L’aggravante del codice della strada “dell’aver commesso il reato in orario notturno”: attenzione alle sottili differenze

La circostanza aggravante della commissione del fatto in orario notturno, tra le 22 00 e le 7 00 del mattino successivo, fa espresso rinvio alla ammenda prevista per il conducente in stato di ebbrezza e non per il conducente che si rifiuta di sottoporsi all'accertamento.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26113/16 depositata il 23 giugno. Il fatto. Il ricorrente impugnava dinanzi alla Corte di Cassazione la sentenza della Corte d'appello che, in parziale riforma della sentenza emessa in rito abbreviato dal tribunale, riduceva a 4 mesi di arresto e ad euro 3.000,00 di ammenda sostituiti con 132 giorni di lavoro di pubblica utilità la pena applicata in relazione al reato a lui ascritto per aver rifiutato di sottoporsi agli esami alcolimetrici in orario notturno. Con la medesima sentenza la Corte d’appello riduceva ad un anno e tre mesi il periodo di durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida. I due motivi del ricorso in Cassazione. Con il primo motivo il ricorrente lamentava la violazione della legge processuale in riferimento al fatto che il decreto di citazione a giudizio dinanzi alla Corte d’appello veniva notificato presso i propri difensori anziché presso il domicilio da lui eletto. Con il secondo motivo, invece, l'uomo lamentava la violazione della legge penale con riferimento alla aggravante ex art. 186, comma 2- sexies del codice della strada afferente alla realizzazione del reato - di essersi rifiutato di sottoporsi ad accertamenti etilometrici - in orario notturno. Questa aggravante, qualora riferita alla commissione del reato di rifiuto di sottoporsi agli accertamenti strumentali, sarebbe stata frutto, secondo il ricorrente, di analogia in malam partem vietata dal nostro ordinamento penale. Ebbene, se con riferimento al primo motivo la Cassazione emette decisione di inammissibilità per la manifesta infondatezza della eccezione non così avviene con il secondo motivo. In particolare, gli Ermellini rammentano che proprio la pronuncia a Sezioni Unite richiamata nel ricorso dell'imputato precisava che la dedotta nullità, di ordine generale a regime intermedio, deve ritenersi superata quando risulti provato che essa non ha impedito all'imputato di conoscere l'esistenza dell'atto e di esercitare il diritto di difesa. Nel caso in oggetto, per come risulta dagli atti, si è ritenuto che il vizio di notificazione, difforme dal modello legale, non avesse provocato lesioni del diritto di conoscenza e di intervento dell'imputato. Tanto in quanto il ricorrente, pur rimasto assente nel giudizio d'appello, ha potuto compiutamente esercitare il diritto di difesa sia in tale grado di giudizio, per il tramite del proprio difensore di fiducia, sia proponendo personalmente il ricorso in sede di legittimità. A fronte di ciò, è del tutto priva di fondamento la tesi del ricorrente secondo cui sarebbe onere dell'accusa dimostrare che la notificazione effettuata presso il legale dell'imputato non abbia pregiudicato i diritti della difesa secondo la più recente giurisprudenza di legittimità è inammissibile, per difetto di specificità del motivo, il ricorso per cassazione con cui si deduca la nullità assoluta della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello effettuata presso lo studio del difensore di fiducia anziché nel domicilio dichiarato oppure eletto dall'imputato, ove il ricorrente non alleghi elementi idonei a dimostrare incredibilmente che, nonostante l'esistenza del rapporto fiduciario, l'imputato sia rimasto all'oscuro della vocatio in ius . Guida in stato di ebbrezza. Di converso, il secondo motivo del ricorso viene dichiarato fondato dalla Cassazione che richiama un recentissimo ed importante intervento delle Sezioni Unite e, precisamente, la sentenza n. 46625/16 . Tra le ragioni poste a base di questa decisione si ricava 1 la differenza tra il concetto di conducente in stato di ebbrezza, che costituisce elemento costitutivo dell'aggravante, ed il concetto di conducente che si rifiuta di sottoporsi all'accertamento, che presuppone la mancanza