La prescrizione del braccialetto elettronico non configura un tipo di misura coercitiva

In tema di misure cautelari, il Tribunale del riesame, nel valutare la inadeguatezza degli arresti domiciliari rispetto al pericolo di recidivanza deve adeguatamente motivare le ragioni per le quali le esigenze cautelari non possono essere tutelate con l’impiego del cosiddetto braccialetto elettronico che consente di monitorare continuamente la presenza dell’indagato nel perimetro entro il quale gli è consentito muoversi.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15090/16, depositata il 12 aprile. I disastri motivazionali prospettati dalla difesa. E’ stato compiuto un vero e proprio disastro è questa – a dir poco - la sensazione di chi legga le doglianze della difesa nella fattispecie affrontata dalla Terza sezione Penale della Corte di Cassazione. In realtà – come dichiarato anche dagli Ermellini -, l’impugnata ordinanza del Tribunale del riesame contiene adeguata e logica motivazione su tutti i punti in contestazione. Modalità di esecuzione degli arresti domiciliari. D’altra parte – ricordano i Giudici della Corte di Cassazione – la prescrizione del braccialetto elettronico non configura un nuovo tipo di misura coercitiva, ma la modalità di esecuzione degli arresti domiciliari, e per applicarla, non vi è necessità di motivazione. Quest’ultima, anche se non contenesse espressa e diretta menzione del braccialetto elettronico, sarebbe valida se contenesse indicazioni e motivazioni precise sul pericolo di commissione di reati nel e dal domicilio. Nel caso di specie – proseguono i Giudici della legittimità -, l’ordinanza contiene motivazione adeguata sulla non idoneità degli arresti domiciliari, ritenendo che gli stessi non consentono di evitare la reiterazione dei reati per la possibilità, anche dal domicilio, di continuare i rapporti con il gruppo criminale di collegamento, e quindi reiterare i reati della stessa specie di quelli in accertamento. Una simile motivazione, fondata sul pericolo concreto ed attuale che dal domicilio e/o nel domicilio possano commettersi reati della stessa specie di quelli in accertamento, rende inidonea, secondo i Giudici della Corte di Cassazione, l’applicazione del braccialetto elettronico che garantisce esclusivamente l’osservanza da parte dell’indagato della prescrizione di non allontanarsi dal luogo degli arresti e per conseguenza irrilevante la eventuale mancanza di specifica motivazione del diniego della misura cautelare attenuata, nonostante la disponibilità dello strumento elettronico di controllo. Quadro di fatto mutato. L’ordinanza impugnata aveva disposto il ripristino della custodia cautelare in carcere per il ricorrente, in riforma dell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che aveva disposto la sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari. Le doglianze della difesa in sede di ricorso per cassazione sono molteplici sia con riferimento alla presunta omissione della motivazione sulle deduzioni difensive sia nell’erronea applicazione della legge penale. Inoltre, elementi di rilievo nella contestazione vengono attribuiti anche a molteplici fatti sopravvenuti idonei a mutare il quadro cautelare dell’imputato, soprattutto in riferimento alla condotta irreprensibile e alla conseguente assunzione di fiducia nei confronti dello stesso da parte del giudice della cautela. In realtà, i Giudici della Corte di Cassazione osservano che il quadro soggettivo risultante dall’ordinanza impugnata, i numerosi precedenti penali, la commissione di reati durante la vigenza della misura della sorveglianza speciale di ps, con obbligo di soggiorno – costantemente violato - e la posizione di vertice del sodalizio criminale dedito a traffico di stupefacenti offrono un panorama del tutto diverso da quello prospettato dalla difesa ciò che pertanto non appare giustificare il ripristino di una condizione carente nei presupposti. Il braccialetto elettronico. Infine – come già osservato in precedenza-, i Giudici di Piazza Cavour ritengono che la motivazione specifica e puntuale sull’uso del braccialetto elettronico sia dovuta nei casi di pericolo di reiterazione dei reati al di fuori del