Abolitio criminis: il giudice dell’esecuzione può revocare la condanna

Il Giudice dell’esecuzione può revocare la sentenza di condanna definitiva, pronunciata dopo l’intervenuta abolizione della norma incriminatrice, nel caso in cui quest’ultima non sia stata rilevata dal Giudice di cognizione.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26259/2016, depositata il 23 giugno. Quando le modifiche normative rendono confuso il sistema. La decisione in commento, con cui è finalmente sanato un antico contrasto giurisprudenziale, trae la sua origine nel settore del c.d. diritto penale dell’immigrazione. Un soggetto vien condannato per permanenza illegale in Italia, ma il fatto storico e, a maggior ragione, la sentenza di condanna sono temporalmente successivi ad una convulsa modificazione del testo di legge. Di fatto, in quel momento, non erano più passibili di sanzione penale. Saltiamo, per brevità tutti i passaggi relativi alla sequenza delle scansioni processuali la questione del che fare?” arriva alle Sezioni Unite perché non v’è concordia sui rimedi esperibili in casi del genere. L’incidente di esecuzione un percorso possibile? In buona sostanza si profilano due diverse soluzioni la prima non è favorevole al ricorso all’incidente di esecuzione per revocare la sentenza di condanna pronunciata in seguito all’ abolitio criminis parziale. Occorrerà fare uso dei normali – cioè ordinari – mezzi di impugnazione per far rilevare l’errore di diritto nel quale è incorso il decidente. L’eventuale svista” non sarà emendabile in sede esecutiva. Secondo un opposto indirizzo, invece, il Giudice dell’esecuzione può tranquillamente revocare una condanna fondata su una norma incriminatrice già abrogata prima della sua pronuncia. Ciò perché la norma che disciplina la revoca della sentenza in sede esecutiva non fa differenza tra giudicato formatosi prima o dopo l’intervenuta abolitio. Semmai, rimane vero che il rimedio dell’incidente di esecuzione non è esperibile nei casi in cui – più che di abolitio – la esclusione della illiceità della condotta derivi da un mutamento ermeneutico. Come si vede, la natura dell’”errore” in cui incorre il giudice, se condanna per un reato ormai abrogato, è di tipo percettivo cioè afferente alla individuazione della norma abrogante , e non valutativo vale a dire ermeneutico ecco perché l’incidente di esecuzione ben si presta ad emendarlo. Le SS.UU. scelgono la soluzione più coerente con il panorama giuridico moderno. Dopo un’accurata analisi dei vari indirizzi giurisprudenziali e dottrinali, i Supremi Giudici, riuniti nel massimo consesso, optano per l’esperibilità dell’incidente di esecuzione. Esso potrà quindi servire come rimedio per revocare condanne fondate su norme incriminatrici che non esistono più o meglio che non esistevano nemmeno quando la sentenza è stata pronunciata. Del resto, viene osservato che, se non fosse possibile fare ricorso all’incidente di esecuzione, bisognerebbe immaginare qualche altro rimedio straordinario, un nuovo caso di revisione, per esempio. Con l’incidente di esecuzione, invece, mediante un agile percorso di tipo non impugnativo, viene rimosso un provvedimento giudiziale illegittimo perché in contrasto col noto principio – costituzionale ed europeo – del nullum crimen sine lege . Salutiamo con favore la scelta delle Sezioni Unite, certamente di forte impatto pratico, e, già che ci siamo, registriamo un ulteriore arretramento della soglia di intoccabilità del giudicato, così come dimostra anche la copiosa giurisprudenza citata nella sentenza in commento.

Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 29 ottobre 2015 – 23 giugno 2016, n. 26259 Presidente Agrò – Relatore Cammino