Al giudice della convalida la scelta di meglio qualificare il reato contestabile al fermato

Può eventualmente ignorare alcune specifiche contestazioni penali mosse dalla pubblica accusa. Inoltre la ricettazione può contenere” altra ricettazione, che può costituirne reato presupposto.

Così la Cassazione, Seconda sez. Penale, sentenza n. 15681/2016, depositata il 14 aprile. Il fatto processuale. Veniva fermato cittadino extracomunitario e mosse le contestazioni penali di possesso e fabbricazione di documenti falsi ex art. 497- bis c.p., di false generalità ex art. 495 c.p. e di ricettazione – per l’acquisto dei documenti falsificati – ex art. 648 c.p., con l’aggravante teleologica ex art. 61, n. 2 c.p. Il giudice monocratico competente per il fermo non convalidava l’arresto per il primo reato contestato per difetto di flagranza di reato ex art. 380 c.p.p Inoltre il giudice dell’abbreviato emetteva sentenza assolutoria per il reato di ricettazione, ritenuta precaria la prova della consapevolezza da parte dell’imputato dell’illecita ricezione dei documenti grezzi poi utilizzati per la falsificazione. Il pubblico ministero ricorre avverso l’ordinanza di mancata convalida del fermo e contro la sentenza assolutoria per l’ultimo capo. La Cassazione invocata argomenta in punto di discrezionalità valutativa del giudice del fermo in ordine ai reati applicabili ed in punto di diritto sostanziale sui requisiti per la ricettazione, accogliendo per quest’ultimo il gravame del pubblico ministero. Il giudice per la convalida può determinare l’esatta qualificazione dei reati da contestare, anche in discordanza delle valutazioni del pm. La valutazione sulla legittimità dell’arresto, pur non debordando nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, include quella sull’astratta configurabilità del reato e l’attribuzione al fermato. Il giudice per le indagini preliminari può diversamente qualificare il fatto, oltre le valutazioni della pubblica accusa – che pareva ambiguamente ipotizzare più fattispecie di reato -, valutando lo stato probatorio al momento dell’intervento della polizia giudiziaria. Sul punto la Cassazione non censura la condotta giudiziale impugnata. Di fatto il giudice del fermo aveva ritenuto applicabile la sola fattispecie prevista dal secondo comma dell’art. 497- bis c.p. di fabbricazione di documento falso, che punisce la condotta di chi concorre e non meramente utilizza o possiede – soccorre in questo caso la meno grave previsione del primo comma – il documento identificativo contraffatto. Ragion per cui l’utilizzo del falso titolo identificativo costituiva post fatto della condotta ritenuta contestabile al fermato, e va dedotta la mancanza di flagranza necessaria per convalidare il fermo. I casi di possesso di documento falso ex art. 497-bis, primo comma, c.p I giudici specificano, smentendo la pubblica accusa, che il reato meno grave è comunque configurabile in ogni caso in cui sussistano organizzazioni criminali più ampie e complesse in grado di possedere od acquisire i dati anagrafici dell’interessato occorrenti alla materiale contraffazione del documento, al di là di ogni ipotesi di concorso fattivo di questi alla produzione della falsificazione. La ricettazione può presupporre altra ricettazione. Sul punto invece la Cassazione smentisce il giudice dell’abbreviato. Fu appurato che i documenti identificativi grezzi furono provento di furto, mancò la prova della materiale consegna all’imputato. La Cassazione esclude che la condotta dell’imputato non possa essere in alcun modo punibile. E’ ben vero che non è configurabile un concorso morale a posteriori al reato di ricettazione – per l’adesione psicologica alla ricettazione consumata da altri, quando fu acquistato il documento identificativo grezzo -. Risulta però nuovamente configurabile la ricettazione – laddove siano integrati tutti gli elementi oggettivi e soggettivi dell’art. 648 c.p. - della cosa già oggetto di ricettazione, in quanto la norma prevede la ricezione di cose provenienti da qualsiasi delitto, dunque anche dalla consumazione di altra ricettazione. La Cassazione sul punto annulla e rinvia al giudice di secondo grado per una nuova determinazione.