L’idea del politico non è condivisa: il pubblico lo colpisce col fuoco!

Opera il principio di consunzione tra il reato di danneggiamento e quello di lesioni aggravate e, quindi, il primo viene assorbito dal secondo quando il comportamento violento, che ha causato un danno agli indumenti della persona offesa, era, invece, finalizzato a ledere l’altrui incolumità.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19447/16, depositata il 10 maggio. Il caso. Nell’ambito di un incontro politico, l’imputata lanciava verso il palco una torcia accesa colpendo uno degli interlocutori, in tal modo provocandogli il danneggiamento della giacca. Per tali fatti, la stessa veniva condannata sia per il reato di danneggiamento aggravato che per quello di tentate lesioni aggravate, nonché per la contravvenzione di cui all’art. 674 c.p La Corte di Cassazione, seppur chiamata a decidere anche sulla violazione di legge in ordine all’elemento soggettivo del delitto di lesioni tentate - che, secondo il ricorrente, andava individuato nel dolo eventuale, con la conseguenza dell’incompatibilità con il reato contestato -con la pronuncia in commento, ha, di contro, accolto unicamente i motivi di gravame che hanno riguardato la mancata applicazione del principio di assorbimento consunzione ai reati ritenuti in sentenza e l’inconfigurabilità del reato di getto di cose pericolose. Il dolo nel reato di lesioni personali. Ebbene, relativamente all’elemento soggettivo del reato di lesioni, la Corte ha specificato che l’avere lanciato verso il palco una torcia accesa comportava per l’agente la sicura prevedibilità di danni a cose o persone. Per tali motivi, non può parlarsi di dolo eventuale, e quindi di aver agito con la consapevolezza della possibilità del verificarsi di un evento, ma di dolo diretto, nella forma del dolo alternativo, che ricorre quando il soggetto agente, come nel caso di specie, prevede e vuole indifferentemente due eventi alternativi come conseguenza della sua condotta. Tale tipologia di dolo è compatibile con il tentativo. Rapporto tra i reati di lesioni e danneggiamento. Secondo la Corte, una volta ritenuta la sussistenza del delitto tentato di lesioni personali aggravate dall’uso di un oggetto atto a offendere, non può, di contro, affermarsi la contestuale configurabilità del danneggiamento aggravato dall’uso di violenza o minaccia. Invero, il danneggiamento della giacca della vittima, nel caso di specie, secondo gli Ermellini, si pone nell’ambito della progressione degli atti idonei a provocare le lesioni alla persona offesa deve, pertanto escludersi che le lesioni possano essere considerate una mera possibile conseguenza del danneggiamento dell’indumento. Al contrario, deve ritenersi che tale fatto sia, invece, funzionale ad un altro e più grave reato che è, per l’appunto, quello di lesioni. Si precisa, inoltre, che, affinché il delitto di danneggiamento aggravato dalla violenza alla persona possa ritenersi assorbente di altri reati, per la Corte tuttavia è ammissibile solo per il delitto di percosse , è necessario che la violenza o la minaccia siano direttamente finalizzate al danneggiamento stesso, siano cioè una specifica modalità di esecuzione della condotta di danneggiamento e che la eventuale lesione della incolumità altrui sia una conseguenza della stessa. Ove manchi tale rapporto strumentale, però, le eventuali lesioni provocate alla vittima non possono che costituire un evento ulteriore che mantiene, pertanto la sua autonomia. Il principio di assorbimento, dunque, in questo caso non può operare, dovendosi ritenere sussistente, invece, un concorso di reati. Ne bis in idem sostanziale. Sotto altro profilo, peraltro, si rileva come non può addebitarsi per due volte all’imputato lo stesso fatto, considerandolo, da un lato, in maniera autonoma la lacerazione della giacca , e dall’altro come mezzo per realizzarne un altro colpire la vittima e ciò, sia che la realizzazione del reato fine lesioni passi necessariamente attraverso la realizzazione del reato mezzo danneggiamento , sia che tale passaggio sia solo eventuale. È corretto, dunque, affermare l’impossibilità di ritenere sussistente un concorso formale tra il reato di lesioni aggravato e il danneggiamento aggravato, quando l’evento del delitto di lesioni sia derivato dal danno provocato agli indumenti indossati