Il dato ponderale può fondare la condanna per spaccio solo se ricavabile un rilevante numero di dosi

La quantità della sostanza stupefacente rinvenuta costituisce un mero indizio che può assurgere a rango di prova della finalità di cessione a terzi solo quando le dosi ricavabili, oltre a superare i limiti tabellari, siano talmente tante da escluderne lo scopo dell’uso personale.

La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza numero 15893/2016, depositata il 18 aprile u.s., torna a fornire il proprio contributo ermeneutico in materia di spaccio di sostanze stupefacenti, con particolare riguardo alla rilevanza del dato ponderale e della ponderazione degli ulteriori indici sintomatici dell’attività illecita. Il caso. La Corte d’appello di Roma con sentenza pronunciata il 19 marzo 2014 confermava il provvedimento di condanna emesso dal Tribunale capitolino nei confronti di un soggetto accusato del reato di detenzione di grammi 3 lordi di sostanza stupefacente, di tipo eroina, pari a circa 77 dosi, ad evidenti fini di spaccio. Più segnatamente, la fattispecie contestata all’imputato – e per la quale veniva riconosciuto colpevole – è quella contemplata dall’articolo 73, comma 5, d.P.R. 309/90. Avverso la sentenza emessa dalla Corte territoriale ricorre per cassazione il prevenuto a mezzo del proprio difensore. Viene dedotta dalla difesa la violazione dell’articolo 73 d.P.R. numero 309/90, in ragione del fatto che la finalità di cessione a terzi è solo frutto di mere presunzioni eccetto delle somme di denaro ed alcuni titoli di credito – in nessuna maniera connessi alla detenzione della droga tanto da essere dissequestrati dopo poco tempo - non venivano rinvenuti strumenti per il confezionamento o per la pesatura, nè sostanza da taglio, né taccuini con nomi o cifre appuntate. Dunque, tenuto conto dell’esiguo dato ponderale dell’eroina sequestrata dalla polizia giudiziaria, tanto il giudice di primo quanto di secondo grado non avrebbero dovuto ritenere configurata la fattispecie delittuosa in disamina. I Giudici della Terza sezione accolgono il ricorso. Il motivo di doglianza avanzato dalla difesa coglie nel segno. La Corte di legittimità evidenzia che la Corte d’appello di Roma non riteneva condivisibile la tesi difensiva della detenzione di eroina ai fini della c.d. ”scorta” da parte dell’imputato, benché tossicodipendente abituale, per due motivi. In primo luogo, per le modalità di conservazione una parte di eroina era stata rinvenuta in bagno ed un'altra parte nel garage. In seconda battuta, la situazione economico-lavorativa del prevenuto suggeriva la potenziale finalità di spaccio dell’illecita detenzione. La valenza del dato ponderale. Ad avviso degli Ermellini, la sentenza impugnata merita l’annullamento in ragione dell’erronea applicazione dei principi sostanziali più volte dettati sul tema degli indici sintomatici dell’attività di spaccio. In premessa, viene rilevato che le modalità di custodia dell’eroina, volte al suo nascondimento, non avrebbero dovuto destare alcuna perplessità. Inoltre, il denaro ed i titoli di credito rinvenuti nella disponibilità dell’imputato denotano proprio la percezione di guadagni, certamente non connessi alla detenzione di droga altrimenti non sarebbero stati dissequestrati come nel caso di specie . Sicchè, del ragionamento del giudice di secondo grado non resta che il punto fermo del dato ponderale, nel caso di specie ritenuto eloquente circa la finalità di cessione della sostanza illecita perché superiore ai limiti tabellari. Ebbene, tale aspetto, secondo i Giudici di Piazza Cavour, integrerebbe l’erronea applicazione della legge penale. Più volte, infatti, la Corte di legittimità si è pronunciata in materia, sancendo che il dato quantitativo della sostanza stupefacente che superi le soglie previste dai criteri tabellari costituisce un mero indizio che può assurgere a rango di prova della colpevolezza del prevenuto solo quando sia ricavabile un rilevante numero di dosi. Nella specie, le dosi ricavabili risulterebbero 77. Pertanto, la sentenza impugnata viene cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 23 febbraio – 18 aprile 2016, n, 15893 Presidente Fiale – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. M.A. ha proposto, tramite il proprio difensore, ricorso avverso la sentenza della Corte d'Appello di Roma del 19/03/2014 che ha confermato la sentenza dei Tribunale di Roma di condanna per il reato di detenzione a fini di cessione di gr. 3,00 lordi di sostanza stupefacente - eroina ex art. 73, comma 5, dei d.P.R. n. 309 del 1990. 2. Con un primo motivo deduce violazione dell'art. 73 cit. essendo stata la finalità di cessione unicamente dedotta, posto che non si poteva valorizzare il possesso della somma di denaro e dei titoli di credito rinvenuti, come comprovato dal dissequestro e dalla restituzione dei medesimi all'imputato disposti in primo grado, sulla base dei dato ponderale settantasette dosi pari a meno di 2 grammi netti del resto, la detenzione di tale quantitativo ben è compatibile con la riconducibilità alla formazione di una scorta per un uso dilazionato nel tempo compatibile con la sola detenzione. Né venivano rinvenuti sostanza da taglio, strumenti adatti alla pesatura e fogli od appunti con nomi, date e numeri. 3. Con un secondo motivo lamenta l'assenza della motivazione circa la determinazione dei trattamento sanzionatorio fondata unicamente sul numero di dosi superiori all'unità e ai precedenti penali. Considerato in diritto 4. II primo motivo, di natura assorbente rispetto al secondo, è fondato. I giudici della Corte territoriale hanno ritenuto che la quantità di eroina detenuta dall'imputato, tossicodipendente abituale, non fosse compatibile con una scorta ma con la parziale destinazione a cessione in ragione essenzialmente di due dati, ovvero, da un lato, le modalità di custodia della stessa collocata in parte nel bagno e in parte in garage giudicata anomala per una mera finalità di consumazione personale e, dall'altro, la situazione di lavoro ed economica in generale dell'imputato. Sennonché con riguardo al primo profilo, l'implicita valutazione circa la incongruità della scelta dei luoghi di custodia con una mera finalità di uso personale soffre, sotto il versante logico, della mancata considerazione delle conseguenze, sia pure di carattere amministrativo, che anche la mera consumazione dello stupefacente comporta a livello normativo, essendo dunque logicamente non incomprensibile, come invece ritenuto dalla Corte territoriale, che l'imputato abbia voluto comunque celare lo stupefacente ove si fosse trattato di mero uso personale. Con riguardo poi al secondo profilo, una volta che la stessa sentenza ha preso atto che il denaro e gli assegni originariamente sequestrati e poi restituiti all'imputato non potevano essere ricollegati allo stupefacente, un tale dato non poteva poi essere nuovamente spiegato, pena una contraddizione intrinseca nel ragionamento, quale elemento indicativo della finalità di cessione dello stupefacente ritrovato tanto più in quanto, invece, proprio la situazione economica rappresentata da entrate, a quel punto non illecite, poteva indicare, al contrario, la non necessità di cedere a terzi stupefacente per mantenersi. Sicché, in definitiva, resterebbe, nel ragionamento della Corte, che ha affermato come anche un tossicodipendente abituale debba fare un uso adeguato e misurato dello stupefacente, il dato ponderale va tuttavia ricordato che il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto - e l'eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall'art. 73 bis, comma 1, lett. a , dei d.P.R. n. 309 del 1990 - non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere dei numero delle dosi ricavabili , le modalità di presentazione e le altre circostanze dell'azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione tra le altre, Sez. 3, n. 46610 del 09/10/2014, P.G. in proc. Salaman, Rv. 260991, con riferimento a 50,67 grammi di sostanza stupefacente dei tipo hashish Sez. 6, n. 39977 del 19/09/2013, Tayb, Rv. 256611 con riferimento a nove grammi lordi di eroina . Del resto, sempre da questa Corte si è affermato che il solo dato quantitativo può assumere il valore di indice della destinazione della droga ad un uso non esclusivamente personale quando si versi in presenza di un assai rilevante numero di dosi cfr., con riferimento a 50,360 grammi di hashish da cui erano ricavabili circa 2033 dosi medie singole, Sez. 3, n. 43496 del 02/10/2012, Romano, Rv. 253607 e, con riferimento a 88 grammi netti di marijuana, da cui erano ricavabili circa 200 dosi di sostanza drogante, Sez.6, n. 9723 del 17/01/2013, Serafino, Rv. 254694 . Nella specie, risulterebbe, come da contestazione, detenuto un quantitativo pari a 77 dosi. 5. In definitiva, quindi, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame innanzi ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma.