Dichiarazione di un reddito inferiore al reale ai fini del gratuito patrocinio: certificazione ISEE e dolo eventuale

La dichiarazione di un reddito inferiore a quello reale, effettuata ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio, potrebbe non integrare il reato di cui all’art. 95 d.p.r. n. 115/02 per difetto dell’elemento soggettivo –quanto meno nella forma del dolo eventuale - se la dichiarazione è attestata dal certificato ISEE rilasciato dal patronato.

La vicenda processuale. Il richiedente l’ammissione al gratuito patrocinio veniva condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed € 400 di multa per il reato di falso di cui all’art. 95 D.P.R. 115/02, per aver presentato una dichiarazione dei redditi inferiore rispetto a quella effettiva, avendo dedotto solo il reddito imponibile non comprensivo dei trattamenti pensionistici per l’invalidità civile. Ricorre per Cassazione l’imputato. Ammissione al gratuito patrocinio. Tra i motivi del ricorso, l’imputato deduce che, per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il reddito da considerare sia quello imponibile ai fini dell’imposta sul reddito, con esclusione quindi dei trattamenti pensionistici previsti per l’invalidità civile e che, nella specie, il reddito dichiarato risulti attestato dal certificato ISEE rilasciato dal patronato di appartenenza. Si deduce inoltre, che il ricorrente avrebbe avuto comunque diritto al patrocinio a spese dello Stato, anche laddove avesse dichiarato il reddito comprensivo dei trattamenti pensionistici e che pertanto, il falso contestato ai sensi della normativa speciale sarebbe caratterizzato dall’inutilità. Il reato di falso è un reato commissivo proprio. Il ricorso, nei limiti di seguito precisati, è ritenuto fondato dalla Suprema Corte. Spiegano gli Ermellini che il reato di falso è un reato commissivo proprio, che si sostanzia nell’omessa attestazione di un fatto vero e che viene integrato anche quando il reddito reale sia comunque inferiore alla soglia di ammissibilità al beneficio stesso. Quanto poi alla nozione di reddito da considerare ai fini dell’ammissione al beneficio de quo , la Suprema Corte si duole di evidenziare che, se da un lato le pensioni, gli assegni, le indennità di accompagnamento e gli assegni erogati ai ciechi civili, ai sordomuti e agli invalidi civili vanno effettivamente ritenuti esenti ai fini dell’imponibile IRPEF”, dall’altro lato non può sottacersi il dato normativo di cui all’art. 76, co.3, T.U.S.G. DPR 115/02 , secondo il quale ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche . Tuttavia, nel caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte, vi è una particolare contingenza rappresentata dall’esistenza di un certificato ISEE rilasciato a cura del patronato di appartenenza della ricorrente, che attestava il reddito nei termini dichiarati. Siffatta circostanza, spiega la Corte Suprema di Cassazione, pone il dubbio circa la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, quanto meno sotto il profilo del dolo eventuale che, come ritenuto dalla Cassazione a Sezioni Unite con la nota sentenza n. 6591 del 27 novembre 2008, richiede, oltre alla previsione dell’evento, l’accertamento di una presa di posizione volontaristica, di un atteggiamento psichico che indichi una qualche adesione all’evento per il caso che esso si verifichi quale conseguenza non voluta della propria condotta . La scelta deve essere razionale”. Secondo gli Ermellini, in altri termini, occorre comprendere se l’agente, dopo aver soppesato, dopo aver considerato il fine perseguito e l’eventuale prezzo da pagare, si sia consapevolmente determinato ad agire comunque, ad accettare l’eventualità della causazione dell’offesa, esprimendo cosi una scelta razionale, il più possibile assimilabile alla volontà . Pertanto la Suprema Corte, ritenendo la sentenza impugnata priva di adeguata motivazione sul punto, annulla con rinvio alla Corte di Appello territorialmente competente. In pratica. Dal commento della sentenza in disamina, emerge una regola pratica di notevole importanza. Vero è che il reato di falso di cui all’art. 95 del T.U.S.G. viene integrato finanche il reddito reale sia inferiore alla soglia di ammissibilità al beneficio stesso, ma è pur vero, altresì, che occorre comunque accertare nel caso concreto se effettivamente il soggetto agente si sia consapevolmente determinato ad agire, accettando l’eventualità della causazione dell’offesa al bene giuridico protetto dalla norma ovvero sia stato fuorviato inconsapevolmente dall’esistenza di un documento attestante il reddito nei termini dichiarati.