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 22 marzo – 14 aprile 2016, n. 15681 Presidente Gentile – Relatore Rago Ritenuto in fatto 1. Il fatto per cui è processo risulta descritto nella sentenza impugnata nei seguenti termini Il 26.12.2014 H.R. atterrava a Orio al Serio provenendo da Atene ed esibiva alla Polizia di frontiera la carta di identità italiana di cui al capo A poiché il documento appariva contraffatto, gli operanti eseguivano un controllo, da cui risultava che il modulo del documento apparteneva ad un lotto di moduli rubati in bianco a Napoli, nell’ottobre del 2014. A quel punto il prevenuto dichiarava di chiamarsi D.A. , nato in omissis e di volere avanzare richiesta di asilo, in quanto profugo gli accertamenti AFIS consentivano tuttavia di identificare lo straniero come cittadino tunisino, con le generalità con le quali è stato tratto a giudizio . Tratto in arresto in flagranza, al prevenuto venivano contestati i seguenti reati a art. 497 bis, 1 e 2 comma, c.p., per avere formato o comunque concorso a formare fornendo ad ignoti la propria effigie e le proprie generalità e essere stato trovato in possesso un documento falso valido per l’espatrio, in particolare apponendo o facendo apporre la propria effigie e le proprie generalità sulla carta di identità n. omissis rilasciata il 21.7.2012 dal Comune di Napoli a nome di C.P. nato a omissis , contraffatta poiché formata su modulo provento di delitto, completato da ignoti con generalità e fotografia di soggetto non legittimato. In omissis b art. 61 n. 2, 495 comma 2 n. 2 c.p. per avere - al fine di procurarsi l’impunità per i delitti di cui ai capi a e c - falsamente dichiarato, agli Ufficiali di P. G. che intendevano identificarlo a seguito dell’accertamento per il reato di cui al capo che precede, di chiamarsi Di.Al. e di essere nato a OMISSIS . In omissis c art. 61 n. 2, 648 c.p. per avere - al fine di commettere il delitto di cui al capo a - acquistato e comunque ricevuto da ignoti il modulo per carta di identità provento di furto in danno del Comune di Napoli denuncia del 13.10.2014 . In omissis . 2. All’esito del giudizio di convalida, il giudice monocratico del tribunale di Bergamo 2.1. non convalidava l’arresto per il reato contestato al capo a per difetto di flagranza, attesa la contestazione del reato di contraffazione, più grave rispetto al reato di possesso del medesimo documento, il quale ultimo si atteggia come postfatto non punibile, attesa la naturale progressione criminosa che vede la contraffazione come necessariamente prodromica al possesso ed il rapporto tra le due condotte come di mezzo a fine dell’azione illecita 2.2. convalidava l’arresto in relazione al capo sub b Ordinava l’immediata liberazione del prevenuto disponendo procedersi nei suoi confronti con il rito direttissimo nel corso del quale, l’imputato chiedeva procedersi con il rito abbreviato. 3. All’esito di giudizio abbreviato, il giudice, concesse attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate, fatta applicazione della disciplina del delitto continuato, pronunciava, in data 27/12/2014, sentenza con la quale condannava l’imputato per i delitti contestati ai capi a e b alla pena di mesi 10 di reclusione, e nel contempo assolveva l’imputato dal reato di cui al capo c perché il fatto non costituisce reato. 4. Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Bergamo, ha proposto ricorso per cassazione sia contro l’ordinanza di mancata convalida dell’arresto, sia contro la sentenza. 4.1. ORDINANZA DI CONVALIDA il ricorrente, contro l’ordinanza con la quale il giudice non aveva convalidato l’arresto, ha dedotto 4.1.1. la violazione dell’art. 497 bis cod. proc. pen., in quanto la recente giurisprudenza della Suprema Corte è nel senso di ritenere il secondo comma dell’art. 497 bis c.p. come ipotesi di reato autonoma rispetto a quella del mero possesso prevista dal primo comma essendo la descrizione della condotta, che differenzia le due fattispecie, essa stessa elemento costitutivo del reato, non relegabile a ruolo di elemento circostanziale per es. Cass. Penale sez. V n. 18535 del 15.2.2013 . La contestazione del P.M., che comprendeva entrambe le fattispecie descritte dal primo e dal secondo comma della norma, era evidentemente alternativa, e imponeva al Giudice lo scrutinio della sussistenza di entrambe le ipotesi contestate. Il Tribunale, al contrario, si