Inattendibilità delle dichiarazioni: con la valutazione frazionata non tutto è perduto

In forza di questo strumento è possibile considerare veritiere solo le parti che trovano riscontro, unica eccezione qualora si tratti di un solo episodio nel cui caso l’inattendibilità travolge la totalità della dichiarazione.

In questo modo si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 19495, depositata l’11 maggio. Il caso. La vicenda processuale riguarda una presunta violenza sessuale e vede un primo giudizio con cui viene rilevata una violenza sessuale continuata e aggravata. A questa decisione segue un ridimensionamento di quanto precedentemente accertato, con la concessione di attenuanti generiche e la rideterminazione della pena da parte della Corte di appello. L’imputato decide di proseguire con ricorso per cassazione, basandolo su di alcuni dubbi inerenti alla motivazione ed all’attendibilità della persona offesa. Valutazione frazionata, ma solo se c’è un riscontro. Il ricorso è fondato. La Cassazione concentrandosi principalmente sul tema dell’attendibilità della persona offesa evidenzia comunque fin da subito gravi lacune sia sul piano delle argomentazioni astratte” ma anche sul piano della esatta osservanza dei criteri enunciati dall’art. 192 c.p.p. in termini di valutazione delle prove . E’ sulla c.d. valutazione frazionata” che si concentra però la decisione della Suprema Corte, esprimendo così un principio secondo il quale, dal momento in cui non vengano giudicate come veritiere alcune parti di una testimonianza ciò non conduce necessariamente ad un convincimento in tal senso esteso anche alle rimanenti parti della dichiarazione complessivamente intesa. Sarà quindi necessario un puntuale intervento da parte del giudice affinché si pervenga ad una individuazione di ciò che trova effettivo riscontro o meno. Proprio il tema della violenza sessuale, in relazione alla valutazione frazionata, sono argomenti sui quali il giudice di legittimità si è pronunciato Cass. Sez. III, Pen., n. 40170 specificando che l’eventuale giudizio di inattendibilità, riferito ad alcune circostanze, non inficia la credibilità delle altre parti del racconto, sempre che non esista un’interferenza fattuale e logica tra le parti del narrato per le quali non si ritiene raggiunta la prova della veridicità e le altre parti che siano intrinsecamente attendibili e adeguatamente riscontrate, tenendo conto che tale interferenza si verifica solo quando tra una parte e le altre esiste un rapporto di causalità necessario o quando l’una sia imprescindibile antecedente logico dell’altra e sempre che l’inattendibilità di alcune delle parti della narrazione non sia talmente macroscopica, per conclamato contrasto con altre sicure emergenze probatorie, da compromettere per intero la stessa credibilità del dichiarante . Non sempre però vi si può fare affidamento. Quindi la Cassazione prende in considerazione anche il caso in cui non si possa ricorrere al suddetto principio in quanto la dichiarazione presa in esame è rivolta esclusivamente ad un solo evento e in tal caso l’inattendibilità rilevata andrebbe a travolgere anche i restanti elementi riportati data una interferenza fattuale e logica tra le varie parti del racconto ed occorrendo, quindi, una valutazione globale della credibilità della persona offesa che tenga conto di tutte le dichiarazioni e circostanze del caso concreto e di tutti gli altri elementi acquisiti al processo . Questa eccezione al principio di valutazione frazionata”, unitamente ad altri aspetti rilevati dal Collegio, portano ad un annullamento della sentenza, con rinvio alla Corte di appello di Perugia la quale dovrà tenere presenti le considerazioni svolte.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 giugno 2015 – 11 maggio 2016, n. 19495 Presidente Squassoni – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza del 4 luglio 2013 la Corte di Appello di L’Aquila in parziale riforma della sentenza emessa dal Giudice per l’udienza Preliminare del Tribunale di Avezzano del 6 giugno 2011 pronunciata nei riguardi di D.R.A. , imputato del delitto di violenza sessuale continuata ed aggravata in danno di minore fatti commessi dall’ omissis all’ omissis , concedeva all’imputato le circostanze attenuanti generiche e, per l’effetto, rideterminava la pena complessiva rispetto a quella originariamente irrogata, in anni due e mesi otto di reclusione per l’unico episodio per il quale era intervenuta la condanna episodio verificatosi nell’estete del condannava l’imputato al pagamento di una provvisionale in favore delle parti civili minore e genitori per complessivi Euro 45.000,00 e confermava, nel resto, la sentenza impugnata. 