Cessione dell’azienda per un corrispettivo inferiore al valore di mercato: sufficiente ad integrare il reato?

Per avvalorare il sospetto di una distrazione/dissipazione dell’azienda non è sufficiente fare riferimento alla differenza, per quanto notevole, tra il prezzo della cessione ed il presunto valore di mercato essendo, invece, imprescindibile l’effettuazione di ulteriori verifiche e di precisi accertamenti.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18997/16, depositata il 6 maggio. Il caso. Il terzo interessato M.T. S.r.l., in persona di G.B., ricorreva per cassazione avverso l’ordinanza con cui il Tribunale del Riesame di Pistoia aveva confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, ed avente ad oggetto la somma di quasi 2 milioni di euro presente sui conti correnti della società, costituente il valore nominale del profitto della ipotizzata condotta delittuosa. In particolare, secondo la prospettazione accusatoria, il consigliere delegato ed amministratore di fatto della M. S.p.a. in concordato preventivo, unitamente ad altri soggetti, avrebbe posto in essere una condotta finalizzata alla dissipazione/distrazione dell’azienda M., ceduta, durante la procedura di concordato preventivo, alla omonima Trading per un prezzo sensibilmente inferiore al valore di mercato, con una differenza corrispondente alla somma sequestrata cessione peraltro approvata dal comitato dei creditori ed autorizzata dal giudice delegato. Tra i vari motivi, il ricorrente lamentava, in primis , violazione di legge in relazione agli artt. 216, 223 e 236 della legge fallimentare, esulando il fumus commissi delicti da un atto posto in essere nell’ambito di un piano di concordato con continuità aziendale, approvato dagli organi della procedura, che prevedeva la cessione dell’azienda al prezzo di stima valorizzato nella proposta di concordato mentre era irrilevante che il commissario giudiziale avesse diversamente valutato l’azienda nella propria relazione, giacché il comitato dei creditori, a conoscenza di ciò, aveva evidentemente preferito una vendita certa ad un prezzo ipoteticamente inferiore ad una vendita incerta con base d’asta ipoteticamente superiore. In secundis , deduceva motivazione apparente sempre sotto il profilo dell’approvazione dell’atto da parte degli organi del concordato. Le argomentazioni del Riesame. La Quinta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto fondati entrambi i motivi di cui sopra, annullando il provvedimento impugnato e rinviando al Tribunale di Pistoia per un nuovo esame. In particolare, chiariscono i Supremi Giudici, il Tribunale del Riesame ha desunto la fraudolenza della cessione dell’azienda per corrispettivo inferiore al valore di mercato, e quindi il fumus del reato di bancarotta, dal fatto che la cessione si inserirebbe in un complessivo piano del Cei volto a svuotare di risorse la M. S.p.a. in favore di altre società, italiane ed estere, dello steso gruppo, sempre a lui riconducibili, piano che sarebbe avvalorato dall’inserimento nel contratto di affitto d’azienda stipulato con M. Trading, in limine alla messa in liquidazione volontaria della M. S.p.a., della clausola che prevedeva la cessione dell’azienda all’affittuaria al prezzo al quale era poi avvenuta. Il che, secondo i giudici della cautela, renderebbe irrilevante la circostanza che la vendita si fosse perfezionata all’interno della procedura di concordato preventivo, sotto la vigilanza degli organi della procedura. La motivazione apparente e l’onere di ulteriori accertamenti. Ora, afferma la Corte di legittimità, benché il quadro complessivo delle incolpazioni sia idoneo ad avvalorare il sospetto del piano criminoso, l’ultima affermazione dell’ordinanza appena richiamata non è condivisibile, integrando motivazione apparente, giacché svilisce ingiustificatamente la funzione della rete di controlli apprestati dalla legge a tutela dell’interesse dei creditori nella cessione dei beni concordatari, senza affrontare il quesito della libera, ovvero frutto di ingannevole prospettazione, scelta degli organi della procedura di autorizzare quell’atto. Il che non significa che gli atti posti in essere nell’ambito della procedura concordataria siano per ciò solo sottratti a qualunque sospetto di bancarotta, ma piuttosto che, nella specie, sarebbe stato necessario accertare, ad avvalorare il sospetto di distrazione/dissipazione ingenerato dalla situazione complessiva a se la vendita per il corrispettivo inferiore facesse o meno parte ab origine della proposta di concordato preventivo approvata dall’adunanza dei creditori b su quali accertamenti e da chi operati il commissario giudiziale abbia fondato la valutazione del valore di mercato nettamente superiore, formulando quindi parere contrario alla vendita per corrispettivo ritenuto di gran lunga inferiore c le ragioni per le quali il comitato dei creditori ed il giudice delegato abbiano dato corso alla cessione dell’azienda nonostante il parere contrario del commissario giudiziale, onde valutare se le loro determinazioni siano state frutto di libera scelta oppure effetto di atti decettivi.