Concomitante impegno del difensore: istanza di rinvio accolta solo se inoltrata appena conosciuta la contemporaneità

Le esigenze dell’esercizio della professione forense devono armonizzarsi con quelle dell’ordinato ed efficace esercizio della giurisdizione. Per tale ragione, l’istanza di rinvio di udienza per concomitante impegno professionale trova accoglimento solo se il difensore la inoltra non appena conosciuto il motivo di impedimento.

La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza numero 28272/2016, depositata il 7 luglio, si è espressa in materia di legittimo impedimento del difensore, delineando, ancora una volta, i tratti essenziali ed imprescindibili dell’istanza di rinvio per concomitante impegno professionale. Il caso. La Corte d’Appello di Bologna con sentenza del 10 ottobre 2013, in parziale riforma del provvedimento di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti di un soggetto accusato del reato di cui all’articolo 4 l. numero 110/75, perché ormai estinto per intervenuta prescrizione, e confermava nei confronti del medesimo la condanna ad anni quattro e mesi sei di reclusione per il delitto di rapina aggravata. Avverso siffatto provvedimento ricorre per Cassazione l’imputato a mezzo del proprio difensore, sollevando una serie di motivi di doglianza, tra i quali merita approfondita disamina quello relativo alla mancanza e manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’articolo 606, lett. e , c.p.p. sia dell’ordinanza che dell’impugnata sentenza con riferimento al diniego dell’istanza di rinvio per impegni professionali trasmessa alla Corte ben 7 giorni prima dell’udienza. Il motivo di doglianza è manifestamente infondato. I Giudici della seconda sezione del Palazzaccio non ritengono meritevole di accoglimento la censura paventata dalla difesa, tanto da dichiarare il ricorso inammissibile. Invero, il Supremo Collegio, oltre a tacciare il motivo innanzi detto manifestamente infondato, non individua i profili di specificità prescritti dall’articolo 581, lett.c , in relazione all’articolo 591, lett.c , c.p.p., rappresentando la piena legittimità del diniego opposto dalla Corte d’appello di Bologna all’istanza di rinvio di udienza inoltrata dal difensore dell’imputato. La predetta istanza, infatti, oltre che tardiva, non dimostrava l’impossibilità di nominare un sostituto processuale. I requisiti essenziali dell’istanza di rinvio di udienza per concomitante impegno professionale. Con la pronuncia de qua , i Giudici della Cassazione colgono l’occasione per ripetere i requisiti essenziali che deve contenere un’istanza di rinvio di udienza per concomitante impegno professionale del difensore che fondi l’assoluta impossibilità a comparire nel medesimo. A tal proposito è necessario che l’avvocato a prospetti l’impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni b indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo c rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore d rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto sia nel processo cui intende partecipare sia in quello per cui chiede il rinvio. Tra questi elementi è di assoluta importanza il momento in cui viene palesato l’impedimento le esigenze dell’esercizio della professione forense devono armonizzarsi con quelle dell’ordinato ed efficace esercizio della giurisdizione. In effetti, la destinazione in ruolo di un processo che non venga poi trattato per impedimento professionale del difensore crea uno stallo del tutto antieconomico, evitabile con una immediata comunicazione dell’impossibilità a comparire che consentirebbe al giudice di poter organizzare più efficacemente il proprio ruolo di udienza. Ciò posto, atteso che nel caso di specie l’istanza di rinvio è stata inoltrata appena una settimana prima rispetto all’udienza, pur conoscendo il difensore già da tempo il contemporaneo impegno, la decisione adottata sul punto dalla Corte territoriale non è viziata sotto alcun aspetto. Pertanto, rilevata anche l’inammissibilità degli ulteriori motivi di ricorso, la Corte di Cassazione condanna il ricorrente al pagamento della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 8 marzo – 7 luglio 2016, numero 28272 Presidente Gentile – Relatore Cervadoro Ritenuto in fatto Con sentenza in data 10.10.2013, la Corte d'Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere in ordine alla contravvenzione di cui agli articolo 110 c.p., 4 l. 110/75 per essere il reato estinto per prescrizione, e confermava nel resto la decisione del Tribunale che aveva condannato T.M. alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione e € 1.100,00 di multa per il reato di rapina aggravata in concorso, rilevando che nella pena come calcolate dal primo giudice non era stato calcolato alcun aumento in continuazione per la contravvenzione prescritta. Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato deducendo 1 la mancanza e manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell'articolo 606 lett.e c.p.p. sia dell'ordinanza in data 1.10.2013 che dell'impugnata sentenza in relazione al diniego dell'istanza di rinvio per impegni professionali trasmessa alla Corte ben sette giorni prima dell'udienza 2 l’inosservanza ed errata applicazione di norme della legge penale e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell'articolo 606 lett. b ed e c.p.p. in punto responsabilità. I giudici d'Appello hanno operato un ragionamento basato su deduzioni e su elementi equivoci di prova, giungendo a ritenere come dal ritrovamento di un'impronta dell'indice della mano destra impronta attribuita al T. sull'autovettura utilizzata per la perpetrazione della rapina debba necessariamente dedursi la partecipazione dello stesso all'evento delittuoso in questione 3 l’inosservanza ed errata applicazione di norme della legge penale e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell'articolo 606 lett. b ed e c.p.p. in ordine alla dichiarata inammissibilità dei motivi aggiunti dedotti dall'appellante circa l'inutilizzabilità dei rilievi dattiloscopici e della comparazione tra le impronte, in assenza di un elaborato peritale acquisibile agli atti 4 l'errata interpretazione della legge penale e mancanza, illogicità e contraddittorietà delle motivazioni ai sensi dell'articolo 606 lett.b ed e c.p.p.in relazione all'entità della pena e al diniego delle attenuanti generiche. Chiede pertanto l'annullamento della sentenza. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, e privo dei requisiti di specificità, prescritti dall'articolo 581, lett. c , in relazione all'art 591 lett. c c.p.p. La Corte d'Appello ha rigettato l'istanza di rinvio, rilevando che l'istanza era tardiva e che il difensore di fiducia non aveva dimostrato l'impossibilità di nominare un sostituto. L'impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, a condizione che il difensore a prospetti l'impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni b indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l'espletamento della sua funzione nel diverso processo c rappresenti l'assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l'imputato d rappresenti l'impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell'articolo 102 cod. proc. penumero sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio. Questa Corte ha già chiarito, con giurisprudenza che va qui ribadita, che l'obbligo di comunicare prontamente, ex articolo 420 ter, co.5 c.p.p., il legittimo impedimento a comparire, per concorrente impegno professionale, si intende puntualmente adempiuto dal difensore quando questi, non appena ricevuta la notificazione della fissazione dell'udienza nella quale intenda far valere il legittimo impedimento, verifichi la sussistenza di un precedente impegno professionale davanti a diversa autorità giudiziaria cui deve accordare prevalenza. Ne consegue che la tempestività della comunicazione predetta va determinata con riferimento al momento in cui il difensore ha conoscenza dell'impedimento v.Cass.Sez. VI, Sent. numero 24235/2015 Rv. 264130 Sez.V, Sent.numero 27174/2014 Rv. 260579 , e ciò in quanto le esigenze proprie dell'esercizio della libera professione forense devono armonizzarsi con quelle dell'ordinato ed efficace esercizio della giurisdizione. La destinazione in ruolo di un processo che non venga poi trattato per impedimento professionale del difensore determina infatti uno stallo del tutto antieconomico dell'ordinata e proficua gestione giudiziaria se invece l'impedimento viene comunicato prontamente, il presidente o il giudice, esercitando altrettanto tempestivamente ciò desumendosi dalla ricordata finalità della norma e dovendosi ritenere configurabile quantomeno una legittima aspettativa del difensore a conoscere anticipatamente la sorte della propria richiesta al fine di organizzare il proprio lavoro i poteri organizzativi monocratici che l'articolo 468 c.p.p. loro riconosce, possono anticipare o differire la trattazione del processo de quo e inserire nell'udienza originariamente prevista la trattazione di altro procedimento. Orbene, nel nostro caso, risulta dagli atti che la richiesta di rinvio è certamente tardiva, in quanto pervenuta il 24.9.2013, solo sette giorni prima dell'udienza 