Tutto quanto occorre per fare una molotov fa il reato, non la contravvenzione

E’ la sommatoria che fa la differenza. Va configurato il reato ex artt. 10 e 12 della legge n. 497/1974 anche quando i materiali, singolarmente individuati, non possiedono qualità di c.d. micidialità”.

Non soccorre in tal caso la meno grave ipotesi contravvenzionale ex art. 678 c.p. di possesso abusivo di materiale esplosivo. Così si è espressa la Cassazione, Prima sezione Penale, nella sentenza n. 21644/16, depositata il 24 maggio. I fatti di cronaca. Decine e decine di artifici da fuoco di varia misura, petardi, tubi in plastica occlusi da una estremità a mo’ di cannone, accendi fuoco, bottiglie in plastica, copertoni pneumatici, materiale infiammabile, cesoie, chiodi a quattro punte e fionde. Era il materiale esplodente scovato a bordo di una utilitaria a seguito di un inseguimento delle forze di polizia vigilanti i luoghi, nell’immanenza di una manifestazione NO-TAV che avrebbe di lì a poco interessato la val di Susa. Il tribunale condanna ai sensi del reato ex artt. 10 e 12 della legge n. 497/1974 – Norme contro la criminalità -, qualificato il materiale come caratterizzato dalla c.d. micidialità ” – etimologicamente da micidio , che reca morte - che avrebbe fondato l’imputazione più grave – con pene dai due ai dieci anni – in luogo della previsione contravvenzionale ex art. 678 c.p. – prevista per il mero possesso abusivo di materiale esplosivo - , la cui applicazione era invocata dalla difesa a seguito della sentenza confermativa della condanna nel secondo grado di giudizio. La Cassazione chiarisce cosa è materiale caratterizzato da c.d. micidialità e cosa è materiale esplosivo , ai fini dell’individuazione della norma penale applicabile in caso di porto abusivo di artifici pirici in luogo pubblico. Cosa è reato e cosa è contravvenzione lo spartiacque della micidialità”. I giudici, sul punto, riecheggiano una già consolidata giurisprudenza. Il materiale esplosivo è caratterizzato dal requisito della c.d. micidialità – s’integra il reato ex legge n. 497 cit. - quando la concentrazione o la combinazione di materiali pirici è tale da poter recare grave nocumento a cose e persone e pur nel caso in cui quei materiali, unicamente valutati, non possiedono qualità esplodente. La verifica è di fatto ed è immancabilmente consulenziale. La verifica giudiziale poggia su una valutazione di fatto, demandata alla consulenza tecnica – nel caso in oggetto, nella relazione peritale non mancavano approfondite prove sperimentali -, atta a comprendere quanto la sinergia fra circostanze fattuali di rinvenimento delle sostanze pirotecniche, il perimetro dei luoghi, la quantità del materiale, il confezionamento, l’adiacenza a materiale infiammabile ed il genere di esplosivo compongano un quadro di pericolosità per l’incolumità pubblica, a danno di cose e di persone. Ad esempio il trasporto su autovettura, per la Cassazione, non può che costituire dato che eleva il tasso di pericolosità di qualsiasi esplosivo, anche di quantitativo modesto, vista la presenza di materiale infiammabile a bordo. In particolare va indagata la combinabilità del materiale rinvenuto, per costituire oggetti che possiedono una capacità micidiale riconosciuta – nel caso, tutto lasciava presagire che sarebbero state realizzate bottiglie molotov contro le forze di polizie atte a presidiare i cantieri -.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 18 gennaio – 24 maggio 2016, n. 21644 Presidente Siotto – Relatore Minchella Rilevato in fatto In data 30.08.2013 la Digos della Questura di Torino predisponeva un servizio di osservazione sulla . per monitorare lo svolgimento di una manifestazione di protesta presso il cantiere TAV di OMISSIS , la quale non era stata autorizzata ma era stata annunciata in alcuni siti informatici. In orario serale venivano notati alcuni uomini che sistemavano copertoni di auto su di una vettura Toyota Yaris e, poiché alcuni giorni prima, in occasione di una diversa manifestazione di protesta, i copertoni erano stati utilizzati per ostruire la circolazione dei mezzi di polizia giudiziaria incendiandoli e così occludendo le sedi stradali , la circostanza veniva segnalata alla Compagnia Carabinieri di Susa, che predisponeva un controllo stradale la vettura Yaris si incolonnava con altri veicoli più esattamente, tre veicoli la precedevano ed uno la seguiva, formando una colonna che marciava compatta alla vista dei Carabinieri le