Il Gup deve prosciogliere solo in forza di un giudizio sicuro di immutabilità probatoria

Il presupposto che legittima l’emanazione di sentenza di proscioglimento da parte del Gup ha quale parametro di riferimento la prognosi di un dibattimento per nulla necessario, mentre, in caso di fonti di prova aperte a soluzioni aperte od alternative il proscioglimento si connoterà come illegittimo.

Così hanno statuito i Giudici della Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza 26215/2016, depositata il 23 giugno, in materia di proscioglimento a seguito di udienza preliminare. Il fatto. Con sentenza pronunciata il 06.10.2015, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Livorno dichiarava non luogo a procedere nei confronti dell’imputato, accusato del reato di cui all’articolo 73 d.P.R. n. 309/90 per la coltivazione illecita ai fini di spaccio di due piante di marijuana, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Il Gup, nella specie, riteneva non offensiva la condotta del prevenuto – che dichiarava di fare uso personale della sostanza - in ragione del principio attivo THC contenuto nelle piante sequestrate dalla polizia giudiziaria operante. Secondo le analisi di laboratorio la misura del THC era pari allo 0,25 %, cioè inferiore al tasso dello 0,50 % limite tabellare minimo previsto dall’articolo 26 del d.P.R. n. 309/90 per la configurazione del reato nella forma della coltivazione di piante di canapa indiana . Avverso siffatta sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Firenze, lamentando la violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all’articolo 26 del d.P.R. n. 309/90. Viene dedotto che il giudice ha fatto erroneamente riferimento ai limiti massimi indicati nel d.m. 11.04.2006, dalle cui tabelle si rileva che, quanto al THC, la dose media singola è pari a 25 milligrammi. Dunque, a parere dell’accusa, non è vero che nella fattispecie in esame le piante non avessero alcun effetto drogante, costituendo il quantitativo di THC riscontrato quantomeno una dose singola. Il ricorso è fondato. La Corte di legittimità rileva, in primo luogo, che la giurisprudenza sviluppatasi sul punto è ormai solida nell’affermare che la coltivazione di stupefacenti costituisce reato anche quando realizzata per uso personale e che, tuttavia, spetta al giudice valutare, volta per volta, l’offensività concreta della condotta ovvero l’idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile. Evidenziano gli Ermellini che è da escludere, in materia di coltivazione di stupefacenti, qualunque arbitraria distinzione tra coltivazione in senso tecnico-agrario, cioè imprenditoriale, e coltivazione domestica. Il succitato articolo 26 d.P.R. n. 309/90 impone la punibilità della condotta in entrambi i casi. Nel caso in esame, tra l’altro, è vero che il THC rilevato fosse pari allo 0,25 %, ma è pur vero che dal peso complessivo delle piante di cannabis sono risultati estraibili grammi 0,36 di principio attivo puro. Notoriamente, una dose di principio attivo puro di cannabis è superiore a g.0,25 con effetto drogante. Ne consegue, che nel caso di specie è sussistente l’effetto drogante. Ciò posto, sebbene l’azione rimproverata all’imputato lambisce i limiti dell’inoffensività, il Gup ha errato a pronunciare siffatto giudizio il proscioglimento conseguente all’udienza preliminare può scaturire solo da una valutazione di assoluta inutilità del dibattimento. Quando, invece, gli elementi investigativi si prestano a possibili letture di colpevolezza, la cui risoluzione definitiva impone un’istruttoria dibattimentale, il Gup ha l’obbligo di rinviare a giudizio l’accusato. La giurisprudenza della Corte di Cassazione è, infatti, monolitica nel sostenere che il presupposto che legittima l’emanazione di sentenza di proscioglimento da parte del Gup ha quale parametro di riferimento la prognosi di un dibattimento per nulla necessario, mentre, in caso di fonti di prova aperte a soluzioni aperte od alternative, il proscioglimento di connoterà come illegittimo. Per tali motivi, la sentenza impugnata viene cassata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Livorno.