Condannato per mafia ed obbligo di comunicazione delle variazioni patrimoniali: quando tale obbligo non sussiste?

Non rientrano tra le variazioni patrimoniali le acquisizioni di somme costituenti rendite provenienti dai beni già di proprietà del condannato, quindi, rispetto alle quali, questi non ha impiegato fonti patrimoniali o assunto corrispondenti obblighi, in relazione ai quali si giustificano le verifiche che la norma incriminatrice intende assicurare, imponendo gli obblighi di comunicazione.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17691/2016, depositata il 28 aprile. Il caso. La Corte di Appello di Catania confermava la sentenza con cui il Tribunale di Ragusa aveva affermato la penale responsabilità di G.P. per i reati di cui agli artt. 30 e 31 della legge 646/1982, relativamente alla omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali per quattro diversi anni. Avverso la statuizione di condanna ricorreva per Cassazione l’imputato deducendo, tra i plurimi motivi di gravame, violazione di legge e vizio motivazionale della decisione impugnata. La Sesta Sezione Penale della Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso ed ha annullato senza rinvio la sentenza perché il fatto non sussiste. La ratio e la natura giuridica della fattispecie incriminatrice. La Corte di legittimità ha già avuto modo di chiarire che il delitto ex art. 31, legge n. 646/1982 è un reato proprio, potendo essere commesso soltanto da chi nel decennio precedente i fatti modificativi della propria consistenza patrimoniale sia stato condannato per reati di mafia ovvero sia stato sottoposto a misura di prevenzione personale, di pura omissione, ed ha natura di reato di pericolo presunto, essendo l’evento integrato dalla mancata comunicazione del fatto patrimoniale modificativo, eccedente il valore soglia” indicato dall’art. 30, nei termini previsti dalla stessa norma. I Supremi Giudici hanno, altresì, specificato che il reato è concepito a tutela dell’ordine pubblico, essendo lo scopo della norma incriminatrice quello di permettere l’esercizio di un controllo patrimoniale più penetrante e analitico della Guardia di Finanza nei confronti di persone ritenute particolarmente pericolose, onde accertare per tempo se le variazioni patrimoniali dipendano o meno dall’eventuale svolgimento di attività illecite. In altri termini, ha affermato la Suprema Corte Regolatrice, l’obbligo di comunicazione imposto dalla l. 646/1982, all’art. 30, costituisce una misura di prevenzione di natura patrimoniale, funzionale ad un monitoraggio preventivo e costante sui beni di persone condannate o indiziate di appartenere ad associazioni mafiose, anteposto a quello svolto con le misure, anch’esse patrimoniali, di carattere preventivo o repressivo integrate dal sequestro e dalla confisca. Donde, la funzione preventiva o ragione ispiratrice dell’istituto dell’obbligo informativo è per l’appunto attuata con una verifica sistematica e analitica a cura della G.d.F., per un decennio successivo agli eventi giuridici presupposti dal reato di cui alla l. 646/1982, art. 31 – ovvero condanna per mafia o misura di prevenzione – di tutte le variazioni che intervengano nella composizione e consistenza del patrimonio del soggetto pericoloso”, in rapporto al pericolo di illiceità delle sue fonti patrimoniali. Per tali ragioni, la Suprema Corte ha più volte ribadito che la fattispecie incriminatrice de qua sanziona la condotta omissiva in quanto diretta a prevenire il pericolo di utilizzo di fonti patrimoniali illecite. Le variazioni patrimoniali rilevanti ai fini della comunicazione. Nel caso di specie, oggetto di contestazione sono le somme ricavate dall’imputato a titolo di canone di affitto di terreni di sua proprietà, considerate come fruttificazione del suo patrimonio immobiliare. Ora, affermano preliminarmente i Supremi Giudici, non ogni elemento positivo che entra a far parte di detto patrimonio costituisce variazione patrimoniale rilevante ai fini della comunicazione. Essa, invero, si individua in quegli incrementi, che incidono sulla composizione o sulla entità del patrimonio oltre il limite del previsto, la cui acquisizione abbia comportato un impiego di fonti patrimoniali, o assunzione di corrispondenti obblighi, da parte del condannato. Pertanto, non rientrano tra le variazioni patrimoniali le acquisizioni di somme costituenti rendite provenienti dai beni già di proprietà del condannato, quindi, rispetto alle quali, questi non ha impiegato fonti patrimoniali o assunto corrispondenti obblighi, in relazione ai quali si giustificano le verifiche che la norma incriminatrice intende assicurare, imponendo gli obblighi di comunicazione. Conseguentemente, l’importo degli affitti in questione, o il credito relativo, non essendo acquisizioni conseguenti all’impiego di fonti patrimoniali in capo al condannato, non erano soggette alla comunicazione, la cui omissione è sanzionata dalla norma incriminatrice in questione.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 – 28 aprile 2016, n. 17691 Presidente Citterio – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza dei 24.11.2015 la Corte di appello di Catania - a seguito di gravame interposto dall'imputato G.P. avverso la sentenza emessa li 29.6.2011 dal Tribunale di Ragusa - ha confermato detta decisione con la quale il predetto è stato riconosciuto colpevole dei reati di cui agli artt. 30,31 I.n. 646/82 in relazione alla omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali per gli anni 2003,2004,2006 e 2007 con condanna a pena di giustizia. 