Sospensione con messa alla prova: non rileva la contestazione dell’aggravante ad effetto speciale

In tema di sospensione con messa alla prova, ai fini dell’individuazione dei reati attratti dalla disciplina della probation , in ragione del mero riferimento edittale, deve guardarsi unicamente alla pena massima prevista per la fattispecie base, prescindendo dal rilievo che, nel caso concreto, potrebbe assumere la presenza della contestazione di qualsivoglia aggravante, comprese quelle ad effetto speciale.

La Suprema Corte, con sentenza n. 21941, depositata in cancelleria il 25 maggio 2016, ha rigettato il ricorso proposto nel caso in esame. Il caso. Il gip del Tribunale di Sciacca, rigettava l’istanza di sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato avanzata dal ricorrente, ritenendo non sussistenti i presupposti per l’accesso al rito alternativo, essendo i reati contestati puniti con limiti edittali superiori a quelli previsti. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso l’imputato, lamentando il fatto che il giudice non abbia escluso dal calcolo della sanzione applicabile l’aggravante di cui all’art. 80, comma uno, d.P.R. n. 309/1990. Evidenzia in proposito che, avendo richiesto egli il giudizio abbreviato, il giudice avrebbe avuto tutti gli elementi per una siffatta valutazione, avendo anche prodotto l’ordinanza del Tribunale del riesame di Palermo che aveva escluso l’aggravante contestata. Ammissibilità del probation. Per la Corte il ricorso è infondato. La questione proposta dal ricorrente in ordine all’ammissibilità del probation è stata risolta dalla giurisprudenza di legittimità nel senso che, in tema di sospensione con messa alla prova, ai fini dell’individuazione dei reati attratti dalla disciplina della probation , in ragione del mero riferimento edittale, deve guardarsi unicamente alla pena massima prevista per la fattispecie base, prescindendo dal rilievo che, nel caso concreto, potrebbe assumere la presenza della contestazione di qualsivoglia aggravante, comprese quelle ad effetto speciale. La Corte ha infatti specificamente affermato che ai fini della individuazione dei reati – non ricompresi nel secondo comma dell’art. 550 c.p.p. – per i quali è ammessa la sospensione del procedimento con messa alla prova, occorre aver riguardo esclusivamente alla pena edittale massima prevista per la fattispecie base, prescindendo dalla contestazione delle circostanze aggravanti, comprese quelle per le quali la legge prevede una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale . Nel caso in esame dunque, non rileva la contestazione dell’aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 80 del d.p.r. n. 309/1990. Il ricorso deve essere rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 febbraio – 25 maggio 2016, n. 21941 Presidente Ramacci – Relatore Riccardi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 11/07/2014 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sciacca, nel corso dell'udienza preliminare, rigettava l'istanza sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato avanzata da G.V., imputato dei reati di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 73 e 80, comma 1, lett. a , d.P.R. 309 del 1990, ritenendo non sussistenti i presupposti per l'accesso al rito alternativo, essendo i reati contestati puniti con limiti edittali superiori a quelli previsti dall'art. 168 bis cod. pen 2. Avverso tale provvedimento ha proposto personalmente ricorso G.V., deducendo i vizi di violazione di legge, sostanziale e processuale, e di mancanza di motivazione censura che il Giudice non abbia escluso dal calcolo della sanzione applicabile l'aggravante di cui all'art. 80, comma 1, lett. a , d.P.R. 309 del 1990, né abbia riqualificato le condotte ai sensi dell'art. 73, comma 5, T.U. stup. evidenzia, al riguardo, che avendo l'imputato richiesto il giudizio abbreviato, il Giudice avrebbe avuto tutti gli elementi per una siffatta valutazione, avendo altresì prodotto l'ordinanza del Tribunale del riesame di Palermo del 30/12/2013 che aveva escluso l'aggravante contestata, e la sentenza della Corte di Cassazione, sez. 4, 03/04/2014, n. 15187 che, richiamando i principi enunciati da Corte cost. n. 28 del 2014 recte n. 32 , aveva annullato l'ordinanza applicativa degli arresti domiciliari nei confronti di G.V., rinviando per un nuovo esame aggiunge che al coimputato C.J., al quale erano contestate condotte simili, il medesimo Giudice, in sede di applicazione della pena su richiesta, aveva escluso in concreto la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 80, riconoscendo la lieve entità dei fatti. Considerato in dirittto 1. Il ricorso è infondato. 