vetture si fermavano e la Yaris tentava una inversione di marcia, ma veniva bloccata a bordo della vettura vi erano F.D. e R.P. e la perquisizione della vettura permetteva di appurare che essa era carica di materiale, tanto che i sedili posteriori erano stati reclinati per stipare il tutto si trattava di 21 artifici pirotecnici, 42 razzi pirotecnici, 100 petardi del tipo Mega, sei tubi in PVC con una estremità chiusa da nastro isolante, pacchi di accendi-fuoco noti come diavolina , una matassa di corda, 5 bottiglie in plastica contenenti benzina, 5 fionde, cesoie, chiodi a 4 punte, maschere antigas. I due predetti venivano così processati per la detenzione ed il porto in luogo pubblico di congegni esplosivi unitamente a materiale atto ad accentuarne la micidialità e la potenzialità. Gli imputati chiarivano di condividere le ragioni di protesta del movimento No Tav , di avere già partecipato ad altre manifestazioni di protesta, di avere portato i razzi soltanto per dare visibilità alla manifestazione cui si intendeva partecipare, finalizzata a danneggiare in modo simbolico le reti di recinzione dei cantieri, al cui scopo il materiale detenuto occorreva asseritamente per difendersi dalle iniziative delle forze dell’ordine. Con sentenza in data 14.03.2014 il Tribunale di Torino condannava entrambi i predetti alla pena di anni due e mesi due di reclusione ed Euro 5.000,00 di multa, ritenendo che il materiale detenuto e portato andasse considerato come esplosivo e non come esplodente appurato che tutto il materiale esplosivo sequestrato rientrasse nella categoria 4 dell’allegato A del Regolamento di esecuzione del TULPS, l’istruttoria dibattimentale si appuntava soprattutto sui razzi, sui petardi, sui tubi in PVC, sulle bottiglie e sulla loro possibilità di essere usate come bombe molotov. Il Tribunale tuttavia riteneva che gran parte delle argomentazioni relative alla utilizzabilità concreta del materiale pirico e dei tubi ed alla micidialità dei singoli oggetti fosse superflua, concludendo che il fulcro del processo dovesse invece accentrarsi sulla qualificazione da dare a detto materiale per il quale la vera distinzione non era riposta nella natura e composizione della sostanza quanto piuttosto nelle potenzialità di impiego. Il Giudice rammentava diversa giurisprudenza della Corte Suprema, nella quale si indicava nella mancanza di potenzialità micidiale il connotato delle materie esplodenti di cui all’art. 678 cod.pen. mentre gli esplosivi dovevano intendersi come quelle sostanze caratterizzate da elevata potenzialità e micidialità, tali cioè da essere idonee a provocare un’esplosione con rilevante effetto distruttivo di conseguenza, si rilevava che quando la detenzione di materiale esplodente eccedesse i limiti di cautela per quantità, qualità ed unicità del luogo di deposito, doveva allora applicarsi la normativa sulla illegale detenzione di esplosivi, per come era determinato da condizioni ambientali di rischio di cui il detentore era consapevole, come un ambiente angusto che contenesse un quantitativo notevole di siffatto materiale. Così, rilevato che il materiale pirico, altamente infiammabile, era stato tutto insieme collocato in un luogo angusto, e cioè l’abitacolo di una vettura alimentata a carburante contenuto nel serbatoio, e che tra il materiale vi erano anche bottiglie contenenti benzina, concludeva il Tribunale che qualsiasi occasionale accensione avrebbe avuto conseguenze di notevole gravità, trattandosi di oltre 4 kilogrammi di materiale pirico portato su di una strada pubblica sulla quale circolavano anche altre persone. Si richiamavano sentenze della Corte Suprema relative alla detenzione in autovettura di materiale infiammabile ed al relativo pericolo di effetti deflagranti ed incendiari. Ed ancora, il Tribunale esprimeva perplessità sulle finalità difensive di materiali come le bottiglie piene di benzina ed i copertoni, sottolineando che i detentori erano ben consci della natura del materiale e della sua pericolosità, tanto che era stato predisposto un cordone di quattro altre autovetture a protezione. Veniva così pronunziata la condanna sopra ricordata, con espressa precisazione che si riferiva alla detenzione ed al porto di materiale esplosivo. Avverso detta condanna veniva proposto appello dagli odierni ricorrenti si eccepiva dapprima l’insufficiente enunciazione del fatto che avrebbe determinato l’impossibilità di una adeguata difesa poi si deduceva la mancata assoluzione relativamente agli oggetti diversi dal materiale pirico, pur citati nella rubrica poi si chiedeva la derubricazione nel reato di cui all’art. 678 cod.pen Con sentenza in data 12.11.2014 la Corte di Appello di Torino, in parziale riforma, riduceva la pena ad anni uno e mesi sette di reclusione ed Euro 3.750,00 di multa, con pena sospesa. Si riteneva innanzitutto che il capo di imputazione aveva fatto chiaro ed esplicito riferimento all’accusa di detenzione e porto di congegni esplosivi, sia pure menzionando altri oggetti, ma ciò non aveva leso la possibilità di capire quale fosse l’accusa. Quanto alla mancata assoluzione per gli oggetti diversi dal materiale pirico, osservava la Corte di Appello che la motivazione della sentenza appellata faceva emergere con chiarezza che la condanna era riferita esclusivamente al materiale esplodente, per cui, difettando una condanna per altri oggetti, non poteva esaminarsi una richiesta di assoluzione. Quanto al materiale pirico, la Corte di Appello concordava con la qualificazione datane in primo grado richiamando le deposizioni dei consulenti tecnici, si rilevava che, relativamente ai petardi sequestrati, la loro deflagrazione a breve distanza poteva essere letale o quanto meno provocare gravi lesioni, per come era emerso in una prova sperimentale quanto ai razzi sequestrati, essi avevano una carica di lancio in grado di proiettarli sino ad una altezza di 50 metri i tubi in PVC potevano essere utilizzati come lanciarazzi poiché erano chiusi ad una estremità da nastro adesivo e le prove sperimentali avevano dimostrato che era sufficiente, a questo scopo, accenderne la miccia e collocare i razzi nel tubo, da dove venivano scagliati ad una velocità di circa 40-50 Km/h peraltro, l’esame di alcuni tubi aveva mostrato in essi agglomerati di potassio e cloro, indicativi del fatto che erano già stati utilizzati per il lancio di razzi e che il loro materiale sigillava le fiamme all’interno, non bruciando e non facendo ustionare chi lo utilizzasse ed ancora, si richiamavano precedenti manifestazioni di protesta nel corso delle quali vi era stato un siffatto uso di quegli strumenti. La Corte di Appello quindi riteneva che il materiale sequestrato fosse finalizzato ad essere usato nell’ambito di manifestazioni analoghe ad altre recenti e connotate da violenza verso le forze dell’ordine deduceva parimenti che, anche se la tipologia degli artifizi escludeva che potessero esplodere tutti simultaneamente, tuttavia era comunque possibile una deflagrazione contestuale di molti di loro, con effetti di micidialità per chi si trovasse vicino al punto di scoppio in altri termini, se uno dei petardi fosse esploso, non era detto che gli altri esplodessero insieme ad esso, ma se fossero state accese insieme tutte le micce vi sarebbe stata un’esplosione unica. La Corte di Appello rilevava, poi, che le differenti conclusioni dei consulenti tecnici della Difesa degli imputati si mostravano poco convincenti e non sostenute da prove sperimentali, prove che invece sorreggevano le conclusioni del consulente tecnico del P.M., come nel caso dei razzi in sequestro, di cui veniva dimostrata la micidialità in caso di lancio dal tubo in PVC ad una distanza di 8 metri era stata sbriciolata una tavola di legno di 6 mm di spessore e vi era comunque la notevole possibilità di provocare incendi alle cose e gravi ustioni alle persone , il quale permetteva anche una discreta possibilità di puntare il bersaglio, come dimostrato dalle prove ne era risultata l’ampia possibilità di orientare il tubo e di centrare una sagoma umana a 15/20 metri di distanza . La Corte di Appello condivideva poi anche il ragionamento del Giudice di primo grado relativo alla quantità di materiale stipato in una vettura utilitaria in movimento, con grande possibilità di incendio a causa del carburante dell’auto, della benzina in bottiglia e della diavolina a ciò si aggiungeva l’accertata micidialità dei razzi e dei petardi, se usati in chiave offensiva, per cui si concludeva per la correttezza dell’imputazione di detenzione e porto di materiale esplosivo. In ordine al trattamento sanzionatorio, si rilevava l’incensuratezza degli imputati, il corretto atteggiamento processuale, il rispetto della misura cautelare loro applicata e si decideva per una diminuzione della pena inflitta. Avverso detta sentenza proponevano ricorso gli interessati a mezzo del loro Difensore, deducendo ex art. 606, comma 1 lett. b ed e , cod.proc.pen. erronea applicazione della legge penale ed illogicità o contraddittorietà della motivazione, sul punto della qualificazione giuridica dei reati. Si rilevava che alla base della condanna vi erano stati due assunti e cioè la concentrazione del materiale in un unico luogo e il suo possibile utilizzo in chiave offensiva. In ordine al primo punto si evidenziava che l’esame andava limitato ai razzi ed ai petardi che erano prodotti pirotecnici e si richiamava molta giurisprudenza di legittimità, facendo notare che la Corte Suprema, quando aveva rigettato ricorsi su analoghi fatti, aveva sempre esaminato fattispecie con quantità di materiale pirotecnico molto superiori a quello del processo de quo, nell’ordine di vari quintali al contrario, era stata ritenuta dalla Corte Suprema corretta la qualificazione di cui all’art. 678 cod.pen. nei casi di detenzione in unico luogo di pochi chilogrammi di materiale pirico, come appunto nella fattispecie, giacché si trattava di poco più di 4 chilogrammi, che, per modestia e qualità, non potevano avere particolare capacità offensiva si sosteneva che ciò era avvenuto anche in presenza di trasporti di poco materiale pirico in autoveicoli, e quindi con serbatoi contenenti carburante. In ordine al secondo punto, si affermava che la Corte di Appello aveva dedotto la micidialità del materiale dal suo possibile utilizzo contro le forze dell’ordine, che peraltro veniva arguito da altre precedenti manifestazioni senza che vi fosse alcun elemento concreto che consentisse una simile deduzione si contestava poi che si potesse realmente utilizzare i tubi in PVC come lanciarazzi e, in ogni modo, i razzi stessi erano costruiti per essere lanciati ma i tubi in PVC non ne aumentavano la capacità offensiva e comunque un tubo del genere poteva usarsi dopo essere stato piantato sul terreno ma non usato come un fucile, a meno che non il lanciatore non fosse disposto ad ustionarsi con i gas che fuoriuscivano, quanto ai petardi, la loro stessa modalità costruttiva ne impediva l’esplosione per simpatia con altro scoppio e pertanto una esplosione simultanea per scoppio di un singolo era improbabile, anche a motivo della poca polvere nera in essi contenuta. Considerato in diritto I ricorsi devono essere rigettati perché infondati la trattazione dei motivi sarà unitaria, atteso che essi sono unici per entrambi gli imputati. Per come già evidenziato in precedenza, nel corso di attività di controllo di manifestanti che si radunavano per contestare i lavori di realizzazione della linea dell’alta velocità ferroviaria in Piemonte, la polizia giudiziaria aveva modo di notare che alcune persone stavano collocando del materiale all’interno di una vettura Yaris giacché la tipologia di materiale caricato copertoni di autovetture si collegava alla tipologia di manifestazioni che erano divenute ricorrenti con i contestatori impegnati in scontri con le forze dell’ordine, nel corso dei quali era stato notato l’utilizzo di copertoni di vetture ai quali veniva dato fuoco per una più efficace destinazione al blocco di sedi stradali, con conseguente difficoltà di movimento per i mezzi di polizia , aveva inizio una ricerca della vettura ai fini del controllo della medesima la ricerca aveva modo di constatare che la vettura de qua si muoveva all’interno di un vero e proprio corteo di altre vetture che la scortavano, precedendola alcune e seguendola altre. Il pronto intervento della polizia giudiziaria riusciva ad impedire alla Yaris di dileguarsi e le operazioni di sequestro consentivano di reperire il materiale prima descritto più in dettaglio, e per quanto qui interessa, si trattava di 21 artifici pirotecnici, 42 razzi pirotecnici, 100 petardi del tipo Mega, sei tubi in PVC con una estremità chiusa da nastro isolante, pacchi di accendi-fuoco noti come diavolina e 5 bottiglie in plastica contenenti benzina per un quantitativo di oltre 4 chilogrammi di materiale pirico . Si è scritto supra l’entità della pena inflitta agli imputati e si sono riportate le ragioni che hanno indotto dette condanne. Ora va rilevato che i ricorrenti muovono ragioni di doglianza che si articolano, sostanzialmente, in due argomentazioni 1 la natura del materiale sequestrato, che per quantità, collocazione e qualità, sarebbe stato privo dei requisiti di micidialità propri delle sostanze esplosive, con conseguente inquadramento di detto trasporto nella fattispecie di cui all’art. 678 cod. pen., non contraddetta dalla natura del medesimo né dalla sua concentrazione in un piccolo vano portabagagli adiacente il serbatoio della benzina 2 la prospettazione di una micidialità del materiale stesso, desunta dalla finalità di utilizzo in manifestazioni di protesta si sostiene che questa finalità non poteva essere ricavata da alcun elemento emerso nel processo e si ripercorrono le conclusioni delle consulenze tecniche del P.M., contraddicendone gli esiti. 1. Il primo motivo di ricorso non è fondato. Nel ricorso si contesta la qualificazione del fatto di cui all’imputazione, invocando una diversa valutazione che condurrebbe a ritenere sostanziato il reato di cui all’art. 678 cod.pen., sull’assunto che si tratterebbe di giuochi pirici, da qualificarsi non già come materiale esplosivo ma come materiale esplodente, come tale privo del requisito della micidialità - ossia dell’attitudine a produrre la morte - che costituisce, secondo l’indirizzo ormai consolidato e prevalente nella giurisprudenza di legittimità, l’elemento caratterizzante e discriminante la fattispecie delittuosa prevista dalla Legge n. 497 del 1974, artt. 10 e 12 che hanno sostituito la L. n. 895 del 1967, art. 2 e 4 , rispetto a quella contravvenzionale prevista dall’art. 678 cod. pen., che ha carattere meramente sanzionatorio dell’inosservanza degli obblighi amministrativi previsti dal TULPS e dal relativo regolamento e che, in conseguenza della novazione legislativa operata con la Legge n. 895 del 1967, concerne attualmente la detenzione abusiva di quelle materie e sostanze esplodenti non aventi la predetta caratteristica di micidialità. Ma questa prospettazione va respinta questa Corte, invero, ha già avuto più volte occasione di affermare Sez. 1, 09/5/1995, Perri, Rv 201469 Sez. 1, 11/12/1992, P.M. in proc. Russo, Rv 195931 Sez. 1 n 12100/2000, Rv 217348 che l’elemento della micidialità, che distingue la menzionata fattispecie di cui alla Legge n 497/1974 da quella di cui all’art. 678 cod.pen., può derivare anche dalla concentrazione di materiali che singolarmente considerati tale caratteristica non possiedono. Il dato fattuale emerso nel processo e cioè la collocazione di diversi chilogrammi di materiale pirico - e quindi la detenzione ed il porto di esso - all’interno di un piccolo vano adiacente ad un serbatoio di benzina contrariamente a quanto opinato nel ricorso, non risulta determinante per ritenere senz’altro errata e contra legem la qualificazione giuridica dei fatti contestati all’imputato. Se è pur vero, infatti, come ricordato anche negli scritti difensivi, che è l’elemento della micidialità, che distingue la menzionata fattispecie di cui alla Legge n. 497 del 1974 da quella di cui all’art. 678 cod. pen., il ricorrente omette di considerare, però, che questa Corte ha più volte e da tempo precisato, che anche i giocattoli pirici o altre materie qualificate esplodenti, non micidiali se singolarmente considerate, possono in determinate circostanze acquistare tali caratteristiche, quando dalla loro concentrazione, nelle specifiche circostanze di fatto, derivi una oggettiva ed intrinseca potenzialità di pericolo per persone o cose, di guisa che assumano, nel loro insieme, la caratteristica della micidialità così Sez. 1, Sentenza n. 4599 del 9/11/1992, dep. 02/12/1992, ric. P.M. in proc. Stanzione, Rv. 192413 Sez.1, n 16677 del 24.01.2011, Rv 249958 principio questo al quale i giudici di merito espressamente risultano essersi uniformati, allorquando hanno evidenziato che il consulente tecnico del P.M. ha effettuato prove sperimentali, constatando che i petardi sequestrati, per il loro numero concentrato, disponevano della potenzialità di causare un esito letale, se esplosi a breve distanza, per un essere umano o, quanto meno, potevano provocare gravi lesioni ed ancora, i giudici di appello hanno riportato le prove sperimentali effettuate dal consulente tecnico del P.M. relativamente ai razzi sequestrati, la cui carica di lancio era in grado di proiettarli sino ad una altezza di 50 metri se opportunamente collocati proprio in quei tubi in PVC trasportati dagli imputati, i quali erano chiusi ad una estremità da nastro adesivo e si erano rivelati più che adeguati a fungere da lanciarazzi, scagliando i razzi stessi ad una velocità di 40-50 Km/h, colpendo una sagoma umana a circa 15/20 metri di distanza e sbriciolando una tavola di legno di mm 6 di spessore posta ad otto metri di distanza. La Corte di Appello ha adeguatamente motivato sugli esiti di dette prove