L’amministratore preleva denaro del condominio: condannato per appropriazione indebita

Nessun dubbio sulla condotta dell’amministratore condominiale dopo la doppia conforme in primo e secondo grado, la Cassazione ritiene sussistente il reato, consumatosi con il mancato trasferimento delle giacenze di cassa al nuovo amministratore, profilatasi in quel momento l’interversione nel possesso.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 27363, depositata il 4 luglio 2016. Il caso. La Corte d’appello di Napoli confermava in data 7 ottobre 2014 la pronuncia del 23 novembre 2011 dello stesso Tribunale che aveva ritenuto colpevole l’amministratore di un condominio del delitto di appropriazione indebita. Riteneva la Corte sussistenti in capo all’imputato adeguati elementi di prova per ritenerlo responsabile del delitto consumato mediante l’appropriazione di somme, attraverso prelievi periodici dal conto corrente, del condominio di cui aveva disponibilità in forza dell’incarico. Avverso tale sentenza muoveva ricorso per cassazione l’imputato lamentando difetto di motivazione ex art. 606, lett. e , c.p.p., in relazione alla ritenuta colpevolezza basata su un’adesione acritica alle conclusioni della consulenza del pm in assenza di adeguata ricostruzione delle operazioni contabili e monetarie sottese alla gestione ed in presenza di dati contraddittori circa l’importo che si assumeva sottratto. In secondo luogo, lamentava violazione dell’art. 606, lett. b ed e , c.p.p. per manifesta illogicità della motivazione riferita al termine di prescrizione del reato, ritenuto decorrere al momento del passaggio del denaro al nuovo amministratore e che invece doveva ritenersi consumato in occasione dei singoli prelievi, con la conseguenza che i fatti si erano estinti anteriormente il 6 aprile 2007. La doppia conforme. La Corte respinge il ricorso per infondatezza dei motivi. In caso di doppia conforme, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice, concordino nell’analisi e valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione. In applicazione di ciò, bisogna ritenere che il riferimento nelle pronunce di primo e secondo grado agli elementi di prova a carico del ricorrente e all’assenza di qualsiasi riscontro sull’avvenuta utilizzazione delle somme per pagamenti non contabilizzati, pare contestata dal ricorrente in termini generici e aspecifici, manifestandosi dunque inammissibile Il momento consumativo del reato. Anche il secondo motivo viene giudicato infondato, proprio perché la corte di merito ha adeguatamente motivato circa il momento consumativo dei fatti e le modalità di apprensione del denaro. A tali fini, è bene ricordare la sent. n. 29451/13 , con la quale si è stabilito l’orientamento per cui il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa quindi la Corte ha ritenuto consumato il delitto nel momento in cui l’amministratore, volontariamente negando la restituzione della contabilità detenuta, si era comportato uti dominus rispetto alla res . E, avendo l’amministratore la detenzione nomine alieno delle somme di pertinenza del condominio sulle quali opera attraverso operazioni in conto corrente, solo al momento della cessazione della carica si può profilare il momento consumativo dell’appropriazione indebita, poiché in quel momento si profila l’interversione nel possesso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 11 maggio – 4 luglio 2016, n. 27363 Presidente De Crescienzo – Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza in data 7 ottobre 2014 la Corte di appello di Napoli confermava la pronuncia del 23-11-2011 dello stesso Tribunale che aveva condannato R.A. alla pena di mesi 4 di reclusione ed Euro 400,00 di multa in quanto ritenuto colpevole del delitto di appropriazione indebita. 1.2 Affermava la Corte che a carico dell’imputato sussistevano adeguati elementi di prova per ritenere lo stesso responsabile del contestato delitto consumato, nella sua qualità di amministratore del condominio sito in omissis , mediante l’appropriazione di somme del predetto ente di cui aveva disponibilità in forza dell’incarico conferitogli, mediante periodici prelievi dal conto corrente del condominio stesso. 1.3 Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato lamentando, con il primo motivo, difetto di motivazione ex art. 606 lett. e cod. proc. pen. in relazione alla ritenuta colpevolezza basata su un’adesione acritica alle conclusioni del consulenza del pubblico ministero in assenza di adeguata ricostruzione delle operazioni contabili e monetarie sottese alla gestione ed in presenza di dati contraddittori circa l’importo che si assumeva appropriato indebitamente. Con il secondo motivo lamentava violazione dell’art. 606 lett. b ed e cod.proc.pen. con riguardo alla manifesta illogicità della motivazione riferita al termine di prescrizione del reato, ritenuto decorrere dal momento del passaggio del denaro al nuovo amministratore e che invece, in ragione delle particolari modalità esecutive del fatto, avvenuto mediante appropriazioni di somme contanti di importo non superiore ad Euro 1500,00 doveva ritenersi consumato in occasione dei singoli prelievi con la conseguenza di dovere dichiarare estinti i fatti commessi anteriormente il 6 aprile 2007. All’udienza dell’11 maggio 2016 le parti concludevano come in epigrafe. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto. 2.1 Va ricordato come, per costante insegnamento di questa Corte, in caso di doppia conforme, come nel caso di specie in punto di affermazione di responsabilità, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 Rv. 257595 . Proprio in applicazione dei suddetti principi, deve ritenersi che lo specifico riferimento contenuto nelle pronunce di primo e secondo grado agli elementi di prova a carico del ricorrente ed all’assenza di qualsiasi riscontro alla tesi difensiva dell’avvenuta utilizzazione delle somme per pagamenti non contabilizzati pare contestata in termini generici ed aspecifici con il presente ricorso che si manifesta pertanto inammissibile. Peraltro il ricorrente prospetta una tesi alternativa riguardante profili di mero fatto, ed insiste su un dato, quello della consulenza del PM che non è stato l’unico elemento posto a fondamento dell’affermazione di colpevolezza a fronte dell’ammanco delle somme ricavate a titolo di risarcimento danni. 2.2 Infondato è il secondo motivo e difatti la corte di merito ha adeguatamente motivato circa il momento consumativo dei fatti e le modalità di apprensione del denaro. Al proposito rileva quell’orientamento secondo cui Sez. 2, Sentenza n. 29451 del 17/05/2013, Rv. 257232 il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa e, cioè nel momento in cui l’agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria così la Corte ha ritenuto perfezionato il delitto di appropriazione indebita della documentazione relativa al condominio da parte di colui che ne era stato amministratore, non nel momento della revoca dello stesso e della nomina del successore, bensì nel momento in cui l’agente, volontariamente negando la restituzione della contabilità detenuta, si era comportato uti dominus rispetto alla res . Analogamente deve pertanto ritenersi che l’utilizzo delle somme versate nel conto corrente da parte dell’amministratore durante il mandato non profila l’interversione nel possesso che si manifesta e consuma soltanto quando terminato il mandato le giacenze di cassa non vengano trasferite al nuovo amministratore con le dovute conseguenze in tema di decorrenza dei termini di prescrizione. E difatti avendo l’amministratore la detenzione nomine alieno delle somme di pertinenza del condominio sulle quali opera attraverso operazioni in conto corrente, solo al momento della cessazione della carica si può profilare il momento consumativo dell’appropriazione indebita poiché in questo momento rispetto alle somme distratte si profila l’interversione nel possesso. Alla luce delle predette considerazioni, l’impugnazione deve essere respinta ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.