domicilio. La prescrizione del braccialetto non configura un nuovo tipo di misura coercitiva, ma la modalità di esecuzione degli arresti domiciliari. Se il giudice della misura cautelare ha adeguatamente motivato sul pericolo concreto ed attuale di reiterazione dei reati del domicilio, cioè senza bisogno di uscire dall’abitazione, il braccialetto elettronico anche se fosse applicato risulterebbe misura non idonea ad evitare il ritenuto pericolo di reiterazione di reati dal domicilio. Da qui il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 29 gennaio – 12 aprile 2016, n. 15090 Presidente Fiale – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. il tribunale del riesame di Lecce, su appello del procuratore della Repubblica, con ordinanza del 15 luglio 2015, disponeva il ripristino della custodia cautelare in carcere nei confronti di M.T. , in riforma dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Lecce, del 7 luglio 2015, che aveva disposto la sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari capo A art. 416 bis, cod. pen. capo B art. 74, commi 1, 2, 3, e 4 comma, T. U. stup., art. 7 d. I. 152 del 1991 capo C art. 81, 110, 61 n. 2 cod. pen. e 73 T. U. stup. capo I art. 75, comma 2, T.U. stup. reati commessi sino al 15 luglio 2013 con sentenza del 28 febbraio 2015 l’imputato è stato assolto dal reato sub A , art. 416 bis cod. pen. e condannato alla pena di anni 14 e 8 mesi di reclusione . 2. M.T. propone ricorso, tramite il difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’ari 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen 2.1. Omessa motivazione, ed erronea applicazione della legge penale, relativamente agli art. 125, comma 3, 292, comma 2, lettera C bis, cod. proc. pen. e art. 6 CEDU. Il tribunale del riesame ha eluso i rilievi della memoria difensiva depositata il 3 agosto 2015, ovvero i copiosi elementi fattuali per l’inapplicabilità dell’art. 275, comma 3 cod. proc. pen., in considerazione dell’insussistenza originaria delle condizioni richieste e per sopravvenuto mutamento del quadro cautelare genetico, con cessazione delle esigenze cautelari e minimo la loro attenuazione. Nella motivazione del provvedimento impugnato è omessa la motivazione sulle deduzioni difensive, pur dando atto della pregevole memoria difensiva. Nella motivazione non si spiega perché le allegazioni difensive non siano valide, così venendo meno all’obbligo previsto dalla costituzione art. 111 e dalla CEDU art. 6 . 2.2. Omessa motivazione ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli art. 13, 25, 27, 111 della Costituzione e 275, comma 3 del cod. proc. pen Il tribunale omette di valutare che le esigenze cautelari potessero essere soddisfatte con misure meno afflittive, in violazione dei citati articoli della Costituzione e del cod. proc. pen L’automatica applicazione della misura massima si traduce in anticipazione della colpevolezza Corte Costituzionale n. 64 del 1970 . Si applica una pena senza giusto processo. La stessa Corte costituzionale con decisione n. 265 del 2010 e con altre decisioni ha polverizzato le presunzioni assolute di adeguatezza della custodia cautelare. Il tribunale del riesame elude le norme come risultanti dagli interventi della Corte delle leggi. Proprio con riferimento all’art. 74 del T. U. stup. la Corte Costituzionale, con la decisione n. 231 del 2011, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 273 del cod. proc. pen. nella parte in cui prevedeva un automatismo. Nel caso concreto non sussiste più l’attualità del sodalizio criminale perché tutti i membri sono stati incarcerati. Questo è un elemento favorevole non valutato. 