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 19 maggio – 23 giugno 2016, numero 26215 Presidente Piccialli – Relatore Tanga Ritenuto in fatto 1. Con sentenza numero 458 del 06/10/2015, il Giudice dell'udienza preliminare dei Tribunale di Livorno dichiarava non doversi procedere nei confronti di B.C. perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. 1.1. Nei confronti dell'imputato era stata, dal p.m., esercitata l'azione penale per il reato di cui all'articolo 73, comma 1, D.P.R. 309/90 per coltivazione illecita ai fini di spaccio di due piante dei peso complessivo di gr. 146,70 lordi di sostanza stupefacente di tipo marijuana, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17 e fuori dalle ipotesi previste dall'articolo 75 della stessa legge. 1.2. Riteneva il G.U.P. che, dagli atti di indagine era emerso che, nel corso della perquisizione operata dalla p.g., il B. consegnava spontaneamente agli operanti due piante di canapa indiana -detenute all'interno del sottoscala della propria abitazione il cui peso complessivo risultava essere di 146,70 grammi, precisando che lo stupefacente coltivato era destinato al solo uso personale. Dalle risultanze della consulenza chimico-tossicologica, il giudice derivava che la condotta di coltivazione tenuta dall'imputato era caratterizzata da un quantitativo di sostanza inidoneo a produrre l'effetto drogante, presentando nello specifico un principio attivo di THC dello 0,25% e, quindi, inferiore allo 0,5% richiesto quale limite tabellare minimo cui l'articolo 26 D.P.R 309/90 rinvia affinché possa configurarsi come sostanza stupefacente ai fini della punibilità della condotta di coltivazione. 2. Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Firenze, lamentando in sintesi giusta il disposto di cui all'articolo 173, comma 1, disp. att. c.p.p. I violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all'articolo 26 D.P.R. 309/1990. Deduce che erroneamente il giudice ha fatto riferimento ai limiti massimi indicati nel D.M. 11/04/2006, dalle cui tabelle si rileva, quanto al THC, che la dose media singola è pari a 25 milligrammi ne conseguirebbe che non è vero che il principio attivo ricavabile dalle due piante non avesse un effetto drogante, corrispondendo quanto meno a una dose singola. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato nei limiti e termini di cui appresso. 4. Giova, in breve, premettere che questa Corte di legittimità ha statuito che la coltivazione di stupefacenti, sia essa svolta a livello industriale o domestico, costituisce reato anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale cfr. Cass. Sez. U, Sentenza numero 28605 dei 24/04/2008 Ud., Di Salvia, Rv. 239920 . La stessa giurisprudenza di legittimità ha più volte precisato che ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, spetta al giudice verificare in concreto l'offensività della condotta ovvero l'idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile Cass. Sez. U, Sentenza numero 28605 del 24/04/2008 Ud. dep. 10/07/2008 , Di Salvia, Rv. 239921 Cass. Conforme, Sez. U. 24 aprile 2008, Valletta Cass. Sez. 4, Sentenza numero 1222 del 28/10/2008 Ud. dep. 14/01/2009 Nicoletti, Rv. 242371 . 5. Ciò premesso, mette conto anche osservare che è agevole ricavare dall'articolo 75 D.P.R. numero 309 del 1990, ed in claris non fit interpretatio l'esclusione dal regime dell'uso personale di tutte le altre condotte previste dall'articolo 73, ad eccezione dell'importazione, acquisto o comunque della detenzione vale a dire le condotte di chiunque coltiva, produce, fabbrica, raffina, vende, offre o mette in vendita a qualsiasi titolo, trasporta, esporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualsiasi scopo . Il precedente articolo 28, del resto, prevede espressamente l'assoggettabilità alle sanzioni anche penali stabilite per la fabbricazione illecita di chiunque, senza essere autorizzato, coltiva le piante indicate nell'articolo 36 . 