1,.10.2013 , quando tra l'altro nessuna integrazione del ruolo era più possibile. Nella richiesta di rinvio, allegata al ricorso, sono elencati i seguenti cinque procedimenti, tutti pendenti avanti al Tribunale di Foggia proc.numero 1262/11 nei confronti di B.D., libero, e M.A., detenuto per altra causa rinvio al 1.10.2013 da udienza del 28.5.2013 , proc.numero 401/12 nei confronti di M.F. e G.R., liberi rinvio al 1.10.2013 da udienza del 9.7.13 , proc.numero 9507/13 nei confronti di N.A., detenuto agli arresti domiciliari, e D.C., libero comunicazione all'avv. Santangelo Francesco, difensore di entrambi, e a M.C. - codifensore di N.o - del 9.9.2013 , proc.numero 11457/12 nei confronti di R.M., detenuto agli arresti domiciliari comunicazione all'avv. Santangelo Francesco in data 12.7.2013 , proc.numero 1944/11 DDA nei confronti di A.L., sottoposto ad obblighi, difeso dall'avv. Santangelo Francesco, R.M., detenuto agli arresti domiciliari, difeso dagli avvocati Santangelo e Chiariello, V.G., detenuto, difeso dall'avv. Francesco Santangelo rinvio al 1.10.2013 dall'udienza del 17.9.2013 . Dall'istanza di rinvio, e dalla documentazione ad essa allegata, si evince chiaramente che, per tutti i procedimenti, le date di rinvio erano conosciute dalla difesa ben prima della presentazione dell'istanza per tre dei procedimenti indicati erano già note da oltre due mesi prima , che alcuni imputati erano difesi non solo dall'avv. Santangelo ma anche da altro difensore, che il difensore ha omesso di indicare a quale tra i procedimenti elencati intendeva presenziare, e le ragioni per le quali era impedito di nominare un sostituto, considerato che per alcuni dei detti procedimenti non era l'unico difensore. La decisione della Corte d'Appello non è quindi in alcun modo censurabile nè nel motivo di ricorso sono precisate le ragioni circa la non tardività dell'istanza, anche rispetto agli impegni sopravvenuti alla notifica della citazione in appello. 2. il ricorso è inammissibile anche con riferimento agli ulteriori motivi. Solo formalmente, infatti, vengono evocati vizi di legittimità in concreto le doglianze sono articolate sulla base di rilievi che tendono ad una rivalutazione del merito delle statuizioni della Corte territoriale, e sono privi della specificità, prescritta dall'articolo 581, lett. c , in relazione all'art 591 lett. c c.p.p. non solo per la loro genericità, come assoluta indeterminatezza di quanto dedotto, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità Cass.Sez.IV, Sent.numero 5191/2000 Rv.216473 . La motivazione della Corte territoriale, che va necessariamente integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, di primo grado, si appalesa completa, priva di vizi logici, del tutto aderente alle premesse fattuali acquisite in atti, compatibile con il senso comune, e ai principi di diritto enunciati da questa Corte, in particolare in relazione all'utilizzabilità del fascicolo della dimostrazione dattiloscopica acquisito al dibattimento dopo l'audizione dell'ispettore C. i rilievi di comparazione delle impronte sono atti ben ripetibili, nè sulle dichiarazioni dell'Ispettore C. vi era divieto di testimonianza, in quanto la verifica dattiloscopica materialmente eseguita dall'agente scelto Greco è poi stata sottoposta a verifica e sottoscritta dall'ispettore C., e pertanto da lui legittimamente consultata nel corso della deposizione v.pag.5 della sentenza impugnata . Nonché in relazione al giudizio di responsabilità, in quanto non vi è dubbio che l'impronta lasciata sull'autovettura utilizzata per la rapina appartenga all'imputato in considerazione di ben 23 punti di convergenza tra le impronte v.pagg.6 e 7 , e gli orari tra il furto dell'auto e la rapina, nonché la vicinanza dei luoghi dei commessi reati, sono tali da consentire alla Corte di ragionevolmente affermare che gli stessi autori del furto - dopo la sottrazione dell'auto - si sono portati nella vicina via Candriano per commettere la rapina alla banca v.pag.9 . Il T. ha già riportato plurime condanne per reati della stessa indole, e la rapina per cui è processo è stata commessa con gravi modalità dal comportamento processuale non è stato poi ritenuto desumibile alcun effettiva resipiscenza. La determinazione della pena ed il diniego delle attenuanti generiche si fondano su congrui, pertinenti e logici elementi di valutazione v.pagg.9-11 della sentenza . Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, l'imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa v.Corte Cost. sent.numero 186/2000 , nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.