attraverso il lancio dell’oggetto, circostanza questa che si pone quale antefatto non punibile, comunque assorbito nel primo delitto, più grave. Nel caso di specie, pertanto, pur in presenza di reati che tutelano beni differenti, ove il reato più grave esaurisca il significato antigiuridico del fatto e possa, dunque, assorbire il reato minore perché commesso con uno strumento atto ad offendere , sarebbe inammissibile una duplicazione della sanzione, contraria al principio di proporzione tra fatto illecito e pena che ispira il nostro ordinamento . Getto pericoloso di cose. Con riguardo, infine, al reato di cui all’art. 674 c.p., i Giudici hanno precisato che, nel caso di specie, non può configurarsi, stante che il bene giuridico tutelato è l’incolumità pubblica. Poiché dalle circostanze fattuali si evince che l’oggetto lanciato avrebbe potuto colpire solo una persona o danneggiare solo una cosa, è evidente come l’offensività circoscritta del fatto non possa consentire alla condotta di essere sussunta nella cornice giuridica di cui alla contravvenzione in esame.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 3 novembre 2015 – 10 maggio 2016, numero 19447 Presidente Fumo – Relatore Miccoli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 24 aprile 2015 la Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, emessa dal Tribunale della stessa città nei confronti di A.R. , ha ridotto la pena inflitta per i delitti di tentate lesioni aggravate e danneggiamento aggravato, nonché per la contravvenzione di cui all’art. 674 cod. penumero , commessi in data omissis . I fatti erano accaduti a durante un incontro nazionale del omissis e mentre sul palco c’erano B.R. e L.E. . L’imputata aveva lanciato sul palco, da circa dodici metri, una torcia illuminante accesa, riuscendo a colpire il B. e danneggiandogli la giacca. 2. Con atto sottoscritto dall’imputato è stato proposto ricorso affidato a due motivi. 2.1. Vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all’elemento psicologico del reato di lesioni tentate. La ricorrente, dando anche atto di una serie di risultanze processuali, sostiene che la Corte territoriale ha fatto mal governo dei principi e dei contenuti sottesi all’art. 43 cod. penumero , oltre ad optare per una ricostruzione dell’elemento soggettivo contraddittoria rispetto alle univoche modalità di commissione del fatto. Conclude quindi per una ricostruzione dell’elemento soggettivo in termini di dolo eventuale, con tutte le conseguenze che da ciò discendono in tema di compatibilità con il delitto tentato e, pertanto, di insussistenza del delitto di tentate lesioni aggravate di cui al capo A dell’imputazione. 2.2. Vizio di motivazione e violazione di legge per la mancata applicazione del principio di consunzione, nonché per omessa motivazione riguardo al capo C dell’imputazione. Il ricorrente afferma l’insussistenza del reato di danneggiamento della giacca di B. , in quanto sarebbe assorbito nell’ambito di un reato eventualmente complesso. Dopo aver rilevato che nel capo di imputazione sub B si contesta il fatto del danneggiamento della giacca di B. , colpito al torace dalla torcia, mentre i giudici di merito hanno ritenuto la sussistenza del danneggiamento del palco, sostiene la ricorrente che non può ritenersi sussistente un concorso formale tra il reato di lesioni e quello di danneggiamento dell’indumento della vittima delle stesse lesioni. Si duole, infine, la ricorrente della mancanza di motivazione sul motivo di appello con il quale era stata rappresentata la inconfigurabilità della contravvenzione di cui all’art. 674 cod. penumero contestata al capo C , per difetto di offensività della condotta rispetto al bene giuridico tutelato e per la mancata ricorrenza di uno degli elementi costitutivi della fattispecie. Considerato in diritto Il ricorso è fondato nei termini qui di seguito indicati. 1. I fatti ricostruiti dai giudici di merito sono accaduti durante un incontro nazionale del omissis mentre sul palco, allestito per un dibattito, c’erano il segretario nazionale della B.R. e l’onumero L.E. , l’imputata, che si trovava in un gruppo di spettatori che stavano contestando in particolare il sindacalista, aveva lanciato sul palco, da circa dodici metri, una torcia illuminante accesa, riuscendo a colpire il B. e danneggiandogli la giacca. 