“Ti faccio fare un ‘Tso’!”: lo sfogo del medico può diventare una minaccia

Parole frutto, in apparenza, di un momento di rabbia. Esse, però, sono pronunciate da un medico e rivolte a una paziente. Tale legame tra le due persone coinvolte cambia la valutazione della frase.

Ti faccio fare un ‘trattamento sanitario obbligatorio’! . Sfogo verbale di un uomo. Parole in libertà, che non paiono valutabili come pericolose. A cambiare tutto, però, è il fatto che a pronunciarle sia stato un medico all’indirizzo di una propria paziente Cassazione, sentenza n. 27915/2016, Sezione Quinta Penale, depositata il 6 luglio . Rapporto. Per il Giudice di pace l’espressione utilizzata dall’uomo, per quanto minacciosa in apparenza, non è comunque idonea a produrre effetti intimidatori . Le parole pronunciate, cioè Io chiamo la polizia e ti faccio fare un ‘Tso’ , non potevano avere ripercussioni sulla persona a cui essa erano rivolte. Ciò ha giustificato l’archiviazione del procedimento penale nei confronti del medico. Decisione messa ora in discussione, però, dai magistrati della Cassazione. A loro dire, difatti, è stato trascurato il contesto della vicenda, ossia il rapporto esistente tra le persone coinvolte lui medico e lei paziente . Questo elemento, secondo i giudici, deve far riconsiderare il peso delle parole impiegate dall’uomo. Lui, da medico , poteva attivare le procedure prospettate , ossia il ricorso al ‘Tso’, e la donna era consapevole della propria posizione di debolezza Rimane in piedi, quindi, l’ipotesi del reato di minaccia , su cui dovrà nuovamente pronunciarsi il Giudice di Pace, valutando con attenzione le posizioni delle due persone coinvolte.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 10 febbraio – 6 luglio 2016, n. 27915 Presidente Lapalorcia – Relatore Scarlini Ritenuto il fatto 1 - Con decreto del 3 settembre 2015, il Giudice di pace di Ragusa disponeva l'archiviazione del procedimento nei confronti di C.F. per i delitti previsti dagli artt. 594 e 612 cod. pen., consumati in danno di G.L., in considerazione della tardività dell'atto di opposizione depositato poi in Procura e non presso la cancelleria del Giudice di pace , della tardività della presentazione della querela in relazione all'ingiuria avvenuta il 24 novembre 2014 mentre la querela era stata depositata il 5 marzo 2015 e del fatto che l'espressione minacciosa proferita io chiamo la polizia e ti faccio fare un TSO ! perché io lo posso fare! non era idonea a produrre effetti intimidatori. 2 - Avverso tale decreto propone ricorso la persona offesa G.L., a mezzo dei proprio difensore e procuratore, eccependo la violazione di legge e la violazione del contraddittorio fra le parti. Il Giudice non aveva tenuto in alcun conto le argomentazioni spese dalla persona offesa nell'atto di opposizione, la cui presunta tardività non ne comportava l'inammissibilità. Né aveva rilievo il fatto che l'atto fosse stato depositato in Procura. Né la querela era tardiva posto che era stata presentata il 5 marzo 2015 in relazione ad un fatto del 9 dicembre 2014. La valenza intimidatoria delle espressione usata era avvalorata dal rapporto medico paziente che intercorreva fra l'indagato e la persona offesa. Si riportava integralmente il contenuto dell'atto di opposizione. 3 - Il Procuratore generale chiede l'accoglimento del ricorso non risultando tardiva la querela rispetto ai fatti denunciati pag. 5 della stessa e si tratta di profilo assorbente. Considerato in diritto Il ricorso è fondato in riferimento all'archiviazione dei delitto di minaccia mentre è inammissibile in ordine al delitto di ingiuria a seguito della intervenuta depenalizzazione disposta dall'art. 1 d. lgs. 15 gennaio 2016 n. 7. Quanto al delitto di minaccia infatti la querela non è tardiva come già peraltro rilevato dal giudice in ordine a tale imputazione essendo stata presentata il 5 marzo 2015 per un fatto avvenuto il 9 dicembre 2014. Il Giudice di pace aveva però violato il contraddittorio non tenendo in alcun conto le osservazioni formulate dalla persona offesa nell'atto di opposizione, limitandosi ad affermare che l'espressione proferita io chiamo la polizia e ti faccio fare un TSO! perché io lo posso fare! non era idonea a produrre effetti intimidatori, senza però motivare adeguatamente il contesto in cui questa era stata pronunciata e senza valutare che essa si inseriva in un rapporto fra medico, che ben poteva attivare le procedure prospettate, e paziente, che le avrebbe dovute subire. Ferma, di contro, rimanendo la possibilità, per il Giudice del nuovo esame, di valutare anche se tale prospettazione concretasse la minaccia di un male che possa definirsi ingiusto. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato limitatamente al reato di minaccia con rinvio al Giudice di pace di Ragusa per nuovo esame. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.