2. Pur prescindendo dalla deduzione del ricorrente in ordine alla base cognitiva e valutativa del giudice, asseritamente ampliata dalla richiesta di giudizio abbreviato già presentata, sul punto non confortata dal tenore del verbale d'udienza nel quale è stata trascritta anche l'ordinanza impugnata , dal quale si evince che la richiesta di rito alternativo era subordinata al non accoglimento dell'istanza di sospensione con messa alla prova, va al riguardo evidenziato che la questione proposta dal ricorrente in ordine all'ammissibilità del probation è stata risolta dalla giurisprudenza di legittimità nel senso che in tema di sospensione con messa alla prova, ai fini dell'individuazione dei reati attratti dalla disciplina della probation di cui agli artt. 168 bis e seguenti cod. pen. in ragione del mero riferimento edittale, deve guardarsi unicamente alla pena massima prevista per la fattispecie base, prescindendo dal rilievo che nel caso concreto potrebbe assumere la presenza della contestazione di qualsivoglia aggravante, comprese quelle ad effetto speciale Sez. 2, n. 33461 del 14/07/2015, Ardissone, Rv. 264154 in tal senso, altresì, Sez. 4, n. 32787 del 10/07/2015, Jenkins Rossi, Rv. 264325 Sez. 6, n. 6483 del 09/12/2014, dep. 2015, Gnocco, Rv. 262341 . Anche il contrasto interpretativo insorto sul punto con l'orientamento espresso da Sez. 6, n. 36687 del 30/06/2015, Fagrouch, Rv. 264045, secondo cui quando si procede per reati diversi da quelli nominativamente individuati per effetto del combinato disposto dagli artt. 168 bis, primo comma, cod. pen., e 550, comma secondo, cod. proc. pen., il limite edittale, al cui superamento consegue l'inapplicabilità dell'istituto, si determina tenendo conto delle aggravanti per le quali la legge prevede una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale in motivazione, la Corte ha precisato che tale criterio risponde ad una interpretazione sistematica che rispetta la voluntas legis - desumibile dal rinvio operato dell'art. 168 bis, comma primo, cod. pen. all'art. 550, comma secondo, cod. proc. pen. - di rendere applicabile la messa alla prova a tutti quei reati per i quali si procede con citazione diretta a giudizio dinanzi al giudice in composizione monocratica , è stato risolto da Cass., Sez. Un., 31 marzo 2016, Sorcinelli, non ancora depositata, che, secondo quanto indicato dall'informazione provvisoria divulgata, ha affermato che ai fini della individuazione dei reati - non ricompresi nel comma 2 dell'art. 550 cod. proc. pen. - per i quali è ammessa la sospensione del procedimento con messa alla prova, occorre avere riguardo esclusivamente alla pena edittale massima prevista per la fattispecie base, prescindendo dalla contestazione delle circostanze aggravanti, ivi comprese quelle per le quali la legge prevede una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale . Nel caso in esame, dunque, non rileva la contestazione dell'aggravante ad effetto speciale di cui all'art. 80 d.P.R. 309 del 1990. Tuttavia, non è possibile neppure considerare, come richiesto dal ricorrente, la fattispecie di cui all'art. 73, comma 5, T.U. stup., a maggior ragione in seguito alla trasformazione in fattispecie autonoma l'istanza di sospensione con messa alla prova, infatti, è stata presentata con riferimento ad un titolo di reato per il quale, in ragione del limite edittale superiore nel massimo a quattro anni, non è ammissibile il probation, ai sensi dell'art. 168 bis c.p L'eventuale riqualificazione dei fatto nella diversa e meno grave fattispecie autonoma di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, dunque, può conseguire soltanto all'esito di un giudizio pieno, e non già all'esito della delibazione richiesta per la valutazione dei requisiti di ammissibilità al riguardo, per una delimitazione dei poteri cognitivi e valutativi, Sez. 3, n. 14750 del 20/01/2016, Genocchi, non ancora massimata . Improprio, infine, risulta il richiamo alla sentenza della Corte di Cassazione, sez. 4, 03/04/2014, n. 15187 che, secondo il ricorrente, richiamando i principi enunciati da Corte cost. n. 28 del 2014 recte n. 32, in quanto la sentenza indicata concerne le concessioni idroelettriche , aveva annullato l'ordinanza applicativa degli arresti domiciliari nei confronti di G.V., rinviando per un nuovo esame invero, la Corte aveva annullato con rinvio per una rivalutazione della proporzione della misura e sulle esigenze cautelari fondata sui nuovi limiti edittali ripristinati dalla sentenza 32/2014 della Corte costituzionale, ma senza nulla affermare in merito all'ipotesi di cui al 5° comma dell'art. 73. 4. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.