L’indigenza economica non è ostativa alla pena pecuniaria quale sanzione sostitutiva di pena detentiva breve

La sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta in osservanza dei criteri di cui all’art. 133 c.p., prendendo in esame, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato ed è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, poiché la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza dell’art. 58, comma 2, L. n. 689/1981, si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllata.

La Sezione III della Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 17103 del 2016, uniformandosi a note pronunce della stessa giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite, si è espressa in materia sanzionatoria con richiamo alle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, affermando, in particolare, quali siano i presupposti per la loro conversione in pena pecuniaria. La fattispecie concreta devoluta all’esame del Supremo Consesso Penale. La Corte d’Appello di Brescia riformava parzialmente la sentenza del Tribunale bresciano territorialmente competente che aveva condannato l’imputato alla pena, sospesa, di un mese di reclusione ed euro 80,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 2, comma 1- bis , d.l. n. 463/1983, convertito in legge n. 638/1983, ovverosia la fattispecie di omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali. L’ipotesi delittuosa veniva formulata dacché il prevenuto in qualità di legale rappresentante di una ditta ometteva il versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali per un ammontare complessivo pari ad euro 14.937,00. L’imputato proponeva, dunque, ricorso per Cassazione, lamentando in un unico articolato motivo di gravame l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in relazione agli articoli 53 e 58 della c.d. Legge di depenalizzazione” del 24 novembre 1981, n. 689, recante Modifiche al sistema penale”. La meritevolezza della concessione della pena pecuniaria doveva discendere dal fatto che, operando il ragguaglio normato dall’articolo 135 c.p., non era possibile sostenere l’insolvibilità dell’importo contenuto risultante euro 1.140 pur a fronte delle condizioni economiche disagiate del reo. Il recente intervento di depenalizzazione operato dal d.lgs. n. 8/2016. Il recente intervento legislativo di cui al d.lgs. n. 8/2016, recante Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell’articolo 2, comma 2, della Legge 28 aprile 2014, n. 67”, è intervenuto anche sulla fattispecie in commento di cui all’art. 2, comma 1- bis , d.l. n. 463/1983. La riformulata disposizione normativa, destinataria di un intervento abolitore noto come abolitio criminis parziale, prevede ora che l’omesso versamento delle ritenute per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032 primo periodo se l’importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000 secondo periodo il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione terzo periodo . Nella fattispecie concreta in esame, avendo il datore di lavoro imputato realizzato un mancato versamento per un importo superiore ad euro 10.000, è stata mantenuta nei suoi confronti l’imputazione avente ad oggetto l’incriminazione non depenalizzata di cui al primo periodo della disposizione sopra citata. Sulle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi. La nota Legge di depenalizzazione” n. 689/1981 ha introdotto e disciplinato le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, aventi come ratio quella di evitare la desocializzazione connessa all’esperienza carceraria. Ciò in conformità al principio di sussidiarietà, in base al quale il ricorso al sistema penale deve costituire l’ extrema ratio , potendovi accedere solo allorquando nella specie non risultano adeguati gli strumenti sanzionatori meno afflittivi. Esse sono applicabili già in sede di cognizione, prima dell’esecuzione della sentenza penale di condanna. Segnatamente, a norma dell’art. 53, il giudice, nel pronunciare la sentenza di condanna, quando ritiene di dovere determinare la durata della pena detentiva entro il limite di due anni, può sostituire tale pena con quella della semidetenzione quando ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, può sostituirla anche con la libertà controllata quando ritiene di doverla determinare entro il limite di sei mesi, può sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente. Quanto al potere giudiziale di sostituzione della pena detentiva breve, la scelta è rimessa discrezionalmente all’organo giudicante quanto asserito risulta infatti dal disposto dell’art. 58, a mente del quale il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, può sostituire la pena detentiva e tra le pene sostitutive sceglie quella più idonea al reinserimento sociale del condannato comma 1 . Egli non può tuttavia sostituire la pena detentiva quando presume che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato comma 2 . In ogni caso è tenuto ad indicare gli specifici motivi che giustificano la scelta del tipo di pena erogata comma 3 . L’inedia economica non giustifica di per sé la mancata concessione della pena pecuniaria. Contrariamente a quanto affermato nel caso di specie dalla Corte d’Appello, per cui la conversione sarebbe impedita dalla mancanza di prova della solvibilità del condannato, il Supremo Consesso ha colto invece l’occasione per ribadire che il potere di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti si basa esclusivamente sui parametri di cui all’art. 133 c.p. Tra questi ultimi – che devono informare il Giudicante in sede di commisurazione della pena all’interno della cornice edittale – sono compresi le modalità del fatto, la personalità del condannato, le condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non anche le sue condizioni economiche. Infatti la prognosi di inadempimento di cui al comma secondo dell’art. 58 si riferisce solo alle sanzioni sostitutive accompagnate da prescrizioni, vale a dire la semidetenzione e la libertà controllata ragion per cui anche alla persona in condizioni economiche disagiate deve essere consentito il trattamento sanzionatorio di favore rappresentato dalla pena pecuniaria sostitutiva di pena detentiva breve.