1.2 La Corte di appello, investita del gravame avverso la sentenza di primo grado proposto dal Procuratore della Repubblica e dalle parti civili con riferimento alla intervenuta assoluzione per tutti gli episodi contestati e dall’imputato con riferimento alla affermazione della propria responsabilità limitatamente all’episodio verificatosi nell’estate del , rigettava gli appelli del Pubblico Ministero e delle parti civili, reputando non illogico il ragionamento del giudice di primo grado con il quale questi era pervenuto alla assoluzione del D.R. per tutti gli episodi contestati fuorché per quello accaduto nella estate del . In riferimento a tale episodio la Corte di merito riteneva provate le accuse sulla base, per un verso, della credibilità intrinseca della persona offesa e la conseguente veridicità delle sue affermazioni e, per altro verso, dei riscontri estrinseci alle dette dichiarazioni - seppur non necessarie in astratto costituiti dalle propalazioni di due amiche della minore abusata alle quale costei aveva raccontato i fatti nella pressoché immediatezza degli episodi. Nessuna rilevanza negativa attribuiva la Corte al fatto che la querela della persona offesa fosse poi intervenuta a distanza notevole dai fatti, né alla circostanza esposta dalla difesa che si fosse trattato di una querela presentata soltanto per effetto di ripetute pressioni esercitate sulla minore da sue strette conoscenti. Quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte riteneva concedibili le circostanze attenuanti generiche ancorché non nella massima estensione e, conseguentemente, riduceva la pena originariamente irrogata, pari ad anni tre e mesi quattro di reclusione negava, invece, il riconoscimento della circostanza attenuante della minore gravità in relazione al fatto che la persona offesa era molto giovane appena quindicenne al momento del fatto accaduto nell’estete del . 1.3 Ricorre avverso la detta sentenza l’imputato a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo tre specifici ed articolati motivi. Con il primo, la difesa lamenta vizio di motivazione per travisamento del fatto e della prova in ordine alla conferma del giudizio di colpevolezza, nonché manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in riferimento alla ritenuta attendibilità intrinseca della persona offesa, nonostante le gravi incongruità emerse nel suo racconto ed, ancora, carenza assoluta di motivazione, per avere la Corte territoriale omesso di fornire risposte alle dettagliate doglianze difensive sollevate con l’atto di appello Con successivo, analogo motivo, la difesa lamenta invece la parte della sentenza relativa alla valutazione positiva - in termini di incidenza processuale - dei riscontri de relato costituiti dalle dichiarazioni delle persone tali M.M. e R.V. alle quali la minore abusata avrebbe per prime rivelato gli abusi subiti a brevissima distanza temporale dai fatti. Con il terzo motivo la difesa lamenta, invece, la manifesta illogicità della motivazione in punto di trattamento sanzionatorio ed in particolare, di mancato riconoscimento nella loro massima estensione delle concesse circostanze attenuanti generiche, nonché la mancanza assoluta di motivazione in ordine alle ragioni di detto diniego. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono. Va premesso in punto di fatto che al D.R. erano stati cointestati numerosi episodi asseritamente verificatisi in un esteso arco temporale compreso tra il e l’ omissis progressivamente sempre più invasivi e caratterizzati, in particolare, nell’ e nell’ omissis da rapporti sessuali completi, mentre per gli episodi avvenuti prima si sarebbe trattato di atti meno invasivi quali baci lascivi, strusciamenti, palpeggiamenti e masturbazioni commessi sempre con violenza sulla ragazza, sua vicina di casa. Il giudizio di primo grado aveva notevolmente ridimensionato i fatti, residuando solo l’episodio dell’estate del in particolare, secondo il primo giudice, in tale circostanza il D.R. , avendo casualmente incontrato la minore nel corridoio della palazzina ove entrambi abitavano, ed approfittando della assenza di persone in quel frangente, iniziava a baciare la ragazzina sul collo e sulla bocca e, vinte le resistenze della ragazzina, dopo aver abbassato la cerniera lampo dei pantaloni, estraeva il proprio organo genitale mettendolo nelle mani della ragazza e costringendola a masturbarlo. Tale episodio, giudicato veridico dal primo giudice alla luce della ritenuta credibilità della ragazza e dei riscontri esterni costituiti dalle dichiarazioni de relato , veniva giudicato veridico anche dalla Corte territoriale che ribadiva il proprio convincimento sulla attendibilità della minore e la valenza dimostrativa delle citate dichiarazioni. 