Falsi certificati medici, subito scoperto il bluff del lavoratore: condannato

Per l’uomo 400 euro di multa e due mesi di reclusione. Evidente la gravità della condotta da lui tenuta. Non accoglibile la tesi difensiva, centrata su una presunta grossolanità dei falsi certificati presentati dal lavoratore alle istituzioni scolastiche di appartenenza.

Certificati medici creati ad arte obiettivo del lavoratore – dipendente di una scuola – è ottenere giornate di malattia regolarmente retribuite, pur non avendone diritto. Per sua sfortuna, però, il bluff viene subito scoperto, grazie allo spirito di osservazione manifestato da alcuni funzionari. Consequenziale la condanna. Inutile il richiamo difensivo a una presunta grossolanità dei falsi certificati Cassazione, sentenza n. 19479/16, sezione Seconda Penale, depositata l’11 maggio . Falso. A vuoto, innanzitutto, il tentativo del legale di sostenere la nullità del decreto di citazione per l’appello . Su questo fronte viene evidenziato che dalla relata di notifica risulta che la persona rinvenuta al domicilio dichiarato dall’imputato ha riferito all’ufficiale giudiziario che egli si è trasferito altrove da tempo . Tale circostanza era idonea , secondo i Giudici, a determinare l’impossibilità della notifica nel domicilio dichiarato , e quindi è da considerare rituale la notificazione eseguita al difensore . Chiuso il capitolo relativo al nodo processuale, appare evidente, sempre secondo i Magistrati, la gravità della condotta tenuta dall’uomo, che aveva presentato falsi certificati medici alle istituzioni scolastiche di appartenenza . Questa valutazione è comune a Tribunale, Corte d’appello e Cassazione. Confermata, quindi, la condanna a due mesi di reclusione – con sospensione condizionale della pena – e 400 euro di multa per tentata truffa ai danni dello Stato . Evidente, checché ne dica il lavoratore, la idoneità ingannatoria dei falsi certificati , caratterizzati dall’ intestazione del medico realmente esistente , dal suo timbro e dalla sua firma . I documenti presentati alla scuola, quindi, apparivano assolutamente conformi ad un qualsiasi certificato medico , anche alla luce della tipologia delle diagnosi riportate e del linguaggio utilizzato. Irrilevante il fatto che uno dei certificati contenesse l’intestazione ‘Il sottoscritto ’ , con nome e cognome del lavoratore e non del medico tale particolare, secondo i Giudici, poteva far pensare legittimamente ad un mero errore materiale .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 28 aprile – 11 maggio 2016, n. 19479 Presidente Diotallevi – Relatore Ariolli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 24/3/2014 la Corte di appello di Brescia confermava la sentenza del Tribunale di Crema dei 17/3/2010, emessa all'esito di giudizio abbreviato, che dichiarava R.A. colpevole dei delitto di tentata truffa ai danni dello Stato, riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante di cui al comma 2 n. 1, art. 640 cod. pen., irrogando la pena di mesi due di reclusione ed euro 400,00 di multa, con i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione. 2. Avverso la suddetta sentenza ricorre per cassazione il difensore, nell'interesse dell'imputato, deducendo 1 violazione di legge per avere ritenuto la Corte territoriale regolarmente effettuata, ai sensi dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., la notifica del decreto di citazione in appello, in assenza di validi presupposti attestanti l'impossibilità di notificare l'atto presso il domicilio dichiarato, a nulla valendo, a tale fine, l'attestazione dell'ufficiale giudiziario non ho potuto notificare poiché recatomi in loco nessuno rispondeva al citofono , formula attestante una mera assenza temporanea, richiedendosi invece un quid pluris 2 violazione di legge per non avere la Corte territoriale riconosciuto l'esistenza del delitto impossibile per inidoneità della condotta dell'imputato considerato che i falsi certificati medici avevano, in ragione delle modalità utilizzate per la loro compilazione specificatamente indicate nel ricorso , natura grossolana. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile per essere entrambi i motivi proposti manifestamente infondati. 