2. Nel capo A è stato contestato il reato di tentate lesioni aggravate in danno di B. , colpito al torace dalla torcia lanciata dall’imputata, il quale non subiva danni alla persona perché protetto da una giacca, che pur bruciandosi impediva il contatto della fiamma con il corpo dell’uomo. La ricorrente ha censurato la motivazione della sentenza nella parte in cui ha ritenuto sussistente il dolo del reato tentato di lesioni. L’assunto è infondato. La Corte territoriale ha ben spiegato per quali ragioni si debba escludere che il lancio della torcia abbia avuto una mera finalità dimostrativa, giacché è stato diretto verso il palco dove c’erano delle persone, che peraltro erano oggetto di contestazione. Per questo ha correttamente ritenuto che l’azione dell’imputata sia stata animata da dolo diretto, sebbene nella forma del dolo cumulativo/alternativo, per la sicura prevedibilità di danni da arrecare a cose o persone dalla torcia. Questa Corte ha avuto modo di affermare che il dolo diretto, anche nella sua forma di dolo alternativo, che ricorre quando il soggetto agente prevede e vuole indifferentemente due eventi alternativi tra loro come conseguenza della sua condotta, è compatibile con il tentativo Sez. 1, numero 9663 del 03/10/2013, Nar delli, Rv. 259465 Sez. 1, numero 11521 del 25/02/2009, D’Alessandro, Rv. 243487 . Peraltro, così come è stato rilevato nel caso in esame, nell’ipotesi di delitto tentato la prova del dolo, in assenza di esplicite ammissioni da parte dell’imputato, ha natura indiretta, dovendo essere desunta da elementi esterni e, in particolare, da quei dati della condotta che, per la loro non equivoca potenzialità offensiva, siano i più idonei ad esprimere il fine perseguito dall’agente. si veda in tal senso e in materia di tentato omicidio Sez. 1, numero 39293 del 23/09/2008, Di Salvo, Rv. 241339 . Nel delitto di tentate lesioni, pur avendo valenza concorrente i due profili dell’intenzione dell’agente e dell’idoneità degli atti, quest’ultimo prevale rispetto a un’intenzione del soggetto agente solo in parte denunciata, concorrendo alla configurabilità del tentativo soprattutto criteri di natura oggettiva, come la natura del mezzo usato e la parte del corpo attinta. I giudici di merito, ricostruendo la vicenda, hanno più volte sottolineato che il lancio della torcia verso le persone che erano sul palco da parte dell’imputata avvenne in un clima di contestazioni rivolte soprattutto al B. , che infatti fu colpito al torace dalla torcia e - come si è detto - non subì lesioni solo perché protetto dalla giacca. 3. Ritenuta la sussistenza degli elementi costitutivi del reato tentato di lesioni personali, aggravato dall’uso di un oggetto atto ad offendere, non si può sostenere nel caso di specie la configurabilità anche del reato di danneggiamento della giacca della persona offesa, contestato al capo B , con l’aggravante di aver commesso il fatto con contestuale violenza o minaccia alla persona art. 635, comma 1 e 2 numero 3 . 3.1 . In primo luogo va detto che sono fondate le censure della ricorrente alla motivazione della sentenza di secondo grado nella parte in cui equivocamente fa riferimento agli eventi che inevitabilmente si sarebbero verificati in seguito alla caduta della torcia sul palco , sebbene nel capo B sia stato contestato il reato di danneggiamento dell’indumento di B. ed avendo la stessa Corte territoriale rimarcato che l’azione dell’imputata venne posta con dolo diretto o intenzionale ossia con l’intenzione di colpire una delle persone presenti sul palco e verosimilmente proprio il B. , che, come si è detto, era il principale obiettivo delle contestazioni . 3.2. Deriva da tale ricostruzione dei fatti che il danneggiamento della giacca del B. si pone nell’ambito della progressione degli atti idonei a provocare le lesioni alla persona offesa, che, come si è detto, è stato correttamente ritenuto l’evento voluto dall’imputata. Insomma, è da escludersi che le lesioni siano configurabili come mera possibile conseguenza del danneggiamento dell’indumento indossato dalla persona offesa, giacché quest’ultimo costituisce un evento strettamente funzionale ad un altro e più grave reato, la cui previsione consuma ed assorbe in sé l’intero disvalore del fatto concreto. 3.3. Questa Corte non ignora la giurisprudenza secondo la quale il delitto di danneggiamento aggravato dall’essere il fatto commesso con violenza alla persona assorbe, quale reato complesso, il solo delitto di percosse e non anche quello di lesioni personali, che conserva la sua autonomia, in quanto determina il verificarsi dell’ulteriore evento costituito dallo stato morboso procurato alla persona offesa Sez. 2, numero 6376 del 22/11/2007, Illmer, Rv. 239441 . Tale giurisprudenza tuttavia non si pone in contrasto con quanto si sta affermando nel caso di specie, giacché essa fa riferimento in primo luogo a condotte di lesioni e danneggiamento entrambe consumate inoltre, i casi analizzati da tale giurisprudenza non riguardano indumenti della persona offesa, bensì cose che nello stesso contesto dell’azione delittuosa hanno subito danneggiamento nella sentenza sopra indicata la condotta aggressiva dell’imputato aveva provocato contestualmente lesioni personali e danneggiamento della moto condotta dalla persona offesa . Sotto altro profilo, questa stessa Sezione ha avuto modo di precisare anche di recente che, in tema di danneggiamento, la circostanza aggravante del fatto commesso con violenza alla persona è configurabile solo se vi sia un nesso strumentale che ricolleghi l’azione di danneggiamento e la condotta violenta, tanto che si è ritenuto non sufficiente ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 635, comma secondo, numero 1, cod. penumero la mera contestazione del reato di lesioni personali come commesso nelle medesime circostanze Sez. 5, numero 29578 del 09/05/2014, P.G. in proc. Latuga, Rv. 262597 conforme Sez. 5, numero 5534 del 13/01/2009, Rv. 242632 Sez. 5, numero 40449 del 21/09/2004, Rv. 229934 contra Sez. 2, numero 7980 del 30/11/2010, Rv. 249811 . In tal caso, infatti, il reato aggravato si connota come complesso ed è possibile ritenere che esso assorba la condotta violenta, dal momento che questa rappresenta una precisa modalità di esecuzione della condotta di danneggiamento, nel senso che la violenza alla persona costituisce il mezzo per la realizzazione del danneggiamento ovvero il danneggiamento è la modalità esecutiva attraverso la quale si realizza anche il fine di ledere la altrui incolumità. Evenienza che non si verifica, essendo invece sussistente il concorso fra i reati, quando manchi il detto rapporto non solo di contestualità, ma anche di strumentalità. Nella medesima prospettiva, e cioè nel senso della rilevanza che assume l’analisi della finalità della azione violenta sulla persona, è infatti stato rilevato anche che, affinché sussista l’aggravante prevista dall’art. 635 cpv. numero 1 cod. penumero , occorre che la violenza o la minaccia si accompagnino al danneggiamento o comunque siano direttamente finalizzati ad esso. Orbene, è del tutto evidente che se, come nel caso in esame e alla luce di quanto ricostruito dai giudici di merito, l’attività violenta sia esercitata non già al diretto e immediato fine di danneggiare ma a quello di ledere la persona, non si può configurare il concorso formale tra reato tentato di lesioni e danneggiamento aggravato. 3.4. Condivisibili, peraltro, appaiono le argomentazioni della difesa della ricorrente sulla configurabilità nel caso di specie di un reato eventualmente complesso ovvero di quel reato configurabile nelle situazioni nelle quali, pur in assenza di una figura astratta di reato complesso, come disciplinata dall’art. 84 cod. penumero , la realizzazione di reato risulti in concreto strettamente funzionale alla realizzazione di un altro e più grave reato, avente un bene giuridico tutelato più significativo. Autorevole dottrina sostiene che, se non si vuole ridurre la previsione di cui all’art. 84 ad una inutile ripetizione dell’art. 15 cod.penumero , la si deve interpretare in modo tale da far ricomprendere nella stessa non solo il reato necessariamente complesso quello cioè che necessita per essere integrato della realizzazione almeno di due reati e che ricomprende tutte le ipotesi di specialità unilaterale, come ad esempio il furto rispetto alla rapina , ma anche il reato eventualmente complesso, ovvero quello che può essere integrato anche con la realizzazione di un solo reato e che ricomprende tutte le ipotesi di specialità reciproca. Si sostiene, peraltro, che l’argomentazione della presenza nel nostro ordinamento del reato eventualmente complesso come delle