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 aprile – 6 maggio 2016, n. 18997 Presidente Fumo – Relatore Lapalorcia Ritenuto in fatto 1. II terzo interessato Macolive Trading srl in persona di G. B. ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza in data 12-11-2015 con la quale il Tribunale dei Riesame di Pistoia ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso il 10 10-2015 dal Gip dello stesso tribunale, con oggetto la somma di € 1.999.564 presente sui conti correnti della società, costituente il valore nominale del profitto del capo Cl della provvisoria incolpazione. 2. Tale capo ascritto a M.C., consigliere delegato ed amministratore di fatto della Macolive spa in concordato preventivo, al B. e ad altri, è relativo alla dissipazione/distrazione dell'azienda di M., ceduta, durante la procedura, alla omonima Trading per un prezzo € 1.890.000 sensibilmente inferiore al valore di mercato pari ad € 3.889.000 circa con una differenza corrispondente alla somma sequestrata. Cessione peraltro approvata dal comitato dei creditori ed autorizzata dal giudice delegato. 3. La sussistenza del fumus commissi delicti era ritenuta argomentando sulla base degli altri capi d'incolpazione a carico dei C. A B C che delineavano una complessa operazione distrattiva tendente a svuotare di tutte le risorse la società in concordato a vantaggio di altre, anche straniere, riconducibili allo stesso C 4. Le formali approvazioni ed autorizzazioni degli organi della procedura erano quindi ritenute irrilevanti, considerato anche che la Macolive, pochi giorni prima della propria messa in liquidazione, aveva stipulato con l'omonima Trading, di entrambe le quali il C. era amministratore, un contratto di affitto d'azienda con obbligo per l'affittuaria dell'acquisto per il corrispettivo di 1.850.000 euro. 5. Quattro i motivi di ricorso. 6. Il primo denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 216, 223 e 236 legge fall. esulando il fumus commissi delicti da un atto posto in essere nell'ambito di un piano di concordato con continuità aziendale, approvato dagli organi della procedura, che prevedeva la cessione dell'azienda al prezzo di stima valorizzato nella proposta di concordato. Mentre era irrilevante che il commissario giudiziale avesse diversamente valutato l'azienda nella propria relazione, giacché il comitato dei creditori, a conoscenza di ciò, aveva evidentemente preferito una vendita certa ad un prezzo ipoteticamente inferiore ad una vendita incerta con base d'asta ipoteticamente superiore. Senza contare che il tribunale del riesame aveva annullato la misura cautelare personale dei C. in relazione al capo C per mancanza della gravità indiziaria trattandosi di fatti postconcordatari, coperti da decreto di omologa. 7. Il secondo motivo deduce motivazione apparente sempre sotto il profilo dell'approvazione dell'atto da parte degli organi del concordato. 8. Con il terzo si reitera la questione della non configurabilità del reato nei confronti del liquidatore del concordato, non compreso tra gli autori del reato dal secondo comma dell'art. 236 legge fall., richiamando anche Sezioni Unite 43428/2010, con conseguente impossibilità, dunque, di concorso dell'extraneus B 9. L'ultimo motivo riguarda violazione di legge in ordine all'oggetto del sequestro, cioè il risparmio rispetto al valore di mercato dell'azienda, invece che l'azienda stessa la quale costituisce il profitto del reato. 10. Con requisitoria scritta il Procuratore generale presso questa corte, in persona del dr. A. G., ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso in quanto basato su censure di merito non deducibili in questa sede. 11. Con memoria depositata il 31-3-2016 il difensore della società ribadisce la sussistenza della violazione di legge in punto fumus commissi delicti giacché l'approvazione dell'atto di cessione di azienda da parte del comitato dei creditori e la successiva omologazione del concordato integrano la prima consenso da parte dei soggetto ipoteticamente danneggiato con conseguente esclusione della tipicità del fatto, la seconda riconoscimento della legittimità dell'atto sul piano extrapenale e quindi la sua liceità penale. Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni che seguono. 2. II terzo ed il quarto motivo sono inammissibili. 