5.1. Arbitraria deve, perciò, ritenersi la distinzione tra coltivazione in senso tecnico-agrario ovvero imprenditoriale e coltivazione domestica poiché essa non è legittimata dal dato letterale della norma, che non prevede alcuna specificazione del termine lessicale. L'articolo 26 D.P.R. numero 309 del 1990, sotto il capo Della coltivazione e produzioni vietate pone il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella II di cui all'articolo 14 fra le quali è annoverata anche la cannabis indica , salvo il potere del Ministro della salute di autorizzare istituti universitari e laboratori pubblici aventi fini istituzionali e di ricerca alla coltivazione delle piante, per scopi scientifici, sperimentali e didattici . 6. Nel caso che occupa è bene chiarirlo occorre sgomberare il campo da ogni possibile equivoco dalle 2 piantine invasate di marijuana , del peso complessivo di gr. 146,70 lordi, sono risultati estraibili, grammi 0,36675 di principio attivo puro essendo stata rilevata la presenza di THC pari allo 0,25% g. 0,25 100=0,0025x146,70=g. 0,36675 . 6.1. Notoriamente una dose di principio attivo puro di cannabis pari o superiore a g. 0,25 ha effetto drogante cannabis indica e marijuana sono due diversi termini per indicare la stessa pianta . Nella specie la quantità, come sopra detto, era pari a g. 0,36675 di principio attivo puro di cannabis. Ne consegue la sussistenza dell'effetto drogante. 7. Alla stregua di quanto sopra osservato, il giudice di merito, sebbene la sua decisione sia conforme alle richieste della parti e quindi anche del p.m. , non ha fatto buon governo dei principi illustrati, laddove ha ritenuto di non dover procedere a causa della non qualificabilità del fatto come reato sulla base dell'erroneo presupposto della inidoneità del quantitativo di THC a produrre l'effetto drogante. 8. Non sfugge al Collegio che la condotta contestata appare lambire i confini dell'inoffensività, ma ciò, allo stato della vigente normazione non autorizza il G.U.P in sede di udienza preliminare a trascurare il principio ripetutamente affermato da questa Corte di legittimità secondo cui ai sensi dell'articolo 425 c.p.p., il presupposto che legittima l'emanazione di sentenza di proscioglimento da parte dei Giudice dell'udienza preliminare ha quale parametro di riferimento la prognosi di inutilità del dibattimento, mentre deve essere escluso il proscioglimento in tutti i casi in cui le fonti di prova si prestino a soluzioni alternative o aperte. In altre parole, il G.U.P., a fronte di elementi di prova in parte favorevoli all'imputato, deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere solo in forza di un giudizio sicuro si sottolinea sicuro di immutabilità del quadro probatorio, specificamente di non modificabilità in dibattimento per effetto dell'acquisizione di nuove prove o di una diversa valutazione degli elementi in atti. È, perciò necessario che non esista alcuna prevedibile possibilità che il dibattimento possa giungere ad un esito diverso da quello dell'innocenza dell'imputato sez. 4, numero 13922 del 08/03/2012 sez. 2, numero 30899 del 17/06/2014 . 8.1. In altri termini, nella specie, di fronte a un fatto consistente nella coltivazione di piantine atte a produrre stupefacente avente un seppur minimo effetto drogante, il Giudice dell'udienza preliminare non può affermare che tale fatto non è previsto dalla legge come reato, ma solo, eventualmente, valutare l'applicabilità, ove ne ricorrano tutti i presupposti di legge, del disposto di cui all'articolo 131-bis c.p. sempreché non esista una prevedibile possibilità che il giudice del dibattimento possa pervenire ad una diversa soluzione. 9. Conclusivamente l'impugnata sentenza va annullata con rinvio degli atti al Tribunale di Livorno per nuovo esame. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Livorno per nuovo esame.