numerose clausole di riserva previste dal codice penale risale ad un principio più generale cui si è ispirato il legislatore nel predisporre la disciplina del concorso di norme penali, vale a dire il ne bis in idem sostanziale non è dunque possibile addebitare all’imputato due volte lo stesso fatto, una volta in maniera autonoma ed una seconda come mezzo per realizzarne un altro, e ciò sia che la realizzazione del reato fine passi necessariamente attraverso quella del reato mezzo, sia che un tale passaggio sia solo eventuale. La giurisprudenza di questa Corte ha anche in tempi non recenti assunto una posizione analoga a quella dei principi sopra enunciati, affermando che la consunzione o sussidiarietà si ha quando per identità, se non del preciso bene giuridico tutelato, degli scopi prevalenti perseguiti dalle norme concorrenti, lo scopo della norma che prevede un reato minore sia chiaramente assorbito da quello relativo ad un reato più grave, il quale esaurisca il significato antigiuridico del fatto, sicché appaia con evidenza inammissibile la duplicità di tutela e di sanzione in relazione al principio di proporzione tra fatto illecito e pena che ispira il nostro ordinamento Sez. 5, numero 4093 del 09/03/1981, Fontana, Rv. 148693 . Tale orientamento si pone solo in contrasto con quello che ammette il concorso apparente solo laddove le norme sono poste a protezione dello stesso bene giuridico e sono in rapporto di specialità unilaterale va detto tuttavia che la giurisprudenza che sostiene tale orientamento ha escluso l’applicabilità del criterio di consunzione quando il reato più grave non comprenda in sé le condotte di quello meno grave come necessario antefatto tra le tante, argomentato da Sez. 1, numero 31735 del 01/07/2010, Samuele, Rv. 248094 . Nel caso in esame il danneggiamento dell’indumento della persona offesa del reato di tentate lesioni con la torcia si pone come antefatto e non può che applicarsi il principio del ne bis in idem sostanziale è condivisibile, pertanto, l’assunto della difesa dell’imputata per cui, pur in presenza di oggettività giuridiche diverse, non si può ritenere operante il concorso formale tra omicidio o lesioni e danneggiamento allorquando taluno provochi la morte o la malattia del corpo o nella mente ad un soggetto usando mezzi tali da lacerargli nel contempo l’abito indossato. 4. Fondata è anche la doglianza sulla omessa motivazione in ordine alla inconfigurabilità della contravvenzione di cui all’art. 674 cod. penumero . Va detto, però, in via assorbente che tale reato non sussiste nel caso di specie e quindi non è necessario rilevare il vizio di motivazione con rinvio alla Corte territoriale per nuovo esame. La contravvenzione di getto pericoloso di cose è reato di pericolo concreto cfr. sez. 1 numero 12428, Montini, rv 199888 sez. 3 numero 3531, Terrile, rv 210466 sez. 3 numero 46846, Toscano, rv 232652 e l’idoneità potenziale della cosa gettata alla produzione degli effetti previsti dalla norma l’offesa della incolumità pubblica deve evincersi dall’insieme delle circostanze di fatto. Nel caso in esame, alla stregua dei fatti come ricostruiti dai giudici di merito, l’oggetto lanciato dalla imputata, per le sue specifiche caratteristiche e tenuto conto del contesto in cui si è realizzata la condotta, avrebbe potuto avere una offensività del tutto limitata, potendo attingere una sola persona o cosa, come in concreto poi è accaduto. Quindi la condotta dell’imputata non poteva mettere in concreto pericolo la pubblica incolumità, avendo una potenzialità offensiva circoscritta e concretamente individuabile. 5. Alla stregua di quanto sopra affermato la sentenza impugnata va annullata limitatamente ai reati di cui ai capi B e C perché il fatto non sussiste. Non è necessario rinviare gli atti alla Corte territoriale, giacché la pena può essere rideterminata ex art. 619 cod. proc. penumero , facendo specifico riferimento a quella già inflitta dal giudice di merito per il reato tentato di lesioni mesi tre e giorni quindici di reclusione ed applicata la diminuente processuale del rito abbreviato mesi due e giorni dieci di reclusione . P.Q.M. La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui ai capi B e C perché il fatto non sussiste rigetta nel resto il ricorso e ridetermina la pena in mesi due e giorni dieci di reclusione.