2. A giudizio del Collegio l’intero ragionamento seguito dalla Corte di Appello per confermare il giudizio di responsabilità in merito al detto episodio è caratterizzato da gravi lacune sia sul piano delle argomentazioni astratte, peraltro integrate da giudizi della Corte frutto di mere supposizioni non confortate dalla realtà fattuale, sia sul piano della esatta osservanza dei criteri enunciati dall’art. 192 cod. proc. pen. in termini di valutazione delle prove. 2.1 Anzitutto va rilevato che la Corte territoriale in punto di responsabilità ha confermato integralmente il giudizio del primo giudice. È noto il principio secondo il quale la struttura motivazionale della sentenza di appello, laddove le pronunce di primo e di secondo grado risultino concordanti nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a base delle rispettive decisioni, si salda e si integra con quella precedente di primo grado formando un unicum, così giustificando da parte del giudice di secondo grado una motivazione per relationem Sez. 2^, 10.1.2007 n. 5606, Conversa e altri Rv. 236181 Sez. 1^, 26.6.2000 n. 8868, Sangiorgi, Rv. 216906 S.U. 4.2.1992 n. 6682, PM. p.c., Musumeci ed altri, Rv. 191229 . Ma va aggiunto che ciò non esime il giudice di appello, laddove venga investito di specifiche censure, dal darvi risposta adeguata o quanto meno sufficiente sia sotto il profilo della esaustività, sia sotto il profilo della logicità intrinseca, senza, peraltro, che sia necessaria una risposta dettagliata da parte del giudice del gravame ad ogni rilievo dell’appellante ed occorrendo, invece, che l’intero tessuto motivazionale presenti uno sviluppo argomentativo ordinato e completo nel suo insieme attraverso un’analisi delle varie censure difensive nei suoi aspetti essenziali e la correlata valutazione della esattezza o meno dei rilievi in rapporto, sia con il materiale probatorio a disposizione che con il testo della decisione di primo grado, là dove richiamata. 2.2 Alle dette regole la Corte territoriale non si è uniformata affatto, in quanto nessuna specifica argomentazione ha sviluppato con riferimento alla querela ed alle sue - anomale secondo la difesa - modalità e tempi di proposizione, né alle ragioni che avevano indotto la minore a sporgere querela ancora, la Corte territoriale non ha fornito risposte coerenti ed esaustive in relazione alla prospettata contraddittorietà delle dichiarazioni della ragazza variamente caratterizzate in relazione ai diversi tempi in cui tali dichiarazioni erano state rese nessuna risposta convincente è stata data dalla Corte di merito in correlazione con la dimostrata inconsistenza delle accuse mosse dalla ragazza con riguardo a tutti gli altri presunti - ed assai più gravi - abusi subiti. 2.3 In ogni caso non ritiene il Collegio che le censure argomentative sopra accennate e sulle quali si tornerà di qui a breve possano essere giustificate per il fatto che in merito agli altri episodi ritenuti insussistenti la Corte è pervenuta alla conclusione assolutoria, in quanto proprio il notevolissimo ridimensionamento delle accuse iniziali avrebbe dovuto indurre il giudice di appello - fermo restando il principio della frazionabilità delle dichiarazioni - ad una motivazione quanto mai rigorosa e penetrante sull’unico residuo episodio per il quale è poi stata confermata la condanna motivazione che è mancata in modo clamoroso. 3. In riferimento al tema - che il Collegio giudica di rilevante importanza in questa sede per le implicazioni che comporta sulla decisione - della valutazione frazionata delle dichiarazioni della persona offesa appare utile ricordare quali siano le regole ed i limiti di tale giudizio valutativo. 3.1 In linea generale la giurisprudenza costante di questa Corte ha sempre affermato la regola secondo la quale le testimonianze, se non veritiere in una parte, non possono per ciò solo essere disattese nella loro interezza, essendo compito del giudice di merito procedere alla verifica ed alla individuazione delle parti che trovano riscontro, non necessariamente oggettivo, ed elidere invece quelle altre parti che appaiono prive di conforto, offrendo una ragionata e congrua spiegazione delle scelte differenziate operate. 