Maltrattamenti in famiglia e non atti persecutori

In caso di condotte apparentemente riconducibili alle due disposizioni deve essere data attenzione all’elemento della familiarità, verificando l'avvenuta cessazione dei rapporti familiari o meno.

Così si è espressa la Cassazione nella sentenza n. 17719, depositata il 29 aprile 2016. Il caso. La Corte d’Appello di Catanzaro con sentenza del 23/04/2015 conferma la precedente decisione del Tribunale di Paola, con la quale veniva condannato il coniuge per le condotte tenute e riconducibili agli artt. 572 maltrattamenti in famiglia e 612 bis c.p. atti persecutori . Con ricorso per cassazione viene accolto il gravame che porta alla riforma della precedente decisione, in quanto la Suprema Corte non ritiene applicabile la normativa di cui l’art. 612 bis c.p. nella sua aggravante disciplinata dal comma secondo. La Suprema Corte ritiene applicabile invece quanto indicato dall’art. 572 c.p. in materia di maltrattamenti contro familiari. La persistenza del rapporto familiare. La Cassazione, richiamando anche una sua precedente decisione, specifica che è da ritenersi applicabile l’art. 572 c.p. in quanto il reato di cui l’art. 612 bis c.p. fosse intervenuto successivamente alla cessazione del rapporto familiare, ma non costa che fosse intervenuta separazione . Ricordando poi che, qualora si ravvisasse una condotta di questo genere attribuibile al coniuge separato, si dovrebbe ricorrere alla disciplina aggravata prevista dal comma secondo del 612 bis . Per tali motivazioni la Suprema Corte dispone che debba essere oggetto di rideterminazione la pena relativa alla condotta tenuta dal coniuge.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 21 – 29 aprile 2016, n. 17719 Presidente Fiandanese – Relatore Davigo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 8.7.2014 il Tribunale di Paola dichiarò D.P. responsabile dei reati di cui agli artt. 572 cod. pen. capo A , 609 bis cod. pen., ritenuta la minore gravità, capo B , 612 bis cod. pen. capo C , 605 cod. pen. capo D , 612 - 61 n. 2 cod. pen. capi F, G, H e 628 cod. pen. capo I , unificati sotto il vincolo della continuazione e - esclusa la recidiva - lo condannò alla pena di anni 6 di reclusione ed € 4.000,00 di multa, pene accessorie. L'imputato fu altresì condannato al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio per la parte civile P.A. e liquidato in € 250,00 per ciascuna delle parti civili C. Antonio, C.M. e M. P. , nonché alla rifusione delle spese di giudizio a favore delle predette parti civili. 2. L'imputato propose gravame ma la Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza 23.4.2015 confermò la pronunzia di primo grado e condannò l'imputato alla rifusione a favore delle parti civili delle ulteriori spese di giudizio. 3. Ricorre per cassazione l'imputato, tramite il difensore, deducendo 1. vizio di motivazione sull'affermazione di responsabilità basata solo sulle dichiarazioni di C.M., persona offesa costituitasi parte civile, senza la pur opportuna ricerca di riscontri 2. violazione di legge e vizio di motivazione sull'affermazione di responsabilità per il reato di cui all'art. 572 cod. pen. sulla scorta di due soli casi di violenza in dieci anni di matrimonio e quindi da considerarsi episodici 3. violazione di legge e vizio di motivazione sull'affermazione di responsabilità per il reato di cui all'art. 612 bis cod. pen. a fronte della dedotta occasionalità e sporadicità degli episodi ed alla mancata individuazione delle diverse aree dei maltrattamenti e degli atti persecutori non è sufficiente il fatto che la C. abbia lasciato l'abitazione coniugale a tracciare due distinte fattispecie 4. violazione di legge e vizio di motivazione quanto ai reati di sequestro di persona, violenza sessuale e rapina, con specifico riferimento sia all'implicito rifiuto che al profitto per la sottrazione del telefono. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, meramente reiterativo del corrispondente motivo di appello e svolge censure di merito. La Corte territoriale ha argomentato sulla attendibilità soggettiva di C.M., nonché dei genitori della stessa ed ha inoltre specificamente indicato i riscontri nelle certificazioni mediche e nelle deposizioni dei numerosi testi indicati nella sentenza di primo grado p. 8 e 9 sentenza impugnata . 2. II terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di merito. I reati di sequestro di persona, violenza sessuale e rapina sono stati ritenuti in ragione della affermata attendibilità della persona offesa ritenuta riscontrata e nella relativa motivazione non vi è alcuna manifesta illogicità. 3. II secondo ed il terzo motivo di ricorso sono fondati nei termini di seguito precisati. In tema di rapporti fra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori art. 612-bis, cod. pen. , salvo il rispetto della clausola di sussidiarietà prevista dall'art. 612-bis, comma primo, cod. pen. - che rende applicabile il più grave reato di maltrattamenti quando la condotta valga ad integrare gli elementi tipici della relativa fattispecie - è invece configurabile l'ipotesi aggravata del reato di atti persecutori prevista dall'art. 612-bis, comma secondo, cod. pen. in presenza di comportamenti che, sorti nell'ambito di una comunità familiare o a questa assimilata , ovvero determinati dalla sua esistenza e sviluppo, esulino dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo o comunque della sua attualità temporale. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 24575 del 24/11/2011 dep. 20/06/2012 Rv. 252906. In motivazione, la S.C. ha precisato che ciò può valere, in particolare, in caso di divorzio o di relazione affettiva definitivamente cessata con la persona offesa, ravvisandosi il reato di maltrattamenti in caso di condotta posta in essere in presenza di una separazione legale o di fatto . Nel caso in esame la Corte territoriale ha ritenuto che il reato di cui all'art. 612 bis cod. pen. fosse intervenuto successivamente alla cessazione del rapporto familiare, ma non consta che fosse intervenuta separazione. Va del resto ricordato che il reato di cui all'art. 612 bis cod. pen. prevede un'ipotesi aggravata quando il fatto è commesso dal coniuge separato. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al capo c da ritenersi assorbito nel reato di cui al capo A con necessità di rideterminare la pena in relazione agli ulteriori episodi già contestati come 612 bis cod. pen. da ricondurre a tale reato. Divengono irrevocabile, le residue affermazioni di responsabilità e delle relative pene. 4. Dispone, in caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri atti identificativi della persona offesa a norma dell'art. 52 D. Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo C perché da qualificare ai sensi dell'art. 572 cod. pen., con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Catanzaro per la rideterminazione della pena per i reati di cui ai capi A e C. Rigetta nel resto il ricorso. Dichiara irrevocabile la sentenza sul punto della responsabilità e con riferimento alla pena base per il delitto di rapina aggravata e agli aumenti per continuazione per i reati diversi da quelli di cui ai capi A e C . Dispone, in caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri atti identificativi della persona offesa a norma dell'art. 52 D. Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.