2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, deducendo 2.1. Violazione di legge e vizio della motivazione in ordine al mancato raffronto tra le varie annualità ai fini della determinazione dell'avvenuta variazione ad iniziare dal raffronto con la annualità dei 2002, essendosi documentalmente provata l'esistenza di contratti d'affitto per gli anni precedenti a quelli considerati, e dei quali la Corte non ha avuto alcuna considerazione. 2.2. Vizio della motivazione in ordine alla ritenuta variazione patrimoniale a prescindere dalla riscossione del denaro dal debitore. 2.3. Violazione degli artt. 30 e 31 I.n. 646/82 e vizio della motivazione in ordine alla clausola di esclusione prevista per i redditi destinati al soddisfacimento dei bisogni quotidiani, in relazione alla contenuta entità delle somme indicate in contestazione e con riferimento alla produzione della sentenza - relativa a fatti analoghi successivi - neil'ambito della quale era stata detratta la somma - proveniente dagli affitti - necessaria per l'acquisto di una autovettura. 2.4. Violazione della legge penale in relazione alla carenza dell'elemento soggettivo ed alla sua deducibilità da elementi sintomatici legati alle vicende di acquisizione dei beni. La Corte non avrebbe considerato che il ricorrente era da tempo proprietario dei terreni oggetto dei contratto di locazione, nonché la natura pubblica dei contratti di affitto. 2.5. Errata applicazione dei termine di prescrizione e vizio di omessa motivazione. In relazione alla data di stipula dei cinque contratti dal 27.10.2003 al 15.7.2006 , il termine ultimo di comunicazione era il 14.7.2006 o , in subordine, considerando la riscossione dei canoni, quello del 31.1.2008. Anche considerando i termini di sospensione dei giudizio di appello, anche il termine riferito all'ultimo doveva considerarsi spirato. Sulla pertinente deduzione difensiva la Corte ha omesso qualsiasi motivazione. Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato per le assorbenti ragioni che seguono. 2. Il delitto previsto dall'art. 31 della legge 13 settembre 1982, n. 646, è un reato proprio potendo essere commesso soltanto da chi nel decennio precedente i fatti modificativi della propria consistenza patrimoniale sia stato condannato per reati di mafia ovvero sia stato sottoposto a misura di prevenzione personale , di pura omissione, ed ha natura di reato di pericolo presunto essendo l'evento integrato dalla mancata comunicazione dei fatto patrimoniale modificativo, eccedente il valore soglia indicato dall'art. 30, nei termini previsti dalla stessa norma Sez. 6, n. 24874 del 30/10/2014, Lo Bello, Rv. 264162 . Con la richiamata decisione è stato spiegato che il reato è concepito a tutela dell'ordine pubblico, lo scopo della norma incriminatrice essendo quello di permettere l'esercizio di un controllo patrimoniale più penetrante e analitico della Guardia di Finanza nei confronti di persone ritenute particolarmente pericolose, onde accertare per tempo se le variazioni patrimoniali dipendano o meno dall'eventuale svolgimento di attività illecite. In altri termini, come affermato da questa Corte regolatrice Sez. 5, n. 40338/2011, cit. , l'obbligo di comunicazione imposto dalla L. n. 646 del 1982, art. 30 costituisce una misura di prevenzione di natura patrimoniale, funzionale ad un monitoraggio preventivo e costante sui beni di persone condannate o indiziate di appartenere ad associazioni mafiose, anteposto a quello svolto con le misure, anch'esse patrimoniali, di carattere preventivo e repressivo integrate dal sequestro e dalla confisca. La funzione preventiva o ragione ispiratrice dell'istituto dell'obbligo informativo è per l'appunto attuata con una verifica sistematica e analitica a cura della Guardia di Finanza, per un decennio successivo agli eventi giuridici presupposti dal reato di cui alla L. n. 646 del 1982, art. 31 condanna per mafia, misura di prevenzione , di tutte le variazioni che intervengano nella composizione e consistenza dei patrimonio del soggetto pericoloso in rapporto al pericolo di illiceità delle sue fonti patrimoniali . E', quindi, stato più volte ribadito che la fattispecie incriminatrice sanziona la condotta omissiva in quanto diretta a prevenire il pericolo di utilizzo di fonti patrimoniali illecite così, in motivazione, Sez. II, 18-05-2010, n. 27196 Sez. I, 26-11-2009, n. 12433. 3. Nella specie, oggetto di contestazione sono le somme ricavate dall'imputato a titolo di canone di affitto di terreni di sua proprietà, considerate come fruttificazione del suo patrimonio immobiliare. 4. Ritiene la Corte che - a prescindere dalla natura mobiliare o immobiliare dei bene che fa ingresso nel patrimonio dei condannato per ` mafia - non ogni elemento positivo che entra a far parte di detto patrimonio costituisce variazione patrimoniale rilevante ai fini della comunicazione. Essa, invero, si individua in quegli incrementi - che incidono sulla composizione o sulla entità del patrimonio oltre il limite previsto - la cui acquisizione abbia comportato un impiego di fonti patrimoniali - o assunzione di corrispondenti obblighi - da parte del condannato. Non rientrano, quindi, tra le variazioni patrimoniali le acquisizioni di somme costituenti rendite provenienti da beni già di proprietà del condannato, quindi, rispetto alle quali questi non ha impiegato fonti patrimoniali o assunto corrispondenti obblighi - in relazione ai quali si giustificano le verifiche che la norma incriminatrice intende assicurare, imponendo gli obblighi di comunicazione. 5. Ne consegue che l'importo degli affitti in questione - o il credito I relativo -, non essendo acquisizioni conseguenti all'impiego di fonti patrimoniali in capo al condannato, non erano soggette alla comunicazione, la cui omissione è sanzionata dalla norma incriminatrice in questione. 6. La sentenza impugnata, deve, pertanto, essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.