Ritrattazione del falso? Se è tempestiva, salva

La delimitazione processuale e temporale della causa di non punibilità della ritrattazione è volta ad indurre l'agente a riparare le conseguenze della propria condotta criminale il prima possibile.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27933/16, depositata il 6 luglio. Il caso. Con il provvedimento impugnato emesso dalla Corte d’appello era stata riformata la sentenza assolutoria all'esito del giudizio abbreviato, da parte del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale, per il reato di favoreggiamento personale dell'imputato il quale risultava aver reso alla polizia giudiziaria dichiarazioni reticenti in merito alla cessione di sostanza stupefacente del tipo hashish da parte di un soggetto nei confronti di un altro. Il ricorso in Cassazione si basava su due motivi di impugnazione. Legittimo impedimento. Il primo riguardava la violazione della legge processuale per avere la Corte deliberato la decisione sebbene il difensore di fiducia dell'imputato avesse tempestivamente richiesto il differimento della causa ad altra udienza, essendo impossibilitato a partecipare per gravi motivi di salute, come da certificato medico allegato agli atti. Detta istanza non veniva delibata in tempo dal collegio in quanto veniva ritrovata nel fascicolo processuale successivamente alla decisione. In ordine a questo punto la Cassazione accoglie pienamente la tesi del difensore. Ritiene, invero, il Collegio di dover ribadire il principio di recente affermato in un altro caso esattamente sovrapponibile a quello di specie, nel quale si è chiarito che nel giudizio abbreviato di appello il legittimo impedimento del difensore impone il rinvio del procedimento. Nella motivazione di questa pronuncia, si è evidenziato che, se il difensore non compare senza addurre alcun legittimo impedimento, il procedimento viene celebrato, senza che la mancata comparizione determini l'obbligo di provvedere ex art. 97, comma 4, c.p.p Dove, invece, il difensore non compare ma rappresenta tempestivamente il proprio intendimento di comparire, documentando un legittimo impedimento a sostegno della richiesta di rinvio, il Giudice è tenuto, in presenza di tutte le condizioni di legge, a disporre in tal senso. Tale principio poggia su di una interpretazione costituzionalmente orientata del combinato disposto degli articoli 127, comma 3, 443, comma 4, 599 c.p.p. con specifico riguardo alle norme di cui all'articolo 24, comma 2 Cost. e all'articolo 111, comma 2 Cost. che sancisce il diritto al contraddittorio. In particolare, si è rilevato come la locuzione dell'art 127, comma 3, c.p.p. secondo cui i difensori sono sentiti ‘se compaiono’, non preclude certamente ma, anzi, favorisce l'interpretazione secondo la quale la partecipazione all'udienza del difensore è facoltativa ma il difensore ha comunque diritto di comparire. Pertanto, ove il legale non compaia, senza addurre alcun legittimo impedimento, il procedimento ha senz’altro corso. Laddove, invece, il difensore rappresenti tempestivamente il proprio intendimento di comparire e documenti legittimo impedimento a sostegno della richiesta di rinvio, il Giudice è tenuto a disporre in tal senso. Le condizioni di legittimità della ritrattazione. L'altro motivo di ricorso è la violazione di legge penale per avere il Giudice territoriale fatto erronea applicazione del principio affermato dalla Corte di Cassazione in tema di ritrattazione, atteso che l'imputato aveva ritrattato le precedenti dichiarazioni, sempre soltanto nell'ambito dell'originario procedimento penale, laddove la separazione della posizione dell'imputato è dipesa solo dalla scelta di definire il procedimento con rito abbreviato. Anche questo motivo di ricorso viene accolto dalla Suprema Corte. La motivazione è presto spiegata la normativa precisa che ‘il colpevole non è punibile, se nel procedimento penale nel quale ha prestato il suo ufficio ore sono le sue dichiarazioni, ritratta il falso e manifesta il vero non oltre la chiusura del dibattimento’. La ratio della previsione è quella di incentivare le condotte di natura ripristinatoria o riparatore da parte dell'agente, al fine di eliminare le conseguenze pericolose oppure lesive in danno del bene giuridico protetto dai delitti contro l'amministrazione della giustizia. La norma, dunque, premia con l'esclusione della punibilità il comportamento che possa favorire l'accertamento della realtà dei fatti, come si evince dalla circostanza che, ai fini della relativa integrazione, non è sufficiente che il colpevole ritratti il falso ma è necessario che i manifesti il vero, se a sua conoscenza. Quindi, in ossequio al inequivoco dato testuale, la ritrattazione assume rilevanza soltanto allorquando sia nello stesso processo penale nel quale il testo ha prestato il suo ufficio oppure il responsabile abbia posto in essere la condotta di favoreggiamento, a nulla rilevando che sia venuta a conoscenza dell'autorità davanti alla quale è stata consumata la falsità e che essa l'abbia utilizzata insieme con altri elementi processuali. Inoltre, la ritrattazione deve avvenire entro la chiusura del dibattimento e, nel caso di rito abbreviato, prima della chiusura della discussione. La delimitazione temporale e processuale della causa di non punibilità quindi, lo stesso processo e prima della chiusura del dibattimento è volta ad indurre l'agente a riparare le conseguenze della propria condotta criminale prima possibile, allo scopo di scongiurare lo svolgimento di una inutile attività processuale.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 maggio – 6 luglio 2016, n. 27933 Presidente Ippolito – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, in riforma della sentenza assolutoria pronunciata in data 19 ottobre 2012 all'esito del giudizio abbreviato da parte del giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Potenza, la Corte d'appello di Potenza ha condannato D.L.D. per il reato di favoreggiamento personale, per avere reso alla polizia giudiziaria dichiarazioni reticenti in merito alla cessione di sostanza stupefacente del tipo hashish - in quantità non determinata - da parte di M.G. e M.C. nei confronti dello stesso D.L. e di altra persona. 1.1. Dopo avere richiamato per relationem la ricostruzione in fatto compiuta dal primo giudice quanto alla ritenuta sussistenza del reato-presupposto ed alla ritrattazione operata dal D.L. in sede di spontanee dichiarazioni rese nel giudizio abbreviato, la Corte territoriale ha ribadito il principio affermato da questa Suprema Corte di cassazione - sancito in tema di falsa testimonianza e declinato in termini identici in relazione al reato di favoreggiamento personale -, secondo il quale la ritrattazione ai sensi dell'art. 376 cod. pen. non è efficace ad escludere la punibilità del reato se effettuata in un processo diverso da quello in cui si è consumato il reato-presupposto, a nulla rilevando che la medesima sia venuta a conoscenza dell'autorità giudiziaria competente per quest'ultimo e che l'abbia utilizzata assieme ad altri elementi processuali. Sulla scorta di tali premesse in diritto, il Collegio di merito ha pertanto inferito che, nel caso di specie, la causa di non punibilità non può trovare applicazione, essendo la ritrattazione intervenuta in un procedimento diverso da quello relativo al reato presupposto. 1.2. In ultimo, la Corte territoriale ha posto in evidenza come, nella specie, non ricorrano i presupposti per applicare i principi affermati dalla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo e da questa Suprema Corte in merito alla necessità di sentire nuovamente i testimoni in caso di ribaltamento della sentenza assolutoria di primo grado, atteso che il materiale processuale è costituito da prove documentali, segnatamente dagli esiti delle conversazioni telefoniche. 2. Ricorre avverso la sentenza D.D.L., a mezzo del proprio difensore di fiducia Avv. Leonardo Pace, e deduce i seguenti motivi 2.1. violazione di legge processuale con riferimento agli artt. 178, comma 1 lett. c , 179, comma 1, e 420-ter cod. proc. pen., per avere la Corte deliberato la decisione sebbene il difensore di fiducia dell'imputato, Avv. Donato Paciello, avesse ritualmente richiesto il differimento della causa ad altra udienza, essendo impossibilitato a partecipare per gravi motivi di salute, come da certificato medico allegato detta istanza non veniva tempestivamente delibata dal Collegio, in quanto - come dato atto dal Presidente della Corte d'appello - veniva ritrovata nel fascicolo processuale successivamente alla decisione 2.2. violazione di legge penale con riferimento agli artt. 378 e 376 cod. pen., per avere il Giudice territoriale fatto erronea applicazione del principio affermato da questa Corte di legittimità in tema di ritrattazione, atteso che D.L. ha ritrattato le precedenti dichiarazioni sempre e soltanto nell'ambito dell'originario procedimento penale R.G. N.R. n. 3828/09 - R.G. GIP n. 4513/12 , là dove la separazione della posizione dell'imputato è dipesa soltanto dalla scelta di definire il procedimento con rito abbreviato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato in relazione ad entrambi i motivi di doglianza, dovendosi peraltro assegnare preminenza al secondo, in quanto tale da comportare l'annullamento senza rinvio della sentenza in verifica e, dunque, assorbente rispetto al primo. 2. Con il primo motivo, il ricorrente eccepisce la nullità della sentenza per avere la Corte omesso di deliberare sulla richiesta di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del difensore di fiducia per motivi di salute. 2.1. Secondo quanto rilevato dal patrono del ricorrente - e risulta confermato dall'incartamento processuale -, prima della celebrazione del giudizio abbreviato in appello, l'Avv. Donato Paciello - difensore di fiducia dell'imputato - aveva ritualmente e tempestivamente depositato nella cancelleria della Corte d'appello una richiesta di rinvio dell'udienza fissata per il 20 dicembre 2013, allegando certificazione attestante il ricovero in ospedale il 12 dicembre 2013 e la perdurante degenza. All'udienza del 20 dicembre, il difensore di fiducia non era - come preannunciato - presente e veniva nominato un difensore d'ufficio, il quale nulla eccepiva quanto all'omessa valutazione dell'istanza di rinvio, peraltro non presente agli atti del fascicolo, atteso che - come dato atto dallo stesso Presidente della Corte d'appello - il documento era andato perduto e veniva ritrovato nel fascicolo soltanto il 13 febbraio 2014, dopo la decisione. 2.2. La doglianza coglie nel segno. Ritiene invero il Collegio di dover ribadire il principio di recente di affermato da questa Corte in un caso esattamente sovrapponibile a quello di specie, nel quale si è chiarito che, nel giudizio abbreviato di appello - soggetto al rito camerale ex artt. 493 - 599, comma 2, cod. proc. pen. - il legittimo impedimento del difensore impone il rinvio del procedimento Sez. 6, n. 10157 del 21/10/2015 - dep. 11/03/2016, Caramia, Rv. 266531 . Nella motivazione della pronuncia, si è evidenziato che, se il difensore non compare senza addurre alcun legittimo impedimento, il procedimento è celebrato senza cha la mancata comparizione determini l'obbligo di provvedere ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen., là dove, invece, se il difensore non compare ma rappresenta tempestivamente il proprio intendimento di comparire e documenti un legittimo impedimento a sostegno della richiesta di rinvio, il giudice è tenuto, in presenza di tutte le condizioni di legge, a disporre in tal senso. La decisione prende spunto dagli argomenti sviluppati nella decisione delle Sezioni Unite in tema di adesione del difensore all'astensione deliberata dagli organi di categoria Sez. U. n. 15232 del 30/10/2014, Tibo, Rv. 263022 e poggia su di un'interpretazione costituzionalmente orientata del combinato disposto degli artt. 127, comma 3, 443, comma 4, e 599 cod. proc. pen., con specifico riguardo alle norme di cui all'art. 24, comma 2, Cost. - che sancisce l'inviolabilità, in ogni stato e grado del procedimento, del diritto di difesa - ed all'art. 111, comma 2, Cost., che sancisce il diritto al contraddittorio in ossequio alle indicazioni espresse dal Giudice delle leggi nelle sentenze n. 287 del 2011 e n. 192 del 2007 . In particolare, si è condivisibilmente rilevato come la formulazione dell'art. 127, comma 3, cod. proc. pen., secondo cui i difensori sono sentiti se compaiono , non preclude certamente, ma anzi favorisce l'interpretazione secondo la quale la partecipazione all'udienza del difensore è facoltativa ma il difensore ha comunque il diritto di comparire. Pertanto, ove il difensore non compaia, senza addurre alcun legittimo impedimento, il procedimento ha senz'altro corso, senza che la mancata comparizione del difensore determini l'obbligo di provvedere ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen né alcun'altra conseguenza processuale. Laddove invece il difensore rappresenti tempestivamente il proprio intendimento di comparire e documenti un legittimo impedimento, a sostegno della richiesta di rinvio, il giudice è tenuto, in presenza di tutte le condizioni di legge, a disporre in tal senso . 