2.3. Mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione ed erronea applicazione della legge, art. 275, comma 3 del cod. proc. pen., e art. 5, par. 1, CEDU. Il Giudice di prima istanza aveva concessi gli arresti domiciliari sulla base del tempo trascorso dai fatti reato addebitati al ricorrente, 2013. Il tribunale del riesame, ritenute le considerazioni del G.I.P. di valenza minima e neutri, invece ritiene ininfluenti il tempus commissi delicti, la durata della custodia sofferta, e la distanza dai luoghi di commissione dei reati. Ha omesso anche di valutare la sentenza assolutoria del 18 febbraio 2015. Nessuna valida dimostrazione è poi data nell’ordinanza dell’attualità del sodalizio criminale. Invece la Cassazione sentenza n. 30734 del 2013 e n. 25273 del 2014 individua proprio nella risalenza del fatto - reato l’attenuazione delle concrete esigenze cautelari. In tal senso anche la Corte europea dei diritti dell’uomo che richiede il real risk e la durata, che rende illegittima la custodia dopo il trascorrere del tempo dal fatto criminale. Il riesame omette anche di considerare il tempo di custodia cautelare di ben 2 anni, sia per il ricorrente e sia per altri sodali tempo idoneo a scindere eventuali vincoli associativi. Il ricorrente infine ha tenuto sempre buona condotta agli arresti domiciliari, mai trasgredendo. Inoltre la cassazione ha annullato il 15 ottobre 2015 con rinvio la sentenza della Corte di appello di Taranto del 2 luglio 2014, imputazione di omicidio a carico del ricorrente la procura si basa proprio su tale imputazione nella richiesta al Tribunale del riesame. I soldi dati alla Signora L.A.A. sono relativi ad un regalo per la Cresima del figlio Euro 1.000,00 e non per solidarietà criminale. Qui il riesame travisa le prove, poiché ritiene vera la circostanza della Cresima ma arbitrariamente legge il fatto come un atto di solidarietà tra gruppi criminali invece l’atto è di alto valore etico e morale. 2. 4. Erronea applicazione della legge penale, art. 3 della Costituzione contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. L’accoglimento dell’appello del P.M. ed il ripristino della custodia a carico del ricorrente lede l’art. 3 della Costituzione, poiché altri imputati nella medesima situazione del M. hanno beneficiato dell’attenuazione della misura. I coimputati S.R. e C.C. versano in situazione identica, anzi addirittura più gravosa, perché collocati al vertice del sodalizio. Questo emerge dall’allegato B al presente ricorso, OCC, pagine 2 e 3. Ha chiesto pertanto l’annullamento del provvedimento impugnato. 3. L’imputato ha presentato motivi nuovi ex art. 611 del cod. proc. pen. depositati il 13 gennaio 2016. 3.1. Sull’attualità delle esigenze cautelari con riferimento al reato associativo. Vi è nel provvedimento impugnato un travisamento del fatto, perché dal reato di cui all’art. 416 bis del cod. pen. il ricorrente è stato assolto, e non risultano impugnazioni sul punto. Richiama la decisione della Corte costituzionale 231 del 2011 e ribadisce l’erroneità dell’ordinanza impugnata nell’avere ritenuto il decorso del tempo, dai fatti reato, un elemento neutro. Viceversa la Cassazione richiama il ricorrente la sez. 5, dell’11 giugno 2015 n. 26570 ritiene il decorso del tempo un elemento determinante per l’attenuazione dell’attualità e della concretezza del pericolo per la misura cautelare massima. 3.2. Sulle specifiche conseguenze giuridiche dell’entrata in vigore della legge n. 47 del 2015 che ha introdotto il nuovo comma 3 bis dell’art. 275 del cod. proc. pen L’ordinanza impugnata non menziona la nuova legge, già entrata in vigore al momento dell’emissione della stessa. L’ordinanza è priva di motivazione sul punto in violazione della legge citata, che ha introdotto il comma 3 bis dell’art. 275 del cod. proc. pen. Invece tutta la giurisprudenza della cassazione, sul punto, richiede espressa e specifica motivazione. 3.3. Sui molteplici elementi di fatto sopravvenuti, idonei a mutare il quadro cautelare dell’imputato. Un ulteriore motivo di nullità del provvedimento impugnato deriva nella completa pretermissione dei molteplici indici sopravvenuti, che attenuano ulteriormente e indiscutibilmente le esigenze cautelari ravvisabili a carico del ricorrente. M. all’atto della cattura ha immediatamente collaborato, ed è stato detenuto in un carcere distante dai luoghi dei fatti reato, del tutto isolato dai presunti complici. L’associazione è stata smantellata per l’arresto di tutti i membri. Il ricorrente è stato sempre irreprensibile e ha sempre osservato gli obblighi conseguenti alla custodia domiciliare. Inoltre nel trasferimento del luogo degli arresti domiciliari XXXXXXXX il ricorrente è stato autorizzato a recarcisi da solo, con proprio mezzo. Anche per le cure presso un ambulatorio il M. è stato autorizzato a recarsi da solo inoltre è stato autorizzato anche a prestare attività lavorativa e a recarsi presso il luogo di lavoro con il mezzo di trasporto ritenuto, di volta in volta, più opportuno e vantaggioso . L’assunzione di fiducia da parte del giudice della cautela rispetto al comportamento del ricorrente è la dimostrazione più evidente della sopravvenuta cessazione di qualsiasi supposta attualità delle esigenze cautelari. Inoltre la condanna per l’omicidio di D.S.R. è stata annullata dalla cassazione il 15 ottobre 2015, con rinvio si allega la sentenza . Ha chiesto quindi l’annullamento senza rinvio e in via subordinata l’annullamento con rinvio. Considerato in diritto 4. il ricorso è infondato e deve rigettarsi. L’ordinanza del tribunale del riesame contiene adeguata e logica motivazione su tutti i punti della custodia cautelare. L’ordinanza impugnata delinea un quadro soggettivo completo del ricorrente, i suoi numerosi precedenti penali, la commissione di reati durante la vigenza della misura della sorveglianza speciale di PS, con obbligo di soggiorno sempre violato, costantemente , la sua posizione al vertice del sodalizio criminale dedito a traffico di stupefacenti, i saldi legami con frange della S.C.U. rapporti frequenti tra il ricorrente e L.A. fratello di L.G. ed appartenente all’omonima frangia della S.C.U. . L’ordinanza poi, con motivazione adeguata, ed immune da contraddizioni o illogicità manifeste, rileva che per i reati in oggetto art. 74 T. U. stup. sussiste, pur sempre una presunzione relativa di adeguatezza della misura cautelare massima. La regola generale contenuta nell’art. 275, comma 3-bis, cod. proc. pen., secondo cui il giudice, nel disporre la custodia in carcere, deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo elettronico, non trova applicazione quando la custodia in carcere venga disposta per uno dei delitti per i quali opera la presunzione relativa di adeguatezza di tale misura, ai sensi del terzo comma del predetto art. 275. Sez. 2, n. 3899 del 20/01/2016 - dep. 29/01/2016, Martinelli, Rv. 265598 . Infine l’ordinanza analizza anche il tempo dalla commissione dei reati . in particolare, la risalenza degli addebiti al 2013 è scarsamente rilevante, specie in ragione della gravità delle condotte contestate e della pessima personalità di M. , tanto più che un lasso di tempo di due anni non appare così apprezzabile e decisivo, anche tenuto conto che è già intervenuta sentenza di primo grado lo stesso minimo peso ha il tempo trascorso in vinculis, giacche, secondo la costante giurisprudenza di legittimità . . Il tribunale del riesame con motivazione esaustiva e immune da errori logici, individua, con il richiamo espresso alla sentenza di condanna in primo grado, nell’art. 275, comma 1 bis, del cod. proc. pen. la norma utilizzata per la custodia cautelare nei confronti del ricorrente Contestualmente ad una sentenza di condanna, l’esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell’esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell’art. 274, comma 1, lettere B e C . L’applicazione della custodia cautelare contestualmente ad una sentenza di condanna, sulla base di una valutazione discrezionale fondata sui criteri previsti dall’art. 275, comma primo bis, cod. proc. pen., è consentita, oltre che al giudice di primo grado, anche a quello di appello, indipendentemente dalla ricorrenza delle particolari condizioni che, ai sensi del comma secondo ter del citato art. 275, renderebbero la misura obbligatoria. Sez. 1, n. 43814 del 08/10/2008 - dep. 24/11/2008, Sutera, Rv. 241558 . Tuttavia l’ordinanza impugnata si pone anche il problema dell’adeguatezza della misura degli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico Nel caso di specie, non sono stati acquisiti altri elementi che consentano di affermare che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con misure diverse dalla custodia cautelare, non potendosi ritenere tale la possibilità di eseguire la misura domiciliare in luogo lontano dal XXXXXXX, atteso che la scaltrezza e l’astuzia dimostrate da M. gli consentirebbero agevolmente di organizzare nuovi traffici anche rimanendo agli arresti domiciliari con o senza braccialetto elettronico in località del settentrione d’Italia, ove si consideri che, anche quando era detenuto in carcere, veniva costantemente informato dei traffici posti in essere dai suoi sodali . Motivazione adeguata e non illogica o contraddittoria. 5. Il motivo del braccialetto elettronico è stato evidenziato solo nei motivi aggiunti. Ma lo stesso deve ritenersi, comunque, verificabile d’ufficio. Infatti ex art. 292, comma 2, lettera c bis, del cod. proc. pen. l’ordinanza che dispone la misura cautelare contiene a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio .l’esposizione e l’autonoma valutazione delle concrete ragioni per le quali le esigenze di cui all’art. 274 non possono essere soddisfatte con altre misure . Quindi anche con il braccialetto elettronico. La riforma, legge 16 aprile 2015, n. 47, riafferma la funzione di extrema ratio della custodia in carcere inserendo il comma 3 bis all’ad 275 del cod. proc. pen. Nel disporre la custodia in carcere il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all’ad 275 bis, comma 1 si rafforza l’onere di motivazione già contenuto nell’art. 292, comma 2, lettera C bis, del cod. proc. pen. a pena di nullità rilevabile d’ufficio, come visto . L’onere specifico di motivazione, anche prima della riforma recente era stato chiaramente affermato dalla Cassazione In tema di misure cautelari, il Tribunale del riesame, nel valutare la inadeguatezza degli arresti domiciliari rispetto al pericolo di recidivanza deve adeguatamente motivare le ragioni per le quali le esigenze cautelari non possono essere tutelate con l’impiego del cosiddetto braccialetto elettronico che consente di monitorare continuamente la presenza dell’indagato nel perimetro entro il quale gli è consentito di muoversi. Sez. 2, n. 52747 del 09/12/2014 - dep. 19/12/2014, Schiavon, Rv. 261718 . La prescrizione del braccialetto elettronico non configura un nuovo tipo di misura coercitiva, ma la modalità di esecuzione degli arresti domiciliari, e per applicarla non vi è necessità di motivazione. La motivazione, anche se non contenesse espressa e diretta menzione del braccialetto elettronico sarebbe valida se contenesse indicazioni e motivazioni precise sul pericolo di commissione di reati nel e dal domicilio vedi cassazione sez. 3, n. 9235 del 7 marzo 2016, ud. 26 novembre 2015 . L’ordinanza infatti contiene motivazione adeguata sulla non idoneità degli arresti domiciliari, ritenendo che gli stessi non consentono di evitare la reiterazione dei reati per la possibilità, anche dal domicilio, di continuare i rapporti con il gruppo criminale di collegamento, e quindi reiterare i reati della stessa specie di quelli in accertamento. Tale motivazione, fondata sul pericolo concreto ed attuale che dal domicilio e nel domicilio possano commettersi reati della stessa specie di quelli in accertamento, rende inidonea l’applicazione del braccialetto elettronico, che garantisce esclusivamente l’osservanza da parte dell’indagato della prescrizione di non allontanarsi dal luogo degli arresti e per conseguenza irrilevante la eventuale mancanza di specifica motivazione del diniego della misura cautelare attenuata, nonostante la disponibilità dello strumento elettronico di controllo. Ritiene la Corte, quindi, che la motivazione specifica e puntuale sull’uso dello strumento elettronico sia dovuta nei casi di pericolo di reiterazione dei reati al di fuori del domicilio infatti, la prescrizione del braccialetto elettronico non configura un nuovo tipo di misura coercitiva, ma la modalità di esecuzione degli arresti domiciliari. Se II giudice della misura cautelare o del riesame ha adeguatamente motivato sul pericolo concreto ed attuale di reiterazione dei reati dal domicilio, cioè senza bisogno di uscire dall’abitazione, il braccialetto elettronico anche se fosse applicato risulterebbe misura non idonea con evidenza logica e ragionevole ad evitare il ritenuto pericolo di reiterazione di reati dal domicilio. Ne consegue la sufficienza della motivazione anche ai sensi dell’art. 275, comma 3 bis, del cod. proc. pen Il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.