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 marzo – 26 aprile 2016, n. 17103 Presidente Ramacci – Relatore De Masi Ritenuto in fatto La Corte di Appello di Brescia con l’impugnata sentenza ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale della medesima città, in composizione monocratica, che condannava B.M. alla pena, sospesa, di un mese di reclusione ed euro 80,00 di multa, in ordine al reato di cui all’art. 2, comma 1 bis, L. n. 638 del 1983, perché in qualità di legale rappresentante della ditta EUROPRESS ometteva il versamento di ritenute previdenziali e assistenziali relativamente ai mesi di settembre ed ottobre dell’anno 2009, per un importo complessivo pari ad Euro 14.937,00, ed ha concesso all’appellante il beneficio della non menzione della condanna. Avverso la pronuncia il B. , tramite difensore fiduciario, propone ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo con cui deduce, ai sensi dell’art. 606, c.1, lett. b e lett. e , c.p.p., inosservanza o erronea applicazione della legge, in relazione agli artt. 53 e 58 L. n. 689 del 1981, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, per non aver la Corte territoriale ritenuto di sostituire la pena detentiva irrogata, indubbiamente breve, con quella pecuniaria, come previsto dalle richiamate disposizioni, in difetto di prova della solvibilità del reo, attesa la natura stessa del reato contestato nel capo d’imputazione. Evidenzia la difesa del ricorrente che ragguagliando la sanzione pecuniaria sostitutiva nella misura di 38 euro per ciascun giorno di carcere, ai sensi dell’art. 135 c.p., ben difficilmente potrebbe affermarsi l’insostenibilità del pagamento del relativo importo euro 1.140 anche per un soggetto che, come il B. , non dispone di rilevanti risorse economiche, e conclude invocando l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Giova premettere, per quanto qui rileva, che ai sensi dell’art. 3, comma 6, D.Lgs. n. 8/2016 recante Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell’art. 2, comma 2, L. n. 28 aprile 2014, n. 67 , il delitto di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori, per un importo superiore a euro 10.000 annui, continua ad essere punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032 ipotesi non depenalizzata . Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Brescia, in relazione alla condanna inflitta al ricorrente per avere violato la L. n. 638 del 1983, art. 2, comma 1 bis, ha ribadito il diniego di concessione delle attenuanti generiche, ha confermato il trattamento sanzionatorio applicato dal Tribunale, ha poi riconosciuto al condannato il beneficio della non menzione della condanna, in primo grado non concesso, ed ha invece respinto la richiesta di sostituzione della pena detentiva di mesi uno di arresto con la corrispondente pena pecuniaria. Il B. si duole di tale ultima statuizione perché contraria al disposto degli artt. 53 e 58 L. n. 689 del 1981 e perché sorretta da motivazione manifestamente illogicità e contraddittorietà. Secondo l’orientamento costante di questa Corte la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta in osservanza dei criteri di cui all’art. 133 c.p., prendendo in esame, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato Sez. 5, 23.11.06, Rv. 235695 ed è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, poiché la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza dell’art. 58, secondo comma, L. n. 689 del 1981, si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllata Sez. 6, n. 36639 del 10/7/2014, Rv. 260333, Sez. U., n. 24476 del 22/4/2010, Gagliardi, Rv. 247274 . La Corte territoriale invece ha negato la conversione della pena detentiva in quella pecuniaria sul rilievo, ritenuto assorbente, della mancanza di prova della solvibilità del condannato, della quale, per quanto si legge nell’impugnata sentenza, sarebbe lecito dubitare attesa la tipologia di reato contestato . L’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori, in altri termini, sarebbe di per sé sintomatico dell’incapacità patrimoniale del condannato. Va al contrario ribadito che non v’è ragione per mettere in discussione il principio secondo cui il beneficio della sostituzione della pena detentiva breve possa essere concesso anche ai soggetti in difficoltà economiche che il Giudice ritenga in qualche modo in condizioni di adempiere salva ovviamente l’ipotesi di conversione ex art. 660 c.p.p., nel caso di inadempimento . Come questa Corte ha evidenziato, per esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, il giudice deve tenere conto dei criteri indicati nell’art. 133 c. p., tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche sentenza n. 36639/2014 citata . La sentenza impugnata va conseguentemente annullata in parte qua con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia, che si atterrà ai principi sopra esposti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla conversione della pena, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia.