza dell'istanza, risponde al vero quanto affermato dalla stessa Corte di Appello e dal ricorrente che il primo difensore di fiducia da quest'ultimo nominato, avv. M.M., presso il cui studio legale il D.P. aveva eletto domicilio, aveva rinunciato al mandato defensionale in data antecedente alla pronuncia della sentenza di primo grado e, ciononostante, allo stesso difensore era stato notificato l'estratto contumaciale di tale sentenza. Fatta questa premessa, occorre osservare che si era verificata, nella specie, una circostanza oggettiva, quale per l'appunto la dichiarazione di rinuncia al mandato da parte dei difensore di fiducia, che aveva determinato una interruzione dei rapporto professionale tra il medesimo difensore e l'istante, avvenuta prima che venisse emessa la sentenza di primo grado. Evento idoneo - secondo la giurisprudenza di legittimità qui condivisa, Sez.6, numero 5169 del 16/01/2014, Najimi Sez.5, numero 16330 dei 20/03/2013, Katler - a far ritenere che il ricorrente medesimo non avesse avuto effettiva conoscenza dell'esito dei processo davanti al Tribunale di Treviso. Dal momento che, alla luce della ridetta circostanza, non sarebbe sufficiente accertare la regolarità formale della notifica per dedurne che l'interessato avesse avuto effettiva conoscenza dei provvedimento in questo caso della sentenza contumaciale di primo grado , tanto più ove, essendo stata eseguita la notifica di tale provvedimento presso il domiciliatario, sia certo che l'imputato non l'abbia ricevuta personalmente se non per fictio iuris. In tal caso, infatti, il giudice non può arrestarsi all'esame della ritualità formale della notifica, qui non in discussione, ma deve esaminare la prospettazione relativa alla mancanza di effettiva conoscenza dell'atto, considerato che l'art. 175, comma 2, cod. proc.penumero - come modificato dal D.L. numero 17 del 2005, conv con modif. nella L.numero 60 del 2005 - ha sostituito alla prova della non conoscenza del procedimento - che in passato doveva essere fornita dall'interessato - una sorta di presunzione iuris tantum di non conoscenza, ponendo, in tal modo, a carico del giudice l'onere di reperire agli atti l'eventuale prova positiva e, più in generale, di accertare se l'interessato abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento e abbia volontariamente e consapevolmente rinunciato a proporre impugnazione Sez. 3, numero 38295 del 03/06/2014, Petreto Sez. 4, numero 3564 del 12/01/2012, Amendola Sez.3, numero 24065 del 13/05/2010, Battanza . Ne consegue che l'ordinanza della Corte di Appello deve essere annullata con rinvio per nuovo esame, che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati nella valutazione degli elementi oggettivi, se esistenti, atti a provare l'effettiva conoscenza da parte dell'imputato della sentenza dei Tribunale di Treviso in data antecedente al 21 agosto 2015, determinandosi di conseguenza. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Venezia per nuovo esame.