2. Va, infatti, disattesa l'eccezione di nullità della notifica del decreto di citazione per l'appello per l'udienza del 24/3/2014 in cui è stata anche deliberata la sentenza impugnata , in quanto dalla relativa di notifica risulta che la persona rinvenuta al domicilio dichiarato dall'imputato in Ottaviano ha riferito all'ufficiale giudiziario che lo stesso si è trasferito altrove da tempo . La circostanza è certamente idonea a determinare l'impossibilità della notifica nel domicilio dichiarato e, dunque, rituale è stata la notificazione eseguita al difensore e corretta l'ordinanza della Corte territoriale di rigetto dell'eccezione di nullità sollevata dal difensore in tal senso vedi Sez. 2, sentenza n. 48349 del 7/12/2011, Rv. 252059 . 3. Quanto alla dedotta inidoneità della condotta truffaldina dell'imputato a creare una falsa rappresentazione della realtà e, quindi, a determinare l'induzione in errore dello Stato, in virtù della natura grossolana dei certificati medici presentati dall'imputato presso le istituzioni scolastiche di appartenenza, la Corte territoriale con motivazione logica e coerente con i dati fattuali di redazione dei certificati, ne ha al contrario evidenziato l'idoneità ingannatoria. In particolare ha rilevato come i tre certificati rechino l'intestazione dei sanitario realmente esistente , il suo timbro e soprattutto la sua firma ed appaiono assolutamente conformi ad un qualsiasi certificato medico rilasciato da un sanitario . Ha poi altresì confutato anche le argomentazioni spese dalla difesa a sostegno dell'inidoneità ingannatoria, evidenziando come la tipologia della diagnosi riportate ed il linguaggio utilizzato fossero continenti e che l'intestazione il sottoscritto A. R. non può essere considerato argomento decisivo sia perché ciò riguarda solo uno dei certificati prodotti sia perché tale intestazione è inserita in un contesto documentale che può legittimamente far pensare ad una provenienza del sanitario e ad un mero errore materiale. La Corte di appello risulta dunque avere svolto, con valutazione ex ante alla stregua dei criterio della prognosi postuma, una penetrante verifica dei requisito dell'idoneità degli atti, a nulla valendo che la solerte attenzione dei funzionari abbia poi impedito la consumazione dei reato. A tale riguardo, questa Corte ha, infatti, precisato che ai fini della sussistenza dei delitto tentato, occorre che, sulla base di una valutazione ex ante, gli atti compiuti, anche se meramente preparatori o solo parziali, siano idonei ed univoci, ossia diretti in modo non equivoco a causare l'evento lesivo ovvero a realizzare la fattispecie prevista dalla norma incriminatrice, rivelando così l'intenzione dell'agente di commettere lo specifico delitto. L'idoneità degli atti non è peraltro sinonimo della loro sufficienza causale, bensì esprime l'esigenza che l'atto abbia l'oggettiva attitudine ad inserirsi, quale condizione necessaria, nella sequenza causale ed operativa che conduce alla consumazione del delitto. Ne consegue che, nell'ipotesi di tentata truffa ai danni della pubblica amministrazione, è irrilevante la circostanza che gli artifici e raggiri siano posti in essere all'interno di una fase procedimentale non conclusa, ad esempio perché ancora mancante degli atti di controllo necessari a completare lo specifico procedimento, mentre è sufficiente che l'azione, dotata dei caratteri propri dell'artificio o raggiro - ossia astrattamente capace di indurre in errore la pubblica amministrazione - sia oggettivamente idonea ad attivare l'iter procedimentale volto a conseguire il vantaggio patrimoniale indebito Sez. 2, sentenza n. 40343 del 13/5/2003, Rv. 227363 . 4. II ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. 4.1. L'inammissibilità del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità di cui all'art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione del reato intervenuta nelle more dei procedimento di legittimità Sez. 2, sentenza n. 28848 del 8/5/2013, Rv. 256463 . 4.2. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di € 1.500,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.