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 21 aprile – 24 maggio 2016, numero 21577 Presidente Blaiotta – Relatore Tanga Ritenuto in fatto 1. Con sentenza numero 977/15 del 26/05/2015, la Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza emessa dal Gip del Tribunale di Lamezia Terme in data 14/05/2013, appellata dal P.G., dichiarava B.F. colpevole del reato ascritto e, concesse circostanze attenuanti generiche, la condannava alla pena di mesi otto di reclusione ed € 400 di multa in relazione al reato di cui all'articolo 95 DPR 30/5/2002 numero 115. 2. Avverso tale sentenza d'appello, propone ricorso per cassazione B.F., a mezzo dei proprio difensore, lamentando in sintesi giusta il disposto dì cui all'articolo 173, comma 1, disp. att. c.p.p. I violazione di legge posto che la ricorrente avrebbe avuto comunque diritto al patrocinio a spese dello stato l'inutilità del falso che non raggiunge lo scopo di far acquisire all'imputato un vantaggio che non gli spetta perché appunto comunque avrebbe diritto al sostegno dello Stato imporrebbe l'assoluzione perché il fatto non sussiste II violazione di legge e vizi motivazionali. Deduce che l'articolo 3, comma 3, D.P.R. numero 917 del 22/12/1986 afferma che non fanno parte della base imponibile i trattamenti pensionistici previsti per invalidità civile e l'articolo 76, comma 1, D.P.R. 115/2002 prevede che, per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il reddito da considerare è quello imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito ed afferma che il richiedente deve indicare il reddito suo e dei suoi familiari conviventi ne consegue che nella valutazione dei redditi familiari conviventi rileva solo il reddito imponibile III omessa motivazione. Deduce che era stata richiesta l'assoluzione per mancanza dell'elemento soggettivo osservando che B.F., ben poteva essere stata tratta in inganno dalla certificazione ISEE che aveva ricevuto dal patronato ma la Corte di Appello non ha preso in considerazione tali motivi di difesa e non ha motivato sul rigetto dell'assoluzione per mancanza dell'elemento soggettivo IV violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla mancata applicazione della normativa sul danno di lieve entità di cui all'articolo 131-bis c.p Deduce che l'assenza totale di un danno per lo Stato ed i presupposti che hanno portato alla falsa dichiarazione integrano un comportamento, al più di leggerezza o di ignoranza, che rientra perfettamente nella previsione della legge sopra richiamata V violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all'eccessività del trattamento sanzionatorio. Deduce che la Corte non ha ritenuto di motivare circa la quantificazione della pena inflitta. Considerato in diritto 3. I ricorso è fondato nei limiti e termini di cui appresso. 4. Occorre premettere che, con la sentenza numero 6591 del 27 novembre 2008, le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito la sussistenza dei reato di falsità di cui all'articolo 95 del T.U.S.G. D.P.R. 115/2002 , nell'ipotesi in cui la dichiarazione sostitutiva della situazione reddituale dei richiedente il gratuito patrocinio sia affetta da falsità, anche quando il reddito reale sia comunque inferiore alla soglia di ammissibilità al beneficio stesso. 4.1. Passando poi alla struttura del reato, le Sez. Unumero citate -nel precisare che il falso è un reato commissivo proprio che si sostanzia nell'omessa attestazione di un fatto vero affermano che, nella materia in esame, .la punibilità del reato di pura condotta si rapporta, ben oltre il pericolo di profitto ingiusto, al dovere di lealtà del singolo verso le istituzioni . L'innocuità del falso in un atto pubblico, inoltre, non va di per sé valutata con riferimento all'uso che si intende fare del documento stesso, che non è necessario a integrare la condotta incriminata. Nel caso in esame, l'articolo 95 del T.U.S.G. non condiziona la rilevanza dell'offesa della pubblica fede al fine patrimoniale dell'atto falso, Non opera, difatti, specifica addizione di qualifica all'evento di pericolo, o all'intenzione di risultato dell'agente dolo specifico , sicché la falsità non può ritenersi innocua secondo parametro dell'evento, men che inutile secondo parametro del dolo È dunque esclusa qualsiasi esenzione categorica di legge innocuità , fuori del parallelo con quanto è dovuto nella dichiarazione IRPEF . 