3.2 Con riguardo, in particolare, alla fattispecie dei reati sessuali, questa Sezione da tempo Sez. 3^ 6.12.2006, n. 40170 Gentile, Rv. 235575 ha ritenuto legittima, in tema di reati sessuali, la valutazione cd. frazionata delle dichiarazioni della persona offesa, rilevando che l’eventuale giudizio di inattendibilità, riferito ad alcune circostanze, non inficia la credibilità delle altre parti del racconto, sempre che non esista un’interferenza fattuale e logica tra le parti del narrato per le quali non si ritiene raggiunta la prova della veridicità e le altre parti che siano intrinsecamente attendibili e adeguatamente riscontrate, tenendo conto che tale interferenza si verifica solo quando tra una parte e le altre esiste un rapporto di causalità necessaria o quando l’una sia imprescindibile antecedente logico dell’altra e sempre che l’inattendibilità di alcune delle parti della narrazione non sia talmente macroscopica, per conclamato contrasto con altre sicure emergenze probatorie, da compromettere per intero la stessa credibilità del dichiarante . vds. anche Sez. 6^ 20.12.2010 n. 3015, Farruggio, Rv. 2249200 Sez. 3^ 18.10.2012 n. 3256, P.C., B. ed altri, Rv. 254133 Sez. 6^ 19.3.2014 n. , L., Rv. 260160 . 3.3 L’unica eccezione ai detti principi è costituita dalla valutazione frazionata delle dichiarazioni della persona offesa riferibili ad un unico episodio avvenuto in un unico contesto temporale, ritenuta non legittima dalla giurisprudenza di questa Corte perché in questa ipotesi il giudizio di inattendibilità su alcune circostanze finisce inevitabilmente per condizionare negativamente la credibilità delle altre parti del racconto, essendo necessariamente ravvisabile una interferenza fattuale e logica tra le varie parti del racconto ed occorrendo, quindi, una valutazione globale della credibilità della perdona offesa che tenga conto di tutte le dichiarazioni e circostanze del caso concreto e di tutti gli altri elementi acquisiti al processo v. Sez. 3^ 11.5.2010 n. 21640, P., RV. 247644 . 3.4 Orbene, nel caso in esame la difesa aveva sottolineato - con riferimento all’unico episodio per il quale il D.R. è stato condannato - alcune gravi incongruenze in cui era incorsa la ragazza, la quale, sin dall’inizio, aveva riferito di avere ricordi confusi di quella sera in cui era accaduto il fatto Ho ricordi abbastanza confusi di quella sera ma mi sembra proprio che mi trovassi lì quando stavo rientrando come testualmente riportato dalla difesa dell’imputato a pag. 5 del ricorso e che, nella circostanza, l’imputato si era sbottonato i pantaloni ed in effetti la contestazione parla di abbassamento della lampo dei pantaloni , mentre in sede di incidente probatorio la ragazza ha descritto una scena diversa, raccontando che l’imputato durante l’aggressione e mentre cercava di vincere le resistenze opposte dalla ragazza, si era abbassato i pantaloni. La differenza non è di poco momento, tenuto conto anche della facilità di una manovra costituita dalla apertura della cerniera dei pantaloni seguita dalla estrazione dell’organo genitale, rispetto ad altra manovra costituita dall’abbassamento dei pantaloni che implica una perdita di tempo maggiore sia per abbassarli occorrendo anche slacciare o allentare la cinta sia per risalirli, con l’ulteriore eventuale perdita di tempo necessario per riallacciare la cinta. Inoltre è evidente che la semplice apertura della cerniera lampo è operazione - per le sue caratteristiche intrinseche - facile a sfuggire alla osservazione di terzi e che comporta, nel caso del sopraggiungere di altre persone, una rapida ricomposizione ben diverse le conseguenze in caso di abbassamento dei pantaloni, nella ipotesi di una improvvisa presenza di terze persone. 3.5 La Corte di merito, nel privilegiare la tesi dell’abbassamento dei pantaloni, ha respinto le censure sollevate dalla difesa anche sulla verosimiglianza di tale episodio, formulando conclusioni che si ritengono apodittiche perché basate su mere supposizioni sia quanto alla durata dell’episodio nella circostanza l’imputato avrebbe estratto il proprio organo genitale, mettendolo poi nelle mani della ragazza e costringendo la stessa a masturbarlo sia quanto al tempo da impiegare per rimettere in ordine l’abbigliamento. Così come risultano apodittiche ed autoreferenziali le conclusioni rassegnate dalla Corte in merito alle ragioni per le quali la ragazza non avesse gridato al momento dell’aggressione, privilegiando le spiegazioni offerte dalla ragazza nella querela, senza alcuna valutazione degli esiti dell’incidente probatorio. 