è limitato ad escludere la sussistenza della flagranza per la falsificazione e non ha verificato la sussistenza della flagranza per il mero possesso del documento falsificato, che peraltro consente ex art. 381 lett. m bis c.p.p. l’arresto facoltativo in flagranza 4.1.2. la violazione dell’art. 391/4 cod. proc. pen. la valutazione del giudice della convalida deve limitarsi alla verifica delle condizioni legittimanti la privazione della libertà personale da parte della polizia giudiziaria, fra le quali rientra la valutazione sulla configurabilità del reato ipotizzato e sulla sua attribuibilità alla persona arrestata, nonché della gravità del fatto e della pericolosità del soggetto. Nel caso di specie, sarà sufficiente rileggere il verbale di arresto per concludere che non vi possono essere dubbi alla evidenza di chiunque che si verta nella flagranza del delitto di cui all’art. 497 bis c.p.p. l’arrestato infatti era stata trovato in possesso di un documento falsificato, essendo stata sostituita la fotografia con l’effigie del possessore. Il giudice avrebbe dovuto porsi nella stessa situazione in cui ha operato la polizia giudiziaria e verificare, sulla base degli elementi, conosciuti e conoscibili, se la valutazione di procedere all’arresto rimanesse nei limiti dei poteri alla medesima riconosciuta la P.G. non era tenuta a procedere ad una valutazione ulteriore e diversa rispetta a quella sufficiente e necessaria per procedere all’arresto 4.2. SENTENZA in ordine alla sentenza, il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 648 cod. pen. per avere il giudice assolto il ricorrente dal suddetto reato. Il ricorrente, sul punto, ha rilevato che invero, alcun rilievo può attribuirsi alla circostanza viceversa ritenuta determinante dal Tribunale secondo cui nulla è dato sapere circa l’atteggiarsi del fatto in particolare non è stato accertato se l’imputato ricevette la matrice in bianco del documento provento di furto, ovvero se id quod plerumque accidit si rivolse ad un falsario per ottenere il documento completo, fornendogli la propria fotografia . Orbene, la circostanza è irrilevante il delitto di ricettazione presuppone la previa commissione di un delitto, nella fattispecie rinvenibile nel delitto di furto, ricettazione o falso materiale. Non è pertanto affatto necessario accertare le circostanze fattuali e soggettive del delitto presupposto, essendo sufficiente accertare che il bene oggetto di ricettazione sia provento di delitto addirittura, come noto, non procedibile o estinto per qualsiasi causa . Né può affermarsi, come sembra fare il Tribunale, che la prova della ricettazione presupponga l’accertamento delle caratteristiche del delitto presupposto, o il suo accertamento giudiziale . Considerato in diritto 1. L’ORDINANZA DI CONVALIDA. La doglianza è infondata per le ragioni di seguito indicate. In punto di fatto, come risulta da quanto supra illustrato 1 , il prevenuto, al momento dell’arresto in flagranza, fu trovato in possesso di una carta d’identità contraffatta sulla quale era stata apposta la propria effige questa situazione di fatto non risulta mutata rispetto alle risultanze processuali, in quanto il processo fu celebrato in giorno successivo all’arresto e con il rito abbreviato. Sulla base della suddetta situazione fattuale, il Pubblico Ministero elevò a carico del prevenuto, fra l’altro, l’imputazione di cui all’art. 497 bis cod. pen. contestando sia il primo che il secondo comma. Il giudice della convalida, dopo aver sussunto il fatto entro l’ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 497 bis cod. pen. - relativamente al suddetto reato non convalidò l’arresto per difetto di flagranza. 1.1. In punto di diritto processuale, quanto alla convalida dell’arresto in flagranza, va rammentata e ribadita la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale - la valutazione del giudice sulla legittimità dell’arresto, pur non potendo estendersi all’accertamento dell’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza, deve tuttavia essere intesa alla verifica della sussistenza delle condizioni legittimanti la privazione della libertà personale, condizioni tra le quali deve ritenersi inclusa la configurabilità non solo astratta del reato per cui si è proceduto all’arresto e la sua attribuibilità alla persona arrestata Cass. 45883/2009 che, alla stregua del suddetto principio, ritenne che la detenzione di sostanza stupefacente non legittima l’arresto in flagranza quando non emergono non già gravi indizi, bensì elementi sintomatici della destinazione della sostanza all’uso di terzi Cass. 8341/2015 Rv. 262502 ai fini della convalida del fermo, il G.I.P. può diversamente qualificare il fatto-reato contestato, per negare la convalida, valorizzando unicamente la situazione che si prospettava alla P.G. operante all’atto dell’intervento, non anche elementi sopravvenuti acquisiti nel corso dell’udienza di convalida, che possono assumere rilievo soltanto ai fini della eventualmente successiva emissione di una misura cautelare Cass. 30698/2013. Quindi, secondo la suddetta giurisprudenza, il giudice della convalida, deve a valorizzare unicamente la situazione che si prospettava alla Polizia Giudiziaria operante all’atto dell’intervento, non potendo la sua valutazione estendersi all’accertamento dell’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza b verificare la sussistenza delle condizioni legittimanti la privazione della libertà personale, condizioni tra le quali deve ritenersi inclusa la configurabilità non solo astratta del reato per cui si è proceduto all’arresto e la sua attribuibilità alla persona arrestata c qualificare il fatto - alla stregua della situazione che si prospettava alla P.G. operante - dando, eventualmente, ad esso anche una diversa qualificazione giuridica. 1.2. In punto di diritto sostanziale, nonostante le alternative ipotesi prospettate dal Pubblico Ministero con l’elevazione del capo d’imputazione sia sotto profilo del primo che del secondo comma dell’art. 497 bis cod. pen., la fattispecie in esame non presentava margini di ambiguità alcuna. Infatti, questa Corte di legittimità, in fattispecie simili a quella in esame, non ha mai avuto dubbi nel sussumere il suddetto fatto nell’ipotesi di cui all’art. 497 bis/2 cod. pen. Cass. 17673/2011 Cass. 18535/2013 Cass. 5355/2015. La differenza fra le due ipotesi previste nei due commi che prevedono differenti ipotesi di reato , è stata delineata nei termini di seguito indicati. Il primo comma prevede l’ipotesi di chi sia trovato in possesso di un documento identificativo falso della propria persona valido per l’espatrio, indipendentemente dall’uso che il possessore ne faccia, e sempre che il possessore non abbia partecipato alla contraffazione Cass. 17673/2011 Cass. 18535/2013 Cass. 5355/2015. Il secondo comma, invece, prevede l’ipotesi del possesso di un documento identificativo passaporto o carta d’identità della propria persona contraffatto con il concorso dello stesso possessore, considerato che la ratio della previsione incriminatrice è quella di punire in modo più significativo chi fabbrica o comunque forma il documento oppure lo detiene fuori dei casi di uso personale Cass. 5355/2015 Cass. 18535/2013. All’obiezione secondo la quale, ove si adottasse tale interpretazione, il primo comma finirebbe per essere svuotato diventando di fatto inapplicabile in quanto ipotizzabile nel solo caso di possesso di documenti per uso personale in assenza di concorso nella fabbricazione il che è improbabile atteso che il possessore deve pur sempre fornire la proprio foto e quindi concorrere nel reato si è replicato che non può escludersi in linea di principio, che anche nella situazione sopra descritta sia operativo il comma 1 della norma, quando possa sostenersi, ad esempio, che una organizzazione criminale di un certo spessore o altra analoga realtà criminale o un terzo abbiano deciso autonomamente la formazione di falsi documenti concernenti il soggetto di interesse, di cui si conoscano generalità e si posseggano, a vario titolo, documenti di diverso tipo o foto, magari forniti in buona fede dallo stesso interessato documenti, quindi, così falsificati dal terzo al di fuori del concorso del detentore, dei quali poi il soggetto interessato viene dotato per scopi che trascendono quelli personali e immediati in questi termini, si veda appunto la citata Cass. n. 18535 del 15/02/2013 Cass. 5355/2015. Pertanto, sotto il profilo del diritto sostanziale, deve ritenersi consolidato il principio secondo il quale, risponde dell’ipotesi delittuosa del secondo comma di cui all’art. 497 bis cod. pen. chi sia trovato nel possesso di un documento identificativo passaporto o carta d’identità della propria persona contraffatto con il concorso dello stesso possessore. Infine, si è ritenuto che, stabilire se un determinato fatto rientri nella previsione del primo o secondo comma dell’art. 497 bis cod. pen., costituisce il frutto di una valutazione di fatto Cass. 5355/2015 che comporta, però, l’impossibilità giuridica di ritenere la configurabilità di entrambi i reati in altri termini, l’agente trovato in possesso di un documento identificativo falso, risponde o dell’ipotesi di cui al primo comma o di quella del secondo comma. 1.3. Alla stregua dei suddetti principi di diritto processuale e sostanziale, la decisione del giudice non si presta ad alcuna censura in quanto ha deciso sulla base della situazione che si prospettava alla Polizia Giudiziaria operante all’atto dell’intervento, nulla essendo mutato dal momento dell’arresto al momento della convalida e poi, anche del processo celebratosi con il rito abbreviato - correttamente, fra le due ipotesi di reato prospettate dal Pubblico Ministero con l’imputazione alternativa, ha sussunto il fatto nell’ipotesi di cui al secondo comma in quanto deve evidentemente ritenersi che il prevenuto abbia partecipato alla falsificazione del documento capo A , dal momento che egli ha sicuramente fornito la propria fotografia affinché venisse apposta sulla carta di identità pag. 1 sentenza impugnata - di conseguenza, altrettanto correttamente, ha ritenuto il difetto di flagranza, attesa la contestazione del reato di contraffazione, più grave rispetto al reato di possesso del medesimo documento, il quale ultimo si atteggia come postfatto non punibile, attesa la naturale progressione criminosa che vede la contraffazione come necessariamente prodromica al possesso ed il rapporto tra le due condotte come di mezzo a fine dell’azione illecita in altri termini, si era, con tutta evidenza, al di fuori dell’ipotesi dello stato di flagranza art. 382 cod. proc. pen. essendo, nella specie, ipotizzabile solo quando l’agente è sorpreso mentre fabbrica o forma il documento falso ipotesi questa non configurabile nel caso di specie, in quanto l’imputato fu sorpreso mentre utilizzava il documento identificativo già contraffatto da tempo. Ha torto, pertanto, il ricorrente nel sostenere che, poiché egli aveva contestato, in via alternativa, entrambi i reati, il giudice avrebbe dovuto valutare la sussistenza di entrambe le ipotesi in realtà è proprio quello che il giudice ha fatto a fronte dell’ambiguo capo d’imputazione perché, una volta, stabilito in quale delle due ipotesi sussumere la condotta, decise di conseguenza se quella ipotesi secondo comma consentiva o meno la convalida. Infatti, il giudice non avrebbe potuto come erroneamente ha sostenuto il ricorrente , contemporaneamente, da una parte, sussumere il fatto in una delle due ipotesi dell’art. 497 bis secondo comma e, dall’altra, convalidare o meno l’arresto a norma dell’altra ipotesi prevista dall’art. 497 bis cod. pen. primo comma a ciò ostandovi, a tacer d’altro, il primo principio della logica, ossia quello di non contraddizione in base al quale una cosa non può essere e non essere nello stesso momento il fatto contestato, infatti, o rientrava nell’ipotesi di cui al primo comma o in quello del secondo comma ma non poteva essere sussunto a seconda che si dovesse qualificarlo per la decisione o per la convalida contemporaneamente nel primo e nel secondo comma. 2. LA SENTENZA. Il giudice ha assolto l’imputato dal reato di ricettazione adducendo la seguente testuale motivazione nulla è dato sapere circa l’atteggiarsi del fatto in particolare non è stato accertato se l’imputato ricevette la matrice in bianco del documento provento di furto, ovvero se id quod plerumque accidit si rivolse ad un falsario per ottenere il documento completo, fornendogli la propria fotografia. In assenza dunque di risultanze probatorie a sostegno della prima ed invero meno probabile delle due ipotesi sopra formulate, deve ritenersi che l’imputato non commise ricettazione del documento, ma lo ottenne già alterato, con conseguente esclusione del dolo di ricettazione . La censura dedotta dal ricorrente supra parte narrativa p.4.2. è fondata. In punto di fatto, è pacifico che il modulo della carta d’identità trovata in possesso del prevenuto era provento di furto cfr capo d’imputazione . A quanto è dato capire, il giudice ha ritenuto di assolvere l’imputato dal delitto di ricettazione in quanto non vi sarebbe la prova che egli aveva ricettato il suddetto modulo. L’errore concettuale in cui è incorso il giudice è evidente la ricettazione è configurabile non solo nell’ipotesi in cui l’agente ricetti il bene provento del delitto, ma lo è anche nell’ipotesi della cd. ricettazione della ricettazione e cioè anche quando acquisti, riceva od occulti un bene che, a sua volta, sia oggetto di ricettazione. Sul punto, è pacifica la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale in relazione al reato di ricettazione, che è reato istantaneo, non è configurabile un concorso morale a posteriori, per adesione psicologica alla ricettazione consumata da altri. Il concorso morale può precedere l’esecuzione del reato o esprimersi nel corso della fase esecutiva, ma non successivamente a reato consumato. La successiva ricezione della cosa può dar luogo a ulteriore ricettazione, sempre che sussista il relativo elemento psicologico e si stabilisca una relazione di fatto con la cosa che ne comporti la disponibilità Cass. 7813/1992 Rv. 191007 Cass. 5439/1991 Rv. 187342. In altri termini, reato presupposto del delitto di ricettazione, ben può essere anche una precedente ricettazione, proprio perché l’art. 648/1 cod. pen. prevede l’acquisto, la ricezione o l’occultamento di denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto sicché non vi è ragione alcuna per escludere, dal suddetto ambito, il delitto di ricettazione. Di conseguenza, risponde del delitto di ricettazione l’agente che, instaurando con la res delittuosa provento del delitto di ricettazione una nuova relazione di fatto, contribuisca a perpetuare la situazione antigiuridica. Applicando il suddetto principio alla fattispecie in esame, in casi sono due come ha prospettato lo stesso giudice - l’imputato ricevette egli stesso il modulo rubato in questo caso, la ricettazione sarebbe configurabile avendo come reato presupposto il furto - l’imputato fornì al falsario solo la propria foto che fu utilizzata per essere apposta sul modulo già in possesso quindi ricettato del suddetto falsario in questo caso che è l’ipotesi privilegiata dal giudice , nel momento in cui l’imputato ricevette la carta d’identità falsificata, si rese responsabile del delitto di ricettazione proprio perché ricevette una cosa la tessera d’identità proveniente da un delitto la ricettazione con la quale stabilì nuova ed esclusiva relazione di fatto possesso del documento falso contribuendo, quindi, alla perpetuazione dell’originaria situazione antigiuridica circolazione ed utilizzo di un bene provento di furto . Infine, è appena il caso di aggiungere che il reato di cui all’art. 497 bis/2 cod. pen. ben può concorrere con il delitto di ricettazione atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità in terminis , Cass. 48294/2015 Rv. 265280. In conclusione, la sentenza, sul punto dev’essere annullata con rinvio alla Corte di Appello di Brescia che, nel nuovo giudizio si atterrà ai seguenti principi di diritto la ricettazione può avere come reato presupposto anche una precedente ricettazione, sempre che sussista il relativo elemento psicologico e si stabilisca una relazione di fatto con la cosa che ne comporti la disponibilità Il delitto di ricettazione e quello di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi possono concorrere in caso di falsificazione di documento in bianco, già oggetto di furto, successiva alla ricezione dello stesso, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità . P.Q.M. RIGETTA il ricorso del Pubblico Ministero contro l’ordinanza, in data 27/12/2014, con la quale il Tribunale di Bergamo, in composizione monocratica, non convalidava l’arresto in flagranza di H.R. in relazione al capo 1 dell’incolpazione art. 497 bis/1-2 cod. pen. . ANNULLA la sentenza emessa dal predetto Tribunale di Bergamo in data in data 27/12/2014 nei confronti di H.R. limitatamente all’assoluzione dal delitto di ricettazione di cui al capo sub C e rinvia alla Corte di Appello di Brescia per il giudizio di secondo grado.