4.2. Mette conto, ancora, rammentare che l'articolo 79, comma 1, lett. c , del T.U.S.G. prevede che la dichiarazione attestante la sussistenza delle condizioni reddituali necessarie per l'ammissione al beneficio deve fare esclusivo riferimento alle modalità stabilite dal precedente articolo 76, che a sua volta fa rinvio alla dichiarazione dei redditi ai fini Irpef. 5. Ciò doverosamente premesso, è possibile procedere all'esame delle doglianze odierne. 6. In ordine al motivo sub I si osserva 6.1. Alla stregua di quanto riportato ai punti 4. e 4.1. che precedono, il motivo risulta infondato e, pertanto, se ne impone il rigetto. 7. In ordine al motivo sub IV si osserva 7.1. La questione non risulta sottoposta al vaglio del giudice di merito che si è pronunciato ben dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. 28/2015 e il motivo dedotto in questa sede di legittimità va, perciò, dichiarato inammissibile. 7.2. Per completezza, comunque, si rammenta che dalla motivazione della sentenza impugnata emergono elementi, quali l'inflizione di una pena pecuniaria superiore al minimo edittale, indicativi di un apprezzamento sulla gravità dei fatti addebitati che consentono di ritenere non astrattamente configurabili i presupposti per la richiesta di applicazione dell'articolo 131-bis c.p. sez. 4, numero 44136 del 27.10.2015 Sez. 3, numero 15449 dell'8.4.2015 . 8. In ordine al motivo sub V si osserva 8.1. Nella specie la riduzione di pena operata a seguito della concessione delle attenuanti generiche è stata pari al massimo consentito 1/3 ed, inoltre, la valutazione dei vari elementi rilevanti ai fini della dosimetria della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all'articolo 133 c.p., come nel caso di specie è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Ciò che qui deve senz'altro escludersi sez. 2, numero 45312 del 03/11/2015 sez. 4 numero 44815 del 23/10/2015 . Ne viene l'inammissibilità del motivo in questione. 9. In ordine ai motivi sub II e III , da trattarsi congiuntamente poiché tra loro teleologicamente avvinti, si osserva 9.1. Le pensioni, gli assegni le indennità di accompagnamento e assegni erogati ai ciechi civili, ai sordomuti e agli invalidi civili vanno, effettivamente, ritenuti redditi esenti ai fini dell'imponibile Irpef. 9.2. In vero, inoltre, ai sensi dell'articolo 76, comma 1, T.U.S.G. Può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a ma il successivo comma 3 specifica Ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche IRPEF . 9.3. Nel caso di specie, tuttavia, occorre tener conto di due peculiari contingenze. Da un lato il reddito di cui si discute non era ostativo alla ammissione della ricorrente al patrocinio a spese dello Stato. Dall'altro era stato rilasciato un certificato ISEE a cura del patronato. 9.4. In tale situazione appare congruamente prospettato il dubbio in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, quanto meno sotto il profilo del dolo eventuale che, come ritenuto dalle S.U., richiede, oltre alla previsione dell'evento, l'accertamento di una presa di posizione volontaristica , di un atteggiamento psichico che indichi una qualche adesione all'evento per il caso che esso si verifichi quale conseguenza non voluta della propria condotta . In altri termini, occorre comprendere se l'agente, dopo avere tutto soppesato, dopo avere considerato il fine perseguito e l'eventuale prezzo da pagare, si sia consapevolmente determinato ad agire comunque, ad accettare l'eventualità della causazione dell'offesa , esprimendo così una scelta razionale , il più possibile assimilabile alla volontà cfr. SS.UU., sentenza n° 38343 dei 18/09/2014 . 9.5. Non avendo la Corte territoriale fornito adeguata motivazione sul punto di esclusiva competenza del giudice del merito , malgrado l'asserita doglianza già sottoposta al suo vaglio dalla ricorrente, la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Catanzaro per nuovo esame. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Catanzaro.