4. Ancora più illogica appare la motivazione della Corte alla luce di quanto riferito da uno dei testi de relato R.V. in quanto, lungi dal costituire quel riscontro decisivo affermato dalla Corte di merito, la detta ragazza, depositaria delle primissime confidenze della amica odierna persona offesa, aveva espresso seri dubbi sulla veridicità degli accadimenti descritti dalla ragazza abusata sin da quando costei glieli aveva confidati, sia per lo spazio angusto in cui il fatto sarebbe avvenuto uno stretto corridoio tra le due palazzine caratterizzato da un via vai di persone e dalla presenza costante in casa della nonna della ragazza , sia perché la presenza continua di persone rendeva quanto mai improbabile, agli occhi della R. , il racconto della sua amica. 4.1 Anche il secondo teste de relato M.M. che la Corte eleva a riscontro certo delle dichiarazioni della persona offesa, non ha esitato a riferire, sul conto della sua amica, la sua innata e persistente tendenza a raccontare bugie, soprattutto in campo sessuale. 5. Se, dunque, può condividersi in linea di principio l’affermazione della Corte territoriale secondo la quale in materia di abusi sessuali la testimonianza della persona offesa può essere assunta da sola quale prova della responsabilità dell’imputato, con la correlata necessità di una valutazione particolarmente rigorosa nella ipotesi in cui la persona offesa si costituisca parte civile, essendo la stessa portatrice di un interesse specifico, appare del tutto incoerente la conclusione cui il giudice di appello è giunto nella valutazione di tale attendibilità in quanto il racconto della ragazza presentava di per sé lacune ed aporie marcate e le dichiarazioni dei testi de relato sono stati elevati a riscontri in modo parziale e soprattutto approssimativo, senza possederne le caratteristiche non può, infatti, qualificarsi riscontro la dichiarazione de relato solo perché il teste sia stato messo al corrente nella immediatezza, ad opera della vittima, di un episodio asseritamente verificatosi pochissimo tempo prima, occorrendo anche valutare la portata delle dichiarazioni le quali - nel caso in esame - erano per di più contraddistinte da contenuti dissonanti rispetto ai fatti e rispetto persino alla personalità della ragazza. 5.1 Va dunque ribadito il principio che la valutazione frazionata delle dichiarazioni della persona offesa non appare giustificata se riferita ad un unico episodio ed ancora che, ferma la piena rilevanza probatoria della testimonianza della persona offesa al di fuori delle regole di valutazione della prova dettate dall’art. 192 cod. proc. pen., laddove si ritenga di utilizzare riscontri esterni costituiti da altre dichiarazioni de relato , queste debbono essere valutate nella loro totalità quanto ai contenuti e non parzialmente. 6. Parimenti contraddittorie ed illogiche le considerazioni svolte dalla Corte di merito in ordine al trattamento sanzionatorio - con specifico riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione - non risultando, invece, specifiche doglianze in sede di legittimità in merito al mancato riconoscimento della circostanza attenuante speciale di cui al comma 3 dell’art. 609 bis cod. pen. il cui diniego - sia detto per inciso - presta il fianco a notevoli censure per la superficialità assoluta del giudizio espresso , in quanto appare difficilmente comprensibile il ragionamento svolto dalla Corte di merito. 6.1 Il giudice di appello, chiamato a pronunciarsi sulla censura riguardante l’omesso riconoscimento da parte del Giudice di primo grado delle circostanze attenuanti generiche, ha ritenuto di poterle concedere non in misura piena, in considerazione della buona personalità dell’imputato immune da precedenti penali della entità del fatto ritenuta non grave e del grado non elevato di compromissione della libertà sessuale della persona offesa elemento che più correttamente avrebbe dovuto essere riferito alla attenuante di cui al comma 3 dell’art. 609 bis cod. pen. . Tuttavia a fronte di tali indici positivi ha ritenuto negativo il peso, comunque non particolarmente rilevante, assunto dalle stesse nel caso specifico così, testualmente, pag. 7 della sentenza impugnata espressione quanto mai generica e vuota di contenuto che collide con una serie di presupposti positivi che avrebbero dovuto indurre il giudice territoriale ad operare la riduzione massima. Sulla base di tali considerazioni la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte di Appello di Perugia la quale in quella sede dovrà, nel riesaminare l’appello, uniformarsi ai criteri ermeneutici illustrati da questa Corte Suprema. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Perugia.