3. Il terzo perché reitera inutilmente la questione della non configurabilità del reato nei confronti del liquidatore dei concordato G.S. , non compreso tra gli autori del reato dal secondo comma dell'art. 236 legge fall., con conseguente impossibilità di concorso dell'extraneus B., trascurando che il tribunale ha tenuto conto della doglianza a neutralizzare la quale ha ineccepibilmente osservato che indagato per il capo C1 è anche il C. quale amministratore della società in concordato, qualifica che lo rende possibile autore del reato proprio, con il quale quindi ben può concorrere l'extraneus. 4. II quarto perché comunque l'asserita violazione di legge in ordine all'oggetto del sequestro, nella specie individuato nel risparmio rispetto al valore di mercato dell'azienda, invece che nell'azienda stessa la quale costituirebbe il profitto del reato, non era stata dedotta, essendo quindi preclusa in questa sede, nella memoria contenente i motivi della richiesta di riesame. 5. II primo ed il secondo motivo sono invece fondati. 6. II tribunale ha desunto la fraudolenza della cessione dell'azienda per corrispettivo inferiore al valore di mercato, e quindi il fumus del reato di bancarotta, dal fatto che la cessione si inserirebbe in un complessivo piano del C. volto a svuotare di risorse Macolive spa in favore di altre società, italiane ed estere, dello stesso gruppo, sempre a lui riconducibili, piano che, sotteso all'insieme delle imputazioni provvisoriamente ascrittegli, sarebbe avvalorato, per quanto riguarda il capo C1, dall'inserimento nel contratto di affitto di azienda stipulato con M. Trading, in limine alla messa in liquidazione volontaria della Macolive spa, della clausola che prevedeva la cessione dell'azienda all'affittuaria al prezzo al quale era poi avvenuta. Il che, secondo il tribunale, renderebbe irrilevante la circostanza che la vendita si fosse perfezionata all'interno della procedura di concordato preventivo, sotto la vigilanza degli organi della procedura. 7. Benché il quadro complessivo delle incolpazioni, per quanto provvisorie, sia idoneo ad avvalorare il sospetto del piano criminoso di cui sopra, l'ultima affermazione dell'ordinanza, appena richiamata, non è condivisibile nella sua perentorietà, integrando quindi motivazione apparente, giacché svilisce, allo stato ingiustificatamente, la funzione della rete di controlli apprestati dalla legge a tutela dell'interesse dei creditori nella cessione dei beni concordatari, senza affrontare il quesito della libera, ovvero frutto di ingannevole prospettazione, scelta degli organi della procedura di autorizzare quell'atto. 8. II che non significa che gli atti posti in essere nell'ambito della procedura concordataria siano per ciò solo sottratti a qualunque sospetto di bancarotta, ma piuttosto che, nella specie, sarebbe stato necessario accertare, ad avvalorare il sospetto di distrazione/dissipazione ingenerato dalla situazione complessiva a se la vendita per il corrispettivo di € 1.890.000 facesse o meno parte ab origine della proposta di concordato approvata dall'adunanza dei creditori secondo la ricorrente si tratterebbe di concordato con continuità aziendale, approvato dagli organi della procedura, la cui proposta prevedeva la cessione dell'azienda al prezzo al quale poi era avvenuta , come sembra doversi inferire dall'espressione utilizzata a pag. 3 dell'ordinanza la cessione dell'azienda .che, in base al concordato, deve avvenire ad un valore commerciale sottostimato , deduzione apparentemente contraddetta dal rilievo attributo nel provvedimento alla clausola di cessione a prezzo asseritamente sottostimato contenuta nel contratto di affitto di azienda, che si assume `ideata dal C., quale comune amministratore delle due società, per preparare il momento nel quale, a procedura avviata, la Macolive Trading spa avrebbe proposto l'acquisto dell'azienda al prezzo indicato .' b su quali accertamenti e da chi operati il commissario giudiziale abbia fondato la valutazione in € 3.889.564 del valore di mercato dell'azienda, formulando quindi parere contrario alla vendita per corrispettivo ritenuto di gran lunga inferiore c le ragioni per le quali il comitato dei creditori ed il giudice delegato abbiano dato corso alla cessione dell'azienda nonostante il parere contrario del commissario giudiziale, onde valutare se le loro determinazioni siano state frutto di libera scelta oppure effetto di atti decettivi. 9. II provvedimento impugnato merita quindi annullamento con rinvio al giudice a quo che fornirà una nuova motivazione della decisione sui profili evidenziati tenendo conto dei rilievi di cui sopra. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Pistoia.