3. Come anticipato, è fondato anche il secondo - ed assorbente - motivo con il quale il ricorrente denuncia l'erronea applicazione di legge penale con riferimento agli artt. 378 e 376 cod. pen. 3.1. Mette conto rilevare che l'art. 376, come novellato con legge 15 luglio 2009, n. 94, dispone che, nei casi previsti - fra gli altri - dall'art. 378 cod. pen., il colpevole non è punibile, se nel procedimento penale nei quali ha prestato il suo ufficio o reso le sue dichiarazioni, ritratta il falso e manifesta il vero non oltre la chiusura del dibattimento . La ratio della previsione è quella di incentivare le condotte di natura ripristinatoria o riparatoria da parte dell'agente, al fine di eliminare le conseguenze lesive o pericolose in danno del bene giuridico protetto dai delitti contro l'amministrazione della giustizia contemplati nella disposizione segnatamente quelli di falsa testimonianza, false dichiarazioni al P.M., alla Corte penale internazionale o al difensore, falsa perizia nonché favoreggiamento personale . La norma premia, con l'esclusione della punibilità, il comportamento che possa favorire l'accertamento della realtà dei fatti, come si evince pianamente dalla circostanza che, ai fini della relativa integrazione, non è sufficiente che il colpevole ritratti di falso, ma è necessario che egli manifesti il vero, se a sua conoscenza. 3.2. In ossequio all'inequivoco dato testuale, la ritrattazione assume rilevanza solo allorquando essa sia resa nello stesso processo penale nel quale il teste ha prestato il suo ufficio o il responsabile abbia posto in essere la condotta di favoreggiamento, a nulla rilevando che essa sia venuta a conoscenza della autorità davanti alla quale è stata consumata la falsità e che essa l'abbia utilizzata insieme con altri elementi processuali Sez. 6, n. 15345 del 08/06/1990, Pirrottino, Rv. 185813 . La ritrattazione deve inoltre intervenire entro la chiusura del dibattimento ed, in caso di giudizio abbreviato, prima della chiusura della discussione a mente dell'art. 442, comma 1, cod. proc. pen., ad essa corrispondente. La delimitazione processuale e temporale della causa di non punibilità stesso processo e prima della chiusura del dibattimento è volta ad indurre l'agente a riparare le conseguenze della propria condotta criminale prima possibile, allo scopo di scongiurare lo svolgimento di un'inutile attività processuale. 3.3. Fissati i capisaldi ermeneutici su cui fondare la soluzione del caso di specie, va rilevato che, per quanto dato conto dalla stessa Corte territoriale nell'icipit della motivazione, D.L. ha ritrattato le dichiarazioni a favore di M.G. e M.C., per un verso, in sede di dichiarazioni spontanee nel giudizio abbreviato, dunque prima della chiusura della discussione di tale giudizio per altro verso, nell'ambito dello stesso procedimento - segnatamente di quello recante i numeri R.G. N.R. n. 3828/09 e R.G. GIP n. 4513/12 -, a carico del medesimo D.L. e di G. e C., id est dei responsabili del reato-presupposto quali fornitori dello stupefacente all'imputato e ad un terzo nonché soggetti favoriti dalle prime dichiarazioni del ricorrente. In altre parole, l'imputato ha ritrattato le dichiarazioni rese a discolpa dei fornitori dello stupefacente a lui ceduto in seno allo stesso originario procedimento, là dove quel medesimo unitario procedimento è stato separato nei confronti del D.L., ai sensi dell'art. 18 cod. proc. pen., ed ha pertanto assunto una diversa numerazione in relazione alla sola fase del giudizio, in considerazione della scelta processuale compiuta dal medesimo a valle , dopo l'esercizio dell'azione penale, segnatamente dell'opzione ai sensi degli artt. 438 e seguenti cod. proc. pen. In altri termini, D.L. ha reso le dichiarazioni spontanee integranti la ritrattazione nell'ambito del procedimento celebrato con il rito abbreviato che costituisce derivazione, costola, dell'unitario procedimento originario a carico degli autori del reato-presupposto, di cui difatti mantiene inalterati i numeri di registrazione assunti all'atto dell'iscrizione della notitia criminis R.G. N.R. n. 3828/09 e della fase innanzi al Giudice delle indagini preliminari R.G. G.I.P. n. 4513/12 . 4. Conclusivamente, nel caso in oggetto ricorrono tutti i presupposti della causa di non punibilità di cui al combinato disposto degli artt. 376 e 378 cod. pen., sicchè la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata.