Disoccupazione e problemi economici: sanzionato comunque per il mancato contributo al mantenimento delle figlie

La precaria situazione provocata dalla perdita del lavoro non rende meno grave la condotta dell’uomo. Egli non ha provveduto a versare alla moglie l’assegno mensile fissato dal Tribunale e destinato a garantire alle due figlie minori i mezzi di sussistenza. Consequenziale la condanna.

Pessimo ambiente di lavoro. E così il dipendente viene spedito a casa. Però la problematica condizione di disoccupato non può liberarlo, neanche temporaneamente, dall’obbligo di contribuire al mantenimento delle figlie Cassazione, sentenza n. 15432/2016, Sezione Sesta Penale, depositata oggi . Sussistenza. Condanna non contestabile, secondo i giudici di merito l’uomo, difatti, ha fatto mancare i mezzi di sussistenza alle figlie minori , non versando alla moglie la somma mensile fissata dal Tribunale. Nessun dubbio, quindi, sul reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare”. Ora le certezze dei giudici vengono contestate dal difensore dell’uomo. A suo avviso è stato trascurato un particolare non secondario il suo cliente era disoccupato – a causa del discredito diffuso ai suoi danni nell’ambiente di lavoro – e non poteva quindi adempiere ai suoi doveri . E comunque, aggiunge il legale, ha sempre provato a rispettare il proprio ruolo di padre difatti, appena ha avuto degli introiti economici , ha onorato il proprio debito di contribuzione verso le due figlie. Ma il ragionamento difensivo, cioè stato di disoccupazione” uguale impossibilità di provvedere al mantenimento” della prole, viene respinto anche dai magistrati della Cassazione. Pur a fronte dei problemi economici provocati dalla perdita del lavoro, non può venire meno il dovere del genitore. Ciò significa che la mera disoccupazione non può esimere dalla responsabilità per non avere provveduto a garantire i mezzi di sussistenza alle figlie. Per salvare l’uomo, in questa vicenda, sarebbe stata necessaria, invece, la dimostrazione di una incapacità economica assoluta frutto di una situazione di persistente, oggettiva e incolpevole indisponibilità di introiti .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 marzo – 12 aprile 2016, n. 15432 Presidente Ippolito - Relatore Gianesini Ritenuto in fatto 1. II difensore di S.G. ha proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza 11 gennaio 2016 con la quale la Corte di Appello di PALERMO, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha assolto l'imputato limitatamente alla condotta realizzata fino al marzo 2007 riducendo conseguentemente la pena inflitta e confermando per il resto la sentenza di primo grado con condanna al risarcimento del danno. 1.1 II G. è accusato dei reato di cui all'art. 570 cod. pen. per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alle figlie minori omettendo di versare la somma di 230.000,00 euro mensili alla moglie, come disposto dal Tribunale di Termini Imerese. 2. II difensore ha dedotto due motivi di ricorso. 2.1 Con il primo motivo, il ricorrente ha lamentato che la Corte territoriale non avesse valorizzato, omettendo quindi la doverosa motivazione sul punto, gli elementi a discolpa dell'imputato che era in realtà disoccupato, come era stato dimostrato documentalmente, e che non poteva quindi adempiere ai suoi obblighi di versamento non era quindi stato dimostrato da parte del Giudice di appello l'elemento soggettivo dei reato, tanto più che il G., quando aveva potuto e quando aveva degli introiti economici, aveva sempre onorato il suo debito di contribuzione. 2.2 Con altri motivi subordinati, poi, il ricorrente ha lamentato l'eccessività della pena inflitta, l'immotivata negazione di attenuanti generiche e, infine, l'illegittima sottoposizione della sospensione condizionale della pena alla liquidazione dei danno liquidato senza un preventivo accertamento, sia pure sommario, delle condizioni economiche dell'imputato e della sua concreta possibilità di sopportare l'onere dei risarcimento. Considerato in diritto 1. II ricorso è infondato e va rigettato, con condanna al pagamento delle spese processuali. 1.1 II primo motivo di ricorso si risolve nella riproposizione di una questione di fatto, quella dello stato di disoccupazione dell'imputato e della sua conseguente impossibilità di adempiere all'obbligo di mantenimento, già valutata e disattesa dal Giudice di merito in particolare, la Corte palermitana, in uno con il Giudice di primo grado la cui motivazione, come è noto, costituisce un corpo argomentativo unitario con quella di appello si veda sul punto, da ultimo, Cass. sez. 6 del 8/10/2013 n. 46742, Rv 257332 ha esaurientemente e persuasivamente motivato circa la mancanza di prova univoca e certa in merito alla condizione di disoccupazione dell'imputato affermatamente dipendente dal discredito diffuso ai suoi danni nell'ambiente di lavoro, disoccupazione che, in ogni caso, non esime da responsabilità per l'omessa prestazione dei mezzi di sussistenza come correttamente ricordato dalla Corte territoriale sulla base della giurisprudenza di legittimità secondo la quale l'incapacità economica dell'obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall'art. 570 cod. pen. deve essere assoluta e deve altresì integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti così Cass., sez. 6 del 21/10/2010, n. 41362, Rv 248955 . 1.2 II secondo motivo di ricorso, poi, si articola in diversi profili di critica della sentenza per quanto riguarda la negazione di attenuanti generiche, la Corte si è correttamente richiamata alla assenza di elementi rilevanti ex art. 133 cod. pen. valutabili ai fini della richiesta difensiva mentre, per quanto riguarda l'entità della pena, il Giudice di appello, con il riferimento al disvalore complessivo del fatto e al tenore e durata dell'inadempimento, ha dimostrato di avere valutato concretamente gli elementi di cui all'art. 133, primo comma n. 1 cod. pen In merito infine al fatto, stigmatizzato dal ricorrente, che la sospensione condizionale della pena è stata subordinata, ex art. 165 rimo comma cod. pen., al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno senza un positivo accertamento delle condizioni economiche dell'imputato e della sua concreta possibilità di adempiere come pure richiesto da parte della giurisprudenza di legittimità si veda in merito e da ultimo Cass. sez. 2 del 15/2/2013 n. 22342, Rv 255665 contrastata però da Cass. sez. 6 del 8/5/2014 n. 33020, Rv 260555 va rilevato che in ogni caso l'accertamento, contenuto nella motivazione della sentenza impugnata, della inesistenza dello stato di assoluta e protratta impossidenza dei G. vale per l'affermazione positiva della sussistenza della concreta possibilità, da parte di quest'ultimo, di sopportare l'onere del risarcimento. 1.3 Al rigetto del ricorso consegue infine la liquidazione, a favore del difensore ammesso al patrocinio a spese dello Stato e per l'attività espletata, della somma complessiva, già ridotta dei terzo, di 2.400,00 euro oltre Iva, Cpa e spese generali al 15%. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquida a favore dei difensore S.C. per l'attività espletata la somma di 2.400.00 euro oltre Iva, Cpa e spese generali al 15%.