di accertamento dello stato di ebbrezza 2 il dato sistematico, costituito dal fatto che è pacifica l'autonomia della fattispecie incriminatrice di cui al comma 2, cioè relativo alla guida in stato di ebbrezza, e di cui al comma 7, cioè il rifiuto di sottoporsi ad accertamenti etilometrici, fattispecie quest'ultima che è caratterizzata dall'ulteriore intento di evitare il frapponimento di ostacoli nell'attività di controllo per la sicurezza stradale 3 l'ulteriore dato riferito al fatto che il comma che concerne il rifiuto di sottoporsi accertamenti chilometrici richiama il 2° comma esclusivamente con riferimento alla determinazione della pena quoad poenam e non anche con riferimento al comma 2- bis che prevede l'aggravante in parola. Dunque, la circostanza aggravante dell'aver commesso il fatto in orario notturno”, cioè tra le 22 00 e le 7 00 del mattino successivo, fa espresso rinvio all’ammenda prevista per la guida in stato di ebbrezza, condizione ontologicamente e necessariamente diversa da quella del conducente che rifiuta di sottoporsi agli accertamenti per stabilire se lo stato di ebbrezza sussista o meno. D'altra parte, spiega la Cassazione, l'ulteriore elemento che milita in tal senso è costituito dalla maggiore pericolosità della guida in stato di alterazione nella fascia oraria considerata maggiore pericolosità che, invece, non può in alcun modo riferirsi alla condotta riottosa del conducente del quale non sia stato accertato strumentalmente lo stato di ebbrezza, a causa del suo rifiuto di sottoporsi al detto accertamento.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 5 maggio – 23 giugno 2016, numero 26113 Presidente D’Isa – Relatore Pavich Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 8 maggio 2015, la Corte d’appello di Bologna, 2 Sezione penale, in parziale riforma della sentenza emessa in rito abbreviato dal Tribunale di Ravenna il 27 gennaio 2014, riduceva a 4 mesi d’arresto ed Euro 3.000,00 d’ammenda sostituiti con 132 giorni di lavoro di pubblica utilità la pena applicata a L.C. in relazione al reato a lui ascritto ex art. 186, commi 2 e 7, Cod. Strada, per avere rifiutato di sottoporsi agli esami alcolimetrici in orario notturno, commesso in omissis con la stessa sentenza la Corte di merito riduceva altresì a un anno e tre mesi il periodo di durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida del L. . 2. Avverso la prefata sentenza ricorre il L. , con atto personalmente sottoscritto e articolato in due motivi di ricorso. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge processuale in riferimento al fatto che il decreto di citazione a giudizio avanti la Corte d’appello veniva notificato non già presso il domicilio da lui eletto, ma presso i difensori. Richiamata la giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite che sanziona con la nullità la notifica effettuata nelle forme di cui all’art. 157, comma 8-bis cod.proc.penumero qualora l’imputato abbia dichiarato o eletto domicilio per le notificazioni, l’esponente evidenzia che sul punto la Corte bolognese ha fornito un’interpretazione inaccettabile della norma di riferimento, in quanto con essa il difensore fiduciario verrebbe onerato del dovere di dimostrare che il rapporto fra lui e l’assistito si è interrotto in modo incidente sull’esercizio del diritto di difesa e sull’effettiva conoscenza dell’atto da notificare. Il ricorrente contesta detto assunto sostenendo che l’onere di provare l’insussistenza di un pregiudizio all’esercizio dei diritti difensivi spetta all’accusa. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione della legge penale con riferimento all’aggravante di cui all’art. 186, comma 2-sexies del Codice della Strada fatto commesso in orario notturno detta aggravante, qualora riferita alla commissione del reato di rifiuto di sottoporsi agli accertamenti strumentali, sarebbe frutto di analogia in malam partem , vietata dal nostro ordinamento penale e sul punto viene richiamata la giurisprudenza di legittimità che ha escluso la compatibilità dell’altra e più grave aggravante dell’aver provocato un incidente con il reato di cui all’art. 186, comma 7, Codice della Strada. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, siccome manifestamente infondato. È proprio la pronunzia a Sezioni Unite richiamata nel ricorso Sez. U., numero 19602 del 27/03/2008 Ud., Micciullo, Rv. 239396 conforme Sez. 4, Sentenza numero 18098 del 01/04/2015, Crapella, Rv. 263753 a precisare che la dedotta nullità, di ordine generale a regime intermedio, deve ritenersi sanata quando risulti provato che essa non ha impedito all’imputato di conoscere l’esistenza dell’atto e di esercitare il diritto di difesa tant’è che, come rilevato dalla Corte territoriale, nel caso oggetto della stessa sentenza resa a Sezioni Unite si è fra l’altro ritenuto che il vizio di notificazione, difforme dal modello legale, non avesse provocato lesioni del diritto di conoscenza e di intervento dell’imputato. Ciò si è verificato anche nel caso di specie risulta dagli atti che il ricorrente, pur rimasto assente nel giudizio d’appello, ha potuto compiutamente esercitare le proprie difese sia in tale grado di giudizio, per il tramite del proprio difensore fiduciario, sia proponendo personalmente il ricorso in sede di legittimità. A fronte di ciò, è del tutto priva di fondamento anche la tesi del ricorrente secondo cui sarebbe onere dell’accusa dimostrare che la notificazione effettuata ex art. 157, comma 8-bis, cod.proc.penumero , non abbia pregiudicato i diritti della difesa la più recente giurisprudenza di legittimità, esprimendo un orientamento del tutto condivisibile e in linea con il dictum delle Sezioni Unite, ha infatti chiarito che è inammissibile, per difetto di specificità del motivo, il ricorso per cassazione con cui si deduca la nullità assoluta della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello effettuata presso lo studio del difensore di fiducia, anziché nel domicilio dichiarato o eletto dall’imputato, ove il ricorrente non alleghi elementi idonei a dimostrare credibilmente che, nonostante l’esistenza del rapporto fiduciario, l’imputato sia rimasto all’oscuro della vocatio in ius Sez. 6, Sentenza numero 30897 del 06/11/2014, dep. 2015, Colucci, Rv. 265600 . Perciò, in assenza di allegazioni del ricorrente dalle quali poter desumere la mancata conoscenza della citazione per il giudizio d’appello da parte sua, la notifica in esame, seppur irritualmente eseguita, non può considerarsi inidonea a determinare la conoscenza dell’atto da parte dell’imputato, in considerazione del rapporto fiduciario che lo lega al difensore, non essendo stato assolto dalla parte l’onere di rappresentare al giudice di non avere avuto cognizione dell’atto e indicare gli specifici elementi che consentano l’esercizio dei poteri officiosi di accertamento da parte del giudice sul punto si veda ulteriormente, in terminis , Sez. U, Sentenza numero 119 del 27/10/2004, dep. 2005, Palumbo, Rv. 229541 in senso conforme Sez. 4, numero 40066 del 17/09/2015, Bellucci, Rv. 264505 Sez. 6, Sentenza numero 29677 del 24/06/2014, Mamone e altro, Rv. 259819 . 2. Il secondo motivo di ricorso è invece fondato. In ordine alla questione, posta dal ricorrente, circa la compatibilità fra il reato di rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici e l’aggravante della commissione del fatto in ore notturne deve segnalarsi che, sia pure con riferimento a questione diversa ossia in ordine all’applicabilità al detto reato dell’aggravante di avere provocato un incidente, di cui all’art. 186, comma 2-bis del Codice della strada un recentissimo e importante intervento delle Sezioni Unite Sez. U, numero 46625 del 29/10/2015, dep. 2016, Zucconi ha chiarito alcuni aspetti che paiono calzanti e trasponibili anche all’ipotesi in esame. Nella detta pronunzia apicale si è invero affermato il principio in base al quale la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, stante la diversità ontologica di tale fattispecie incriminatrice rispetto a quella di guida in stato di ebbrezza. Tra le ragioni poste a base della decisione, le Sezioni Unite hanno evidenziato tra l’altro il dato testuale, dal quale si ricavano 1 la differenza tra il concetto di conducente in stato di ebbrezza , che costituisce elemento costitutivo dell’aggravante, e quello di