Quel che resta della restituzione in termini …

Nel caso di provvedimento contumaciale notificato a mani del difensore di fiducia, presso cui l’imputato ha volontariamente eletto domicilio, non è sufficiente la mera deduzione della sua mancata conoscenza, ma è necessaria, quantomeno, l’allegazione delle ragioni in grado di vincere la presunzione di permanenza del rapporto fiduciario ed anche l’osservanza del dovere deontologico del difensore di far pervenire al proprio assistito gli atti a lui diretti, in mancanza della quale deve ritenersi che la ritualità della notifica comporta l’effettiva conoscenza del provvedimento notificato da parte dell’interessato.

Così la Corte di Cassazione, sentenza n. 15760/2016, depositata il 15 aprile, in una vicenda che mostra alcuni aspetti di interesse seppur riferita al vecchio” regime del processo contumaciale. Nel proprio ragionar giuridico la Corte evidenzia alcuni presupposti, ai fini di poter predisporre istanza di restituzione in termini, ricostruendoli per così dire in negativo”, che appare utile richiamare. L’esistenza di un rapporto fiduciario. Il primo di detti presupposti è costituito dall’esistenza di un rapporto fiduciario in essere tra ricorrente ex articolo 175 c.p.p. e difensore che lo aveva assistito durante il procedimento sfociato nell’emissione del provvedimento per il quale viene svolta l’istanza. Orbene la Corte rileva, correttamente sotto un profilo logico e sostanziale, come l’esistenza di un rapporto fiduciario, addirittura rafforzato dal rilascio della procura speciale necessaria ai fini di richiedere celebrazione di rito alternativo, testimoni, senza ombra di dubbio, dell’esistenza di un rapporto forte” tra assistito e difensore che, ex sé, costituisce prova e della conoscenza del procedimento penale da parte dell’imputato e presunzione di conoscenza da parte dell’imputato dell’emissione del provvedimento di condanna emesso nei suoi confronti. La presunzione iuris tantum” contenuta nell’articolo 175 c.p.p La norma procedurale contiene, come è noto, una presunzione iuris tantum di mancata conoscenza da parte dell’imputato della pendenza del procedimento e, conseguentemente, anche di mancata conoscenza da parte dello stesso del provvedimento di condanna con la contestuale rinuncia a proporre personale impugnazione, con la conseguenza che la mera regolarità formale della notifica non può essere considerata dimostrativa della conoscenza del giudizio e del suo esito. Ora la Corte parte proprio da questi due presupposti per individuare quali possano essere gli indici capaci di vincere la presunzione iuris tantum di cui si discute. Gli indicatori capaci di vincere la presunzione iuris tantum”. Il primo indice individuato è quello costituito dall’esistenza di un rapporto fiduciario tra difensore ed imputato l’esistenza di un siffatto rapporto evidenzia, in modo certo, la conoscenza del procedimento da parte dell’imputato che, proprio in forza di esso, ha rilasciato nomina fiduciaria a soggetto ritenuto in grado di tutelare al meglio i propri diritti. Il secondo indice individuato dalla Corte è costituito dalla permanenza durante il procedimento e sino al momento dell’intervenuta notifica del provvedimento definitorio dello stesso, del rapporto fiduciario tra assistito e difensore. Detta permanenza deve ritenersi provata a meno che non risulti una comunicazione al giudice dell’avvenuta interruzione di ogni rapporto tra il legale e l’assistito . Ora potrebbe osservarsi che l’interruzione del rapporto potrebbe essere intervenuta nel periodo intercorrente tra l’emanazione della sentenza rectius lettura del dispositivo e la notifica della medesima dell’estratto contumaciale . Se per avventura così fosse il difensore, così almeno si deduce dalla lettura della sentenza avrebbe obbligo deontologico di segnalarlo al Giudice attraverso una comunicazione di carattere endo processuale, del tutto inefficace rispetto ad ogni effetto relativo alla notifica del provvedimento, che sarebbe ovviamente sempre effettuata presso il domicilio eletto, ma di un qualche pregio rispetto alla possibilità per l’assistito ex di proporre ricorso ai sensi dell’articolo 175 c.p.p Ovviamente il difensore dovrebbe sempre e comunque, dar prova di aver comunicato l’estratto contumaciale all’ ex assistito e di non esservi riuscito per ragioni indipendenti dalla propria volontà. L’imputato richiedente restituzione in termine richiedere detta prova all’ ex difensore e, ottenutala, ricorrere ex articolo 175 c.p.p Forse, tutto sommato, il rito in absentia pone rimedio a qualche problema che permane, per il vecchio rito, irrisolto.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 marzo – 15 aprile 2016, n. 15760 Presidente Amoresano – Relatore Gai Ritenuto in fatto 1. O.K. propone istanza, ai sensi dell'art. 175 cod.proc.pen., di restituzione in termini per l'impugnazione della sentenza della Corte d'appello di Torino, in data 9 giugno 2004, con cui era stato condannato alla pena di anni otto di reclusione e € 30.987,40 di multa per il reato di cui all'art. 73 comma 1 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, divenuta irrevocabile il 20/07/2004. Deduce il ricorrente di essere stato estradato in Italia il 14 novembre 2014 dove gli veniva notificato un ordine di esecuzione della pena di anni otto di reclusione e € 30.987,40 di multa, emesso in relazione alla sentenza della Corte d'appello di Torino in data 9 giugno 2004, divenuta irrevocabile il 20 luglio 2004, per il reato di cui all'art. 73 comma 1 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e di non avere mai risieduto in Italia e di non essere mai stato a conoscenza del processo celebratosi a suo carico nel quale era contumace, pertanto chiede la rimessione in termini per proporre il ricorso in cassazione avverso tale sentenza. 2. II Procuratore Generale ha depositato memoria scritta con cui ha chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 3. II ricorso è infondato. Deve premettersi, in fatto, che K. O. è stato giudicato con sentenza del Giudice dell'Udienza preliminare dei Tribunale di Torino, ai sensi dell'art. 442 cod.proc.pen., processo nel quale aveva nominato difensore di fiducia l'avv. G.A. ed aveva eletto domicilio presso il proprio studio, luogo nel quale era stato notificato l'estratto contumaciale, e che il difensore aveva proposto atto di appello, avverso alla sentenza del G.U.P., e che la Corte d'appello aveva confermato la sentenza di primo grado, con sentenza in data 9 giugno 2004, divenuta irrevocabile in assenza di ricorso per cassazione. Deduce il ricorrente che, pur non essendovi dubbi sulla correttezza formale della comunicazione, essendo la sentenza contumaciale stata notificata presso il domicilio eletto, egli non ne aveva avuto conoscenza perché aveva perso ogni contatto con il difensore, non essendo mai stato messo al corrente della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti da parte di quest'ultimo. 4. Orbene, è evidente l'infondatezza del ricorso. In primo luogo deve escludersi che il ricorrente non abbia mai avuto conoscenza del procedimento, come prospettato nell'istanza, e ciò perché il ricorrente era certamente a conoscenza del procedimento essendo stato giudicato ai sensi dell'art, 442 cod.proc.pen., rito alternativo, procedimento nel quale aveva nominato difensore di fiducia l'avv. G.A. ed aveva eletto domicilio presso il suo studio, A tal d'altro l'accesso al rito alternativo presuppone una richiesta personale della parte ovvero del difensore, munito di procura speciale e dunque non è prospettabile che non avesse conoscenza del procedimento nel quale il nominato difensore di fiducia aveva, poi, proposto atto di appello, di tal chè è provata la conoscenza dei processo da parte dei ricorrente. Quanto poi alla circostanza, rappresentata nella memoria, che egli non avrebbe proposto ricorso per cassazione avverso alla sentenza della Corte di appello di conferma della precedente condanna perché il difensore di fiducia non lo avrebbe messo al corrente della stessa, la stessa è parimenti infondata. 4. Va precisato, in primo luogo, che la previgente formulazione dell'art. 175 cod.proc.pen., comma 2, nella parte in cui prevedeva il rimedio della restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso le sentenze contumaciali, nonostante sia stata parzialmente abrogata dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, continua ad applicarsi nei confronti degli imputati che siano già stati dichiarati contumaci in virtù del pregresso regime normativo. Tanto precisato, questa Corte ha affermato che in tema di restituzione nel termine per proporre impugnazione, la previgente formulazione dell'art. 175, comma secondo, cod. proc. pen. introdotta dall'art. 1 d.I. n. 17 del 2005, cony. in legge n. 60 del 2005 , avendo previsto una presunzione iuris tantum di mancata conoscenza da parte dell'imputato della pendenza del procedimento, ha posto a carico del giudice l'onere di reperire, in atti, l'esistenza di una prova positiva da cui possa desumersi la effettiva conoscenza del provvedimento di condanna e la rinuncia a proporre personale impugnazione, con la conseguenza che la mera regolarità formale della notifica non può essere considerata dimostrativa della conoscenza del giudizio Sez. 2, n. 21393 del 15/04/2015, N., Rv. 264219, Sez. 3, n. 38295 del 03/06/2014, Petreto, Rv. 260151 Sez. 6. N. 5169 del 16/01/2014, Naijmì, Rv 258775 . Ciò detto, questa Corte ha chiarito che costituisce un'attendibile prova di conoscenza effettiva dei provvedimento - in mancanza di indicazioni contrarie - la notifica dell'estratto contumaciale della sentenza al difensore di fiducia Sez. 6, n. 785 del 12/12/2006, Iannicelti, Rv. 236000 , a condizione che sia perdurato il rapporto professionale tra patrono e cliente sicché il principio non è invocabile quando vi è la prova che il legame sia venuto meno. Dal principio qui evocato ne discende che non ha diritto alla restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale, emessa in primo grado, l'imputato latitante che era assistito da un difensore fiduciario, nel corso del giudizio di primo grado e appello, e che formula l'istanza di cui all'art. 175 cod. proc. pen. solo dopo l'intervenuta irrevocabilità della sentenza di secondo grado, posto che la perdurante esistenza dei rapporto di difesa fiduciaria costituisce fatto di per sé idoneo a provare l'effettiva conoscenza della pendenza del procedimento e dei provvedimento peraltro provata dalla richiesta di rito alternativo da parte del ricorrente , a meno che non risulti una comunicazione al giudice dell'avvenuta interruzione di ogni rapporto tra il legale e l'assistito, e della rinuncia ad impugnare. Nel caso in esame il ricorrente prospetta la circostanza che sarebbe stato il difensore a non comunicare l'esito dei processo a suo carico, ma non deduce alcuna circostanza fattuale riconducibile a impossibilità/impedimento tale per cui il difensore non sarebbe stato in grado di mettersi in contatto con lui, o lui stesso a mettersi in contatto con il difensore di fiducia. In altri termini, nel caso di provvedimento contumaciale notificato a mani del difensore di fiducia, presso cui l'imputato ha volontariamente eletto domicilio, non è sufficiente la mera deduzione della sua mancata conoscenza, ma è necessaria, quantomeno, l'allegazione delle ragioni in grado di vincere la presunzione di permanenza del rapporto fiduciario ed anche l'osservanza del et dovere deontologico del difensore di far pervenire al proprio assistito gli atti a lui diretti , in mancanza della quale deve ritenersi che la ritualità della notifica comporta l'effettiva conoscenza dei provvedimento notificato da parte dell'interessato Sez. 2, n. 52131 del 25/11/2014, Mennuni, Rv. 261965 . Nel caso in esame il ricorrente non adduce una situazione fattuale in grado di superare la presunzione di permanenza del rapporto fiduciario, limitandosi a lamentare che il difensore non lo avrebbe messo al corrente della condanna, senza neppure prospettare alcuna difficoltà di rintraccio del medesimo, circostanza questa che palesa incuria, negligenza o disinteresse all'esito del processo e rivelatrice della volontà del destinatario di non impugnare la sentenza contumaciale. 6. Conclusivamente non sussistendo i presupposti per l'accoglimento dell'istanza di restituzione nei termini per impugnare la sentenza della Corte d'appello, la medesima deve essere rigettata e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.