sperimentali, richiamandone gli esiti scientifici e sottolineando che ogni diversa e contraria deduzione dei consulenti tecnici della difesa degli imputati non era supportata da alcuna prova sperimentale, rivelandosi così del tutto non convincente nella dialettica probatoria in altri termini, si è evidenziata l’effettiva sussistenza di una situazione di pericolo, essendo di agevole comprensione che l’esplosione del materiale avrebbe potuto comportare conseguenze di rilevante entità. La corte territoriale ha correttamente applicato i principi di diritto dispensati da questa Corte, secondo cui integra la fattispecie criminosa di cui alla imputazione de qua - e non il reato contravvenzionale di detenzione abusiva di materie esplodenti - la condotta che abbia ad oggetto materiali pirotecnici, che in determinate condizioni quali possono essere la quantità apprezzabile, il confezionamento, la collocazione accanto a bottiglie piene di benzina, la concentrazione in un ambiente angusto e la prossimità a luoghi frequentati da molte persone , costituiscono pericolo per persone o cose, sì da assumere, nel loro insieme, la caratteristica della micidialità Sez. 1, 24.1.2011, n. 16677, Rv 249958 . Contrariamente a quanto opinato dalla difesa, i giudici del merito non sono incorsi in alcun travisamento della prova, avendo correttamente recepito le evidenze acquisite da un punto di vista fattuale. La Corte di Appello ha poi correttamente gestito anche il dato tecnico, emerso all’esito della consulenza tecnica del P.M., che chiarì come la quantità del materiale, la sua natura, le sue caratteristiche specifiche, le modalità di detenzione presentavano caratteristiche assimilabili al materiale esplosivo i giudici del merito congruamente hanno sottolineato i dati della quantità del materiale sequestrato e la concentrazione di esso in un piccolo bagagliaio, adiacente al serbatoio della benzina di una vettura che percorreva una strada pubblica, con grave rischio di deflagrazione tale da coinvolgere più persone. 2. Il secondo motivo di doglianza è parimenti infondato. Con esso si sostiene che la connotazione della micidialità del materiale sequestrato sarebbe stata tratta dalla finalità dell’utilizzo del medesimo, la quale sarebbe stata arbitrariamente individuata nello scopo di farne uso nel corso di scontri con le forze dell’ordine. Ma tutto ciò non risponde a quanto è scritto nella sentenza impugnata in primo luogo, la finalità di fare uso del materiale esplosivo sequestrato in occasione di scontri con le forze di polizia incaricate di prestare servizio a tutela dei cantieri ferroviari non può ritenersi arbitraria, giacché quel dato si rinviene nelle dichiarazioni degli stessi imputati infatti, dalla lettura della sentenza di primo grado emerge che i ricorrenti, dopo avere ammesso di condividere le ragioni di protesta del movimento No Tav e di avere già partecipato ad altre manifestazioni di protesta, avevano chiarito che i razzi sequestrati sarebbero stati usati nel corso di una manifestazione alla quale intendevano partecipare non soltanto per dare maggiore visibilità alla protesta, ma anche per utilizzarli - asseritamente a scopi di difesa - contro le forze dell’ordine le quali sarebbero intervenute per impedire loro di danneggiare le reti di recinzione dei cantieri scopo dichiarato della manifestazione . In secondo luogo, questo dato non assume affatto rilevanza ai fini che qui interessano, poiché la sentenza impugnata chiarisce che la connotazione di micidialità dell’esplosivo è stata correttamente dedotta dal fatto che si trattasse di una notevole quantità di materiale esplodente stipato su una utilitaria in movimento, ed in presenza di altro materiale facilmente incendiabile quali bottiglie di plastica contenenti benzina e diavolina . Per detta ragione è stato chiarito, ad esempio, che l’esplosione contestuale dei petardi per simpatia sarebbe stata improbabile, ma l’accensione simultanea delle micce degli stessi avrebbe provocato una deflagrazione unica, con le conseguenze sopra evidenziate. In altri termini, il riferimento all’utilizzo di razzi e petardi in chiave offensiva mediante le fionde ed i tubi in PVC era puramente esplicativo ed aveva lo scopo di far comprendere ancora di più la potenzialità lesiva del materiale sequestrato, per come avvenuto in altre manifestazioni di protesta di analoga matrice. I ricorsi devono dunque essere rigettati ed i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.