conducente che si rifiuti di sottoporsi all’accertamento , che presuppone la mancanza di accertamento dello stato di ebbrezza 2 il dato sistematico, costituito dal fatto che è pacifica l’autonomia delle fattispecie incriminatrici di cui al comma 2 guida in stato d’ebbrezza e di cui al comma 7 rifiuto di sottoporsi ad accertamenti etilometrici , fattispecie quest’ultima che è caratterizzata dall’ulteriore intento di evitare il frapponimento di ostacoli nell’attività di controllo per la sicurezza stradale, con la conseguente possibilità di configurare l’eventuale concorso materiale tra le stesse ex multis vds. Sez. 4, numero 13851 del 12/11/2014, dep. 2015, Fattizzo, Rv. 262870 3 l’ulteriore dato riferito al fatto che il comma 7 richiama esclusivamente quoad poenam il comma 2, lettera c , dello stesso art. 186, e non anche il comma 2-bis che prevede l’aggravante dell’aver provocato un incidente stradale, oggetto di scrutinio da parte delle Sezioni Unite . Orbene, tutti questi ordini di argomenti appaiono pienamente calzanti, mutatis mutandis , anche con riferimento al caso di specie. Va premesso, infatti, che la circostanza aggravante ex art. 186 comma 2-sexies della commissione del fatto in orario notturno tra le ore 22.00 e le ore 07.00 del mattino successivo fa espresso rinvio all’ammenda prevista dal comma 2 dello stesso articolo, riferita nelle diverse ipotesi ivi contemplate al conducente che guida in stato d’ebbrezza condizione, si è visto, ontologicamente e necessariamente diversa da quella del conducente che rifiuta di sottoporsi agli accertamenti per stabilire se detto stato d’ebbrezza sussista o meno. Inoltre, e per ciò stesso, vale anche nel caso di cui oggi trattasi l’autonomia fra le fattispecie penali di cui al comma 2, lettere b e c , e quella di cui al comma 7 dell’art. 186, nel senso che detta autonomia fra le figure di reato in esame va posta in correlazione con il richiamo del comma 2-sexies esclusivamente alla prima di esse e non anche alla seconda. Infine, vale anche nel caso in esame l’osservazione secondo la quale il richiamo effettuato dal comma 7 al comma 2 lettera c è un richiamo esclusivamente quoad poenam . Sotto altro profilo, può evidenziarsi l’ulteriore elemento che milita nel senso proposto dal ricorrente, costituito dal fatto che all’evidenza la circostanza aggravante dell’orario notturno si fonda sulla maggiore pericolosità della guida in stato d’alterazione nella fascia oraria ivi considerata maggiore pericolosità che, per le considerazioni di cui s’è detto circa l’autonomia fra le fattispecie di cui al comma 2 e di cui al comma 7 dell’art. 186, non può in alcun modo riferirsi alla condotta riottosa del conducente del quale non sia stato accertato strumentalmente lo stato d’ebbrezza, a causa del suo rifiuto di sottoporsi ai detto accertamento. 3. Ciò posto, va quindi accolta la tesi difensiva prospettata con il motivo in esame e va annullata l’impugnata sentenza limitatamente all’aggravante di cui all’art. 186, comma 2-sexies, Codice della strada e, poiché dalla sentenza stessa è agevole desumere l’entità dell’aumento di pena conseguente all’applicazione di detta aggravante, la Corte può procedere autonomamente ex art. 620, lettera l , cod.proc.penumero , alla relativa decurtazione. Per l’effetto, va annullata senza rinvio in parte qua la sentenza impugnata, previa riduzione della pena determinata dall’applicazione dell’aggravante oggetto d’annullamento, in ragione di Euro 1000,00 pari ai 1500,00 Euro di aumento per l’aggravante oggetto d’annullamento, ridotti per il rito prescelto nella suindicata misura , corrispondenti a 4 giorni di lavoro di pubblica utilità ex art. 186, comma 9-bis, Codice della strada la pena finale che ne deriva è dunque di 4 mesi d’arresto ed Euro 2000 d’ammenda, pari a 128 giorni di lavoro di pubblica utilità. Nel resto il ricorso va rigettato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla ritenuta aggravante di cui all’art. 186, comma 2-sexies, Codice della Strada, aggravante che esclude, e ridetermina la pena in quattro mesi d’arresto ed Euro 2000 d’ammenda, sostituiti con 128 giorni di lavoro di pubblica utilità. Rigetta nel resto.