Bar comprato, ma pagamento mai effettuato. Tardiva la reazione della vecchia proprietaria

Salve le tre persone che avevano convinto la donna a firmare il rogito. Posticipato a più riprese il versamento del prezzo concordato, ossia 60mila euro. Alla fine la vecchia proprietaria sporge querela per truffa, ma è troppo tardi son passati quasi nove mesi dall’atto.

Contratto firmato. Ceduto ufficialmente l’esercizio commerciale. Ma il pagamento tarda ad arrivare Si sente subito odore di fregatura, ma la venditrice, rimasta operativa nel locale – un bar – dietro la promessa del 50 per cento degli utili, temporeggia troppo. E così si rivela tardiva la querela presentata contro i tre compratori – ma mai paganti – che vedono svanire la contestazione del reato di truffa Cassazione, sentenza n. 21053/16, sezione Seconda Penale, depositata il 20 maggio . Rogito. A scatenare la reazione della proprietaria del bar è la decisione pronunciata in appello. I giudici hanno dichiarato non doversi procedere nei confronti dei tre compratori fittizi per difetto di tempestiva querela . Tale soluzione è poggiata su due date la truffa è stata perpetrata alla data del rogito notarile con cui era stato ceduto l’ esercizio commerciale , mentre la querela è stata presentata solo otto mesi e mezzo dopo. Tardiva, sanciscono i giudici, la reazione della proprietaria, che non aveva mai ricevuto il pagamento del prezzo concordato per la cessione del locale. Truffa. Secondo il difensore della donna, però, i giudici hanno trascurato un elemento decisivo. La proprietaria del bar si è resa conto della truffa solo quando, a sette mesi e mezzo dal rogito , uno dei compratori l’ha cacciata fuori dall’esercizio commerciale , dove ella, secondo i patti originari, avrebbe dovuto continuare a lavorare percependo la metà degli utili . Evidente, sempre secondo il legale, che la venditrice aveva coltivato la speranza che i nuovi proprietari del locale tenessero fede, seppur tardivamente , agli impegni messi nero su bianco. Questi elementi, però, non consentono una lettura diversa della vicenda. Anche per i Magistrati della Cassazione, difatti, la querela è stata presentata tardi, troppo tardi, dalla donna. Indiscutibile il fatto che la venditrice si sia resa subito conto della truffa , quando è stato stipulato l’atto notarile ma non le è stata corrisposta la somma concordata, 60mila euro . E tale certezza è stata rafforzata col passare dei mesi, in cui i compratori hanno perseverato nel non pagare il prezzo della cessione , comunque ripetutamente richiesto dalla venditrice. Tutto ciò permette di affermare, senza tema di smentite, che, una volta acquisita la consapevolezza del comportamento illecito dei presunti compratori, la proprietaria del locale, da persona che esercita un esercizio commerciale , avrebbe dovuto sporgere querela entro tre mesi dal rogito .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 4 – 20 maggio 2016, n. 21053 Presidente Gentile – Relatore Sgadari Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Genova, in riforma della sentenza dei Tribunale di La Spezia, dichiarava non doversi procedere nei confronti di P.P., G. L. e P. G. in ordine al reato di truffa in danno di D. B., odierna parte civile ricorrente, per difetto di tempestiva querela. Riteneva la Corte che la truffa era stata perpetrata il 12 luglio del 2005, data del rogito notarile con il quale la ricorrente aveva ceduto agli imputati un esercizio commerciale di sua proprietà, venendo raggirata in ordine al pagamento del prezzo, sporgendo querela soltanto il 31 marzo del 2006. 2. Ricorre in cassazione la B., denunciando vizio della motivazione della sentenza, che non avrebbe tenuto conto del fatto che essa ricorrente si sarebbe resa conto della truffa solo allorquando, alla fine di febbraio del 2006, l'imputato P. l'aveva cacciata fuori dall'esercizio commerciale ove, secondo i patti originari, ella avrebbe dovuto continuare a lavorare percependo la metà degli utili. Fino a quel momento, ella aveva coltivato la speranza che gli imputati avessero mantenuto fede agli impegni, sia pure tardivamente. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. La lettura dei capo di imputazione dà contezza dei fatto che la truffa si era consumata il 12 luglio del 2005, proprio allorquando, con artifici e raggiri, gli imputati avevano indotto la ricorrente a cedere loro, con atto notarile stipulato in quella data, l'esercizio commerciale adibito a bar dalla stessa gestito, senza mai corrisponderle la somma di 60.000,00 euro concordata, adducendo vari pretesti. Dunque, come bene rilevava la Corte di Appello, la ricorrente aveva fin da subito avuto piena contezza del fatto che, almeno questa parte dell'accordo sulla quale è incentrata la contestazione accusatoria cui occorre fare riferimento, non era stata rispettata e che ella era stata truffata. La Corte faceva discendere da ciò la constatazione in ordine alla tardività della querela, sporta solo nel marzo del 2006, allorquando la ricorrente, secondo il suo assunto, avrebbe maturato la definitiva certezza del fatto poiché anche la seconda parte dell'accordo, che prevedeva la sua permanenza presso il locale ceduto, era venuta meno. Ma tale prospettiva non escludeva, come precisava la Corte, la verificazione della prima condotta, l'unica oggetto di contestazione, nota alla ricorrente fin dal momento della stipula dell'atto e resasi ancora più evidente nei mesi successivi, quando gli imputati avevano perseverato nel non corrisponderle il prezzo della cessione, peraltro loro ripetutamente richiesto dalla stessa B., circostanza neanche negata da quest'ultima. L'assunto della ricorrente, pertanto, oltre che fondarsi su una alternativa ricostruzione in fatto della vicenda sotto il profilo della sua ricaduta sullo stato di buona fede della ricorrente fino al febbraio del 2006, ricostruzione che non può essere presa in considerazione in questa sede, non si conforma al capo di imputazione ed alla data del commesso reato, consumatosi il 12 luglio del 2005, nella piena consapevolezza della B. dei comportamento illecito altrui, che avrebbe dovuto indurla, seguendo la corretta prospettiva adottata dalla Corte di Appello - quella dell'agente modello che esercita un'attività commerciale - a sporgere querela entro tre mesi dall'atto. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.